L'articolo Gli ottant’anni di Bonimba: il suo ricordo della “partita della lattina” proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Gli ottant’anni di Bonimba: il suo ricordo della “partita della lattina” proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Mezzo secolo fa Capello zittì Wembley. Zoff racconta: “Vincere in quello stadio fu il massimo” proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Mezzo secolo fa Capello zittì Wembley. Zoff racconta: “Vincere in quello stadio fu il massimo” proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo L’ultimo saluto a Tanino Troja, leggendario bomber rosanero, gigante buono. Assenti le istituzioni della città proviene da Il Vulcanico.
]]>Due giorni dopo la sua scomparsa il 21 giugno si sono celebrati a Palermo, nella parrocchia Maria SS Madre della Chiesa a piazza S. Marino, viale Francia, i funerali di Tanino Troja, il Nordahl del Sud come giustamente era stato soprannominato per la sua potenza, per il suo micidiale colpo di testa, ma che aveva più di Nordahl, leggendario centravanti svedese a lungo del Milan e poi anche della Roma, una raffinatezza tecnica difficile da trovare in un atleta di quella stazza e, soprattutto, sapeva usare entrambi i piedi, tirava forte sia di destro sia di sinistro.
Il celebrante si è soffermato giustamente sulla bontà dell’uomo, proverbiale, universalmente riconosciuta dai compagni di squadra e dai concittadini della sua borgata, Resuttana, che spesso hanno trovato in lui aiuto anche materiale. Il sacedote ha voluto anche parlare dei grandi meriti sportivi del nostro Tanino e di quanto gli piacesse raccontare le sue imprese, accompagnandosi con l’esibizione di pagine di quotidiani, sportivi e non, dove venivano celebrati i prodigi della domenica (allora, ai suoi tempi, le partite si giocavano solo di domenica e tutte allo stesso orario, contemporaneamente). E cose da ricordare ne aveva, eccome! A cominciare dal gol segnato in amichevole a Palermo contro la Dinamo Mosca, i cui pali erano difesi dal sommo Lev Yashin, il “ragno nero”, pallone d’oro, portiere considerato da molti il più grande di ogni tempo; oppure allo storico gol in rovesciata segnato contro il Genoa, oppure all’altrettanto storico gol segnato di testa contro il Cagliari, portiere Albertosi, che valse la vittoria per il Palermo e l’unica sconfitta di tutto il campionato per il Cagliari di Gigi Riva.
La chiesa era gremita. Riempita da compagni di squadra, da giornalisti sportivi e da tifosi comuni che – glielo si leggeva negli occhi – vedevano ancora scorrere nelle loro menti le immagini delle gran giocate di Tanino Troja. C’era il prof. Giuseppe Barbera, figlio del Presidentissimo Renzo; c’era il dott. Mirri, attuale presidente del Palermo Calcio, c’era Roberto Gueli, presidente dell’ordine dei giornalisti e gran firma del giornalismo sportivo Rai, c’era l’avv. Salvatore Matta (storico vice presidente e poi anche presidente), c’era Filippo Cammarata (storico dirigente amministratore), c’erano alcuni dei compagni di quel Palermo, con in testa il grande Graziano Landoni, c’era l’altrettanto grande – come giocatore prima e come allenatore poi – Ignazino Arcoleo, sempre in perfetta forma, tanto che secondo me sarebbe in grado di fare impallidire i centrocampisti dell’attuale Palermo Calcio, c’era il Sig. Gen. Giuseppe Governale, pure lui palermitano e tifosissimo del nostro campione. Ancora, c’era Pietro Ruisi, altro indimenticabile giocatore, c’era Benvenuto Caminiti, altra grande e storica penna del giornalismo sportivo, come Carlo Brandaleone, Guido Monastra, Mario Azzolini, c’era il popolare attore e grande tifoso Tony Sperandeo, quello di ghiaccioli all’arancia, u sapuri ri gol. E c’erano tanti altri che magari non ho riconosciuto – cosa per la quale mi scuso ma è dovuta anche al fatto che il tempo passa per tutti, anche per me – ma quello che purtroppo ho notato è che, al di fuori di tre giovanotti della primavera (almeno così mi è sembrato) non ci fossero giocatori dell’attuale squadra, come non c’era il cosiddetto Genio, ma in compenso c’era il grande Pinuzzu u tasciu, storico tifosissimo, armato di sciarpa, bandiera e – soprattutto – di maglia numero 9 regalatagli da Tanino in una memorabile occasione dopo uno dei suoi gran gol in casa.
Quella che secondo me mancava era la città, a cominciare dall’illustre signor sindaco. Palermo è una delle rare città che possano vantarsi di aver dato i natali ad un giocatore che ne è poi diventato una bandiera sportiva; Tanino Troja è stato e resterà per i palermitani come Francesco Totti è per i romani; Milano, Torino, Napoli, ecc. non si possono vantare di altrettanti campioni. E infine, mi meraviglia come non si sia sentito il dovere di omaggiare istituzionalmente un uomo buono, che era sempre pronto ad aiutare gli altri, e che per di più aveva saputo tenere alto il vessillo sportivo della città e con essa della Sicilia intera (aveva giocato anche nel Catania di don Carmelo Di Bella). Mi meraviglia come si sia diluita la memoria di tali meriti o forse le cose che ho raccontato non si considerano più meriti.
Comunque, alla fine della cerimonia, è stato un abbracciarsi di tutti con tutti, un saluto al grande Tanino ed una festa – sì, una festa, può sembrare assurdo che il funerale diventi una festa ma è stato così perché la gioia che ci ha regalato il Signor Centravanti ci ha fatto sognare e ci continua a far sognare; ci ha insegnato che nella vita si possono superare tutti gli ostacoli e si può essere vincenti, proprio come è stato per lui.
