Cultura Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/cultura/ Il Blog di Gaetano Perricone Wed, 23 Jul 2025 05:28:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.2 La fiamma eterna dell’Etna giovedì 24 luglio si accenderà a Manhattan https://ilvulcanico.it/la-fiamma-eterna-delletna-giovedi-24-luglio-si-accendera-a-manhattan/ Tue, 22 Jul 2025 06:20:16 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25786 FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa Il 24 luglio l’Etna arriva a Manhattan con un evento che unisce arte, scienza e territorio Negli spazi della galleria d’arte contemporanea TOTAH, nel cuore di New York, il prossimo 24 luglio si terrà il finissage di “Etna Eternal Flame”, progetto internazionale promosso e curato dall’associazione culturale Basaltika, che per oltre un anno ha trasformato il […]

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FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa

Il 24 luglio l’Etna arriva a Manhattan con un evento che unisce arte, scienza e territorio

Negli spazi della galleria d’arte contemporanea TOTAH, nel cuore di New York, il prossimo 24 luglio si terrà il finissage di “Etna Eternal Flame”, progetto internazionale promosso e curato dall’associazione culturale Basaltika, che per oltre un anno ha trasformato il vulcano attivo più alto d’Europa in un palcoscenico di arte “site-specific” e ricerca geologica.

Al centro dell’evento il contributo dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV – OE), con l’intervento del Direttore Stefano Branca, chiamato a raccontare come si sono evoluti nel tempo i metodi di rappresentazione delle eruzioni storiche dell’Etna a partire dal XVI secolo fino all’avvento della fotografia al pubblico newyorkese e a portare la voce della ricerca italiana oltreoceano:

Il coinvolgimento dell’INGV”, spiega Branca, “ha dato profondità scientifica e autorevolezza al progetto. L’Etna non è solo uno spettacolo naturale, ma un laboratorio a cielo aperto di fenomeni geologici che meritano di essere compresi e valorizzati anche attraverso l’arte contemporanea”.

Il progetto Etna Eternal Flame, avviato tra il 2023 e il 2024 sull’Etna Sud a quota 1980 metri, ha visto la partecipazione di quattro artisti di fama internazionale: lo scultore newyorkese Aleksandar Duravcevic, l’artista tedesco Johannes Pfeiffer, la pittrice siciliana Samantha Torrisi e la fotografa Oriana Tabacco, presidente di Basaltika e docente di Storia dell’Arte.

Le opere, installate nel teatro lavico dell’eruzione del 2001, hanno dialogato con il paesaggio vulcanico per oltre un anno, diventando un raro esempio di arte contemporanea su un vulcano attivo.

L’evento newyorkese, curato da Ysabel Pinyol Blasi della Monira Foundation e sostenuto dalla Fondazione Orestiadi di Gibellina, rappresenta la conclusione simbolica di questo percorso.

Durante l’incontro verrà presentato anche un video documentativo dell’intero progetto, introdotto da Oriana Tabacco, che sottolinea: “Il nostro intento era portare il vulcano oltre i suoi confini geografici, renderlo simbolo di rinascita, trasformazione e bellezza. L’arte è stato il mezzo, la scienza il fondamento”.

L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sui canali social ufficiali di Basaltika, consolidando l’obiettivo di diffusione internazionale del progetto.

Etna Eternal Flame è stato realizzato con il patrocinio del Parco dell’Etna, dell’INGV – OE, del Comune di Nicolosi e dell’Associazione Italiana di Vulcanologia (AIV).

Infowww.basaltika.it

Link utili:

Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)

Parco dell’Etna

Comune di Nicolosi

Associazione Italiana di Vulcanologia (AIV) 

Con il titolo: l’installazione “Prometheus 2023” di Johannes Pfeiffer (foto dal web)

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Erasmo Recami, grande scienziato. Amico della Sicilia e biografo di Majorana https://ilvulcanico.it/erasmo-recami-grande-scienziato-amico-della-sicilia-e-biografo-di-majorana/ Mon, 14 Jul 2025 05:29:36 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25764 di Rosario Catania “Caro Rosario, i tuoi interrogativi non sono affatto stupidi, bensì complicati. Erasmo” Lo scienziato E’ stato un fisico e accademico italiano di grande rilievo. Erasmo Recami ha insegnato fisica presso diverse università, tra cui Catania, Bergamo e Campinas (Brasile), dove è stato molto apprezzato dagli studenti. Dal 1992 fino al suo pensionamento […]

