Francesco Palazzo, Autore a Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/author/franco/ Il Blog di Gaetano Perricone Thu, 21 Dec 2023 08:11:04 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 Noi, allievi del grande Franco Salvo. Che c’insegnò a pensare, a dialogare, a coltivare la memoria. E a non guardare nessuno dall’alto in basso https://ilvulcanico.it/noi-allievi-del-grande-franco-salvo-che-cinsegno-a-pensare-a-dialogare-a-coltivare-la-memoria-e-a-non-guardare-nessuno-dallalto-in-basso/ Thu, 21 Dec 2023 08:10:49 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24510 (Gaetano Perricone). “Era bello Franco Salvo, col vestito della festa, che veniva ogni mattina, a parlarci della Cina. E dei suoi blue jeans croccanti, quando fu sottotenente, dell’esercito dei fanti, in Oriente e in Occidente. Ogni volta che parlava, delle sue peripezie, della madre e della zia, già la testa ci fumava …”. In queste […]

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(Gaetano Perricone). “Era bello Franco Salvo, col vestito della festa, che veniva ogni mattina, a parlarci della Cina. E dei suoi blue jeans croccanti, quando fu sottotenente, dell’esercito dei fanti, in Oriente e in Occidente. Ogni volta che parlava, delle sue peripezie, della madre e della zia, già la testa ci fumava …”. In queste simpatiche strofe in rima baciata della canzone che, noi alunni della III C del Liceo Classico Umberto I di Palermo, scrivemmo e cantammo in occasione della cena una sera di luglio del 1974 per festeggiare la nostra maturità scolastica, sta tutto il grande affetto, la stima, la riconoscenza, come ben sottolinea il mio amico della vita Franco Palazzo nell’ottimo articolo che segue, che sentivamo per il professore Franco Salvo, grandissimo docente di Storia e Filosofia di quel liceo, una vera leggenda per i palermitani della mia generazione.

I tre volumi del manuale di storia Salvo-Rotolo

Io quelle strofe le canticchio ogni tanto ancora oggi, con tanto affetto e nostalgia, ricordando spesso quanto il professore Salvo sia stato importante, fondamentale non soltanto per la mia formazione culturale e per la mia crescita da adolescente in un periodo di enormi cambiamenti, ma anche per la mia vita. Prendendoci per mano all’inizio degli anni d’oro del liceo, accompagnandoci e illuminandoci con le sue ammalianti spiegazioni condite da aneddoti sempre deliziosi e arguti, alla scoperta del  fascinosissimo mondo della filosofia e in una meravigliosa cavalcata nella storia – indimenticabile il suo manuale cult in tre volumi “La città dell’uomo”, scritto insieme all’altro gran professore Filippo Rotolo – , Franco Salvo c’insegnò, anzi direi inculcò dentro la nostra anima,  quattro cose di straordinario valore e preziosissime per il nostro futuro: cercare sempre di pensare e ragionare con la nostra testa; dialogare sempre, comunque cercare di farlo, con tutti, anche quando sembra impossibile; amare la storia (ancora oggi la amo moltissimo, è mia passione prioritaria) e coltivare profondamente la memoria, con la consapevolezza di scuola “braudeliana” che non è possibile comprendere il presente senza conoscere il passato. E poi la quarta, a mio avviso la più importante,  assai radicata dentro di me: non guardare mai nessuno dall’alto in basso, porgere sempre la mano a chi è in difficoltà, considerare priorità l’idea dell’uguaglianza tra gli  esseri umani e il valore della solidarietà. 

Ecco, se fossi stato venerdì 15 dicembre nell’aula magna del mio amatissimo liceo avrei ricordato così il mio grande professore di storia e filosofia, del quale vado molto orgoglioso. Purtroppo, non vivendo più da 25 anni a Palermo, non mi è stato possibile essere presente, ma dentro di me gli insegnamenti di Franco Salvo sono ancora vivi e incisivi e mi hanno tanto aiutato anche nel mestiere di giornalista che cerco dignitosamente di fare da 45 anni. E dunque gli devo un GRAZIE a caratteri cubitali, con il cuore pieno di nostalgia ed emozione, che mi piace molto resti per sempre qui tra le pagine del mio blog.

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di Francesco Palazzo

Il 28 dicembre 1983, a soli 67 anni di età, moriva a Palermo il prof. Francesco Paolo Salvo, più noto a tutti come Franco Salvo.

In occasione del quarantennale della morte, alcuni alunni ed ex alunni, giovani del Liceo Umberto I di Palermo, la scuola dove il prof. Salvo insegnò dal 1945 al 1981, hanno avvertito la necessità di rendergli omaggio e di ringraziarlo, sebbene non siano stati suoi diretti discenti, delle pagine memorabili da lui lasciate, tratte soprattutto dal libro di cosiddetta educazione civica, Dalla Magna Charta alla Costituzione Italiana, edito per la prima volta nel 1959, un manuale pensato per introdurre i giovani lettori allo studio – appunto – della Costituzione Italiana e che ha rappresentato una assoluta novità nel panorama della manualistica scolastica di quegli anni.

Dopo la bella introduzione ai “lavori” di Rolando, uno studente Erasmus da poco “maturatosi” all’Umberto, la prof.ssa Livia Romano ha fatto un excursus sulla formazione scientifica del prof. Salvo e sulle vicende della sua vita, corredato da un interessante supporto fotografico. Abbiamo così scoperto e/o rinfrescato la memoria, che il Nostro era stato prima allievo e poi assistente universitario del grande filosofo e pedagogista Vito Fazio-Allmayer, il quale, a sua volta, dal 1914 al 1918 aveva insegnato presso il liceo Umberto I; che durante la II Guerra Mondiale fu fatto prigioniero dagli inglesi e che fu deportato in Africa settentrionale e che in quella triste situazione di prigioniero di guerra, per continuare a considerarsi un essere vivente, organizzò una scuola con tanto di segretario e di bidello, di cui lui era il rettore, e tenne una serie di simposi filosofici ai suoi commilitoni prigionieri, tra cui il prof. Caracciolo, che poi fu anche preside dell’Umberto dal 1969 (fino al 1968 era stato preside il prof. Renato Composto, che in occasione dei moti studenteschi aveva ingiustamente acquisito fama di reazionario) al 1976.

Abbiamo anche conosciuto alcune delle lettere che il professore scrisse durante la prigionia alla carissima moglie Gemma Barcellona, una insigne storica dell’arte, lettere che sono state messe a disposizione dal prof. Beppe Cipolla, prima allievo di Franco Salvo e poi genero, avendo sposato la figlia Giusi. Attraverso la lettura di queste lettere, scopriamo un animo profondo e gentile, sensibile osservatore delle cose del mondo, a tal punto da individuare convintamente nell’amore il vero motore dell’universo. Insospettabile, soprattutto per un pensatore che si diceva marxista. Però noi ricordiamo bene quanto rispetto dimostrasse nei confronti dei suoi interlocutori, dal preside al bidello all’alunno, sia bravo che scecco.

Sono intervenuti altri ex alunni del professore, tra cui anche Maurizio Cancila, ora affermato architetto, che non ha mancato di ricordare i tempi del liceo ed i meriti di Franco Salvo come formatore ed istruttore.

Certamente, anche se non abbiamo esternato i nostri ricordi e la nostra nostalgia, abbiamo ricordato le frasi che lui amava ripetere, da: “Io, Franco Salvo” a “In interiore homine habitat veritas” a “la filosofia è quella scienza con la quale e senza la quale si rimane tale e quale” a “o tempora o mores, che non significa era il tempo delle more” a “sursum corda, che non significa acqua alle corde”. E tanti racconti, tanti aneddoti. Da quando ci raccontava delle sue esperienze in prigionia (la lavata dei blue jeans, che a causa della penuria d’acqua poco venivano risciacquati e quindi, una volta asciutti, stavano in piedi da soli) ai suoi esami di licenza liceale (ai suoi tempi si chiamavano così, non di maturità) allorquando si presentò privo del documento di riconoscimento e pertanto, per essere ammesso, dichiarò e certificò da se stesso la sua identità con le parole: “io sono io in quanto so di essere io”.

Ricordi e ricordi ma soprattutto tanta, tanta riconoscenza.