Ciao, carissimo Tanino
Con il titolo: il feretro di Tanino Troja ieri in chiesa per i funerali. Tutte le foto sono di Francesco Palazzo
L'articolo L’ultimo saluto a Tanino Troja, leggendario bomber rosanero, gigante buono. Assenti le istituzioni della città proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Mexico, Italia-Germania 4-3 e tanto altro. Quell’irripetibile Anno Domini 1970 proviene da Il Vulcanico.
]]>Quando un comunicato stampa è scritto bene ed è completo, basta e avanza per presentare un libro, una mostra, uno spettacolo, un evento. Così è per il libro 1970 – Romanzo di un anno irripetibile (Urbone Publishing, pagine 150, 15 Euro), in beneaugurante uscita online pasquale domani, domenica 9 aprile 2023, su Amazon e sul sito della casa editrice www.urbone.eu.
E dunque potrei limitarmi a pubblicare integralmente l’ottimo comunicato che segue, certo di fare un buon servizio a questo bel libro che vede la luce e a chi lo ha scritto. Tutto questo se non fosse che l’autore si chiama Adolfo Fantaccini, è un bravissimo giornalista palermitano, ottimo professionista dell’agenzia Ansa e formidabile lavoratore, squisitissima persona, che ho avuto il grande piacere di conoscere giovanissimo e di “allevarlo” professionalmente in quella grande scuola del nostro mestiere e più in generale di vita che fu il glorioso giornale L’Ora, quotidiano palermitano chiuso in modo scellerato l’8 maggio 1992 dopo 92 anni di vita e di grandi battaglie contro la mafia e per la legalità.
Fantaccini è soprattutto un mio carissimo, fraterno amico: una di quelle amicizie profonde che nascono dalla stima maturata nella lunga quotidianità di un appassionante lavoro comune e che restano eterne, infrangibili per tutta la vita. Dunque non posso che condividere la sua gioia per la nascita del primo “figlio” – come lo abbiamo considerato tutti quelli che abbiamo avuto la fortuna di pubblicare per la prima volta un libro – , che ha francamente sorpreso in positivo anche me (inevitabilmente e con enorme piacere “test” di lettura) per il suo essere coinvolgente al di là dei fatti, importanti ed emozionanti, che vengono raccontati e per la sua profondità. Puntualizzo: conosco troppo bene Adolfo e so perfettamente quanto la superficialità sia lontanissima dalla sua persona, quello che intendo dire è che in questo suo primo e spero non ultimo libro insieme alla minuziosa, documentatissima narrazione – da quel formidabile archivio vivente di calcio che lui è fin da ragazzo – nei panni di un inviato speciale dei mitici Mondiali di Mexico 1970 e dei tanti altri eventi che accaddero in quel tempo, c’è anche la grande capacità di cogliere e trasmettere, con una serie di attente e acute riflessioni nostalgico-sociologiche, gli umori autentici e il senso di un anno che per molti versi fu davvero spartiacque, di passaggio tra un mondo di prima e uno di dopo, dunque irripetibile come ben sottolinea il titolo.
Non vado oltre per non spoilerare troppo. Lascio spazio per la sinossi e le note biografiche sull’autore al comunicato di presentazione, aggiungo soltanto che questo libro è una chicca da non perdere per gli appassionati di calcio della mia generazione che hanno vissuto sugli schermi della Tv il Mondiale di calcio del 1970, quelli di Italia-Germania 4-3 e della finalissima con il super Brasile di Pelè – avevo 14 anni e fu bellissimo seguirli con il mio papà – , ma anche per i più giovani che hanno visto e stravisto quelle immagini senza vivere quei momenti e per i non tifosi di pallone, che pure avranno modo di rivivere intensamente tanti altri fatti straordinari di quei dodici mesi. E aggiungo ovviamente anche il mio più affettuoso augurio per il successo di quest’opera originale e interessante: ad maiora, carissimo Adolfo, per tutto quello che meriti dopo tanti anni di lavoro intensissimo, appassionato, egregio!
——-
SINOSSI – Esce domenica 9 aprile il libro 1970 ROMANZO DI UN ANNO IRRIPETIBILE, del giornalista Adolfo Fantaccini (Urbone Publishing – copertina realizzata da Emanuele Fucecchi) con la prefazione di Giovanni Scaramuzzino, storico radiocronista di Tutto il calcio minuto per minuto. Alcune sue parole: “Maledetto Covid. Ci ha cambiato la vita, ma ha anche schiuso orizzonti e percorsi diversi. È un bel viaggio, quello intrapreso da Adolfo Fantaccini, e lo stesso autore lo riassume così: ‘Il 1970 è stato un anno di grandi cambiamenti e di occasioni mancate. Cinquant’anni più tardi si sarebbe detto che in quel periodo era già successo tutto e che niente poteva più accadere’.
Le storie, i racconti e i ricordi, in grado di generare emozioni, di un giornalista che lavora per un quotidiano generalista e che al Mondiale del 1970 c’era, perché ce lo hanno mandato. I ricordi prendono corpo intrecciandosi intorno a un pallone, tra eventi di costume, fatti realmente accaduti e altri frutto della fantasia dell’autore, ricordi e aneddoti.
L’autore lo presenta, per la prima volta dal vivo, mercoledì 19 aprile all’Ambasciata Messicana d’Italia di Roma (ore 18,30 – Via Lazzaro Spallanzani 16 – per info e prenotazione posti: 06 441606 o [email protected]). Io ci sarò, non posso mancare. All’incontro parteciperanno anche l’Ambasciatore Messicano in Italia Carlos Garcia De Alba e i giornalisti Giovanni Scaramuzzino e Luca Telese, che dialogheranno con Adolfo Fantaccini del libro e dei suoi contenuti, ma anche dei ricordi e degli aneddoti che l’hanno spinto a scriverlo. “Il Mondiale messicano è stata una magica illusione, per quell’epoca rappresentò un salto nel futuro, ma soprattutto una struggente suggestione planetaria. Il calcio ingiallito e in bianco e nero si preparava a fare spazio a colori invitanti, sgargianti e ovattati, a giochi d’ombra mai visti, con quel sole che a mezzogiorno illumina i volti e li rende così pieni di ombre dal sapore onirico. Le immagini che sarebbero rimbalzate in ogni dove dagli altipiani tanto cari a Montezuma avrebbero avuto qualcosa di magico e innaturale. Mondiale di rivoluzioni, nel Paese delle rivoluzioni, nell’anno in cui la grande utopia cominciava a fare spazio alla consapevolezza” commenta l’autore. Prima presentazione siciliana l’1 giugno a Palermo, alla Biblioteca Centrale Regionale.
