Scuola Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/scuola/ Il Blog di Gaetano Perricone Mon, 30 May 2022 15:27:48 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.1 Scuola: le proteste del settimo anno https://ilvulcanico.it/scuola-le-proteste-del-settimo-anno/ Mon, 30 May 2022 11:23:32 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=21821 di Maurizio Muraglia* Scioperare per protestare. La scuola lavora ogni giorno, e a ondate eleva il suo grido di dolore. Nel 2008 contro Gelmini, nel 2015 contro Renzi, nel 2022 contro Draghi. Ogni sette anni. Solo nel primo caso si trattava di una ministra e non di un presidente del consiglio. Infatti negli ultimi due […]

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di Maurizio Muraglia*

Scioperare per protestare. La scuola lavora ogni giorno, e a ondate eleva il suo grido di dolore. Nel 2008 contro Gelmini, nel 2015 contro Renzi, nel 2022 contro Draghi. Ogni sette anni. Solo nel primo caso si trattava di una ministra e non di un presidente del consiglio. Infatti negli ultimi due casi i ministri sono soltanto dei passacarte. Lo era per la verità anche Gelmini, in relazione a Berlusconi-Tremonti, ma chissà perché ci ricordiamo di Gelmini.

Scioperare è cosa buona e giusta, è un atto di democrazia. Il sindacato fa la sua parte, ed anche questa è cosa buona e giusta. Niente è fuori posto. Ma la politica non può cambiare, e se cambia cambia perché lo aveva messo in conto prima delle proteste e farà finta di averle ascoltate. Come ha fatto Bianchi quando ha tolto la seconda prova della maturità al ministero, ne ridusse il punteggio e la concesse alle commissioni. Pacca sulla spalla dei protestanti. Metodo semplice: scrivo il peggio, faccio protestare e poi arrivo dove volevo.

La politica scolastica degli ultimi vent’anni è figlia della saldatura tra politici e ventre molle popolare che di istruzione non gliene frega nulla. Lo stesso ventre molle che sostiene partiti populisti cui a loro volta della scuola non importa anche perché i loro massimi rappresentanti ne hanno fatto pochina. E si vede quando parlano. I partiti non populisti si costernano, si indignano, si impegnano poi gettano la spugna con gran dignità perché anche loro non sanno che pesci prendere e pur di stare al governo mangiano qualsiasi minestra, compresa quest’ultima inserita nel PNRR.

Le ragioni della protesta nel 2008, nel 2015 e nel 2022 sono diverse: tagli orizzontali feroci e riordino classista (2008), Buona scuola (2015) e adesso PNRR, ma se vai a guardare attentamente non manca la continuità: trattamento economico straccione, tagli alla spesa per la scuola, ambiguità delle politiche per il reclutamento. Attorno a questi tre tronchi irrisolti si avvolgono come rampicanti questioni via via emergenti, dall’alternanza scuola lavoro, al tentativo di differenziare le carriere, ai vari bonus premiali, alla formazione in servizio legata al salario e via discorrendo. I sindacati vengono riveriti a parole, ma la loro rilevanza, come quella delle associazioni professionali, in viale Trastevere è nulla. E certamente non è una bella notizia.

Ma la vera continuità sta ancora più a monte delle continuità, e sta nell’imbarbarimento progressivo della società (in)civile, che di cultura, educazione, apprendimento non sa più che farsene dal momento che ormai innalza altari alle nuove élites chiamate influencer e parcheggia i ragazzini a scuola per strappare un pezzo di carta come che sia. Una politica seria dovrebbe far crescere la società piuttosto che rispecchiarla. Invece sembra non siano più concepibili governi che non siano espressione di questa società che di sociale ormai ha soltanto i social. Né potevano cambiare la musica l’ammucchiata emergenziale di questo governo e l’attuale ministro “affettuoso”, che di affettuoso ha soltanto il modo di maneggiare il celebre ombrello di Altan (per i più giovani consultare Google digitando ombrello Cipputi).

*Insegnante presso Liceo Europeo Maria Adelaide di Palermo

Con il titolo e dentro l’articolo: la manifestazione del 30 maggio 2022 a Palermo (foto di Laura Mollica)

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Scuola, riflettori spenti. Ma l’iceberg della protesta è più importante della punta https://ilvulcanico.it/scuola-riflettori-spenti-ma-liceberg-della-protesta-e-piu-importante-della-punta/ Tue, 01 Mar 2022 16:53:16 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=21216 di Maurizio Muraglia* Sulle proteste degli studenti si sono spenti i riflettori. Da un lato l’irrompere sulla scena mediatica del conflitto russo-ucraino, dall’altro la sostanziale alzata di spalle, con qualche parola consolatoria, da parte degli ambienti ministeriali, hanno fatalmente rimesso un velo di irrilevanza sulle rivendicazioni studentesche, le cui ragioni però restano tutte, anche a […]

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di Maurizio Muraglia*

Sulle proteste degli studenti si sono spenti i riflettori. Da un lato l’irrompere sulla scena mediatica del conflitto russo-ucraino, dall’altro la sostanziale alzata di spalle, con qualche parola consolatoria, da parte degli ambienti ministeriali, hanno fatalmente rimesso un velo di irrilevanza sulle rivendicazioni studentesche, le cui ragioni però restano tutte, anche a riflettori spenti.

Nei cortei di qualche settimana fa, la protesta riguardava i percorsi ex alternanza scuola-lavoro – che oggi si chiamano Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento – e l’impianto del prossimo Esame di Stato, terzo in regime di pandemia. Le occasioni per scendere in piazza erano state essenzialmente due: la morte di Lorenzo Parelli nell’ultimo giorno di stage e l’intenzione del ministro di reintrodurre il secondo scritto.

Lorenzo Parelli, lo studente morto il 21 gennaio 2022 a 18 anni mentre svolgeva un apprendistato previsto dal suo percorso di studi.

Quando gli studenti si mobilitano, in genere, si ha sempre la sensazione che la loro misura sia colma di molto altro e che le motivazioni occasionali, pur serissime, assumano la funzione della classica goccia che fa traboccare il vaso. Per questo sono dell’avviso che l’iceberg sia sempre più importante della sua punta e che il malcontento dei nostri giovani provenga da più lontano. Sarebbe ingeneroso, tuttavia, non recare la dovuta attenzione anche alla punta.

Per quel che riguarda la questione dei famosi Percorsi, non è il decesso dello studente, per quanto dolorosissimo, a far pensare che la volontà della politica di curvare la scuola verso il lavoro provenga da un colossale fraintendimento pedagogico, di cui la scuola è simultaneamente vittima e concausa. Fin dall’introduzione dell’obbligatorietà di questi percorsi, risalente alla Legge 107 del 2015 chiamata “Buona scuola”, da più parti, incluso chi qui scrive, si sono levate voci di dissenso. Il lavoro dello studente consiste nello studiare. Studiare non è azione estranea al mondo, alla realtà, al lavoro. Solo quando studiare vuol dire star ripiegati sui libri per masticare idee posticce e restituirle tali e quali agli insegnanti in attesa di un voto, allora è possibile cominciare a vagheggiare una scuola più aperta alla vita e alla realtà. Ma l’impegno intellettuale esercitato a scuola, se improntato a spirito critico, basta a se stesso e alla realtà che circonda lo studente.