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L’artigiano per la pace e l’ambiente: dalla CNA Palermo 3200 piante di ulivo per fare rivivere la natura offesa dagli incendi https://ilvulcanico.it/lartigiano-per-la-pace-e-lambiente-dalla-cna-palermo-3200-piante-di-ulivo-per-fare-rivivere-la-natura-offesa-dagli-incendi/ Thu, 23 Nov 2023 06:19:59 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24403 di Francesco Palazzo Estate. Il sole splende alto nel cielo terso. La natura rigogliosa vegeta selvaggia e ordinata. La nostra Sicilia fa bella mostra dei suoi panorami. Ma una mano assassina approfitta del vento che si è appena levato e dà fuoco alle sterpaglie. Il vento si fa più impetuoso e violento ed il fuoco […]

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di Francesco Palazzo

Estate. Il sole splende alto nel cielo terso. La natura rigogliosa vegeta selvaggia e ordinata. La nostra Sicilia fa bella mostra dei suoi panorami. Ma una mano assassina approfitta del vento che si è appena levato e dà fuoco alle sterpaglie. Il vento si fa più impetuoso e violento ed il fuoco diventa inarrestabile. Sono tre giorni di fiamme incontrollabili, sono tre giorni di inferno, sono tre giorni in cui non resiste niente, ci sono pure due morti, fra i quali una ragazza di circa quarant’anni che era andata a salvare i suoi cavalli rinchiusi in una stalla avviluppata dalle vampate. Poi tutto si placa, perché il vento cessa e il fuoco non ha più materiale da bruciare. Resta un paesaggio desolato. Niente più alberi niente più vegetazione. Il deserto. E non osiamo pensare che orrenda fine possano avere fatto tutti gli animali e animaletti che popolavano i terreni percossi dal fuoco, conigli, serpi, lucertole, anche volatili di piccola e grande taglia. Il fuoco. Cosa si scatena nella mente di certi uomini? Se appartenenti al genere umano possono definirsi, visto l’enorme danno che provocano con le loro azioni a tutto l’ecosistema, al patrimonio ambientale e naturalistico e perfino alle persone.

Foto ricordo con piantine d’ulivo per i vertici della CNA Palermo: da sinistro Enzo Geloso, vicepresidente vicario: Pippo Glorioso, segretario e Giuseppe La vecchia, presidente

A fronte di tutto questo disastro però si è sviluppato un movimento nella società civile che con sdegno ha rigettato tali azioni e con immensa solidarietà si è dato un obiettivo: ricostruire, ripartire, fare rivivere la bellezza, l’armonia della natura, dei luoghi, delle aziende agricole, delle comunità forestali e montane.

Con prontezza e grande slancio si è presentata in prima fila la CNA, la Confederazione Nazionale Artigiani, di Palermo con in testa il suo segretario, Pippo Glorioso, approvato e sollecitato dal presidente nazionale Dario Costantini, venuto apposta in Sicilia per incontrare una delegazione di sindaci dei comuni della zona colpita dalle fiamme, con i quali è stato stretto un patto di solidarietà che nella giornata del 20 novembre 2023 ha visto la realizzazione della prima parte. Infatti, davanti alle scolaresche e con la benedizione del Vescovo di Cefalù, S.E. Mons. Giuseppe Marciante, il segretario Pippo Glorioso, il presidente Giuseppe La Vecchia ed il vice presidente vicario Enzo Geloso hanno consegnato ai sindaci dei diciotto comuni madoniti presenti  3.200 piante di ulivo la cui piantumazione è iniziata subito. Inoltre, il prossimo 2 dicembre è prevista la consegna di un mezzo antincendio di ultima generazione regalato sempre dalla CNA di Palermo, a testimonianza dell’impegno sia nella ricostruzione sia nella prevenzione che si sono voluti intestare gli artigiani.

Il vescovo di Cefalù Monsignor Giuseppe Marciante nel suo intervento durante l’iniziativa CNA

Gli artigiani sono costruttori di pace e l’ulivo è l’albero della pace. Lunedì 20 novembre è stato un giorno di vera festa. Tempo terso, radioso.

Il Vescovo di Cefalù ha parlato di nuovi semi di vita, esortando tutti i presenti alla partecipazione alla vita sociale del territorio. I sindaci, seguendo il suo invito, si sono detti pronti a passare dalle parole all’impegno, dalla disperazione alla rinascita coinvolgendo tutte le forze in campo, ma soprattutto puntando sulle nuove generazioni. E le nuove generazioni sono state coinvolte nella piantumazione di una quercia realizzata utilizzando la terra ferita proveniente da tutti i territori interessati dagli incendi. Un gesto fortemente simbolico. Nella speranza che disastri del genere non si debbano più verificare.

 

 

Con il titolo: Pippo Glorioso, segretario CNA Palermo, presenta la donazione degli ulivi ai sindaci del comprensorio. Le foto gentilmente concesse da Mario Leone

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L’ultimo saluto a Tanino Troja, leggendario bomber rosanero, gigante buono. Assenti le istituzioni della città https://ilvulcanico.it/lultimo-saluto-a-tanino-troja-leggendario-bomber-rosanero-gigante-buono-assenti-le-istituzioni-della-citta/ Thu, 22 Jun 2023 06:20:17 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=23607 di Francesco Palazzo Due giorni dopo la sua scomparsa il 21 giugno si sono celebrati a Palermo, nella parrocchia Maria SS Madre della Chiesa a piazza S. Marino, viale Francia, i funerali di Tanino Troja, il Nordahl del Sud come giustamente era stato soprannominato per la sua potenza, per il suo micidiale colpo di testa, ma che […]

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di Francesco Palazzo

Francesco Palazzo in una foto recente con Tanino Troja

Due giorni dopo la sua scomparsa il 21 giugno si sono celebrati a Palermo, nella parrocchia Maria SS Madre della Chiesa a piazza S. Marino, viale Francia, i funerali di Tanino Troja, il Nordahl del Sud come giustamente era stato soprannominato per la sua potenza, per il suo micidiale colpo di testa, ma che aveva più di Nordahl, leggendario centravanti svedese a lungo del Milan e poi anche della Roma, una raffinatezza tecnica difficile da trovare in un atleta di quella stazza e, soprattutto, sapeva usare entrambi i piedi, tirava forte sia di destro sia di sinistro.

Il celebrante si è soffermato giustamente sulla bontà dell’uomo, proverbiale, universalmente riconosciuta dai compagni di squadra e dai concittadini della sua borgata, Resuttana, che spesso hanno trovato in lui aiuto anche materiale. Il sacedote ha voluto anche parlare dei grandi meriti sportivi del nostro Tanino e di quanto gli piacesse raccontare le sue imprese, accompagnandosi con l’esibizione di pagine di quotidiani, sportivi e non, dove venivano celebrati i prodigi della domenica (allora, ai suoi tempi, le partite si giocavano solo di domenica e tutte allo stesso orario, contemporaneamente). E cose da ricordare ne aveva, eccome! A cominciare dal gol segnato in amichevole a Palermo contro la Dinamo Mosca, i cui pali erano difesi dal sommo Lev Yashin, il “ragno nero”, pallone d’oro, portiere considerato da molti il più grande di ogni tempo; oppure allo storico gol in rovesciata segnato contro il Genoa, oppure all’altrettanto storico gol segnato di testa contro il Cagliari, portiere Albertosi, che valse la vittoria per il Palermo e l’unica sconfitta di tutto il campionato per il Cagliari di Gigi Riva.

14 dicembre 1969: lo storico gol di testa di Tanino Troja contro il Cagliari

La chiesa era gremita. Riempita da compagni di squadra, da giornalisti sportivi e da tifosi comuni che – glielo si leggeva negli occhi – vedevano ancora scorrere nelle loro menti le immagini delle gran giocate di  Tanino Troja. C’era il prof. Giuseppe Barbera, figlio del Presidentissimo Renzo; c’era il dott. Mirri, attuale presidente del Palermo Calcio, c’era Roberto Gueli, presidente dell’ordine dei giornalisti e gran firma del giornalismo sportivo Rai, c’era l’avv. Salvatore Matta (storico vice presidente e poi anche presidente), c’era Filippo Cammarata (storico dirigente amministratore), c’erano alcuni dei compagni di quel Palermo, con in testa il grande Graziano Landoni, c’era l’altrettanto grande – come giocatore prima e come allenatore poi – Ignazino Arcoleo, sempre in perfetta forma, tanto che secondo me sarebbe in grado di fare impallidire i centrocampisti dell’attuale Palermo Calcio, c’era il Sig. Gen. Giuseppe Governale, pure lui palermitano e tifosissimo del nostro campione. Ancora, c’era Pietro Ruisi, altro indimenticabile giocatore, c’era Benvenuto Caminiti, altra grande e storica penna del giornalismo sportivo, come Carlo Brandaleone, Guido Monastra, Mario Azzolini, c’era il popolare attore e grande tifoso Tony Sperandeo, quello di ghiaccioli all’arancia, u sapuri ri gol. E c’erano tanti altri che magari non ho riconosciuto – cosa per la quale mi scuso ma è dovuta anche al fatto che il tempo passa per tutti, anche per me – ma quello che purtroppo ho notato è che, al di fuori di tre giovanotti della primavera (almeno così mi è sembrato) non ci fossero giocatori dell’attuale squadra, come non c’era il cosiddetto Genio, ma in compenso c’era il grande Pinuzzu u tasciu, storico tifosissimo, armato di sciarpa, bandiera e – soprattutto – di maglia numero 9 regalatagli da Tanino in una memorabile occasione dopo uno dei suoi gran gol in casa.