Quello del 1970 è stato un Mondiale di rivoluzioni, nel Paese delle rivoluzioni, nell’anno in cui la grande utopia cominciava a fare spazio alla consapevolezza. Il Messico si apprestava a celebrare il festival dello sport più bello del mondo, ma anche l’ultima rappresentazione del suo capo spirituale: Edson Arantes do Nascimento, che il mondo aveva conosciuto semplicemente e solo come Pelé. Il Messico si inchina al Dio pallone e il mondo, così pieno di sussulti di passione, è pronto a seguire il primo torneo in diretta televisiva via satellite. Già questa è una rivoluzione. Da questo momento il calcio non sarà più lo stesso e la tv non sarà solo un elettrodomestico costoso e ambito, ma una compagna di viaggio di tante vite.
Il 1970 è forse l’ultima, vera illusione, un bivio che porterà, oltre a una débacle pubblica, a una deriva di valori che fa da spartiacque. È il prologo dell’inizio della fine della grande illusione. Questo libro vuole raccontare tutto quello che si proietta sullo sfondo del “MONDIALE”. Non solo gol e passioni, illusioni e ambizioni, ma anche storia, cultura, musica, cinema e costume. “Non troppe pagine, solo la giusta dose di memoria per riportare alla luce i ricordi di un passato intramontabile – conclude Adolfo Fantaccini – Ci sono le musiche del tempo, i fatti accaduti, i protagonisti di ogni scenario, i grandi cambiamenti e tutto quello che accadde nel 1970. Non solo calcio, o sport, dunque, ma emozioni”.
Lo spiega bene l’Ansa, che scrive tra l’altro nella nota di presentazione del volume: “Il Messico da competizione sportiva si fa categoria e diventa uno stato mentale, partendo dalle fluttuazioni del meteo (quello vero di grandi escursioni termiche), passando per le vicende calcistiche, per le tecniche e i tempi (vivi e morti) del lavoro dell’inviato, per le giornate in attesa degli eventi, per i viaggi all’inseguimento delle partite, per lo studio delle squadre, dei caratteri, delle storie dei calciatori e anche per la musica perché quando c’è poco da scrivere, in attesa che il pallone rotoli in campo, i giornalisti lavorano lo stesso e possono avere – ed è il caso dell’autore – come compagna di viaggio la musica. Nel 1970 erano i Beatles, sebbene già sciolti come gruppo con “Lennon e Paul McCartney ai ferri corti e una Yoko Ono di troppo”. In quell’anno si ascoltava la musica che ha segnato i decenni successivi ed è anche il periodo dei grandi eventi da Woodstock del 1969, alle tre edizioni dell’Isola di White, l’ultima delle quali proprio nel 1970 e poi come un coniglio che spunta da un cilindro, un evento italiano “anomalo”: il “Palermo pop”, una tre giorni in cui si esibirono Aretha Franklin, il ‘duca’ Duke Ellington, Kenny Clarke, Tony Scott, Johnny Hallyday. Una rivoluzione, come il Messico, come i Beatles, come il 1970″.
————
L’AUTORE
Con un passato da calciatore dilettante, Adolfo Fantaccini da giornalista ha mosso i primi passi nella storica redazione del giornale L’Ora di Palermo, a metà degli anni ’80: prima come collaboratore, poi come praticante e successivamente come professionista. Per conto della gloriosa testata fondata dai Florio all’inizio del secolo scorso ha raccontato i maggiori avvenimenti sportivi che si sono svolti a Palermo, a cominciare dai Mondiali di calcio del ’90 e per finire alle altalenanti vicende della squadra di calcio del Palermo. Ha prestato la propria opera nell’ufficio stampa dei Mondiali di ciclismo, che si disputarono in Sicilia nel 1994; a lungo è stato corrispondente sportivo de il Giornale di Milano e di Tuttosport. Per un anno, il primo di Zamparini alla guida del club rosanero, ha assunto l’incarico di addetto stampa del Palermo Calcio. Attualmente lavora nell’Agenzia ANSA. Ha seguito i maggiori eventi sportivi: dai Mondiali all’Europeo di calcio, ma anche svariate edizioni del Giro d’Italia, del Tour de France e dei Mondiali di ciclismo, ma anche l’America’s Cup di vela.
L'articolo Mexico, Italia-Germania 4-3 e tanto altro. Quell’irripetibile Anno Domini 1970 proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Qatar, Mondiali al via: alle 17 arbitro (Orsato) fischia. Il presidente Fifa: “Dall’Europa lezioni di morale che sanno di ipocrisia” proviene da Il Vulcanico.
]]>Sospeso fra “3.000 anni di scuse che l’Europa dovrebbe porgere” e “tre ore senza birra assolutamente sopportabili”, Gianni Infantino passa al contrattacco. Sta per cominciare il Mondiale di calcio più controverso di sempre, e il presidente della Fifa si lancia in una vera e propria intemerata di fronte alla stampa mondiale rispondendo alle critiche che hanno puntato il dito contro i diritti umani e civili negati dal Qatar, le morti nei cantieri, le condizioni dei lavoratori: “Vedo lezioni di morale che sanno di ipocrisia: quante multinazionali che lavoravano prima in Qatar hanno ridotto i loro profitti per migliorare le condizioni degli operai? Noi l’abbiamo fatto… Ma i progressi non sono riconosciuti”.