Quando stanno nelle aziende, gli studenti osservano e ascoltano, più o meno annoiati. Talvolta danno una mano. Quei luoghi non sono né scuola né lavoro, quindi non c’è alternanza di nulla. Le famose competenze trasversali potrebbero utilmente essere sviluppate con un insegnamento scolastico altamente rielaborativo e cooperativo, al servizio di seri progetti culturali, in tutti gli ordini di scuola. Ma dentro la scuola. Basterebbe qualche rappresentante del mondo del lavoro che fa visita a scuola per illustrare quel che c’è fuori, con funzione di orientamento postdiploma. Ma prima ancora del tragico fatto di cronaca era già possibile affermare che in mille modi la cultura del lavoro avrebbe potuto essere promossa a scuola senza entrare a gamba tesa sui curricoli scolastici, già erosi da mille progetti e mille tagli.

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi

La questione dell’Esame di Stato si salda alla prima per il diffuso senso di frustrazione provato dagli studenti in questo ultimo biennio di scombussolamento sanitario e didattico. Hanno percepito nell’iniziativa ministeriale una forma di indifferenza verso il loro disagio ed un interesse precipuo per la loro valutazione. Molto se n’è discusso. Il ministro, tra i più paternalisti e chiusi al dialogo visti negli ultimi anni, ha congedato amabilmente gli studenti promettendo particolare attenzione nella valutazione ed esortandoli a non avere paura perché sono più bravi di quanto non pensino. E pertanto meritano un esame normale. Più paterno di così.

Ma le due questioni, pur sommate, non bastano da sole a scendere in piazza. C’è tanto altro, quello stesso altro che negli ultimi venti anni non è sostanzialmente cambiato e che per un buon decennio ha generato il rituale delle occupazioni. Il problema è che di questo altro non hanno un’idea ben chiara neppure gli studenti, come si vede dal velletarismo confuso delle loro dichiarazioni. Sono scontenti, sono a disagio, sono indignati, sono costernati. Ma poi gettano la spugna con gran dignità. Perché? Perché manca loro un nemico serio. Culturalmente ed educativamente serio.

Quando le forze dell’ordine li hanno picchiati ha fatto male. Ma non li hanno picchiati per le loro idee. Si sono creati disordini magari mal gestiti, ma certamente non era la polizia russa o cinese quella che manganellava. Non ci sono idee represse, ahimé. Il poliziotto esuberante verrà redarguito, ma lo studente è atteso alle idee. Quale visione complessiva della società e del sistema di istruzione è stato portato sotto il naso del ministro Bianchi? Quanto facile è stato per quest’ultimo liquidarsi le rappresentanze con una pacca sulle spalle?

Il problema è che questa generazione non ha davanti a sé una visione lucida e perentoria contro cui combattere. Non ha davanti una dittatura, non ha davanti un modello pedagogico e didattico coerente, non ha davanti adulti autoritari, e neppure tutto sommato un sistema di istruzione radicalmente elitario e selettivo. Non ha niente di tutto questo davanti. Non può coltivare utopie perché per farlo dovrebbe avere davanti a sé interlocutori riconoscibili per un’ideologia insopportabile contro cui lottare. Devono volare basso perché nessuno dà loro torto e nessuno dà loro ragione.

Una manifestazione studentesca del Sessantotto

I ministri sono figure effimere preoccupate di occupare la poltrona per più tempo possibile. I dirigenti scolastici sono troppo preoccupati di evitare i contagi per occuparsi di questioni educative e didattiche. Gli insegnanti cercano di instaurare un dialogo con i ragazzi, ma lo spessore culturale della maggior parte dei docenti in circolazione è opacizzato da preoccupazioni legate a test Invalsi, sicurezza sul lavoro, esamite spinta e burocrazia alle stelle. Stremati anche loro dalla trasformazione della scuola in un gigantesco ufficio disbriga pratiche. Questi ragazzi vorrebbero urlare qualcosa ma hanno due ordini di problemi: identificare il qualcosa ed i destinatari dell’urlo. Viviamo tempi di passioni burocratizzate e pacche sulle spalle. I loro colleghi oggi settantenni che fecero il Sessantotto probabilmente fecero molti errori. Ma a guardare questo spettacolo se li tengono ben stretti.

*Insegnante presso Liceo Europeo Maria Adelaide di Palermo

Con il titolo: un corteo di protesta dopo la morte di Lorenzo Parelli. Le foto dal web 

 

 

 

 

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Le due scuole. Quella di ogni giorno e quella che vuole trasformarla https://ilvulcanico.it/le-due-scuole-quella-di-ogni-giorno-e-quella-che-vuole-trasformarla/ Sat, 12 Feb 2022 06:20:25 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=21188 di Maurizio Muraglia* Ci sono due scuole. La scuola di ogni giorno, quella che vivono i nostri bambini ed i nostri adolescenti, quella in cui insegniamo e operiamo, quella delle ore di lezione e dei libri di testo; e poi c’è un’altra scuola, meno popolare, fatta di leggi, decreti, dispositivi pedagogici, sigle, che attraversa la […]

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di Maurizio Muraglia*

Ci sono due scuole. La scuola di ogni giorno, quella che vivono i nostri bambini ed i nostri adolescenti, quella in cui insegniamo e operiamo, quella delle ore di lezione e dei libri di testo; e poi c’è un’altra scuola, meno popolare, fatta di leggi, decreti, dispositivi pedagogici, sigle, che attraversa la prima scuola e cerca di trasformarla in senso buono, cioè di portare l’innovazione necessaria a quel che viene chiamato “successo formativo”. Non sempre la prima scuola capisce la seconda, e – chiariamo – non è sempre un bene che questo avvenga. Non si può restare ancorati alla tradizione. Non si può coltivare l’immobilismo.

La seconda delle due scuole opera incessantemente, e si fatica a capire quale sia la direzione di marcia perché tanti sono gli impulsi innovatori. Citiamone qui solo alcuni, che sembrano accomunati da un sorta di filo rosso: la trasversalità, l’insegnamento per competenze, i compiti di realtà, l’alternanza scuola-lavoro, la cittadinanza, il ritorno della vecchia educazione civica. Vi è anche all’esame del parlamento un disegno di legge che introdurrebbe le competenze non cognitive, ovvero tutti quegli atteggiamenti socioaffettivi che gli alunni sviluppano anche a scuola e che, sembrerebbe, esulano dalle discipline scolastiche.

Il filo rosso sembra abbastanza evidente: la seconda scuola diffida della prima e vuole convincerla ad accogliere la vita nelle aule. La vita in tutte le sue sfaccettature, cioè i problemi culturali, il mondo del lavoro, la capacità di essere cittadini, le emozioni, le esperienze. Insomma, sembrerebbe che alla prima scuola si sia attribuita una sorta di patente autoreferenziale ovvero un’incapacità di uscire dalle quattro mura delle materie scolastiche.

Ogni giorno io vivo nella prima scuola. Sono un insegnante perché ho studiato a scuola le discipline scolastiche, poi le ho studiate all’università, su quelle sono stato valutato in un concorso a cattedra ed adesso insegno alcune delle discipline che studiai al liceo. Vedo che i miei colleghi fanno lo stesso e vedo che gli alunni questo si attendono ogni giorno dai docenti: che il prof di scienze insegni scienze, che la prof di arte insegni arte.