La bara ieri in chiesa

Quella che secondo me mancava era la città, a cominciare dall’illustre signor sindaco. Palermo è una delle rare città che possano vantarsi di aver dato i natali ad un giocatore che ne è poi diventato una bandiera sportiva; Tanino Troja è stato e resterà per i palermitani come Francesco Totti è per i romani; Milano, Torino, Napoli, ecc. non si possono vantare di altrettanti campioni. E infine, mi meraviglia come non si sia sentito il dovere di omaggiare istituzionalmente un uomo buono, che era sempre pronto ad aiutare gli altri, e che per di più aveva saputo tenere alto il vessillo sportivo della città e con essa della Sicilia intera (aveva giocato anche nel Catania di don Carmelo Di Bella). Mi meraviglia come si sia diluita la memoria di tali meriti o forse le cose che ho raccontato non si considerano più meriti.

Comunque, alla fine della cerimonia, è stato un abbracciarsi di tutti con tutti, un saluto al grande Tanino ed una festa – sì, una festa, può sembrare assurdo che il funerale diventi una festa ma è stato così perché la gioia che ci ha regalato il Signor Centravanti ci ha fatto sognare e ci continua a far sognare; ci ha insegnato che nella vita si possono superare tutti gli ostacoli e si può essere vincenti, proprio come è stato per lui.

Ciao, carissimo Tanino

Con il titolo: il feretro di Tanino Troja ieri in chiesa per i funerali. Tutte le foto sono di Francesco Palazzo

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Cinisi, 45 anni dopo. “Con le idee e il coraggio di Peppino noi continuiamo” https://ilvulcanico.it/cinisi-45-anni-dopo-con-le-idee-e-il-coraggio-di-peppino-noi-continuiamo/ Wed, 10 May 2023 15:11:20 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=23381 di Francesco Palazzo Quarantacinque anni fa (e un giorno) fa moriva Peppino Impastato, ucciso dalla mafia. Ma per stabilire che si trattava di un omicidio e che la responsabilità era da attribuire a Cosa Nostra sono stati necessari ben ventiquattro anni, per poi arrivare alle condanne di Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti. Di più, per […]

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di Francesco Palazzo

Quarantacinque anni fa (e un giorno) fa moriva Peppino Impastato, ucciso dalla mafia. Ma per stabilire che si trattava di un omicidio e che la responsabilità era da attribuire a Cosa Nostra sono stati necessari ben ventiquattro anni, per poi arrivare alle condanne di Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti. Di più, per convincere gli investigatori e la magistratura a riguardare la morte violenta di questo ragazzo di trent’anni non come sin dalle prime battute – si era ritenuto e scritto che fosse stato un attentato architettato dallo stesso Peppino Impastato nel quale sarebbe rimasto ucciso (richiamando quello che era capitato in occasione della morte dell’editore Giangiacomo Feltrinelli) – è stata necessaria tutta l’arguzia e la tenacia degli amici di Peppino, del fratello Giovanni e della mamma Felicia Bartolotta. Inoltre, il delitto, avvenuto in piena notte, passò inizialmente sotto silenzio perché nella mattinata della stessa giornata venne ritrovato il corpo senza vita dell’on. Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, “giustiziato” dalle Brigate Rosse dopo un rapimento durato 55 giorni.

Moro e Impastato. La prima e accanto l’ultima pagina del giornale L’Ora di quel tragico 9 maggio 1978

Questi due omicidi, avvenuti nello stesso giorno, il 9 maggio 1978, rappresentano una delle pagine più buie della storia della nostra Repubblica. Forze eversive con interessi apparentemente differenti, si erano date convegno in quel giorno di primavera per mettere in ginocchio la libertà e la democrazia. Ma fu grazie al sapiente, costante, instancabile lavoro di un manipolo di giovani coraggiosi che erano cresciuti insieme ed accanto a Peppino Impastato, che il perverso gioco è stato scoperto e i responsabili assicurati alla giustizia.

Non mi dilungo nell’illustrare tutte le attività, gli accorgimenti, i sotterfugi, le paure, le intimidazioni, che la ricerca della verità ha comportato, perché ci sarebbe da scrivere e scrivere, e comunque chi abbia voglia di approfondire l’argomento troverà tutte le informazioni che vuole grazie al Centro Siciliano di Documentazione promosso dal prof. Umberto Santino e dalla moglie prof.ssa Anna Puglisi, intitolato proprio a Peppino Impastato. E’ stato proprio grazie agli studi e agli sforzi del prof. Santino, che da sempre studia il fenomeno mafioso, arrivando a parlare per primo – già cinquant’anni fa – del concetto di borghesia mafiosa e più recentemente di società mafiogena, che è stato possibile far cambiare idea alla magistratura e consentirle di aggiustare il tiro e quindi di pervenire all’accertamento dei fatti, dei reati e dei colpevoli.

Da destra: il procuratore Maurizio De Lucia, il giornalista Salvo Palazzolo, Giovanni Impastato durante il dibattito
Umberto Santino
Luisa Impastato

Però sono passati quarantacinque anni. E allora anche quest’anno si è proceduto alla commemorazione. E’ sempre triste procedere alle commemorazioni ma è necessario perché soltanto così si mantiene viva la memoria per il cittadino comune, che è opportuno che ricordando sappia, sappia cioè cosa è la mafia, cosa è la libertà, cosa è la democrazia. Inoltre, in queste occasioni si rinnovano i dibattiti, come quello che ha visto protagonisti a Cinisi il Procuratore capo della Repubblica di Palermo Maurizio De Lucia, il prof. Umberto Santino, il giornalista del quotidiano La Repubblica  Salvo Palazzolo, coordinati dalla instancabile e meravigliosa Luisa Impastato, figlia di Giovanni. In questa occasione il prof. Santino ha illustrato i concetti di borghesia mafiosa e di società mafiogena, risalendo perfino all’inchiesta di Franchetti e Sonnino “La Sicilia nel 1876”. Il dott. De Lucia ha voluto ricordare il 16 gennaio 2023, data della cattura di Matteo Messina Denaro, ed ha raccontato come si stia indagando sugli appoggi goduti nella latitanza dal boss e soprattutto sulle motivazioni sociali che hanno convinto tanti della popolazione di un intero paese, Campobello di Mazara, a girarsi dall’altra parte, facendo finta di non vedere. Il Procuratore ha parlato pure di come la nuova mafia stia cambiando pelle e di quanto importante sia per i mafiosi riprendere il potere criminale transnazionale attraverso armi e denaro. Il giornalista Palazzolo ha parlato delle numerose iniziative messe in piedi dal suo giornale per studiare e contrastare il fenomeno mafioso e poi ha molto opportunamente richiamato l’attenzione sul problema dell’adeguamento delle tutele da dare ai giovani giornalisti, spesso precari e con “stipendi” irrisori e soprattutto mandati allo sbaraglio. La nipote di Peppino, Luisa, ha parlato delle attività messe in piedi dalla Associazione Casa Memoria Felicia e Peppino. Poi, nel corso del dibattito pubblico che ne è seguito, vari esponenti della società civile – tutti vecchi amici di Peppino Impastato – sono intervenuti per lamentare le condizioni in cui versano le piccole realtà comunali nelle quali vivono.

Il corteo

Bellissimo il tradizionale corteo che ha percorso il tragitto dalla storica sede di Radio Aut a Terrasini fino alla casa di Felicia Impastato a Cinisi. Gran sventolare di bandiere, bandiere rosse, bandiere della pace, bandiere No MUOS, con in testa gli storici striscioni “Con le idee e il coraggio di Peppino noi continuiamo”, “La mafia uccide il silenzio pure” e “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”. Poi, giunto il corteo a destinazione, dal balcone di casa si sono alternati Giovanni Impastato, la figlia Luisa, la prof.ssa Annalisa Savino, la preside della lettera agli studenti dopo il pestaggio fascista in un liceo di Firenze che è stata richiamata dal ministro Valditara a non politicizzare l’attività della scuola, Adelmo Cervi, il figlio di uno dei sette fratelli Cervi trucidati dai fascisti a Reggio Emilia il 28 dicembre del 1943, il prof. Santino, ed infine la signora Graziella Accetta, madre del piccolo Claudio Domino, altra vittima della criminalità mafiosa il 7 ottobre 1986, di cui ancora non si conoscono esecutori, mandanti e movente, e sono passati trentasei anni! Di tutti i bellissimi discorsi che sono stati fatti dal balcone di casa Impastato, il più forte, il più veemente e, in definitiva, il più concreto è stato quello del vecchio partigiano Adelmo Cervi (quando fu ucciso suo padre Aldo, Adelmo aveva solo quattro mesi) che ha richiamato tutti ad essere antimafiosi, antifascisti ed anticapitalisti, che poi vuol dire: viva la libertà e viva la democrazia.