La Fifa sostiene che il Mondiale in Qatar rappresenta l’occasione per riequilibrare il mondo (del calcio, e non solo), creando un nuovo modello multipolare: non è la sola, vista la cronaca internazionale, ed è la stessa logica perseguita con il progetto di una Coppa del Mondo ogni due anni. Il colore dei soldi arabi, certo, ma anche i milioni di tifosi dell’Est, musulmani e dell’Africa che Infantino vede come nuovo orizzonte. Di qui, la forte denuncia di “ipocrisia” contro l’Occidente, e di pari passo la presa di posizione a difesa dei discriminati. “Oggi mi sento arabo, gay, migrante”, e’ lo slogan di Infantino, mentre il suo capo ufficio stampa, Bryan Swanson, fa un coming out reale: “So di essere un privilegiato, ma sono gay e sono qui in Qatar”.
A poche ore dal fischio d’inizio dell’arbitro italiano Daniele Orsato (alle ore 17 diretta Rai 1, con la partita tra i padroni di casa e l’Ecuador comincia la giostra del gol), il presidente della Fifa ha messo i puntini sulle ‘i’ e replica alle feroci critiche rivolte al Qatar. Ma non solo: ha risposto a chi reclama il diritto a introdurre all’interno degli stadi bevande alcoliche, prima fra tutte la birra, dopo il divieto mal digerito da tifosi e soprattutto sponsor. “Oggi mi sento arabo, gay, ma anche un lavoratore migrante. Oggi mi sento qatarino, oggi mi sento arabo, oggi mi sento africano, disabile”, ha attaccato provocatoriamente il numero 1 del Governo mondiale del calcio, rivolgendosi ai giornalisti che lo ascoltavano a Doha, in un lungo monologo, Infantino considera le “lezioni morali” solo “pura ipocrisia”. Quello che “sta accadendo in questo momento è profondamente ingiusto – sottolinea – Da Europa e occidente vedo molte lezioni morali, ma io sono europeo e per quello che noi europei abbiamo fatto negli ultimi 3.000 anni dovremmo scusarci per i prossimi 3.000 anni, prima di dare lezioni morali agli altri Governi”. Quanto all’Europa, “se realmente ha a cuore il destino di questa gente, possono creare canali legali come ha fatto il Qatar attraverso i quali un certo numero possano venire nel nostro Continente a lavorare: dategli futuro, dategli speranza. Noi qui abbiamo lavorato per dare un futuro a questa gente, e migliorare le cose: certo, i cambiamenti necessitano di tempo. Ma noi lo stiamo facendo”.
Infantino ha ricordato che, quando i suoi si trasferirono in Svizzera, anche lui fu vittima di discriminazioni. “Sono figlio di lavoratori migranti – ha raccontato -. I miei genitori hanno lavorato molto duramente e in difficili condizioni. Ricordo come gli immigrati venivano trattati alle frontiere, quando necessitavano di cure mediche. So cosa vuol dire. Quando sono diventato presidente della Fifa ho voluto vedere le sistemazioni dei lavoratori stranieri e sono tornato indietro nel tempo, fino alla mia infanzia. La Svizzera è diventata, negli anni, un esempio di integrazione e lo stesso accadrà per il Qatar. Conosco la discriminazione, anch’io venivo molestato in quanto straniero. Da bambino sono stato discriminato (in Svizzera), perché avevo i capelli rossi e le lentiggini: io ero italiano e parlavo male il tedesco”. Poi ha aggiunto: “Fra le grandi aziende che hanno guadagnato e guadagnano miliardi qui, in Qatar, quante hanno risolto la questione delle condizioni e del destino dei lavoratori migranti? Nessuna, perché un cambio della legislazione attuale equivale a minori profitti. Noi, però, lo abbiamo fatto. Perché nessuno ci riconosce questo progresso?”. Le autorità quatarine hanno dato la garanzia che “tutti” sarebbero stati “i benvenuti” – ha fatto notare il n.1 della Fifa – durante i Mondiali. “Se qualcuno dice il contrario, non è l’opinione del Paese, e non è l’opinione della nostra organizzazione”. Sulle polemiche legate al divieto di introdurre la birra negli stadi, infine, Infantino è stato infine categorico: “I tifosi possono sopravvivere senza bere birra per tre ore. In Francia come Spagna o in Scozia”.
Con il titolo: il Lusail Iconic Stadium, 86mila spettatori, ospiterà a Doha la partita inaugurale e la finale dei Mondiali. Tutte le foto dal web
L'articolo Qatar, Mondiali al via: alle 17 arbitro (Orsato) fischia. Il presidente Fifa: “Dall’Europa lezioni di morale che sanno di ipocrisia” proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Gli ottant’anni di Sandro Mazzola, grande “baffo” del calcio italiano: “Oggi giocherei nel Real Madrid” proviene da Il Vulcanico.
]]>Un giorno lontano nel tempo il ‘paron’ Nereo Rocco, allenatore-rivale del Milan, gli disse: “Sento spesso parlare di uno scambio fra te e uno dei nostri, se vieni al Milan – assieme al Gianni (Rivera, ndr) – e uno che la butta dentro, facciamo almeno 100 gol”.
Sandro Mazzola, che oggi varca a petto in fuori e con la schiena sempre dritta la soglia degli ottanta autunni, in rossonero in realtà non ci finì mai. Ma il suo dualismo con il ‘Golden Boy’ è rimasto in qualche modo la cifra di anni calcisticamente indimenticabili, anche più del cognome ereditato da papà Valentino.
“Dove giocherebbe oggi Sandro Mazzola? In Spagna, al Real Madrid”, dice all’ANSA il festeggiato dalla sua casa milanese, rivendicando come sempre un talento a volte oscurato dal paragone con Rivera. Al Mondiale messicano, che l’Italia chiuse alle spalle del Brasile campione, passò il messaggio che i due ‘Golden boy’ non avrebbero potuto giocare assieme. O Rivera o Mazzola, insomma: almeno in campo, perche’ fuori i due grandi rivali del calcio milanese si erano uniti per la fondazione del sindacato calciatori, nel ‘68. Ma in Nazionale, nel primo tempo, quando la partita si consumava su ritmi più elevati, in campo c’erano i baffi di Sandrino, anzi il ‘Baffo’, come fu ribattezzato; nella ripresa toccava al Gianni, visto che il “ritmo calava”.