Nelle programmazioni degli insegnanti è fortemente richiesto di inserire anche altre cose, oltre alla disciplina insegnata: dimensioni emotive, competenze trasversali, tematiche interdisciplinari, progetti che sollecitano esperienze che vanno al di là delle discipline scolastiche. Perché? Non bastano più le vecchie discipline a formare le intelligenze degli alunni? Perché occorre prescrivere che si affronterà il rapporto uomo-natura, la condizione femminile, il viaggio, il potere, l’amore e altri temi importantissimi, che popolano la nostra vita ogni giorno? Perché si deve esplicitare che verranno trattati questi temi? Perché le ordinanze sugli Esami di Stato raccomandano i “collegamenti”? Cosa c’è da “collegare”?

C’è con tutta evidenza un pregiudizio concepito dalla seconda scuola nei confronti della prima che può essere così formulato: le discipline non bastano più. Ma io che insegno nella prima scuola e che porto in classe la mia disciplina non ho la sensazione che le cose stiano così. E vedo che anche parecchie mie colleghe e colleghi, che insegnano altre discipline, hanno la stessa mia sensazione. Le discipline per parecchi di noi bastano, eccome. E non hanno bisogno della seconda scuola che raccomanda il loro superamento. Che neppure i ragazzi chiedono, quando non odiano le discipline.

Occorre ricordare cos’è una disciplina di studio. Perché solo ricordandolo si può comprendere sia il legittimo tentativo della seconda scuola di rovesciare il tavolo della prima, sia l’altrettanto legittima obiezione della prima a questo tentativo. Una disciplina non esiste nella realtà, ma è solo la realtà che l’ha resa possibile perché essa (la realtà) potesse essere meglio compresa. La realtà è fatta dell’esperienza degli umani e dalla loro riflessione sull’esperienza. La riflessione necessita di strumenti linguistici, matematici, scientifici, filosofici, storici, giuridici, tecnici e via dicendo: strumenti concettuali, dispositivi mentali di ragionamento che permettano di capire quello che accade. A noi e agli altri.

Giovanni Pascoli

Non ci sono discipline senza esperienza. La seconda scuola vuole portare in classe l’esperienza, ma l’esperienza è già nelle discipline, che da essa partono e ad essa ritornano. Io insegno la letteratura. La letteratura è una disciplina. Quando porto in classe una poesia di Pascoli o una novella di Verga, porto qualcosa che proviene dall’esperienza, dall’esperienza di questi autori, e faccio usare degli strumenti – appunto disciplinari – che consentano di decodificare quell’esperienza affinché ne sia illuminata la nostra esperienza. Se faccio studiare il Gelsomino notturno di Pascoli, mi imbatterò nel rapporto tra vita e morte, nella memoria, nella malinconia, nell’amore. Sono tematiche. È possibile che chi insegna un’altra disciplina si imbatta nelle stesse tematiche. Ma è accaduto perché ha fatto studiare la sua disciplina in modo che non perdesse di vista l’esperienza, la realtà, la vita. È la prima scuola.

La seconda scuola vuole introdurre quel che c’è già in classe. O meglio: quel che dovrebbe esserci. Il problema è che tanta prima scuola si fa in modo pedante, nozionistico ed estraneo alla vita dei bambini e dei ragazzi. Questo annoia molto. E soprattutto genera molto insuccesso. Tanti bocciati. Perché è evidente che se fai studiare le discipline in modo pedante acchiappi alcuni alunni, ma il grosso si perde. E allora arriva la seconda scuola a fare leggi, leggine e direttive intese ad acchiappare i dispersi. A fare una scuola che parli anche di loro. E allora sotto con le tematiche coinvolgenti e le competenze non cognitive. Così finisce che le discipline sono elitarie e le altre cose sono inclusive. Ma quelle elitarie non sono le discipline della prima scuola. Sono soltanto il vezzo accademico di insegnanti aristocratici e fuori dal tempo. Che hanno reso necessaria la seconda scuola.

* Insegnante presso Liceo Europeo Maria Adelaide Palermo

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La scuola-con-mascherina, il dito e la luna https://ilvulcanico.it/la-scuola-con-mascherina-il-dito-e-la-luna/ Sat, 08 Jan 2022 06:02:32 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=20899 (Gaetano Perricone). Lettere e firme dal territorio fioccano in queste ore freneticamente. C’è quella sottoscritta da circa 2000 dirigenti scolastici, presidi mi piace chiamarli, al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e al presidente del Consiglio Mario Draghi, che chiede il differimento di un paio di settimane della riapertura delle scuole in presenza, ricominciando intanto con la […]

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(Gaetano Perricone). Lettere e firme dal territorio fioccano in queste ore freneticamente. C’è quella sottoscritta da circa 2000 dirigenti scolastici, presidi mi piace chiamarli, al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e al presidente del Consiglio Mario Draghi, che chiede il differimento di un paio di settimane della riapertura delle scuole in presenza, ricominciando intanto con la Didattica a Distanza, per rafforzare la vaccinazione nei più piccoli e organizzarsi meglio. In Sicilia le prese di posizione sono nette. “La riapertura delle scuole in presenza a partire dal 10 gennaio sarebbe un atto irresponsabile. Non esistono, infatti, le condizioni minime di sicurezza e la possibilità da parte dell’Asp di fornire collaborazione adeguata alle autorità scolastiche”, hanno ribadito 200 sindaci che hanno partecipato in videoconferenza ad una riunione urgente indetta dal presidente dell’Anci Sicilia, Leoluca Orlando, per fare il punto sulla ripresa delle lezioni a scuola in un momento di aumento di contagi per il Covid. Fa eco loro il presidente della Regione Nello Musumeci: “Ho appena scritto al presidente Draghi rappresentando la gravità della situazione delle ultime ore e ribadito le stesse perplessità da noi espresse nel confronto Stato-Regioni dei giorni scorsi. Valuteremo attentamente nelle prossime ore l’evolversi del contagio per valutare eventuali ulteriori provvedimenti”. Ma lui, anzi loro vanno avanti senza sentire ragioni: il ministro, sostenuto dal premier, ribadisce con forza ai quattro venti che la scuola riaprirà in presenza lunedì prossimo 10 gennaio, minacciando di impugnare la decisione del solito monellaccio Vincenzo De Luca, presidente della Campania, di tenere chiuse le scuole nella sua regione fino al 29 gennaio. Dico solo: non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere. A commento della decisioni del Governo, pubblichiamo questa bellissima riflessione di Maurizio Muraglia, valoroso insegnante a Palermo, giornalista e scrittore (è di recente autore insieme a Laura Mollica del libro “Dante parla ancora?), con il quale speriamo di avere avviato una preziosa e proficua collaborazione

di Maurizio Muraglia *

L’immagine del dito e della luna mi pare si adatti bene alle vicende legate al rientro a scuola in presenza in regime di emergenza pandemica aumentata. I nostri politici nazionali, e il ministro dell’istruzione in testa, si sono intestati la crociata del rientro costi quel che costi, adducendo le motivazioni che ben si conoscono: la depressione degli studenti, il valore socializzante della scuola, l’inefficacia della DAD, insomma quel che sappiamo tutti. Migliaia di dirigenti scolastici in questa fase chiedono al ministro di valutare la possibilità di un rinvio di questo rientro e di un riavvio soft con didattica a distanza in attesa di un quadro meno preoccupante. Nisba. Il ministro Patrizio Bianchi rimanda al mittente la richiesta.