Con il titolo: la testa dello splendido corteo, pieno di ragazzi di tutta Italia, per ricordare Peppino Impastato nel 45esimo anniversario del suo assassinio mafioso. Il reportage nella fotogallery è di Francesco Palazzo

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Missili (e) sulla Polonia. Servizi poco segreti. E poi, anzi prima di tutti lo zio Sam https://ilvulcanico.it/missili-e-sulla-polonia-servizi-poco-segreti-e-poi-anzi-prima-di-tutti-lo-zio-sam/ Sat, 19 Nov 2022 07:22:02 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=22477 di Francesco Palazzo I recenti incontri segreti – che non sono più segreti perché evidentemente dovevano essere resi noti all’opinione pubblica mondiale – tra i capi dei servizi cosiddetti segreti di Usa e Russia hanno portato ad un riavvicinamento delle posizioni tra i due attori principali di questa guerra combattuta sulla testa (e a discapito) […]

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di Francesco Palazzo

I recenti incontri segreti – che non sono più segreti perché evidentemente dovevano essere resi noti all’opinione pubblica mondiale – tra i capi dei servizi cosiddetti segreti di Usa e Russia hanno portato ad un riavvicinamento delle posizioni tra i due attori principali di questa guerra combattuta sulla testa (e a discapito) della martirizzata Ucraina. Sembra che gli Stati Uniti stiano riuscendo a convincere i russi a pensare se non alla “pace” almeno ad un “cessate il fuoco”. D’altra parte, per convincere i russi a cominciare a riconsiderare le loro posizioni c’è voluta una dispendiosa e lunga dimostrazione militare con le strategie e con i mezzi bellici messi a disposizione degli ucraini. A questo punto occorre che anche Zelensky sia disposto a pensare alla pace.

Il presidente Usa Joe Biden

Il presidente ucraino, però, si trova tra due fuochi: da un lato Joe Biden che gli chiede di trovare un accordo e dall’altro i suoi compatrioti e soldati che pretendono di non sacrificare nemmeno un centimetro quadrato di suolo patrio. Quindi, bisogna convincere Zelensky: come fare? Ecco che i sunnominati capi dei servizi finti segreti di Stati Uniti e Russia mettono in piedi “l’operazione missili”. Due missili S-300, forse uno, di fabbricazione sovietica (il termine è corretto in quanto si tratta di una categoria di missili a lunga gittata entrata in “servizio” negli anni ’70), utilizzati sia dall’esercito russo sia da quello ucraino, sono caduti in Polonia, in una zona rurale situata a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina, causando la distruzione di un deposito di grano e, soprattutto, l’uccisione di due agricoltori polacchi. Le immediate reazioni da parte polacca sono state di grande preoccupazione e tensione e, nelle more che si potesse stabilire come erano andate le cose, sia la Polonia sia le altre repubbliche confinanti con l’Ucraina, e principalmente la Lettonia, l’Estonia e l’Ungheria, hanno deplorato l’accaduto attribuendone la responsabilità alla Russia ed hanno convocato i rispettivi consigli di sicurezza invitando la Nato a mostrarsi e a dimostrarsi. Anche i governanti degli altri paesi aderenti all’Alleanza Atlantica si sono allarmati per il rischio di dover entrare in guerra a difesa del suolo patrio di un paese membro, secondo l’art. 5 del Trattato.

Jake Sullivan

Per fortuna, o forse è meglio dire per abilità del presidente americano Biden, o meglio ancora del suo consigliere alla sicurezza Jake Sullivan, la grave crisi è progressivamente rientrata: prima i russi hanno rilasciato una dichiarazione nella quale precisavano che i missili non erano stati lanciati da loro, poi Biden faceva sapere che l’intelligence americana aveva tracciato la rotta dei missili e che quindi era giunta alla conclusione che fosse altamente improbabile che i missili fossero stati lanciati dalle solite basi russe del mar Nero. Nel frattempo i missili caduti da due erano diventati uno e il presidente Biden con una neanche tanto energica “moral suasion” convinceva il presidente Duda a non agitarsi tanto. Per cui dal richiamo all’art. 5 si passava al richiamo all’art. 4 (che prevede la convocazione di un consiglio tra i paesi Nato) al richiamo a nessun articolo perché si attribuiva la paternità del missile all’Ucraina. Il presidente Zelensky ha prima fatto il “diavolo a quattro” ma poi, di fronte ad un vibrante richiamo del presidente Biden, ha virato su più miti consigli allineandosi alla posizione di tutti gli altri paesi Nato che avevano già derubricato l’accaduto come un mero incidente cui non dare grande importanza. Insomma, il mondo non vuole entrare in guerra, gli basta che la Russia si stia lambiccando a distruggere l’Ucraina.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky

Tutto ciò a che cosa porta? Il presidente Zelensky dipende in tutto e per tutto degli aiuti occidentali, e in maniera specifica americani, e quindi è bene che si renda effettivamente conto di ciò, e pertanto il missile ucraino partito a sua insaputa gli avrà senz’altro fatto capire che non può avere tutto sotto controllo ma soprattutto che quello che dice lo zio Sam si fa. Nello stesso tempo, la lezione sarà pure servita agli altri paesi confinanti con l’Ucraina e facenti parte della Nato – e in generale a tutti i paesi europei – che a finire a fare la guerra ci si sta poco o niente e che quindi è sempre meglio stare attenti ad ubbidire allo zio Sam. Indirettamente – ma poi non tanto – la lezione sarà servita pure alla Russia, che sicuramente non ha nessun interesse ad entrare in guerra con la Nato. A meno che il presidente Putin non si voglia passare lo sfizio di lanciare qualcuna delle sue famose bombette nucleari.

Con il titolo: un’immagine del missile caduto in Polonia (dal web)

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Gorbaciov, l’uomo della speranza. Successi ed errori di un grande della storia https://ilvulcanico.it/gorbaciov-luomo-della-speranza-successi-ed-errori-di-un-grande-della-storia/ Thu, 01 Sep 2022 05:31:54 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=22118 (Gaetano Perricone). Il mondo si è svegliato il 31 agosto senza l’uomo che, più di ogni altro, ne cambiò profondamente la storia nell’ultima parte del Novecento. Ho appreso nella tarda serata del 30 agosto della scomparsa a 91 anni del grande Michail Gorbaciov, anzi Gorbachev – ultimo segretario generale e presidente dell’URSS, l’Unione delle Repubbliche […]

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(Gaetano Perricone). Il mondo si è svegliato il 31 agosto senza l’uomo che, più di ogni altro, ne cambiò profondamente la storia nell’ultima parte del Novecento. Ho appreso nella tarda serata del 30 agosto della scomparsa a 91 anni del grande Michail Gorbaciov, anzi Gorbachev – ultimo segretario generale e presidente dell’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste e Sovietiche – ed è stato subito un forte turbinio di pensieri, ricordi, nostalgia di anni, giorni, momenti di speranza autentica in un’umanità migliore e diversa. Mi è molto dispiaciuto. Gorbachev si porta nella tomba, insieme a quella enorme voglia di fragola o mirtilli sulla sua fronte, la sua “glasnost” (trasparenza, il metodo) e la sua “perestrojka” (ricostruzione o ristrutturazione, azione politica) che, insieme ai sorrisi e alle strette di mano dispensate al mondo intero insieme alla splendida moglie Raissa, cambiarono velocemente e clamorosamente la storia e l’immagine del vecchio orso sovietico mangiatore di bambini a colazione, portando alla caduta del muro di Berlino, alla fine dell’URSS e soprattutto di quella angosciante e pericolosissima “guerra fredda” oggi prepotentemente e ancora più pericolosamente tornata alla ribalta con la guerra d’invasione russa in Ucraina, le fortissime tensioni a Taiwan e in altre parti del mondo. Gorbachev, uomo di straordinario carisma ed empatia, ci regalò in sostanza, per quasi un trentennio, la grande utopia della fine della divisione del mondo in blocchi contrapposti e di un’era di concordia costruttiva per l’umanità per migliorarne le condizioni, che gli valsero il Premio Nobel per la pace nel 1990. Ci regalò dunque meravigliose, ma alla fine fragili ed effimere – visto quello che è oggi la Federazione Russa di Vladimir Putin, profondamente nostalgico dell’impero sovietico – speranze di un futuro sereno per noi, i nostri figli e nipoti e solo per questo merita un posto nello scrigno della nostra più bella memoria. Di Gorbaciov, della sua storia e del suo percorso politico, delle sue potenti intuizioni e di quello che non capì fino in fondo, dei suoi successi e dei suoi errori, ci racconta Francesco Palazzo in questa approfondita riflessione. 