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di Rosario Catania

“Caro Rosario, i tuoi interrogativi non sono affatto stupidi, bensì complicati. Erasmo”

Lo scienziato

Erasmo Recami (Milano, 21 novembre 1939 – Campinas, Brasile, 14 luglio 2021)

E’ stato un fisico e accademico italiano di grande rilievo. Erasmo Recami ha insegnato fisica presso diverse università, tra cui Catania, Bergamo e Campinas (Brasile), dove è stato molto apprezzato dagli studenti. Dal 1992 fino al suo pensionamento ha insegnato all’Università degli Studi di Bergamo. Ha anche svolto insegnamenti specialistici presso il Centro Brasiliano Ricerche Fisiche di Rio de Janeiro e l’Università Statale di Campinas e la sua attività di ricerca è stata vasta e interdisciplinare, occupandosi di Relatività Speciale e Generale, con ricerche approfondite sui tachioni e moti superluminali, contribuendo alla fisica delle particelle elementari e nucleari. Le sue previsioni degli anni ’70 e primi anni ’80 sui tachioni e sui moti superluminali hanno avuto varie conferme teoriche e sperimentali. Ha condotto studi significativi nel campo della Meccanica Quantistica e ha applicato la matematica a diverse aree della fisica, sia alle Particelle Elementari che alla Fisica Nucleare. È stato associato alle ricerche dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) per le sezioni di Catania e Milano e ha svolto attività di ricerca presso numerose istituzioni estere, tra cui l’Università del Texas a Austin, l’Academy of Sciences of Kiev-Institute for Theoretical Physics, il Niels Bohr Institute all’Università di Copenhagen, l’Università di Oxford e l’Università della California a Santa Barbara.

Simulazioni al computer di tracce di particelle elementari all’interno di un rivelatore: la fisica delle alte energie ha sempre confermato le previsioni della teoria della relatività speciale – fonte CERN

Le passioni

Non solo appassionato rigoroso della fisica, ma anche un eccellente archeologo. Durante il periodo di docenza a Catania, si è dedicato anche a ricerche di paletnologia, pubblicando articoli su “Sicilia Archeologica” (Anno XVI – 1983), sul “Notiziario dell’Istituto italiano di preistoria e protostoria di Firenze” (Gennaio 1973), Natura Società Italiana di Scienze Naturali (Milano 1976), Natura Alpina (Trento – 1977), Rivista di Scienze Preistoriche (1976). E’ stato promotore per l’Istituzione del Parco Regionale dell’Etna insieme a nomi illustri come Salvatore Cocuzza Silvestri, Pietro Alicata, Marcello La Greca, Emilia Poli Marchese, Giuseppe Ronsisvalle, ecc. Nell’ ottobre del 1980 ricevette una lettera di ringraziamento da Lipari (ME), da parte di Luigi Bernabò Brea (che dal 1939 al 1941, dopo un brevissimo incarico presso l’Amministrazione delle antichità di Taranto, fu primo dirigente della Soprintendenza alle Antichità della Liguria, quindi della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale a Siracusa, dove rimase fino al 1973, anno del suo pensionamento), per le sue segnalazioni di ritrovamenti in Sicilia, come la statuetta di Tabana a Lentini del neolitico superiore. Grande amico di Vincenzo Tusa (noto archeologo) che andava spesso a trovarlo a casa per guardare la sua collezione temporanea, poi donata a vari musei dell’ isola. Erasmo scrisse

Natura Alpina 1977
Sicilia Archeologica 1983
Documento costitutivo Comitato di studio Istituzione Parco dell’Etna

 

 

 

 

 

 

 

 

Il suo legame con Ettore Majorana

Ettore Majorana

Tra i contributi più significativi, la biografia di Ettore Majorana: Erasmo Recami è ampiamente riconosciuto come il