Ora, il dito è certamente la scuola. Ma il dito indica la luna, e non pare che la luna venga presa in considerazione. La luna è l’apprendimento. La scuola indica l’apprendimento, favorisce l’apprendimento, esiste per l’apprendimento. Se la scuola comincia ad esistere per la contabilità di contagiati, guariti, vaccinati, non vaccinati, da 120 giorni, da 119, da 118; se la scuola comincia ad esistere perché alzati-la-mascherina, alzatevi-uno-per-volta, compila-questa-autocertificazione, mi-faccia-vedere-il-green-pass e potrei continuare all’infinito, la scuola non indica e favorisce se non se stessa come contenitore dell’emergenza.

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi

Ai politici importa molto far vedere che grazie a loro c’è la normalità. Anche se di normale in questa scuola-con-mascherina non c’è proprio nulla, quel che importa è che si possa dire che la scuola in presenza c’è e non si tocca. La luna non conta, conta il dito ed il dito è ben vivo e vegeto.

La didattica a distanza non la ama nessuno, ma ancor meno sono amabili il caos, la classe suddivisa in chi segue da casa e chi segue da scuola, la conversazione dietro una mascherina, insomma tutti quei dispositivi che rendono molto precaria la possibilità di fare scuola, ma che consentono ai politici di dire che la scuola è aperta.

I dirigenti scolastici conoscono bene tutto questo e per questo hanno firmato numerosi, e sostenuti da tanti docenti, l’appello al ministro. Il quale ha risposto che egli ascolta tutte queste voci, ma anche le “tante voci” che spingono per la scuola in presenza (fonte Orizzontescuola.it). Il fatto è che le voci che si rivolgono a lui sono voci di addetti ai lavori e hanno nome, cognome, scuola di appartenenza e regione, mentre le “tante voci” che affastellano la mente del ministro e che lui determina di volere ascoltare hanno l’aspetto evanescente di cui piacerebbe conoscere il peso politico. Il tutto rende sempre più tossico il rapporto tra scuola e politica.

* Insegnante Liceo Classico Europeo “Maria Adelaide” Palermo

Con il titolo: da Corriere.it

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Tutti i (tristi) dati della povertà educativa in Sicilia https://ilvulcanico.it/tutti-i-tristi-dati-della-poverta-educativa-in-sicilia/ Tue, 22 Jun 2021 15:51:11 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=19592 FONTE: Ufficio Stampa Fondazione Sicilia Nel 2019, il 22,4% dei giovani siciliani ha lasciato la scuola senza avere conseguito un diploma o una qualifica professionale. Quasi 10 punti al di sopra della media nazionale, insomma, in un periodo a cui non si erano ancora aggiunte le difficoltà legate alla pandemia. Si chiama “Le mappe della […]

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FONTE: Ufficio Stampa Fondazione Sicilia

Nel 2019, il 22,4% dei giovani siciliani ha lasciato la scuola senza avere conseguito un diploma o una qualifica professionale. Quasi 10 punti al di sopra della media nazionale, insomma, in un periodo a cui non si erano ancora aggiunte le difficoltà legate alla pandemia.

Si chiama “Le mappe della povertà educativa in Sicilia” il report realizzato da Openpolis e Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il report è stato presentato in diretta streaming dal sito di Fondazione Sicilia (www.fondazionesicilia.it), che ha ospitato l’evento.

Povertà educativa, la necessità di una banca-dati dettagliata

I dati sono stati elaborati dall’osservatorio sulla povertà educativa, curato in collaborazione tra Con i Bambini – impresa sociale e Fondazione Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. L’obiettivo è promuovere un dibattito informato sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte, ed aiutare il decisore attraverso l’elaborazione di analisi e approfondimenti originali. Attualmente, la trattazione della povertà educativa avviene soprattutto utilizzando indicatori nazionali o al massimo regionali, anche per la carenza di dati aggiornati a livello locale. L’obiettivo finale è, quindi, la costituzione di una banca dati su scala comunale o sub-comunale, che consenta interventi mirati a seconda delle esigenze.

Tra i tanti progetti da avviare contro la povertà educativa, ci sono quelli già avviati, come PFP. Progetti Formativi Personalizzati con Budget Educativi, che include anche gli adolescenti siciliani e Dappertutto. Territori e Comunità per inventare il futuro, che riguarda i bambini di Palermo.

I dati in Sicilia

I dati sulle mappe della povertà in Sicilia sono stati formulati tenendo conto di quattro parametri: l’offerta di asili nido, le famiglie raggiunte da banda larga ultraveloce, gli edifici scolastici vetusti e quelli raggiungibili con i mezzi pubblici.

L’offerta di asili nido: Sicilia fanalino di coda

In un sud carente di servizi, la Sicilia (insieme a Campania e Calabria) si colloca ancora sotto la media. L’offerta disponibile di servizi prima infanzia vede infatti la Sicilia penultima tra le regioni italiane. Con 10 posti ogni 100 bambini, l’offerta di asili nido presente sull’isola è poco superiore rispetto a quella della Campania (ultima con il 9,4%) e al di sotto di quella della Calabria (terzultima con l’11%).

Le tre grandi regioni del sud si collocano in fondo alla classifica, molto distanti da quelle ai primi posti: Valle d’Aosta (45,7%), Umbria (42,7%), Emilia-Romagna (39,2%), Toscana (36,3%). Ma anche da altre regioni del sud continentale (ad esempio la Puglia, con il 16,8%) e dall’altra isola maggiore (Sardegna, 29,3%).

Ancora una volta, però, il dato medio regionale non è sufficiente per l’analisi. All’interno del territorio, infatti, convivono significative differenze.

L’accesso alla banda larga ultraveloce

Un problema, quello di possedere una connessione efficace, che nei mesi della pandemia, tra didattica a distanza e lavoro agile, ha mostrato tutta la sua rilevanza. E se è vero che la Sicilia ha 18,2 punti di vantaggio rispetto alla media nazionale per quanto riguarda la disponibilità di connessioni ultraveloci, altrettanto palese è l’ampio divario tra la potenzialità della rete e la quota di famiglie che effettivamente vi hanno accesso.

La connettività, però, non è solo una questione infrastrutturale, e in tutta Italia la quota  di famiglie con internet veloce è inferiore alle potenzialità della rete. In altre parole, il fatto che una zona sia cablata non significa necessariamente che le famiglie concretamente vi abbiano accesso. I motivi possono essere tanti: dalle preferenze e necessità individuali a un disagio economico che impedisce alla famiglia di potersi permettere una connessione veloce. Nel dettaglio, le cose vanno meglio nel Siracusano e nella città di Palermo, dove quasi due terzi delle famiglie risultano raggiunte dalla banda ad almeno 100 Mbps. Superano la media regionale anche il Ragusano, il Catanese e il Nisseno.

La sicurezza degli edifici scolastici

Salute e sicurezza sono aspetti fondamentali, che a maggior ragione devono essere garantiti anche all’interno degli ambienti scolastici.

Per questo è importante che le aule siano adeguate. Il Covid-19 infatti ha reso ancora più evidente la necessità di avere a disposizione un certo tipo di spazi per permettere il ritorno in classe in sicurezza. Non solo in termini di ampiezza, ma anche di funzionalità, in modo da consentire una rimodulazione di banchi e arredi scolastici che tuteli insegnanti e alunni dal rischio contagio, come previsto dalle linee guida del Miur.