 

di Francesco Palazzo

La prima volta che ricordo di aver sentito il nome di Gorbaciov fu nel lontano 1982, in occasione della morte di Breznev, allorquando venne fatto insieme a quello di altri notabili per la scelta del nuovo segretario generale del Pcus, e me ne stupii perché Michail era ancora troppo giovane per ricoprire una carica così importante – la più importante – in una Unione Sovietica governata da una gerontocrazia. E infatti, prima venne nominato Andropov, che restò in carica dal 1982 al 1984, e poi Cernenko, il cui mandato spirò nel 1985.

Allora ci sembrava che i sunnominati segretari generali fossero vecchissimi: Breznev era nato nel 1906 e morì nel 1982, quindi a 76 anni di età; Andropov, che era stato direttore del KGB dal 1967 al 1982, era nato nel 1914 e morì nel 1984, cioè a 70 anni; Cernenko era nato nel 1911 e morì nel 1985, cioè a 74 anni. Ma ci sembravano vecchissimi forse perché corrosi dalle più svariate malattie, penso tutte legate all’abuso di sostanze alcoliche e di cibo. Fatto sta che oggi in Italia si ritiene che un signore di 86 anni sia in condizione di poter ricoprire onorevolmente la carica di presidente della Repubblica (sto parlando del pregiudicato, ovviamente).

Premio Nobel per la pace nel 1990

Fatto sta che nel 1985, all’età di 54 anni, viene nominato segretario generale del Pcus il giovane Michail Gorbaciov. Era una vera apertura al mondo. L’URSS aveva saputo compiere uno dei suoi passi coraggiosi che tanto hanno nobilitato il popolo russo. Un giovane (!), con idee nuove e con la volontà di lavorare per il bene di tutti i lavoratori ed i popoli del mondo, era stato nominato alla guida del più grande e più potente stato socialista del mondo. Subito, Gorbaciov sentì il bisogno di indicare la strada che voleva percorrere, glasnost e perestrojka, trasparenza e ricostruzione, e subito capimmo che era cominciata una nuova era. Gli americani, con quel furbacchione di Reagan, non si fecero scappare l’occasione di rafforzare i contatti con l’URSS, che erano già iniziati sotto l’era Cernenko, per pervenire ad una calmierizzazione delle armi di distruzione di massa. E infatti nel 1987 a Reykjavik Gorbaciov e Reagan firmano il trattato sulla eliminazione delle armi nucleari a raggio intermedio in Europa. Insomma, si faceva strada nei nostri cuori la speranza che si potesse lavorare per un modo più giusto (meno ingiusto).

Michail e Raissa Gorbaciov con Fabio Fazio a Sanremo nel 1999

Il disastro di Chernobyl ci dimostrò come la vecchia URSS, con i suoi vecchi apparatchik intrisi di burocrazia e di meschinità umana, era dura a morire, altro che glasnost! Però, poi, Gorbaciov si presentava bene, con la amatissima moglie Raissa girava le più importanti capitali europee e mondiali, veniva ricevuto dalla regina Elisabetta e perfino da Papa Wojtyla, addirittura venne come ospite d’onore a Sanremo (era il 1999), insomma risultava simpatico ed era un piacere riceverlo in famiglia attraverso la televisione. Tanto popolare che nel 1990 gli venne assegnato il premio Nobel per la pace. E poi il grande pubblico non sapeva nulla di quello che avveniva all’interno delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Non si sapeva che nel 1988-1989 i primi moti nazionalisti nel Caucaso e nei Paesi baltici erano sfociati in disordini e crimini (ad esempio l’eccidio del gennaio 1990 nella capitale azera Baku, gli assassinii di persone russe in Kazakistan e altro).

Gorbaciov con Papa Wojtyla

Di fronte a questi fatti che minavano l’integrità territoriale e politica del Paese, Gorbaciov si comportò in un modo difficilmente spiegabile. Dapprima non reagì affatto, mentre i disordini assumevano vaste dimensioni. Poi ordinò di usare la forza militare, il che provocò ulteriori vittime e accrebbe i sentimenti indipendentisti. Anche in Lituania nel gennaio 1991 Gorbaciov ordinò improvvisamente all’Armata Rossa di occupare la sede del parlamento e della locale televisione di stato a Vilnius (analogo tentativo fallì a Tallin in Estonia). Le reazioni militari violente non produssero nulla, oltre ai morti e all’odio verso il potere centrale moscovita (fu allora che vennero creati i famigerati OMN, le truppe del Ministero dell’interno incaricate della repressione, che causarono diverse decine di morti, imputate direttamente al Cremlino). Nel frattempo – 1989 – era caduto il muro di Berlino e la Germania Est aveva timidamente iniziato le pratiche per unificarsi con la Germania Ovest, cosa che poi avvenne il 3 ottobre 1990.

Insomma, simpatico quanto si voglia, giovane e pieno di energie, coraggioso interprete delle speranze dei popoli che chiedevano – e chiedono – il disarmo nucleare, favorito dalla presenza di una moglie bella e fedele, Gorbaciov non seppe però capire appieno i tempi che stavano vivendo i popoli delle Repubbliche Sovietiche e non ebbe esitazioni a cannoneggiare cittadini inermi, come in Georgia, in Azerbaigian, in Kazakistan, in Lituania, in Estonia. La sua formazione politica, costruita tra i contadini di Stavropol, forse non gli consentì di capire che avrebbe dovuto dare una svolta politica ed industriale più decisa, più veloce, per mettere l’URSS al passo con i tempi.

Una foto storica: Eltsin con il dito puntato intima a Gorbaciov lo scioglimento del Pcus

Ma Gorbaciov era innamorato della condizione di equilibrio tra gli schieramenti interni tra progressisti e conservatori, tra Eltsin e Shevardnadze da un lato e Ligaciov e Aliyev dall’altro, nella quale si muoveva e che lo faceva restare al potere. E questa condizione di equilibrio si ruppe e il grande vento dei tempi moderni spazzò via, velocemente e con violenza, Gorbaciov e la sua era. L’Unione Sovietica si dissolse, sotto le picconate di Eltsin, nacquero la CSI e gli altri popoli si diedero uno stato e una costituzione autonomi, e Michail da presidente dell’URSS divenne presidente della Fondazione  Internazionale Non-Governativa per gli Studi Socio-Economici e Politici (la c.d. Fondazione Gorbaciov) e il suo potere si è andato via via affievolendo, unitamente al numero di vani lasciatigli a disposizione nel grande palazzo di Leningradskij Prospekt che via via ad ogni cambio d’inquilino al Cremlino ha visto requisire prima tre stanze, poi un piano, poi due, fino a rimpicciolirsi nel ricordo di una grandeur perduta, e riconosciuta soltanto fuori dalla Russia.

Ha scritto Ezio Mauro su “La Repubblica” di ieri: “L’ultima volta che l’ho visto, Michail Sergheevic sedeva alla scrivania in maglione, senza bandiere a fianco. Alla fine mi ha portato nella stanza dei trofei, dove sui muri c’è una lunghissima teoria di fotografie che lo ritraggono con i grandi del mondo, Reagan, Arafat, Giovanni Paolo II, Jaruzelsky. Si fermava davanti alle immagini che erano tappe di un’altra vita, raccontava qualche segreto di quegli uomini potenti, il retroscena di un incontro. E il visitatore invece nelle foto guardava la sua immagine giovanile, quell’energia sovietica che spuntava dagli abiti di regime sempre uguali a sé stessi, e faceva sperare in una rivoluzione democratica che non avvenne, e tuttavia nella sua forma incompiuta e confusa rimise in movimento la storia e la geografia di un continente intero, imprigionate per decenni.”

L’ultimo Gorbaciov

In conclusione, pur con tutti suoi errori – gravissimi – Gorbaciov è stato un “grande” della storia del Novecento ed è grazie alla sua azione che abbiamo l’Europa di oggi e che sappiamo che si può parlare di disarmo nucleare (cosa che per il momento non interessa all’attuale inquilino del Cremlino ma – come diceva fra Cristoforo – “verrà un giorno”).

Con il titolo: 1987, Gorbaciov e Reagan firmano l’accordo sugli euromissili. Le foto dal web

 

 

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Ucraina: bloccata la via diplomatica, per fermare la Federazione Russa resta la “guerra per procura” https://ilvulcanico.it/ucraina-bloccata-la-via-diplomatica-per-fermare-la-federazione-russa-resta-la-guerra-per-procura/ Fri, 29 Apr 2022 15:38:11 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=21494 di Francesco Palazzo Il grosso danno causato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa è rappresentato dalla rottura del diritto. Infatti, nel diritto internazionale non è contemplata la possibilità che uno stato nazionale possa aggredire militarmente un altro stato nazionale senza nemmeno tentare di comporre la eventuale controversia ricorrendo ad una pacifica contrattazione diplomatica, anche […]

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di Francesco Palazzo

Il grosso danno causato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa è rappresentato dalla rottura del diritto. Infatti, nel diritto internazionale non è contemplata la possibilità che uno stato nazionale possa aggredire militarmente un altro stato nazionale senza nemmeno tentare di comporre la eventuale controversia ricorrendo ad una pacifica contrattazione diplomatica, anche – eventualmente – ricorrendo all’aiuto di mediatori “super partes”.