Non fu così in finale all’Azteca contro il Brasile e lo stesso Pelè si stupì non poco: “Se riescono a tenere fuori uno come Rivera, quanto saranno forti gli altri?”, esclamò. Ma quella dei 6 minuti di Rivera è un’altra storia. Anche Sandro Mazzola finì nella lista degli ‘abatini’ stilata da Gianni Brera, che comprendeva gente come appunto Rivera, De Sisti, Bulgarelli. Lui, cresciuto fra ‘veleno’ Benito Lorenzi, Pepìn Meazza, ma soprattutto nel ricordo del mito di papà Valentino, talmente grande da saper difendere e poi risultare capocannoniere a fine stagione, in quel calcio schematico e ‘bloccato’.
Il Grande Torino finì di vincere sulla collina di Superga, per un sinistro scherzo del destino; Sandro Mazzola perse il proprio punto di riferimento, e con lui suo fratello Ferruccio. Ma il suo personalissimo pallone continuò a rotolare sull’erba e nel fango. Il ‘mago’ Herrera, uno che dava del lei ai giocatori, e che resta unico per come assaporava il calcio, lo lanciò in orbita e lui finalmente riuscì a scrollarsi di dosso l’etichetta di ‘figlio d’arte’. Ne passarono di anni, di gol ne dovette segnare tanti, prima di mettere fine alle voci di taluni che puntavano il dito, affermando che “quel Mazzola lì ha solo il nome di suo padre, il resto è niente….”. Un peso che, dopo aver firmato una doppietta contro il grande Real Madrid al Prater di Vienna nella prima finale della Coppa dei Campioni vinta nel ‘64 dai nerazzurri di Angelo Moratti e del ‘mago’ Herrera (Carosio lo chiamava ‘Mazzolino’ in telecronaca), si scrollò definitivamente di dosso.
Due anni dopo fu coinvolto nella disfatta della Corea, assieme alla meglio gioventù azzurra. Tornando da quel Mondiale inglese alcuni salutarono la Nazionale, lui Rivera, Albertosi, Facchetti, no. Oltre ai trofei con i nerazzurri, contribuì al primo titolo europeo dell’Italia, a Roma, nel 1968. Da attaccante si trasformò in mezzala di punta, come si diceva allora, ma non perdendo il vizio del gol. A Messico ’70 il capo-delegazione azzurro Walter Mandelli e il ct Ferruccio Valcareggi misero in piedi la sceneggiata della staffetta che, in realtà, si materializzò solo in due partite: nel 4-1 al Messico e nel 4-3 alla Germania Ovest. Una forzatura sulla quale la stampa dell’epoca costruì grattacieli di parole, insinuando anche trame oscure ordite per boicottare il ‘Golden boy’ milanista.
L’anno dopo il Mondiale messicano, l’Inter di Mazzola si riprese lo scudetto e l’anno dopo ancora (1972) sfidò perfino l’Ajax del calcio totale a Rotterdam in una finale di Coppacampioni impari persa ‘solo’ 2-0. Mazzola, veloce e imprendibile, continuò a disegnare traiettorie sul campo e a dispensare calcio geometrico, fra soluzioni pragmatiche e devastanti accelerazioni. L’ultima rappresentazione il 3 luglio 1977, nell’ennesimo derby della Madonnina, questa volta valido come finale di Coppa Italia: fu una sconfitta per l’Inter e, per Sandrino la fine di una carriera tutta di corsa, fra dribbling frenetici e gol-lampo.
Divenne dirigente e opinionista, segnalandosi per sobrietà e raffinatezza, fu lui ad avviare il commento tecnico durante le partite. Oggi, tagliando il traguardo delle 80 primavere, magari sorriderà sotto i baffi e penserà a papà Valentino, di come il destino crudele gliel’abbia strappato troppo in fretta e alla sua mano sul capo quando entrava in campo in un Filadelfia di colore granata. “Festeggerò come sempre – confessa, all’ANSA, Mazzola – con i miei figli: ogni anno, al mio compleanno, si presentano tutti qui a casa e mi portano il ‘regalino’. Dopo una vita di calcio e cose belle, è la più bella che mi godo agli 80 anni. Ex compagni ne sento pochi, siamo vecchi… Ma il calcio lo guardo ancora, per divertirmi e per fare confronti. Dove giocherebbe oggi Sandro Mazzola? In Spagna, sicuro: nel Real Madrid. Il ricordo più bello è Real Madrid-Inter, sognavo da una vita di incontrare il mio mito, Di Stefano, e poi fini’ come fini’…”.
Le foto dal web
L'articolo Gli ottant’anni di Sandro Mazzola, grande “baffo” del calcio italiano: “Oggi giocherei nel Real Madrid” proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Super centravanti, ottimo portiere, tanta determinazione: è il Palermo che cresce e batte una grande favorita proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Super centravanti, ottimo portiere, tanta determinazione: è il Palermo che cresce e batte una grande favorita proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Bambini volanti più forti di tutto proviene da Il Vulcanico.
]]>Insegnare ai più piccoli a volare, senza limiti né barriere. È questo l’obiettivo del progetto intitolato “Bambini no limits più forti di tutto”, realizzato da Sicilia Shrine Club, che sabato 10 settembre a Letojanni farà volare su un parapendio biposto una trentina di giovani di età compresa fra i 6 e i 17 anni.
L’iniziativa sarà resa possibile grazie ai piloti dell’associazione Etna Fly del presidente Salvo Marchesano, sempre sensibile ai progetti di solidarietà, ed è stata sposata in pieno dalla Fondazione Angelo D’Arrigo.