La sicurezza nelle scuole, è un dato condiviso, parte cioè dalla progettazione e continua con gli interventi di manutenzione e ristrutturazione. In Sicilia, il 16,5% degli edifici scolastici statali sono classificati come vetusti.  E se sotto questo aspetto la Sicilia presenta dati in parte più contenuti rispetto alla media nazionale, in città come Messina un quarto delle scuole non è adeguato per una corretta fruibilità. Non si segnalano problemi di questo tipo, invece, nelle isole di Pantelleria e Favignana.

Quanto sono raggiungibili le scuole con i mezzi pubblici?

Il dato nazionale: nel 2018 su 40.160 edifici scolastici statali in Italia, tra scuole dell’infanzia, primarie e secondarie, sono 34.531 quelle raggiungibili con mezzi di trasporto pubblico, cioè l’86%.

In Sicilia la quota è inferiore di quasi 2 punti rispetto alla media nazionale, (84,2%), anche se la situazione varie sensibilmente a seconda della realtà. Ci sono province in cui le scuole raggiungibili con i mezzi superano il 90% di scuole raggiungibili con almeno un mezzo alternativo all’auto privata (le più virtuose l’Ennese, il Catanese e il Messinese) e altre con percentuali inferiori al 70%. Deve far riflettere il caso del comune di Sperlinga, nell’Ennese: l’unica scuola presente non risulta raggiungibile con i mezzi.

In Sicilia progetti contro la povertà educativa

 PFP. Progetti Formativi Personalizzati con budget educativi

Promosso dalla Rete dell’economia Sociale Internazionale, il progetto PFP. Progetti Formativi Personalizzati con budget educativi, in cui è coinvolta anche la Sicilia, mira a sperimentare a livello nazionale una nuova alleanza educativa per la progettualità personalizzata degli adolescenti dai 14 ai 18 anni.

Per uscire dal circuito vizioso della povertà educativa si vuole sperimentare per almeno 1000 giovani della fascia di età indicata l’applicazione di budget educativi per programmi formativi personalizzati.  Per ogni percorso personalizzato a cui il giovane decidere di aderire corrisponderà un budget educativo per il sostegno di spese relative a socialità, sport, cultura e formazione al lavoro. Il giovane che accede al budget si impegna a realizzare gli obiettivi formativi che avrà condiviso con l’équipe sulla base di un contratto formativo in cui potrà sempre contare su un tutor/mentore esperto in life coaching.

Dappertutto. Territori e Comunità per inventare il futuro

Riguarda invece la prima infanzia il progetto Dappertutto. Territori e Comunità per inventare il futuro, promosso dal Centro per lo sviluppo creativo Danilo Dolci e localizzato nel quartiere Tribunali-Castellammare del Comune di Palermo. L’intervento intende sia rafforzare le competenze genitoriali sia attivare strategie di welfare comunitario che stimolino la partecipazione attiva delle istituzioni, del terzo settore e degli abitanti del quartiere.

Nello specifico, si prevede di potenziare i servizi per l’infanzia attraverso il rafforzamento delle competenze dei docenti e degli educatori, il consolidamento delle relazioni scuola-famiglia e l’ampliamento dell’offerta formativa anche in orari pomeridiani. Saranno attuati interventi di sostegno alla genitorialità come laboratori sulla genitorialità positiva e sportelli informativi di orientamento al lavoro. Il progetto, inoltre, prevede attività formative rivolte ai docenti. Infine, saranno ampliati i servizi presenti sul territorio con la creazione di un museo laboratorio itinerante della Città educativa e di una Biblioteca di quartiere. I destinatari diretti saranno circa 1000 bambini di età compresa fra 0 e 6 anni.

Fondazione Sicilia ha da sempre tra i propri obiettivi una lotta senza quartiere alla povertà educativa, che riteniamo essere – afferma il presidente, Raffaele Bonsignore il principale ostacolo alla crescita dei giovani. Per queste ragioni abbiamo accolto con entusiasmo la presentazione del report sulle povertà dell’isola, indispensabile per comprendere e affrontare le urgenze in quest’ambito. Come unica fondazione in Sicilia referente del Fondo di contrasto povertà educativa minorile, ci sentiamo particolarmente partecipi di una realtà, come quella isolana, in cui più che in altri luoghi la carenza di risorse economiche è legata a quella relativa alla formazione. La pandemia ha rafforzato questa consapevolezza, ed è per questa ragione che Fondazione Sicilia si è adoperata nei mesi scorsi in sostegno degli studenti per cui la didattica a distanza è stata un ostacolo quasi insormontabile, per carenza di tablet o di adeguati collegamenti”.

Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile è un esempio emblematico di come il partenariato pubblico-privato sia una strada per affrontare in maniera efficace i problemi complessi del nostro Paese. Nel 2016 – dichiara Giorgio Righetti, direttore generale Acrisu impulso delle Fondazioni di origine bancaria, insieme a Governo e Terzo settore è nata questa inedita partnership per rispondere all’emergenza della povertà educativa. La strategia di intervento individuata è stata coinvolgere attivamente scuole, enti locali, organizzazioni del terzo settore, famiglie e ragazzi, per costruire una nuova comunità educante. In 6 anni, le fondazioni hanno messo a disposizione complessivamente oltre 600 milioni di euro, di cui circa la metà già assegnati per il sostegno di 384 progetti in tutta Italia, raggiungendo quasi 500mila ragazzi. La presentazione di mappe regionali della povertà educativa, come quella della Sicilia, permette di conoscere in maniera più dettagliata la situazione di un fenomeno che riguarda tutto il Paese”.

Siamo in un passaggio decisivo per l’educazione inclusiva e innovativa in particolare nel Sud e in Sicilia. I divari sono troppo aumentati. Una svolta – ragiona Marco Rossi Doria, presidente di Con i Bambini è urgente. La leva sono le comunità educanti: terzo settore, fondazioni, cittadini, scuole e comuni. Insieme. I tanti progetti avviati grazie al Fondo, circa 30 sostenuti in Sicilia con 21,8 milioni di euro coinvolgendo 550 organizzazioni, mostrano che si può fare e fare bene”.

Il link al rapporto completo:

https://mail.google.com/mail/u/0?ui=2&ik=933ba0c250&attid=0.3&permmsgid=msg-f:1703278304832649334&th=17a34298092df876&view=att&disp=inline&realattid=f_kq83nori4

Grazie ad Alessia Franco per l’ottimo lavoro di diffusione dei dati su una problematica di importanza fondamentale.