Purtroppo, il danno fatto è gravissimo, perché il comportamento tenuto dai rappresentanti internazionali della Federazione Russa, a cominciare dal suo presidente e dal suo ministro degli esteri, è stato ingannevole, non è stato mai improntato alla rappresentazione della verità. Ne risulta che qualsiasi trattativa diplomatica condotta con questi rappresentanti rischia di nascere già compromessa in quanto non si potrà aver fiducia a persone che dicono le “bugie”. E questo è un gravissimo ed insuperabile “vulnus”

Quanto fatto dalla Federazione Russa va sanzionato riportando il sistema alle condizioni preesistenti: va, in sostanza, sanato il diritto con la sanzione. Non può essere consentito un cambio del quadro geopolitico degli stati nazionali con una guerra di aggressione. La Federazione Russa deve tornare nel suo ambito territoriale stabilito in conseguenza della caduta dell’Unione Sovietica, allorquando gli stati nazionali che ne derivarono accettarono la sistemazione dei loro confini, cosa di cui presero atto tutti gli attori internazionali. Perché la Federazione Russa ritiene di poter invadere l’Ucraina? Quale suo diritto ritiene che le sia stato pretermesso? Che lo spieghi all’Ucraina ed al consesso internazionale. Perché invece di invadere militarmente l’Ucraina non ha posto il problema sul tavolo della diplomazia internazionale? Forse la Federazione Russa è solita operare in questo modo, viste le “operazioni speciali” condotte nel recente passato contro la Cecenia, la Georgia, l’Azerbaijan, la Bielorussia, il Kazakistan? Allora dobbiamo ancora ritenere credibile, affidabile, uno stato che si comporta così? Una ulteriore dimostrazione della mancanza di affidabilità della Federazione Russa è data dalla impossibilità di trovare un accordo sui cosiddetti corridoi umanitari: i cittadini ucraini che hanno tentato l’utilizzo di tali corridoi, peraltro istituiti “motu proprio” dalla Federazione Russa senza un accordo preventivo con i dirigenti ucraini, hanno ricevuto pallottole lungo le strade di uscite.

E’ questo il vero problema. Ed è tanto più grave se consideriamo che il consesso di stati nazionali che operano sullo scacchiere internazionale non potrà fare a meno di pretendere e di ottenere una sanatoria del diritto; e dico “grave” perché bisognerà superare e piegare tutte le resistenze che la Russia opporrà. Ecco perché sono così preoccupato. Perché non penso che la Russia possa da un momento all’altro dichiararsi “pentita e contrita” e fare marcia indietro, sgombrando le sue truppe dall’Ucraina dove lascerebbero il loro enorme carico di lutti e di devastazioni. Perché per sanare il diritto dovrà cambiare la dirigenza della Federazione Russa, quindi l’attuale dirigenza dovrà andare “a casa”, cosa che penso non sia mai stata contemplata da essa stessa dirigenza, quindi bisognerà accompagnarla via dalle stanze dei bottoni con la forza, cosa che purtroppo penso non sarà tanto facile. Cioè, penso che ci causerà lutti e devastazioni gravissimi. Cosa di cui però non si potrà fare a meno.

Ecco perché è così grave, anzi gravissimo, quanto ha fatto la Federazione Russa con l’aggressione armata all‘Ucraina.

Avete mai fatto mente locale a cosa comporta l’ingresso di carri armati in un appezzamento agricolo? Con i cingoli si rovinano le colture e si distruggono le superfici, la terra vera e propria; dal carro armato vanno cadendo oli e idrocarburi vari sul campo rendendolo inquinato e non coltivabile per almeno un decennio; se dal carro armato dovesse essere sparato qualche colpo questo provocherebbe devastazione del bersaglio con morti e feriti e monumenti distrutti ed opere d’arte perdute per sempre ma soprattutto flora e fauna devastate; pensate ai piccoli animali, come conigli, rane, microorganismi; i danni sono ingenti per l’uomo e per la natura. Pensate alle vecchiette che di notte si trovano a dover fuggire dalla loro casa, o ai bambini che stanno giocando nel cortile di casa che invece saltano su una piccola mina giocattolo, oppure alla massaia che mentre torna dall’aver fatto la spesa viene attinta da un proiettile vagante, che colpa hanno tutti questi soggetti nei confronti dalla Federazione Russa? E’ consentito, può essere consentito nel 2022 – dopo aver letto l’Iliade e l’Eneide e soprattutto dopo aver vissuto Stalingrado – che uno stato come la Russia (la grande madre Russia, la patria di Tolstoj, di Dostoevskvij, il paese del comunismo reale, ecc.) possa pensare di invadere militarmente un altro paese di altrettanta cultura, di altrettanto “sentire”, di altrettanta “statura morale”? No, non può essere consentito. Non può essere la Russia responsabile di tanto. E infatti non è la Russia ma chi governa la Federazione che è responsabile di tutto ciò, di tutti questi orrori, di tutte queste offese al genere umano. Ecco perché si sarebbe dovuto intervenire immediatamente e pesantemente per fare desistere dall’insano proposito coloro i quali avevano scelleratamente pensato di potere aggredire l’Ucraina. E purtroppo penso che ogni giorno che passa comporti un sempre maggiore aggravamento della questione. Medico pietoso fa la piaga cancrenosa. Occorre fare presto. Abbiamo perso tempo. Stiamo perdendo tempo. Ho una grande paura, che la situazione possa degradare in maniera irreversibile.

Come fermare questa deriva? Come bloccare l’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina? Come scongiurare il rischio di una terza guerra mondiale? E quello di un nuovo utilizzo di bombe nucleari? La strategia sinora adottata dal consesso internazionale (peraltro soltanto una parte, perché paesi importanti come Cina, India e Brasile e tutta l’America Latina non partecipano, lasciando praticamente solo i paesi occidentali a contrapporsi – e su questo, altre considerazioni andrebbero fatte -) è stata quella dell’imposizione di sanzioni di tipo economico, sanzioni sempre più pesanti, sempre più stringenti. Sanzioni che però ben poco stanno ottenendo in termini di risultati efficaci. Forse dovrebbero essere ancora più decisive. Al riguardo, però, bisogna tenere adeguatamente in conto le conseguenze negative che derivano dall’adozione delle sanzioni per i paesi che le impongono. E quindi sono molto scettico sullo strumento adottato.

Altrettanto scettico, per inattendibilità della controparte come ho sopra detto, sono nei confronti della via diplomatica, che però ritengo non vada mai abbandonata, quanto meno per non avere rimorsi.

Quindi? Quali azioni bisogna mettere in pratica per arrivare alla “pace”? Premesso che, come ho sopra detto, ritengo che un tempestivo energico intervento immediatamente dopo l’avvio della cosiddetta operazione speciale da parte di Mosca, prima sotto forma di avvertimento da parte degli USA e/o della NATO e poi, in caso di infruttuosità del tentativo, intervenendo militarmente ed in maniera molto pesante, decisiva, tranchant, avrebbe potuto ricondurre a più miti consigli i dirigenti della Federazione Russa, bloccando sul nascere questa guerra, adesso, un intervento militare acquisisce una veste diversa e più pericolosa, un aspetto di “ultima ratio” per l’intrinseco rischio di terza guerra mondiale con l’aggravante del rischio nucleare. Per cui, secondo me, l’unica strada percorribile, al momento, rimane quella della cosiddetta “guerra per procura”, rifornendo di armi sempre più efficaci l’esercito ucraino, che sta dimostrando grande attitudine all’impiego militaresco. Per questo ritengo che le polemiche che stanno accompagnando a livello europeo (e italiano in particolare) l’azione dei governi siano quanto mai controproducenti perché mostrano a Mosca un fronte non compatto. Questo è il momento di dare il massimo supporto ai nostri governi, se vogliamo fermare questo macello.