Ettore Majorana – estratto dai manoscritti ceduti da Erasmo Recami al centro di ricerca di Erice

biografo storico e scientifico del brillante fisico italiano scomparso misteriosamente nel 1938. Ha dedicato anni di ricerca a ricostruire la vicenda di Majorana, incontrando scienziati di tutto il mondo, raccogliendo testimonianze, scoprendo e pubblicando documenti inediti dall’archivio della famiglia Majorana. La sua opera più nota in questo campo è “Il caso Majorana: epistolario, documenti, testimonianze”, pubblicato per la prima volta nel 1987. Ha anche curato, assieme a Simone Esposito, l’opera “Ettore Majorana – Appunti Inediti di Fisica Teorica“.

Il divulgatore

Oltre alla ricerca scientifica, Recami si è dedicato all’alta divulgazione, scrivendo numerosi articoli su enciclopedie e riviste di informazione scientifica italiane e internazionali. Tra le sue opere e pubblicazioni più rilevanti, oltre a quelle su Majorana, si menzionano: “I tachioni“, in Scienza & Tecnica 7, “Classical tachions and possible applications“, La Rivista del Nuovo Cimento 9, 1986. “PUBBLICAZIONI DI E. RECAMI: UNA SELEZIONE. SELECTED PAPERS BY E.RECAMI” (2015). Nel 2000 ha ricevuto il Premio SIF per la Storia della Fisica. L’8 marzo 2019, il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella lo ha nominato “Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Erasmo Recami è morto improvvisamente il 14 luglio 2021 a Campinas, in Brasile. La sua figura è stata quella di un fisico innovativo, un rigoroso storico della scienza e un appassionato divulgatore, capace di esplorare le grandi domande della fisica e di indagarne le figure più enigmatiche.

Memorie

 

 

 

 

Ho conosciuto personalmente Erasmo Recami in occasione di un incontro “Conoscersi per Conoscere” organizzato da STMicroelectronics azienda leader nella produzione di semiconduttori per cui lavoro da 30 anni, un seminario sulle frontiere della Fisica, e per questo ringrazio di cuore l’amico Carmelo Papa già Executive Vice President di ST, oggi in pensione, ma inarrestabile consulente di vita!

Rimasi affascinato nel vederlo utilizzare ancora appunti su lavagna per proiezione lucidi. Con lui si parlava di fisica, di astronomia, di archeologia e delle mie attività di ricerca sulle basse frequenze legate a fenomeni spaziali e al vulcano Etna (Erasmo fu un grande sostenitore e promotore presso tanti amici ricercatori, del progetto ERO Etna Radio Observatory). Grazie a lui ho conosciuto e visitato il sito archeologico alle sponde del fiume Simeto, conosciuto come Riparo Cassataro nel territorio di Centuripe (EN), documentato dalle foto qui.

Il riparo Cassataro si trova nella zona di Centuripe (Enna), sulla riva destra del fiume Simeto, a soli 2 km dalla necropoli stentinelliana di Fontanazza, sulla sponda opposta del fiume. La definizione di “riparo” è inesatta, forse più un luogo di culto. Sulla parete maggiore si possono distinguere numerose pitture, le uniche finora documentate della Sicilia orientale. Trovandosi praticamente all’aperto e a pochi metri da quella via naturale di comunicazione che era il Simeto, le pitture “dovevano essere accessibili a tutte le comunità sparse lungo il corso del fiume, e un loro punto di riferimento centrale” (G. Biondi, 2017). Nei pressi del sito sono stati osservati manufatti che vanno da una probabile industria paleolitica inferiore e neolitica, alla ceramica geometrica o impressa del primo o medio neolitico; da frammenti di materiale castellucciano del Bronzo antico al coccio greco, fino ad una fase tardo antica – bizantina (V-VII sec. d.C.). Questi ritrovamenti non fanno pensare ad una presenza umana stanziale, ma ad una frequentazione saltuaria. Possiamo ipotizzare che il sito, facilmente raggiungibile, sia stato utilizzato come luogo di culto dai gruppi e dalle comunità della piana di Catania e della zona ai piedi dell’Etna che, nel corso del Neolitico, si sono sedentarizzate lungo i principali corsi d’acqua, a causa dello svilupparsi delle pratiche di agricoltura e allevamento.