La foto con il titolo dal sito di Openpolis 

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Cinque giorni pieni di DAD: il racconto di una donna, madre, lavoratrice https://ilvulcanico.it/cinque-giorni-pieni-di-dad-il-racconto-di-una-donna-madre-lavoratrice/ Fri, 15 Jan 2021 08:34:44 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=18559 (Gaetano Perricone). Dopo avere letto su Facebook questo suo delizioso racconto, assolutamente paradigmatico di tante analoghe esperienze di donne, madri, lavoratrici sparse in tutta Italia, ho chiesto a Clelia Zarbà, scrittrice talentuosa e donna di spiccata sensibilità che ho avuto il piacere di conoscere di recente, di pubblicarlo su questo blog come testimonianza estremamente significativa […]

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(Gaetano Perricone). Dopo avere letto su Facebook questo suo delizioso racconto, assolutamente paradigmatico di tante analoghe esperienze di donne, madri, lavoratrici sparse in tutta Italia, ho chiesto a Clelia Zarbà, scrittrice talentuosa e donna di spiccata sensibilità che ho avuto il piacere di conoscere di recente, di pubblicarlo su questo blog come testimonianza estremamente significativa nella sua autenticità. Ecco il suo racconto, con un grandissimo grazie a Clelia che ha detto subito sì con entusiasmo. 
di Clelia Zarbà
E’ giovedì, eppure mi sembra che sia già trascorsa un’interminabile settimana, intensa, diversa, stravagante; domani sarà venerdì e forse (anche se poco probabile) dovremo salutare questa strana DAD, Didattica A Distanza e questo un po’ di malinconia me la porta. Shhh, non dite niente, adesso vi spiegherò il perché,
Il week-end appena passato lo abbiamo interamente dedicato a preparaci a questa DAD: account, iscrizione, imparare a connettersi ad utilizzare la piattaforma ecc. per poi scoprire che tutto questa preparazione non è bastata, perché, puntuale come un treno svizzero, il lunedì mattina, quello stesso dispositivo, funzionante il quel weekend di prova, smette di funzionare e fa i capricci: riusciremo a collegarci? Siamo in ritardo: finalmente, collegati!! Ma la telecamera non funziona: e che c…avolo! Attiviamo allora il telefonino: bene si collega, ma i documenti non si vedono bene, meglio provare ad aggiustare il tablet: ed erano passati solo 20 minuti!!! Nel frattempo, era già arrivato il momento perché si collegasse la piccina, di soli 6 anni, in prima elementare (adesso si chiama primaria!!!): un gioco da ragazzi, tutto connesso! E no, ti sembrava avessi avuto… fortuna, e invece ecco che non si sente proprio niente: spegni il PC, riavvia, insomma fai qualcosa affinché la piccina non abbia timore di non presentarsi alla prima lezione a distanza. Nel frattempo telefonate, email di lavoro, documenti da completare e inviare, compiti da seguire, maestre da ascoltare ecc. Poi tutto funziona, ma devi seguire la piccola, controllare il grande…..e così, mentre ti allontani per fare una telefonata di lavoro… ne approfitti per vedere come prosegue la lezione per il grande ragazzino e lo trovi in piedi davanti ad uno schermo a saltellare: vuoi credere ai tuoi occhi? Lui legge i miei e dice: “Mamma, sto facendo educazione fisica!!” e le mie risate si sentono, penso, da tutti i microfoni accessi, compresi il mio telefonino!
Ma il bello, la parte nascosta e inaspettata di questa stravolgente DAD, dovevo ancora scoprirla: nel caos assoluto di microfoni aperti, gestione lavoro, scuola, ecc, sento improvvisamente quelle dolci vocine farsi strada nella confusione; avverti, nella tua pelle, lo sforzo inimmaginabile di chi tenta di leggere da uno schermo, per la prima volta; quelle parole sillabate con delicata sonorità, quel “Maestra, posso chiederle una cosa?, una tenerezza che ti scalda il cuore; e accanto la tua bimba, protesa verso il quaderno, con quelle piccole mani che solcano il foglio puntualmente, come suggeritole dalla maestra; sì, quella piccola bimba di 6 anni che, in un non nulla, ha imparato a disattivare, attivare telecamera e microfono; i “buongiorno” mattutini della maestra ai suoi alunni, la luminosità nei suoi occhi nel dare loro il benvenuto, il grande impegno dei piccini per scrivere il dettato, il copiato, la lettura; e poi quell’invitante rumore di carta misto con la plastica, che la maestra muoveva con le sue mani e con tale allegria da fare girare tutti, compresi noi adulti e la sorpresa dei bimbi nel vedere le caramelle: il loro regalo per tanto impegno!
I nonni dediti ai nipoti, le mamme ai figli: un concentrato d’amore! E’ vero, sono stanca, ma ho il cuore pieno di incanto! Finirà e sarà giusto così, per tante ragioni che ognuno di noi conosce.

Un grazie speciale all’ Istituto Paritario “San Giuseppe” Catania per l’eccellente lavoro svolto nel garantire ai suoi alunni una DAD efficace, efficiente e…. commovente! Grazie maestra Serena, maestro Cristian, maestra Martina e maestra Martina, grazie Suor Sofia Lucia, Prof. Currò, Segreteria e tutti coloro che si stanno spendendo giornalmente per ottenere tutto questo.

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E il nipote disse al nonno: “Mi sono ripreso la mia vita” https://ilvulcanico.it/e-il-nipote-disse-al-nonno-mi-sono-ripreso-la-mia-vita/ Sat, 03 Oct 2020 14:05:20 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=17791 (Gaetano Perricone). Ci ho provato inutilmente per un bel pò di tempo, non voleva parlare, evidentemente era ancora traumatizzato: la sofferenza dei bambini, tanta e molto complessa per la difficoltà ad esprimerla, credo sia stata molto sottovalutata nel tremendo periodo che abbiamo vissuto e che in parte stiamo continuando a vivere. Finalmente oggi ci sono […]

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Con Andrea su Skype ai tempi del lockdown

(Gaetano Perricone). Ci ho provato inutilmente per un bel pò di tempo, non voleva parlare, evidentemente era ancora traumatizzato: la sofferenza dei bambini, tanta e molto complessa per la difficoltà ad esprimerla, credo sia stata molto sottovalutata nel tremendo periodo che abbiamo vissuto e che in parte stiamo continuando a vivere.

Finalmente oggi ci sono riuscito: ecco una breve, ma intensa intervista a cuore aperto a mio nipote Andrea, 8 anni e mezzo, sulla difficilissima esperienza di un bambino durante il maledetto lockdown e sul ritorno a scuola e alle normali attività della sua giornata dopo sette mesi surreali e assolutamente inimmaginabili.  Si è aperto con piacere. Con qualche riflessione matura e qualche risposta a sorpresa. Adesso è molto contento di averlo fatto, emozionato e gioioso per essere sul mio canale di Youtube, per lui un mito.

Può essere lo spunto per avviare una discussione che coinvolga e aiuti tanti altri bambini. Per me spero sia l’inizio di una serie di interviste ad Andrea …

Ps: naturalmente, voglio sottolinearlo, prima di pubblicare il video ho chiesto il permesso a suo papà

 

 

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5-La scuola ai tempi del Corona / Il silenzio ai tempi del Coronavirus … e della DAD https://ilvulcanico.it/5-la-scuola-ai-tempi-del-corona-il-silenzio-ai-tempi-del-coronavirus-e-della-dad/ Wed, 01 Apr 2020 07:09:32 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=16323 di Agata Motta * Qualche mese fa, esattamente a Gennaio di quest’anno, ormai tristemente noto come l’anno del Covid-19, mi sono trovata a parlare, nel corso di una conferenza organizzata dal centro di Psicosintesi di Catania, del SILENZIO come strumento indispensabile alla vita umana, in quanto esso stimola la riflessione, dispone all’ascolto, aiuta a meditare […]

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di Agata Motta *

AGATA MOTTA

Qualche mese fa, esattamente a Gennaio di quest’anno, ormai tristemente noto come l’anno del Covid-19, mi sono trovata a parlare, nel corso di una conferenza organizzata dal centro di Psicosintesi di Catania, del SILENZIO come strumento indispensabile alla vita umana, in quanto esso stimola la riflessione, dispone all’ascolto, aiuta a meditare e a pregare.