Con il titolo: le fosse comuni di Bucha. Le foto dal web

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Dai moti del 12 gennaio 1848 a Eugenio Corini. Il Genio di Palermo, nume protettore della città, ma anche folletto dispettoso https://ilvulcanico.it/dal-moti-del-12-gennaio-1848-a-eugenio-corini-il-genio-di-palermo-nume-protettore-della-citta-ma-anche-folletto-dispettoso/ Fri, 12 Jan 2018 12:56:28 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=5821 di Francesco Palazzo Gennaio deve essere un mese fatidico per i palermitani, deve essere un mese in cui decidono di mettere a posto quello che non va. Deve essere colpa delle feste natalizie, dei festeggiamenti di fine ed inizio anno, allorquando è facile sperare che arrivi finalmente la svolta tanto attesa. Invece, passati i primi […]

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foto profilo vulcanico FRANCO PALAZZO

di Francesco Palazzo

Gennaio deve essere un mese fatidico per i palermitani, deve essere un mese in cui decidono di mettere a posto quello che non va. Deve essere colpa delle feste natalizie, dei festeggiamenti di fine ed inizio anno, allorquando è facile sperare che arrivi finalmente la svolta tanto attesa. Invece, passati i primi giorni di gennaio, anche i palermitani – oserei dire, perfino, visto che in genere sono inguaribili sognatori – si rendono conto che nulla cambia così, per miracolo. Ed i palermitani, che è gente che sa benissimo quando sia venuto il momento di abbandonare i barocchismi mentali, cioè quelle civetterie nobiliari retaggio della forte influenza culturale lasciata dalla lunga dominazione spagnola, non ci stanno a pensare due volte e sfasciano tutto.

Solo così si può spiegare il perché il 12 gennaio del 1848 scoppiano a Palermo, prima città d’Europa, i moti che poi presero nome di “moti del ‘48 e che diedero un forte scossone al potere austriaco ed agli assolutismi caratterizzanti le monarchie dominanti.

Solo così si può spiegare, dato che, stando ai documenti storici che è facile reperire, le cose sembra che siano iniziate come per caso.

Riferisce infatti Denis Mack Smith nella sua “Storia della Sicilia medievale e moderna”:

I primi giorni del 1848 furono caratterizzati da un’eccezionale agitazione a Palermo. Correvano nell’aria voci di una nuova costituzione. Tumulti di studenti provocarono la pericolosa decisione di chiudere l’università e fu decretato l’arresto di undici eminenti cittadini noti per le loro idee liberali, diversi dei quali appartenevano alla nobiltà. Uno dei radicali meno noti fece circolare un manifesto non firmato in cui si annunciava, a nome di un comitato rivoluzionario forse inesistente, che una ribellione per la libertà siciliana darebbe cominciata in coincidenza con le feste per il compleanno del re, il 12 gennaio. Lo stratagemma riuscì, perché sebbene le autorità non potessero prendere sul serio una tale dichiarazione pubblica di intenti, la notizia era tale da diventare argomento generale di conversazione e di creare un’atmosfera di attesa”.

GENIO PALAZZO DELLE AQUILE
Il Genio di Palermo a Palazzo delle Aquile e quello di Piazza Rivoluzione

Evidentemente qualcosa o qualcuno li guidava dall’interno del loro animo e questo GENIO RIVOLUZIONEqualcuno non poteva che essere il Genio di Palermo, il Nume protettore della città che risaliva nientedimeno che alla fondazione ad opera dei fenici e che una volta spuntava dalle acque del porto, un’altra da quelle del fiume Oreto ed in ogni caso era presente in ogni corso d’acqua, come veniva frequentemente raffigurato al centro delle fontane. Ed i moti di Palermo, nati come per scherzo, da piccolo corso d’acqua si trasformarono prima in torrente tumultuoso e poi in un fiume in piena che tutto travolge. Evidentemente, il Genio aveva previsto tutto ed aveva saputo guidare gli animi dei palermitani. Le truppe borboniche, nonostante fossero forti di circa settemila soldati, cui presto si aggiunsero svariati rinforzi, non avevano piani di emergenza perché non era mai stata contemplata la possibilità che si verificasse una situazione del genere. Si trovarono perciò spiazzate e, dopo le prime scaramucce che le avevano viste soccombenti, decisero di bombardare la città. Questo suscitò la più viva indignazione, specie quando una cannonata diede fuoco al banco dei pegni municipale, dove il popolino portava le sue “ricchezze” ma di cui si servivano anche tante famiglie aristocratiche.

Il Genio del Porto di Palermo
Il Genio del Porto di Palermo

E di colpo la città fu messa a ferro e a fuoco. Il resto potete facilmente immaginarlo. Ben presto le truppe borboniche furono sbaragliate e si ritirarono velocemente ed il potere fu preso dai rivoluzionari, che però – sostanzialmente – non seppero che farsene, tanto è vero che già sul finire dello stesso 1848 re Ferdinando II aveva sostanzialmente riportato le cose allo statu quo ante. Ma qui interessa maggiormente ricordare come questo Nume tutelare della città, abbia voluto vestire i panni di spiritello, di folletto, come potremmo chiamarlo se non fosse per la tipicità nordica dei folletti. E nella qualità di spiritello come si sia arrogato l’altissimo compito di animare una popolazione di sottomessi (solo apparentemente) ed anche in questo caso si sia risvegliato e con il suo tridente (tipico scettro delle divinità di acqua) abbia saputo opportunamente pungolare i palermitani.

E a Palermo da sempre si dice che quando la città si agita contro il Potere a tutti i livelli ci sia dietro il Genio che fa i dispetti agli Dei più grandi e potenti e, come un monellino di strada, spesso risulta essere molto pernicioso.

Eugenio Corini
Eugenio Corini

Dopo quel famoso 1848, la più recente manifestazione del Genio sembra sia stata nel mondo del calcio. Infatti, proprio come uno spiritello dispettoso, l’ultimo faro distributore di palloni della squadra rosanero, Eugenio Corini, ha saputo consegnare ai tifosi palermitani gioie di imperitura memoria, come le vittorie contro squadroni come Juve, Milan, Roma, Napoli, ecc. in casa e fuori, perpetuando così la fama dello spiritello che fa i dispetti ai potenti.

Penso che il Genio si sia incarnato in un campione del calcio per fare capire ai palermitani che devono sapersi organizzare e che devono programmare perché le problematiche (chiamiamole eufemisticamente così) che affliggono la città devono essere affrontate con sistematicità,  in quanto non basta il solo spirito combattivo e rivoluzionario che di tanto in tanto si manifesta.

Con il titolo: la statua del Genio di Palermo a Villa Giulia (le foto dal Web)

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Il Palermo e quella “ineluttabile” serie B. Ma è accettabile giocare per perdere ? https://ilvulcanico.it/il-palermo-e-quella-ineluttabile-serie-b-ma-e-accettabile-giocare-per-perdere/ Wed, 05 Apr 2017 17:09:16 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=3181 di Francesco Palazzo L’ennesimo risultato non favorevole totalizzato dalla squadra di calcio del Palermo dà la stura ad una serie di considerazioni sulla società e la dirigenza tecnica ed amministrativa, ma soprattutto sulla squadra e i giocatori. Gli atleti hanno dimostrato di non essere atleti né dal punto di vista fisico, né dal punto di […]

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di Francesco Palazzo

foto profilo vulcanico FRANCO PALAZZO

L’ennesimo risultato non favorevole totalizzato dalla squadra di calcio del Palermo dà la stura ad una serie di considerazioni sulla società e la dirigenza tecnica ed amministrativa, ma soprattutto sulla squadra e i giocatori.

Gli atleti hanno dimostrato di non essere atleti né dal punto di vista fisico, né dal punto di vista caratteriale. Ora, mostrare una tale deficitaria condizione fisica dopo una sosta del campionato dovrebbe preoccupare seriamente. Inoltre, evidenziare una simile carenza di agonismo in una squadra che dovrebbe lottare per non retrocedere denota che gli “atleti” hanno consolidato una convinzione di ineluttabilità, di irreversibilità, all’esito finale infausto del campionato: sono ormai convinti che la retrocessione in serie B sia scritta sulla pietra.

Perché? Cosa ha convinto tutti che gli sforzi siano totalmente inutili, anche se l’esperto Vitiello ha dichiarato ieri : “noi non alziamo bandiera bianca” ? Ora, considerato che proprio una delle principali caratteristiche di un atleta è la irriducibile resistenza, l’animus pugnandi, la voglia di battersi fino “all’ultimo sangue”, non si può che fare una e una sola considerazione: è stato fatto capire a tutti i giocatori che proprietà e dirigenza preferiscono che la squadra retroceda in serie B.

Quali sono stati i comportamenti tenuti dalla proprietà? Dopo aver predisposto una squadra tecnicamente inadeguata per il campionato di serie A, cosa confermata da un girone di andata a dir poco disastroso, in occasione del mercato di riparazione di gennaio, la società ha pensato bene non solo di non acquistare alcun rinforzo, ma addirittura di cedere due giocatori che a confronto della mediocrità generale spiccavano per una migliore cifra tecnica. Del resto si trattava di due giovani che avevano fatto parte della nazionale svedese che aveva vinto il campionato europeo under 21, quindi pericolosamente controindicati per il raggiungimento degli obiettivi della proprietà.