La Fondazione D’Arrigo è un ente di solidarietà nato su iniziativa di Laura Mancuso dopo la tragica morte del marito – aviatore, deltaplanista, etologo e studioso del volo – per promuovere iniziative di solidarietà concreta nei confronti di uomini e popoli emarginati e nell’indigenza materiale e culturale, garantire la tutela di qualsiasi essere vivente, nel rispetto degli ecosistemi e delle varie culture, sostenere iniziative di ricerca in campo scientifico, artistico, tecnologico e sportivo. “In ogni impresa che ha realizzato – ha detto Laura Mancuso – Angelo ha dimostrato come anche i limiti più impensabili potessero essere superati. Questa iniziativa non soltanto consentirà a giovanissimi partecipanti di vivere un’esperienza unica, ma insegnerà anche loro e a chi li vedrà volare come le barriere con cui ognuno di noi si confronta quotidianamente possono essere abbattute”.
Sicilia Shrine Club è un ente filantropico attivo nel Sud Italia attraverso Shrines International, che contribuisce alla gestione diretta e in proprio di 22 ospedali negli Usa, garantendo cure specialistiche e gratuite ai bambini. Nel territorio siciliano, oltre a organizzare i trasporti dei bambini e di un familiare per le cure in America, si occupa di realizzare attività ludico ricreative e culturali. “Per le attività rivolte ai minori – spiega il presidente di Sicilia Shrine Club, Maurizio Mancuso – non amiamo distinguere i partecipanti tra bambini disabili, oncologici, autistici o altro. Questo significherebbe classificare le diversità ghettizzandoli, riducendo così la possibilità di integrazione e socializzazione. Le nostre attività vogliono donare ai più piccoli e alle loro famiglie spensieratezza, allegria e creare momenti di distrazione dai fardelli che quotidianamente sopportano”.
“Bambini no limits più forti di tutto” ha ottenuto il patrocinio dei Comuni di Gallodoro e Letojanni, grazie ai sindaci Alfio Currenti e Alessandro Costa. Da sottolineare in particolare l’impegno dell’Amministrazione comunale letojannese, località in cui i parapendii atterreranno, che si è messa fin da subito a disposizione degli organizzatori per favorire la buona riuscita del progetto.
L’iniziativa, inoltre, avrà come madrina l’attrice Ester Pantano (nota per la sua partecipazione a fiction di successo come “Il commissario Montalbano”, “Imma Tataranni – Sostituto procuratore”, “Màkari” e molte altre) e come testimonial Roberto Bordonaro (direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica dell’Ospedale Nesima-Garibaldi di Catania), Riccardo Spampinato (direttore dell’Uoc Odontoiatria Speciale Riabilitativa dell’Ospedale Santa Venera e Santa Marta di Acireale) e Sasha Agati, (direttore del Centro Cardiologico Pediatrico del Mediterraneo Bambin Gesù dell’Ospedale di Taormina). Essenziale anche la collaborazione delle associazioni partner e dei loro operatori: Filippo Saia per il Lions club Letojanni Valle D’Agrò, Raffaele Baglieri con Il Sorriso degli Ultimi, Armando Sorbello dell’Aias di Acireale, Claudia Condorelli per Il Faro, Salvatore Privitera di Teniamoci per mano Onlus, Sebastiano Cutuli con Orsa Maggiore, Geri Muscolino per Humanitatis Progressum, Nunzio Mannino con Cuore Verde, Alessandro D’Angelo della Misericordia Letojanni e Giuseppe Labita con Peoplehelpthepeople.
L’apertura della manifestazione, prevista per le ore 9, sarà segnata da un volo acrobatico di piloti professionisti che disegneranno il cielo con dei fumogeni ed eseguiranno evoluzioni spettacolari. Alle ore 13 circa è prevista la chiusura della manifestazione con la consegna dei premi ai meravigliosi “bambini volanti”.
L'articolo Bambini volanti più forti di tutto proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Brutta e bruciante la nuova sconfitta del Palermo rinnovato. Ma ci vuole tempo per l’amalgama proviene da Il Vulcanico.
]]>La capacità di sintesi, nel mestiere di giornalista, è una delle caratteristiche, prerogative direi, necessarie. E dunque, nell’appuntamento di questa settimana del Vulcanico rosanero per me anche stavolta piuttosto faticoso e infastidito dopo il pesante ko di Reggio Calabria, potrei limitarmi a fare copia e incolla di quanto ho scritto di getto sul mio profilo Facebook a fine partita senza aggiungere nulla: “Altra brutta sconfitta e brutta partita dei rosanero di Eugenio Corini, nonostante i tanti rinforzi inseriti in squadra. Ancora errori difensivi determinanti e poca incisività in avanti per un Palermo che deve lavorare e crescere molto. L’obiettivo dichiarato è la salvezza, certo, ma bisognerà guadagnarsela facendo risultati. Anche perché di squadre forti come la Reggina e grandi giocatori di categoria superiore, come Jeremy Menez, autore di un gol fantastico, la formazione rosanero in questa Serie B quasi A2 ne incontrerà parecchie”. Punto e basta? Potrei fermarmi per non tediarvi, ma alcune cose voglio, anzi mi sembra opportuno aggiungerle per chiarire meglio il mio pensiero, seguendo lo schema che ho adottato per questa rubrica pallonara.
COSE BELLE – Francamente, nella prestazione del Palermo allo stadio Granillo chiusa con una sonora sconfitta, un 3-0 senza attenuanti, mi viene difficile trovare qualcosa di bello o positivo da mettere in evidenza, ma ci provo lo stesso. Naturalmente, come molti di voi, mi sono soffermato con grande curiosità a osservare i nuovi acquisti, presentati al popolo rosanero con una certa enfasi e qualche idea me la sono fatta, anche se è troppo presto per crearsi un’opinione definitiva sul loro valore. E allora non mi è sembrato male Ales Matéju, il difensore di fascia ceco, protagonista di qualche buon intervento per fermare gli avversari; credo siano tutti da rivedere in azione prima di pronunciarsi le tre S del blocco di centrocampo, complessivamente fragile e lento in questa prima apparizione, con il bosniaco Dario Saric non pervenuto nel primo tempo, poi più addentro al gioco e protagonista di qualche spunto interessante e lo sloveno Leo Stulac, che ha fatto intuire, ma solo intuire le sue doti di buon costruttore di gioco. Su Jacopo Segre meglio rinviare ogni valutazione, di lui resta l’immagine del gravissimo errore da cui è partita l’azione del raddoppio della Reggina, quando si è fatto rubare la palla, praticamente infilzare da Maier a centrocampo. Nient’altro di bello, se non la sufficiente prova di Buttaro, attento e generoso sulla fascia difensiva destra, una conferma.