Nel corso di quell’intervento, lamentavo il fatto che la nostra civiltà occidentale avesse smarrito il “valore” del silenzio, in quanto tutti gli individui, dai più piccoli ai più grandi, amano vivere nel “rumore”: la postmodernità, infatti, sembra aver perduto il silenzio e, con il silenzio, la capacità di ascolto.

Il tempo, inteso come susseguirsi di attimi, ore, giornate, anni, sembra essere diventato il “tiranno” della vita di noi esseri umani che, ridotti alla condizione di semplici automi, simili a “marionette” i cui fili vengono tirati dal burattinaio di turno, non facciamo altro che correre “di qua, di là, di su e di giù”-come scriverebbe un novello Ludovico Ariosto dei nostri giorni- senza sapere nemmeno dove ci porta la nostra “folle” corsa. Forse, però, qualche individuo più sensibile e avveduto si sarà accorto del fatto che, alla fine del percorso, si giunge proprio “colà dove la via/ e dove il tanto affaticar fu volto:/abisso orrido, immenso,/ov’ei precipitando, il tutto obblia”. ( Cfr G.Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia).

Sin dai primi giorni di Marzo, sembra però che, improvvisamente, tutti noi umani siamo diventati consapevoli che la corsa vorticosa verso l’abisso si deve, in qualche modo, arrestare: anzi, questo ci è stato intimato dai vari decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri prima, e poi, in maniera perentoria, dal DPCM del 22 Marzo 2020 e dal conseguente slogan “Io resto a casa”.

E così ci siamo ritrovati tutti a dover “fare silenzio”, ognuno nella propria abitazione, ognuno con mezzi e strumenti personali per poter vivere al meglio la solitudine non come condizione liberamente scelta per una migliore comprensione di sé e dell’altro, ma come condizione coatta e, per di più, tutti immersi, fino al collo, nella pandemia del Coronavirus.

Ed io, che non mi faccio mai mancare la mia buona dose di “sana follia”, sin dal primo giorno di clausura dettata dal Covid-19, mi sono sentita sussurrare , prima all’orecchio destro e poi anche al sinistro: “Te lo avevo detto in italiano, ma anche in latino, di fermarti, non si può reggere ad un ritmo continuamente scandito dal tic-tac martellante e assordante dell’orologio….”

In italiano e in latino: ebbene sì, anche in latino, perché chi scrive svolge la mansione, tanto chiacchierata specie in questi tempi di pandemia, di insegnante, nel caso specifico, di materie umanistiche.

monitoraggiodad

Cosa è successo, dopo il silenzio coatto, all’insegnamento di tali discipline, e non solo, nei diversi istituti di ogni ordine e grado sparsi nel territorio della Penisola? E’ arrivata la DAD, la didattica a distanza, o didattica remota, a riempire il vuoto lasciato dalla chiusura delle scuole e delle università.

E’stato, all’inizio, un rincorrersi di voci, alcune veritiere, altre no, sulla necessità di attivare piattaforme digitali, gruppi whatsapp, preparare slide da caricare nella bacheca del registro elettronico, grafici da inviare, video-lezioni da gestire in orario curricolare, compiti da svolgere a casa, fino ad arrivare alle dichiarazioni della Ministra Lucia Azzolina sull’uso- prima timidamente consigliato e poi divenuto obbligatorio- degli strumenti messi a disposizione dagli “animatori digitali” delle diverse scuole.

Questo è, almeno, ciò che è capitato a me, che mi sento fortunata ad insegnare in un Liceo che dispone di animatori digitali e tecnici informatici, che si sono spesi per far partire il carrozzone della famigerata DAD! E chi questa fortuna non l’ha avuta? Si sa che noi italiani conosciamo bene l’arte dell’arrangiarsi da sé, quindi evviva anche chi ha dovuto ricorrere ad altri strumenti per procurarsi un contatto on-line con i propri studenti!

Io ho sessant’anni e appartengo a quella generazione di docenti che hanno insegnato anche senza il sussidio-certe volte validissimo, non lo nego- delle piattaforme digitali. Ritengo che, ancor prima di offrire conoscenze e competenze atte a creare studenti in linea con la “modernizzazione” della nostra società, noi docenti dovremmo essere in grado di “educare” le donne e gli uomini di domani. Ma la sfida della scuola di oggi è soprattutto quella di riconoscere a noi stessi che, per poter educare, abbiamo bisogno di “essere educati”, attraverso tecniche volte a farci acquisire la consapevolezza di ciò che realmente siamo, per poter avviare un processo di trasformazione della nostra vita, che interessi anche i nostri studenti.

La DAD, se da un lato ha preoccupato e stressato alunni, insegnanti e famiglie, dall’altro, pero, ci ha dato la possibilità di non rimanere “isolati”, come monadi in un universo dai confini sempre più ampi, ma di creare un ponte, una sorta di comunicazione- sebbene attraverso uno schermo-di saperi disciplinari, ma anche di ansie, paure, angosce e-perché no- aspettative e speranze in un futuro migliore. Perché dal Covid-19 noi usciremo, ma il mondo che verrà fuori da questa esperienza dovrà per forza essere un mondo nuovo, basato su un nuovo modo di fare politica e su un nuovo corso di economia.

Al Liceo Archimede di Acireale: l'aula magna con tanti ragazzi in occasione di una manifestazione qualche tempo fa
Al Liceo Archimede di Acireale: l’aula magna con tanti ragazzi in occasione di una manifestazione qualche tempo fa

Non sarà, forse che io, come sempre, sto andando troppo avanti?

Forse dovrei frenare il mio pensiero “positivo” e concludere come il dottor Rieux, protagonista de “La Peste”  di A.Camus, il quale, ascoltando i gridi di allegria che venivano da Orano, ormai libera dal terribile morbo, conclude che “ il bacillo della peste non muore né scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente….”( A.Camus, La peste, Bompiani, 1947).

Ma noi siamo degli inguaribili ottimisti e affermiamo, con forza e coraggio, che con la DAD o senza DAD, professori e studenti, coalizzati in una rinnovata “social catena”, riusciranno a porre le basi su cui si edificherà un mondo “più umano”, nel quale la solidarietà non sarà più una pratica “una tantum”, ma il tessuto costitutivo naturale dei retti rapporti umani.

*Docente di Italiano e Latino al Liceo “Archimede” di Acireale

 

 

 

 

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4-La scuola ai tempi del Corona/ La rete, quel filo invisibile che lega docenti e alunni https://ilvulcanico.it/4-la-scuola-ai-tempi-del-corona-la-rete-quel-filo-invisibile-che-lega-docenti-e-alunni/ Thu, 26 Mar 2020 06:34:10 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=16245 di Daniela Borzì * La DAD (Didattica A Distanza), pur non avendo la stessa valenza ed efficacia della lezione in presenza. è importante in questa situazione di emergenza. È fondamentale che noi docenti non perdiamo il contatto con i nostri alunni. L’invisibile filo che ci lega non si deve spezzare né tantomeno assottigliare. Dobbiamo sostenere, in questo delicato […]

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di Daniela Borzì *

DANI BORZI'

La DAD (Didattica A Distanza), pur non avendo la stessa valenza ed efficacia della lezione in presenza. è importante in questa situazione di emergenza. È fondamentale che noi docenti non perdiamo il contatto con i nostri alunni. L’invisibile filo che ci lega non si deve spezzare né tantomeno assottigliare. Dobbiamo sostenere, in questo delicato momento, i bambini e le famiglie ancora disorientate per quello che sta avvenendo e che ha stravolto abitudini e frequenza scolastica. È necessario farli sentire vicini e uniti come in classe attraverso la DAD,

Io sono contenta e soddisfatta del lavoro che sto svolgendo con i miei alunni di classe quarta di scuola primaria; ogni giorno, tramite una piattaforma di video-conferenza, facciamo lezione guardandoci negli occhi anche se solo attraverso uno schermo e ci emozioniamo. Mi accorgo che sono felici e rassicurati dalla presenza della loro maestra che seppur virtualmente li fa sentire sempre partecipi e protagonisti della vita di classe.