Ricordi

Mi piace ricordare alcune email scambiate con lui in cui spesso lamentava condizioni di salute e i suoi continui ricoveri, ma era un modo per rimanere in contatto, motivo di distrazione da altre problematiche. Durante il periodo del Covid-19 abbiamo anche iniziato lo scambio di messaggi su whatsapp, che conservo con cura (l’ultimo ricevuto il 3 luglio 2021), pochissimi giorni prima della sua morte, che ho appreso successivamente con grande dispiacere

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E-mail da me invitata il 15.09.2017

Caro Erasmo, una domanda stupida..

Secondo te, se riuscissimo ad osservare l’ Universo al di sotto del tempo di Planck, potremmo vederlo completamente diverso?

Perché dopo questo, che rappresenta il limite della fisica moderna, la materia si genera e si organizza come già conosciamo. Buona guarigione.

Con affetto. Rosario

la sua risposta….

“Caro Rosario, i tuoi interrogativi non sono affatto stupidi, bensì complicati”

Solo due righe, perché devono ri-ricoverarmi per complicanze del mio intervento al cuore…

Non è neanche certo che ci sia stato il (o solo un) big-bang; come sai ci sono le teorie della creazione continua. Io amo pensare a un big bang solo perchè l’idea l’abbiamo succhiata col latte materno. Infatti Posidonio già scriveva: «La materia ha una coesione che la tiene insieme e contro la quale il vuoto circostante è impotente. In verità il mondo materiale si conserva mediante una forza immensa, ed alternativamente si contrae e si espande nel vuoto seguendo le proprie trasmutazioni fisiche, ora consumato dal fuoco, ora invece dando nuovamente inizio alla creazione del cosmo ». Né è davvero sicuro che si sappia come siano andate le cose in tempi successivi… Inoltre, le teorie –quando si avvicinano a singolarità – perdono di significato. Se hai idee circa il tuo quesito, illuminami. Io ci penserò  (a mezzodì dovrei ri-ricoverarmi –non sto bene– e credo sarò così matto da rinviare solo perché dovrei tenere una conferenza (con poca voce).  Yuo  Erasmo

P.S.: convey also my regards, please, to Dr. Carmelo Papa

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MAIL RICEVUTA IL 07.08.2019

[email protected]&gt

Caro Ing. Catania e carissimo Rosario,

molte grazie! Interessante…!! La valle dell’ Alcantara odora di preistoria…

Io sono in Brasile, e lo sarò anche in Autunno. Tra le altre cose, anche noi si individuò un possibile dolmen, la cui foto sta però in un articoletto che ora non ritrovo. Mi viene la tentazione –se già non lo feci– di mandarti i tre main-files ove raccolsi la maggior parte dei miei risultati di preistorico dilettante. Comunque il nostro riparo sotto roccia (Riparo Cassataro nda), con pitture neolitiche in ocra, richiamò Paolo Graziosi da Firenze; mentre altre nostre scoperte –una di esse riempì una vetrina all’entrata del Museo di Siracusa (anche senza citarci…) furono lodate da Bernabò Brea [come un idoletto del neolitico superiore] che programmava di parlarne nella seconda edizione del suo libro: edizione che purtroppo non fece a tempo a realizzare. Passando al paleolitico superiore, alcune stazioni furono studiate dalla Mara Guerri, allieva di Graziosi, la quale –venendo pure da Firenze– passò molto tempo con noi in Sicilia. Molte cose le lasciammo al Museo di Adrano. Per i manufatti (selci et al.) scheggiati, la sorte fu’ più incerta. Quando io scoprii il paleolitico inferiore nella Sicilia orientale, non potendo permettermi di annunciarlo da solo [quale dilettante…!], lo portai per lo studio all’IIPP di Firenze, e lì restò as far as we know (ma fu pubblicato bene dall’Anna Revedin…). Infine, una nuova stazione alla quale tenevo molto [la Valle Battaglietta, sopra Valle Battaglia, Madonie, a 1700 m slm] finì male, ed è ancora una spina per me. La mia segnalazione per il notiziario della Riv Sc. Preist. arrivò a Firenze quando Paolo Graziosi stava morendo, e si perse. PERSI PURE L’UNICA COPIA CHE AVEVO DI TALE SEGNALAZIONE… e non fui più in grado di ricostruire i dati essenziali perché rinvenni solo la metà delle pietre scheggiate relative… Stavo infatti lasciando Catania per il Brasile e poi Bergamo. Mentre scrivo mi tornano in mente perdite per la Fisica;… E’ meglio che interrompa i ricordi!