COSE MENO BELLE – Tutte: difesa fragilissima nella coppia centrale, con Nedelcearu in grave difficoltà e Bettella da rivedere in altra occasione, dopo che avrà scontato la squalifica che si beccherà dopo l’espulsione per doppia ammonizione. Dei terzini ho già parlato; non mi ripeto sul centrocampo, incapace di fare filtro consistente alle brillanti folate offensive della Reggina, ma anche di impostare azioni offensive incisive; per l’attacco avevo già scritto la settimana scorsa di quanto sarà più difficile per Matteo Brunori con le difese di Serie B e anche la partita dello stadio Granillo lo ha confermato, ma non si può dire che gli siano arrivate palle buona né da Elia, abbastanza evanescente a destra e neanche da Di Mariano, che ha sbagliato il facile gol del pareggio ad inizio ripresa – forse la partita sarebbe cambiata – , ha avuto pochi spunti significativi e si è fatto anche male.
Ciò scritto, non mi associo alle critiche spinte, forse troppo, all’estremo direi, di queste ore. Il Palermo ha giocato e perso male, lasciando l’amaro in bocca e molte perplessità: ma era oggettivamente improbabile, se non impossibile, che i nuovi innesti e l’assetto totalmente rinnovato della squadra si esprimessero al meglio, con una prestazione e magari anche un risultato convincente, già nella prima partita e soprattutto sul campo di un’avversaria decisamente forte e con ottimi giocatori. Dunque all’allenatore Corini, che ha espresso soddisfazione per gli acquisti, va dato il tempo giusto per assemblarli bene, per amalgamarli come si suole dire – l’amalgama si potrebbe anche comprare al mercato degli svincolati, come disse un grande e storico personaggio del calcio siciliano … – , per plasmare una squadra con lo spirito di squadra: lavoro complesso in una piazza difficile e dalle forti ambizioni come Palermo, ma il più volte dichiarato obiettivo unico della salvezza rende tutto un po’ meno complicato nei rapporti con la piazza, che non potrà mai dire che si aspettava di più. Diamo allora il giusto tempo – che comunque non può essere molto lungo – a Corini e ai giocatori, nella speranza che in attesa che il lavoro venga completato non ci siano troppe altre sconfitte e troppi dispiaceri che potrebbero incidere sul morale della squadra e sull’ambiente. E non sarebbe male, ma questo tocca all’allenatore deciderlo, che qualcuno dei vecchi protagonisti della splendida promozione dalla Serie C – i Floriano, Valente, Marconi, Broh, Damiani – non venisse definitivamente estromesso dalla squadra: la loro esperienza e il loro animus pugnandi, lo spirito combattivo di baldiniana memoria, potrebbero essere importanti e preziosi in questa fase di transizione, che speriamo non sia lunga. Intanto la sfida di venerdì sera alle 20,30 allo stadio Barbera contro il forte e blasonato Genoa, retrocesso dalla Serie A, sarà un altro test difficilissimo, ma molto importante stimolante per la rinnovata formazione rosanero.
CURIOSITA’ – Due immagini dalla telecronaca, ancora una volta più che soddisfacente, che ho seguito su HelbizLive: Pippo Inzaghi, allenatore della Reggina, con il suo meraviglioso bambino a festeggiare la vittoria sotto la curva dei suoi tifosi dopo la vittoria; e il gesto tecnico, coronato da un gol favoloso (il secondo dei padroni di casa dopo l’1-0 di Fabbian) di Jeremy Menez, grande giocatore in maglia amaranto dal passato prestigioso (Milan, Roma, PSG), uno dei tanti che il Palermo affronterà in questo campionato di Serie B di altissimo livello. Bellissime scene che esaltano la bellezza dello sport che amiamo molto, nonostante le tante, troppe brutture. E per finire, mi associo i sognatori: anche se capisco che per varie ragioni la cosa sembra impossibile, il ritorno di Josep Ilicic sarebbe un colpo eccezionale del City Group, un grande regalo per la squadra e il pubblico. Ma so che resterà un sogno.
Con il titolo: il gol dell’1-0 di Fabbian. Le foto dal sito ufficiale del Palermo F.C.
L'articolo Brutta e bruciante la nuova sconfitta del Palermo rinnovato. Ma ci vuole tempo per l’amalgama proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Palermo, aspettiamo il “nuovo corso” di Corini dopo una sconfitta amara ma salutare proviene da Il Vulcanico.
]]>Non lo posso nascondere: mi secca molto, cari amici del Vulcanico rosanero, scrivere sul primo ko per giunta casalingo per i rosanero in questa nuova stagione, sono abbastanza amareggiato e deluso. Non mi aspettavo non tanto il risultato negativo, che nel calcio è sempre possibile, ma è stata forte la scossa che ho avuto, non credo di essere il solo, dopo la partita di sabato sera: un tuffo nella dura realtà della Serie B. Ma voglio subito aggiungere che mi sembra eccessivo e inappropriato, soprattutto prematuro, quel certo clima di preoccupazione che percepisco in queste ore in molti commenti: buttare subito il bambino con l’acqua sporca, come si dice in casi del genere, credo sia quanto di peggio e più deleterio si possa fare, passare dal grande entusiasmo allo scoramento è completamente sbagliato. Siamo appena all’inizio, toccherà all’allenatore provare a rimediare subito con i buoni rinforzi messi a disposizione dalla società.