A questo punto, vedere cosa succede in campo non è altro che la dimostrazione che la società sa bene come fare per raggiungere i suoi obiettivi. E il recente avvento alla presidenza di Paul Baccaglini (che è diventato proprietario senza uscire un solo eurocent, che peraltro non sembra avere …) ne è l’ulteriore conferma.

E’ dunque inevitabile chiedersi: ma un campionato nel quale c’è una concorrente che,  invece di giocare per vincere, nella sostanza gioca per perdere è un campionato regolare?  Penso proprio di no. E cosa si può fare per sanare questa irregolarità? Bisogna richiamarsi alle norme che regolano la vita civile della società: se c’è stata – come c’è stata – una rottura del diritto bisognerà trovare una sanzione.

E per trovare una sanzione come bisogna procedere? Occorrerebbe forse adire le vie legali ? Come? Sporgendo forse una denuncia, simbolica ma non troppo, nei confronti di tutti gli attori di questa penosa vicenda? Presidente uscente, presidente nuovo, direttore sportivo, allenatore e, principalmente, giocatori? Infatti sono proprio i giocatori quelli che andrebbero messi sul podio più alto del “banco degli imputati” perché proprio ai giocatori si chiede il dovere di lealtà nei confronti delle regole del gioco che loro praticano, a prescindere dalla remunerazione che ne traggono. È proprio sulla deontologia professionale di questi attori si basa lo sviluppo delle attività connesse, economiche e morali.

Anche il mondo delle scommesse viene stravolto da concorrenti sleali. Peraltro, concorrenti sleali non per arrivare a vincere, ma per essere sicuri di perdere. Ecco perché bisognerebbe forse dare una lezione a tutti i guitti di questo triste baraccone.

Vi sembra soltanto la (forte) provocazione di un tifoso arrabbiato? Forse lo è pure. Forse non tiene conto nella giusta maniera della imbarazzante scarsezza di una squadra assolutamente inadeguata per la serie A e che perde sempre soprattutto a causa di questa scarsezza. Ma su tutto quello che è successo in questa orribile stagione del Palermo, che resterà scolpita nella storia probabilmente come la peggiore e più deludente di sempre, bisogna provare a fare una riflessione un poco più profonda.

(Gaetano Perricone). Ho volutamente messo da parte i miei trascorsi di dignitoso – e anche discretamente popolare – cronista sportivo rosanero di altri tempi per lasciare spazio alle lucide, legittime e anche condivisibili, riflessioni del mio carissimo amico Francesco, vecchio e appassionato tifoso del Palermo come me e anche attento osservatore delle cose del calcio. Prima di scrivere qualcosa, se la scriverò superando il mio disgusto, aspetto di vedere se e come si concretizzerà il passaggio di consegne tra Zampaglini e Baccarini … Scusatemi, tra Zamparini e Baccaglini, lapsus freudiano. Vedremo …

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Piazza Fontana, la “strage di stato” contro i lavoratori https://ilvulcanico.it/piazza-fontana-la-strage-lavoratori/ Mon, 12 Dec 2016 20:47:32 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=1796 di Francesco Palazzo 12 dicembre 1969, ore 16,37, Milano, Piazza Fontana, Banca Nazionale dell’Agricoltura, strage. Cosa c’è da dire di più, dopo 47 anni, alla fine di questa giornata di ricordi ? Strage basta e avanza. Inutile dire che ci furono 17 morti e 88 feriti perché anche un solo morto sarebbe stato lo stesso “simbolo” […]

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di Francesco Palazzo

foto profilo vulcanico FRANCO PALAZZO

12 dicembre 1969, ore 16,37, Milano, Piazza Fontana, Banca Nazionale dell’Agricoltura, strage.

Cosa c’è da dire di più, dopo 47 anni, alla fine di questa giornata di ricordi ? Strage basta e avanza. Inutile dire che ci furono 17 morti e 88 feriti perché anche un solo morto sarebbe stato lo stesso “simbolo” di una strage, di una strage ordita contro i lavoratori, contro coloro che con serietà coscienza ed abnegazione lavorano ogni santo giorno dell’anno per portare il “pane” a casa, ai figli che devono crescere e che un giorno saranno cittadini con la loro dignità di Italiani. Mettere una bomba sotto il grande tavolo dedicato all’accoglienza delle frenetiche attività dei clienti della Banca Nazionale dell’Agricoltura che a quell’ora doveva essere già chiusa significava che la stessa tecnica che aveva fallito nell’attentato ad Hitler in questo caso,  con l’attentato rivolto contro i lavoratori, era riuscita in pieno. Le forze del male salvavano il dittatore e colpivano il lavoratore.

Quella strage veniva da lontano: era di fatto lo sbocco naturale ai tentativi di colpo di stato (opinione, questa, messa in dubbio da una parte degli osservatori politici) del 1964 e poi del 1967 (Junio Valerio Borghese e la decima Mas; il gen. De Lorenzo; Randolfo Pacciardi). Segnava però una linea di demarcazione profonda: si trattava della prima strage che, colpendo la gente comune – appunto, i lavoratori – tendeva a inoculare nell’animo degli italiani il germe della tensione dopo le manifestazioni dell’autunno caldo, manifestazioni che venivano dopo il maggio parigino ed i primi scioperi di studenti ed operai. Occorreva che gli “sfruttati” continuassero a preferire farsi sfruttare piuttosto che pensare di potersi vantare di avere la dignità di cittadini, con tutti i doveri e soprattutto i diritti previsti dalla Costituzione dei Diritti dell’Uomo e dalla Costituzione della Repubblica Italiana.

La prima pagina del Corriere della Sera
La prima pagina del Corriere della Sera

Dopo pochi giorni fu chiaro che si trattava di una “strage di stato”, si trattava cioè di una strage organizzata e voluta dai servizi segreti dello stato italiano cosiddetti “deviati”. Insomma, uomini dello Stato, uomini che avevano giurato fedeltà alla Repubblica, avevano pensato bene che era necessario, salutare, uccidere qualche cittadino …. Nel frattempo, questi servizi deviati suggerivano indagini e fermi di polizia che colpivano il mondo anarchico e la sinistra extraparlamentare. Ricordiamo che proprio in quei frangenti si stava realizzando all’interno del Partito Comunista la fuoriuscita degli aderenti al gruppo del “Manifesto”, dopo che con grande sapienza tattica e politica lo stesso Partito Comunista era stato capace di assorbire la Primavera di Praga, soffocata nell’agosto 1968 dai carri armati di Mosca, e gli scioperi del ‘68 e soprattutto del ’69, che lo avevano scavalcato a sinistra. Occorreva, quindi, fare capire a tutti chi comandava, con le buone o con le cattive.

Dopo anni e dopo accurate indagini, peraltro mai finite, si è saputo che ispiratori ed anche operatori coinvolti nella strage fossero anche i servizi segreti americani. Gli USA, infatti, erano preoccupati che il più grande partito comunista d’occidente potesse acquisire popolarità e voti che legittimassero il suo ingresso nelle stanze dei bottoni. Fu così che i cosiddetti  servizi deviati (quelli italiani, ma quelli americani erano regolari) misero in piedi quella che passò alla storia come “strategia della tensione” che doveva mostrare come fosse giusto combattere gli “opposti estremismi”, cioè era quanto mai opportuno dare fiducia solo e soltanto alla Democrazia Cristiana, con la sua politica fatta di equilibrio (“un colpo al cerchio ed uno alla botte”) e di buone relazioni soprattutto con gli USA, che da sempre (cioè dal dopoguerra) non disdegnavano di fare all’Italia iniezioni di dollari e, quindi, consentivano agli italiani di elevarsi dalla povertà. Ma gli italiani dovevano votare Democrazia (o partiti affini).

La copertina del libro “La strage di stato”, edizioni Savelli

Anche questi fenomeni (chiamiamoli così) sono da inquadrare nel periodo storico della  “guerra fredda” che vedeva l’Europa divisa dal muro di Berlino. Ma l’esistenza del “muro” giustificava la pervasività della presenza dei servizi segreti americani pronti a manovrare apertamente o sotterraneamente la politica italiana? L’EVIS, Portella delle Ginestre, Gladio, e via via passando per Piazza Fontana, appunto, per l’affaire Moro, per Sigonella, per il Pio Albergo Trivulzio, per Berlusconi, per la P2, per lo spread a 570, per arrivare fino al recentissimo referendum che verteva su un aggiustamento letale alla nostra carta costituzionale studiato e messo a punto dalla grande banca d’affari americana Morgan Stanley, che il Renzi ha sostanzialmente copiato. Insomma, quella italiana è considerata una democrazia claudicante che ha bisogno del forte sostegno del mondo civile e democratico rappresentato dagli USA. Pensa un po’.

 

 

 

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