Un pensiero in occasione del quarto anniversario dalla sua morte

Erasmo sarai sempre nei miei ricordi, un pezzo importante della mia conoscenza sui misteri della vita, promotore della mia voglia di esplorazione nell’archeologia siciliana, un grande scienziato e pure un bravissimo fotografo. Grazie per quello che mi hai insegnato e per avermi raccontato della tua vita. Buon riposo Erasmo ❤

Bibliografia

Con il titolo: Erasmo Recami ed Ettore Majorana (grafica di Rosario Catania) 

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Etna, cosa pensi di noi umani? Lo sapremo al Festival Vulcani 2025, dal 27 al 29 giugno a Trecastagni, alla scoperta di terre indimenticabili https://ilvulcanico.it/etna-cosa-pensi-di-noi-umani-lo-sapremo-al-festival-vulcani-2025-dal-27-al-29-giugno-a-trecastagni-alla-scoperta-di-terre-indimenticabili/ Wed, 25 Jun 2025 04:39:03 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25721 di Giuseppe Riggio* Siamo arrivati alla terza edizione continuando a seguire la stessa ispirazione: donare all’Etna un Festival che racconti il mondo dei vulcani. Siamo gli unici in Italia ad avere inventato una manifestazione con questo filo conduttore. E del resto dove farla se non sull’Etna, su uno dei vulcani più attivi al mondo? Quest’anno […]

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di Giuseppe Riggio*

Siamo arrivati alla terza edizione continuando a seguire la stessa ispirazione: donare all’Etna un Festival che racconti il mondo dei vulcani. Siamo gli unici in Italia ad avere inventato una manifestazione con questo filo conduttore. E del resto dove farla se non sull’Etna, su uno dei vulcani più attivi al mondo?

Quest’anno proviamo a comunicare agli spettatori che ci troviamo di fronte a “terre indimenticabili”, che per altre ragioni abbiamo già definito “in movimento”, ma anche “straordinarie”. Chi è ammaliato da crateri e colate sa di cosa stiamo parlando. Per la terza edizione del Festival Vulcani – organizzato dalla Fondazione Trecastagni Patrimonio dell’Etna, presieduta da Giovanni Barbagallo dal 27 al 29 giugno a Trecastagni– abbiamo provato a immaginare anche una intervista all’Etna, per dare la parola alla sua anima femminile e chiederle cosa ne pensa di noi umani che ne abitiamo le pendici, delle nostre ossessioni e delle nostre paure.

Il programma del Festival Vulcani 2025

Ci saranno, ovviamente, nel corso della manifestazione momenti di alta divulgazione scientifica curati da INGV (il suo direttore Stefano Branca insieme al professor Luigi Ingaliso presenteranno una nuova e lussuosa edizione di una storica opera di Sartorius Von Walterhausen, mentre Eugenio Privitera spiegherà i sistemi di allertamento precoce di Etna e Stromboli), da parte sua Marco Viccaro, docente universitario e presidente dell’Associazione Italiana di Vulcanologia, coordinerà per la prima volta un corso di introduzione al vulcanismo che si terrà nella sede della Fondazione organizzatrice, rivolto innanzitutto ai giovani.

