di Giuseppe Riggio

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Qualche riflessione a caldo sull’attività esplosiva del 3 luglio dello Stromboli.

Prima considerazione: piangiamo un morto, ma poteva andare molto peggio. Come hanno sinceramente dichiarato ai giornali le guide vulcanologiche locali, se fosse successo di sera con le numerose comitive di turisti accompagnate verso la cima poteva esserci una strage. Del resto la presenza delle guide ufficiali, anche quando è imposta da una disposizione amministrativa, non mette ovviamente al riparo dagli eventi improvvisi ed imprevedibili.

Le strumentazioni hanno dettagliatamente registrato l’evento, ma al momento la tecnologia e la conoscenze scientifiche non consentono di sapere in anticipo cosa farà un vulcano.

Non vi è nulla di più sbagliato, come ben sanno gli addetti ai lavori, di dare la sensazione che i vulcani siciliani siano sotto controllo. O lasciar intendere che il monitoraggio possa consentire l’invio di segnali di pre-allarme anche rispetto ad eventi improvvisi. Lo sfortunato ragazzo di Milazzo morto il 3 luglio a Stromboli si trovava, da quanto sappiamo, sul sentiero di Punta del Corvo, a poca distanza dal mare, a due passi dalla centrale elettrica di Ginostra. Quindi ampiamente al di sotto delle zone vigilate e vietate.

Dobbiamo rassegnarci per il momento all’idea che il vulcani non sono assimilabili ad un ambiente di lavoro che è possibile “mettere in sicurezza”. E’ giusto che gli scienziati continuino a studiare i camini della Terra, ma senza pretendere da loro quello che oggi non possono dare.

Seconda considerazione: quello che è successo il 3 luglio mi sembra molto simile ad un evento degli anni ’30 che mi raccontò qualche tempo fa la più vecchia abitante di Ginostra. Anche allora una potente esplosione di “Iddu” fece cadere pietre direttamente sulla piccola frazione di Stromboli. Ci furono tetti distrutti e la piccola popolazione si salvò solo perché si trovavano tutti al cimitero in occasione di un funerale. Anche in quel caso un colpo di fortuna evitò maggiori perdite di vite umane, molto prima della grande avanzata tecnologica del ventunesimo secolo.

Considerazione finale: divieti ed accompagnamenti coatti non servono, occorre lavorare sulla sensibilizzazione dei visitatori cui offrire la professionalità delle guide o in alternativa una completa assunzione di responsabilità qualora decidano di salire senza l’assistenza degli esperti. Restando in entrambi i casi consapevoli che quando si frequenta un vulcano, così come in molti altri ambienti naturali del nostro pianeta, resta un margine di rischio impossibile da prevedere e da prevenire. Che ci piaccia o no.

Con il titolo: Stromboli, 3 luglio 2019, foto dall’elicottero di Joseph Nasi.

 

Giuseppe Riggio

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