FOTO con stelline

Naturalmente ci vuole molto equilibrio nella proposta, bisogna tenere conto della classe, dei tempi di assegnazione e della mole di attività. La mia giornata inizia allo stesso orario di sempre con molte cose da fare: preparare lezioni, correggere gli elaborati e rendermi carina per l’appuntamento delle 9:45 quando invio il link ai miei alunni per avviare il meeting nella nostra aula virtuale ed eccoli, alcuni pimpanti ed altri ancora assonnati ma tutti volenterosi.

Inizio la mia lezione di italiano, che ha una durata di circa 50 minuti, alternando la spiegazione di un argomento a una conversazione talvolta non prettamente didattica. Mi fanno mille domande sulle date della fine di questa “guerra”, sulla sperimentazione di un farmaco magico che possa far guarire tutti, hanno dubbi, perplessità e anche paura. Hanno tanta nostalgia della scuola quale luogo di incontro, della socialità e della relazione. Niente può sostituire la bellezza della scuola fisica. Nessun dispositivo può farci sentire comunità nel vero senso del termine, ma certamente ciascuno si rimbocca le maniche e fa la sua parte.

Credo fortemente nel mio lavoro e faccio solo il mio dovere. Sono loro che mi danno la forza di affrontare questa terribile reclusione!

*Docente del Circolo Didattico “Giuseppe Fava” di Mascalucia

 

 

 

 

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3-La scuola ai tempi del Corona/ Uniti da una forza straordinaria nella Milano messa in ginocchio dal virus https://ilvulcanico.it/3-la-scuola-ai-tempi-del-corona-uniti-da-una-forza-straordinaria-nella-milano-messa-in-ginocchio-dal-virus/ Wed, 25 Mar 2020 06:56:54 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=16216 di Adriana Rinaldi * Non avrei mai immaginato di dovermi attivare in questo modo per poter raggiungere i miei alunni. Ho sempre pensato che la classe fosse insostituibile e la ritengo ancora il luogo più accogliente della relazione educativa perché la classe, di classe, è un luogo affettuoso e imprescindibile del manifestarsi in crescita sia per […]

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di Adriana Rinaldi *

ADRIANA

Non avrei mai immaginato di dovermi attivare in questo modo per poter raggiungere i miei alunni. Ho sempre pensato che la classe fosse insostituibile e la ritengo ancora il luogo più accogliente della relazione educativa perché la classe, di classe, è un luogo affettuoso e imprescindibile del manifestarsi in crescita sia per i docenti che per gli alunni.

Il mio incontro è quotidiano con i bambini e mi approccio alla loro vita con estremo rispetto e abnegazione. È la storia più bella che sto scrivendo quella che vivo con gli alunni perché è colorata, variegata, ricca delle più svariate sfaccettature umane. Provate ad insegnare nella periferia di Milano e me lo direte. Siete nel mondo, a contatto stretto con culture, religioni e classi sociali. A Milano i bimbi sanno che il tempo scolastico è lungo e prezioso ed è una seconda casa per loro la scuola. Qui entrano al mattino quando ancora l’ alba accenna a raggi di luce ed escono al tramonto quando le mamme e i papà terminano i loro impegni lavorativi, forse solo allora la famiglia si riunisce tutta.

A Milano oggi siamo tutti a casa ora, un irruente virus sta saltellando tra la città mettendoci tutti in ginocchio. Tutti, tranne “alcuni” quelli che sfiniti o impauriti si adoperano perché la città continui a vivere e senza dei quali tutti piangeremmo lacrime ancora più amare. E allora noi docenti cosa facciamo? Ci svegliamo alla solita ora e dopo un bacio ai nostri famigliari ed un buon caffè iniziamo a progettare.

Chi l’avrebbe pensato mai di doverci incontrare in Meet, Hangouts meet, Skype e whatsapp anche per fare lezione, dover occuparci di sintesi e capovolgimenti della didattica per renderla fruibile e significativa, dover risvegliare la nostra capacità creativa tra un abbaiare del cane, una figlia che si prepara alla maturità e un marito in smart working ? … Però è meraviglioso quando al mattino si apre il video e con lui una schiera di alunnini emozionati, non potete immaginare la nostra gioia. Entrare nelle loro case e permettere a loro di entrare nelle nostre.

CANDIA 2
Una immagine dell’Istituto Marcello Candia

Condividiamo delle misure concordando le possibilità di azione e poi diamo il via alle lezioni in streaming a quello che, passatemi il termine, è il miracolo della DAD. Ogni alunno si sente protagonista, ogni casa è accogliente, ogni parola viene ascoltata. Un’ esperienza straordinaria perché a noi docenti non importa quali obiettivi didattici riusciremo a favorire o a raggiungere, ma sicuramente potremo dire di aver fatto un viaggio insieme, tenendoci stretti con sguardi e pensieri, non ci perdiamo, non ci siamo persi.

Lo schermo passa, oltre alle voci e ai rumori ormai nostri compagni, un cuore, grande, immenso come quello che riusciamo a far trapelare anche a distanza. Una distanza – vicinanza, uno schermo, una classmill attiva e produttiva, un gioco di squadra finalizzato al sostegno della nostra speranza. Ai bambini non raccontiamo chissà cosa perché hanno già compreso il peso delle nostre scelte. Si sta a casa e impariamo, si sta a casa e ci impegnamo, si sta a casa e condividiamo anche i biscotti preparati per la festa del papà, si quasi ne percepiamo il profumo.

Una coreografia di alunni con il nome dell'Istituto
Una coreografia di alunni con il nome dell’Istituto

La nostra relazione educativa è compartecipata ed il clima è sereno con le mamme e i papà felici di rivederci all’appuntamento – lezione per imparare ad imparare, per permettere ai loro figli di maturare in un clima di tensione che viene stemperata dall’entusiasmo del ritrovarsi. E non serve chissà quale device o mezzo sofisticato perché basta un cellulare per poterci incontrare! Siamo sospesi, ma ancorati …

È una forza straordinaria quella che ci unisce e quel patto di alleanza di inizio anno è firmato e controfirmato in azioni concrete ed efficaci. Le ore scorrono e la fiducia tra scuola e famiglia si intensifica, brilla di piacere, sorride orgogliosa. Non siamo docenti speciali siamo docenti e basta, persone che credono nella dignità della loro professione, nella possibilità di riscatto da una situazione straordinaria che a livello emotivo appare impegnativa, convinti che, tutto può accadere ma importante è come si affronta, quali skills vengono messe in atto perché la scuola della vita possa essere il più alto traguardo da raggiungere con autenticità e rispetto.

Maestra Adriana

*Docente presso Istituto Marcello Candia, Milano

 

 

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