Dalla prima edizione del Festival, nel 2023

Come di consueto, verrà aperta una finestra sul mondo degli “altri” territori segnati dalla lava. Quest’anno sarà la volta di Pantelleria, che verrà raccontata da Antonietta Valenza, Francesco Ciancitto e da Marco Marcialis, wine ambassador di Cantine Nicosia. Del resto, sono molteplici le strategie di avvicinamento ai “camini della Terra”. Ognuno può scoprire una chiave per scoprirne originalità e caratteri distintivi. Maria Teresa Moscato indagherà ad esempio le tematiche del mito, che da sempre ha avuto un riferimento privilegiato con i luoghi “infernali”.  Daniele Musumeci offrirà le sue competenze di biografo di Alfred Rittmann, uno dei più grandi vulcanologi del Novecento di origine svizzera, ma venuto a morire in Sicilia, dopo avervi lungamente abitato. Rosario Fichera, giornalista e divulgatore, racconterà il suo viaggio a piedi e in bicicletta dalle Dolomiti all’Etna in nome dell’inclusione, unendo due siti Unesco e due luoghi fondamentali della sua vita.

Nella prima edizione, uno spazio fu dedicato anche a questo nostro blog

Siamo convinti che ancora una volta le terre vulcaniche non mancheranno di stupire. Il programma del Festival Vulcani 2025 si rivolge innanzitutto a chi abita sull’Etna, per aiutare gli etnei ad avere consapevolezza delle caratteristiche naturali e antropologiche di questa parte di universo, ma intende ovviamente rivolgersi anche ai turisti desiderosi di scoprire la vera essenza del luogo che vengono a visitare. Nei tre giorni della manifestazione, quest’anno ospitata nell’elegante centro storico di Trecastagni, ci sarà spazio anche per citare Franco Battiato, nella proposta della brava Rita Botto. Solo qualche brano per richiamare il suo modo di abitare il vulcano, la speciale sensibilità verso la terrà da cui Battiato partì e dove poi decise di ritornare.

*Direttore Festival Vulcani 

Con il titolo: eruzione dal cratere di Sud Est, 19 giugno 2025  (la bellissima foto di Giovinsky Aetnensis) 

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“Sotto le foglie”, quand vient l’automne, nessuno dice mai tutta la verità https://ilvulcanico.it/sotto-le-foglie-quand-vient-lautomne-nessuno-dice-mai-tutta-la-verita/ Sun, 13 Apr 2025 05:12:59 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25503 di Antonella De Francesco Se avete voglia di un film meravigliosamente francese, andate a vedere l’ultima fatica di François Ozon Sotto le foglie. Meglio però rifarsi al titolo originale Quand vient l’automne che dà più senso a tutto il film. L’autunno infatti è la stagione dei rimpianti, dei ricordi , del tempo che è passato, […]

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di Antonella De Francesco
Se avete voglia di un film meravigliosamente francese, andate a vedere l’ultima fatica di François Ozon Sotto le foglie. Meglio però rifarsi al titolo originale Quand vient l’automne che dà più senso a tutto il film. L’autunno infatti è la stagione dei rimpianti, dei ricordi , del tempo che è passato, delle Les feuilles mortes come cantava Ives Montand.
Si tratta di un film molto particolare che cambia continuamente registro: dal dramma, alla commedia al noir, un po’ come succede nella vita reale. Un giorno sei sereno e il giorno dopo tutto è cambiato. Un giorno dormi bene e il giorno dopo non riesci a prendere sonno .
Nella campagna bucolica francese della Borgogna, laddove la natura in autunno si esprime con colori magnifici, Ozon osserva il cuore delle persone, le storie della gente comune, le vite di tutti , solo in apparenza tranquille. Anche lui, come ha fatto pure di recente nel suo ultimo film Il caso di Belle Steiner , un altro regista francese Jacqot, guarda alla provincia francese, ai suoi segreti e al suo malcelato pregiudizio.
In una chiesa affollata in cui il sermone invita i fedeli a non disprezzare Maria Maddalena, siede pure una vera ex prostituta, Michelle, ormai avanti negli anni, che conosce molto bene la sua storia e la sorte che le è toccata e sa bene quanto non conti mai abbastanza per gli altri quello che di fatto lei è sempre stata. Ozon ce la presenta a poco a poco con grazia, ci invita a non giudicare ma piuttosto ad apprezzare i suoi modi affabili, il suo garbo, l’amore per il nipote, per la sua amica e il figlio di lei, la sua generosità . Ce la mostra nell’intimità della sua casa dove vive da sola, quando scosta le tende al mattino per far entrare la luce e quando le chiude perché il mondo deve restare fuori, mentre rifà il letto in attesa della figlia, Valerie, mentre cucina il suo piatto preferito  mentre cerca di impegnare il tempo che la separa dal rivedere lei e il nipote e rende magnificamente l’idea di quanto possa essere lunga una giornata da soli, di quanto sia lento il tempo per gli anziani, mentre i giovani corrono via. Loro che lavorano anche nel tempo libero per riempire i vuoti esistenziali che essi stessi hanno, loro che inseguono rapporti virtuali sui cellulari e non hanno tempo per la vita vera e per chi li stava aspettando.
Ed è lì che il film cambia ancora una volta registro, da dramma a thriller e la trama si tinge di nero mentre prevale l’ambiguità di tutti, al punto che non sai più a chi credere , ti perdi nelle mezze frasi , provi a dare un senso alle coincidenze per poi arrenderti al fatto che in fondo la verità è che nessuno dice mai tutta la verità