Sintetizzo il mio pensiero, come già fatto nelle precedenti partite, rilanciando il post che ho scritto a caldo sul mio profilo Facebook: “Arriva per il #Palermo la prima, meritata sconfitta nel campionato di Serie B, finisce dopo un anno e mezzo l’imbattibilità dello stadio Renzo Barbera. Gondo trascina un Ascoli superiore in campo e fa nerissimi i padroni di casa con una spettacolare tripletta, favorita dalla difesa palermitana stasera davvero imbarazzante, una banda del buco. Il solito Matteo e il neo acquisto Segre rendono il risultato alla fine meno eclatante di quanto avrebbe potuto essere. Comunque meglio che sia successo adesso, alla terza giornata: è una sconfitta amara ma salutare, che ci fa capire che il Palermo è pur sempre una neopromossa che avrà a che fare con squadre e giocatori avversari di livello tecnico nettamente superiore rispetto a quelli della C. E mister Eugenio Corini, anche lui stasera in evidente sofferenza, con l’inserimento dei nuovi acquisti dovrà dare forza e qualità a una squadra che ha comunque, lo ha dimostrato anche in questa sfida complicata, grande temperamento e voglia di lottare”. Potrei fermarmi, in fondo ho detto tutto, ma qualcosa voglio aggiungerla – non molto perché so bene che ai tifosi non piace molto leggere chiacchiere dopo una sconfitta – seguendo lo schema fin qui adottato in questa rubrica.
COSE BELLE – Non sono molte, a occhio e croce. Certamente lo è la più che frizzante prestazione di Nicola Valente nel primo tempo, fin quando le energie lo hanno sostenuto al meglio, anche se il fallo che gli è costato l’espulsione nel finale ha rovinato la sua prestazione. Cosa bella è anche la puntualità e prontezza con cui Matteo Brunori si è fatto trovare pronto all’appuntamento con il gol del pareggio, confermando qualora ce ne fosse bisogno l’importanza e il valore della sua presenza in area avversaria. Lo sono anche, per quello che abbiamo potuto vedere e non è molto (secondo me poteva e doveva essere di più, avrebbero potuto e forse dovuto entrare in campo già all’inizio del secondo tempo), gli ingressi nel corso della ripresa del nuovi centrocampisti Leo Stulac – si è visto subito il piede fino e la visione di gioco – e Jacopo Segre, che ha pure segnato con un bel colpo di testa e soprattutto un’ottima incursione il gol della speranza. Ha fatto benino anche Bettella in difesa ma non era difficile dopo tanti strafalcioni dei compagni, meno brillante il debutto di Di Mariano in avanti, ma non era forse per lui la partita giusta e dunque aspettiamo con fiducia alla prossima occasione.
COSE MENO BELLE – Certamente, lo hanno detto e scritto in tutte le salse i commentatori e cronisti rosanero ben più bravi e lucidi di me, una cosa brutta e soprattutto preoccupante della prestazione del Palermo contro l’Ascoli è stata la fragilità, uso un eufemismo, della difesa, che ha preso tre gol soprattutto per responsabilità proprie, con tanto di cappello al realizzatore ivoriano Cedric Gondo che è sicuramente un bravo attaccante ma non è il mostro devastante visto contro i rosanero e ha rischiato di subirne altri dalle devastanti scorribande offensive degli ascolani, con Caligara, Bidauoi e compagni che in certi momenti sembravano inarrestabili. Le critiche più pesanti, insieme ai troppi fischi che si potevano pure evitare, sono toccate a Lancini e Crivello, sicuramente protagonisti principali di quella che nelle occasioni decisive per gli ospiti è apparsa un vera e propria banda del buco, ma non mi pare che Nedelcearu si sia salvato da questo tracollo difensivo generale, tutt’altro direi se guardiamo tutti i gol ospiti. E nemmeno il portiere Pigliacelli si può considerare esente da colpe, mentre sicuramente ha fatto un passo indietro il filtro di centrocampo Damiani-Broh. Una brutta giornata generale, insomma, resa ancora più evidente dalla forza complessiva di un’avversaria valida ma non trascendentale, alla portata di quello che dovrebbe essere il miglior Palermo al completo, ma che ha fatto brutalmente, io aggiungo fortunatamente capire presto che la neopromossa – non dimentichiamolo mai – squadra rosanero dovrà affrontare formazioni e giocatori forti altrettanto e anche di più dell’Ascoli e dovrà essere tecnicamente attrezzata per farlo. Archiviamo dunque senza drammi, con tranquillità, questa spiacevole sconfitta e guardiamo avanti: ora Corini potrà lavorare con i nuovi giocatori e il nuovo assetto che vorrà dare al suo Palermo, che dovrà provare a riscattarsi sabato prossimo alle 14 sull’insidioso campo della Reggina, con il recupero in difesa evidente importante di Marconi che ha scontato la squalifica, forse di Sala e la possibilità di utilizzare Ales Mateju, difensore della nazionale della Repubblica Ceca, sul quale l’allenatore rosanero pare confidi molto.
NOTE E CURIOSITA’ – Nella giornata che ha fatto registrare la fine della lunga imbattibilità del campo di casa dei rosanero, citerei solo il numero degli spettatori allo stadio Barbera: 22.163, di cui 10.550 abbonati, di più di quelli che c’erano nel debutto casalingo con il Perugia e che hanno fatto un tifo davvero intenso e costante fino all’ultimo. Bel pubblico, bellissimo tifo, numeri da Serie A, non dico niente di nuovo. Una valore aggiunto che la società guidata dal presidente Mirri e con alle spalle la potenza del City Group dovrà coltivare e coccolare, dando alla squadra e al suo allenatore tutto il meglio che serve quantomeno per non sfigurare in questa Serie B che abbiamo visto e molto di più vedremo di che pasta (e di quante difficoltà) è fatta.
Con il titolo: il primo gol di Cedric Gondo. Le foto dal sito ufficiale del Palermo https://www.palermofc.com/it/
L'articolo Palermo, aspettiamo il “nuovo corso” di Corini dopo una sconfitta amara ma salutare proviene da Il Vulcanico.
]]>