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Here, qui e ora. Casa, dolce casa https://ilvulcanico.it/here-qui-e-ora-casa-dolce-casa/ Sun, 12 Jan 2025 10:09:36 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25315 di Antonella De Francesco Ho visto il film Here, del regista Robert Zemeckis. Ci sono andata spinta dalla curiosità, dal momento che avevo letto molto sulla genesi del film in gran parte prodotto grazie alla IA, Intelligenza Artificiale. Girato con un’unica macchina da presa fissa nell’ambiente principale di una casa, il film sintetizza mezzo secolo […]

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di Antonella De Francesco
Ho visto il film Here, del regista Robert Zemeckis.
Ci sono andata spinta dalla curiosità, dal momento che avevo letto molto sulla genesi del film in gran parte prodotto grazie alla IA, Intelligenza Artificiale. Girato con un’unica macchina da presa fissa nell’ambiente principale di una casa, il film sintetizza mezzo secolo di storia, che, se ci pensate è già questo un miracolo e l’intento spiega la velocità delle sequenze e la brevità dei dialoghi. Perché la vera protagonista del film è la casa (here: il qui e ora dell’esistenza di ciascuno di noi). Una casa come tante tra le cui mura accadono vite, si incrociano destini, si allargano famiglie, si vivono dolori e si festeggiano ricorrenze.
Pare banale a dirsi e, per certi versi démodé, dal momento che oggi la maggior parte di noi erra per il mondo sette giorni su sette e rientra a casa quasi solo per dormire. Che ne è stato della “ casa” ? Sono sicura che almeno i boomers come me ne hanno una nel cuore. Per costoro il film Here è una carezza amara che ci proietta in quel domani in cui anche noi non ci saremo più ma lei (la casa) sì, e al suo interno vivranno forse ancora le nostre voci, il fragore delle nostre risate, i nostri sogni irrealizzati, le speranze disattese, le lacrime nascoste, le parole urlate e quelle appena sussurrate.
Cosa ricorderemo della casa e della vita? Dove alloggeranno i ricordi quando vivremo soprattutto nel passato e non avremo più contezza del presente ? Chi avremo accanto a ricordarci cosa siamo stati? Il perché dei nostri errori, la ragione delle nostre decisioni ? Capite bene che non è un film per tutti e bisogna attrezzarsi per il finale.
Ma se avete una “casa” nel cuore, se siete sensibili e vi affezionate ai luoghi, se date valore ai ricordi, anche a quelli in apparenza più insignificanti, andate a vedere il film: vi commuoverà (straordinari Tom Hanks e Robin Whright) e vi farà ripensare a tutto ciò che avete vissuto e alla casa del cuore che, anche se non l’abitate più, ancora custodisce la parte più intima di voi e dei vostri cari.

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Il Conclave dei peccatori https://ilvulcanico.it/il-conclave-dei-peccatori/ Tue, 31 Dec 2024 07:32:18 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25259 di Antonella De Francesco Se volete chiudere l’anno in bellezza andando al cinema vi consiglio il thriller Conclave del regista Edward Berger. Un film ben fatto, ben costruito, ben recitato che vede la presenza di ottimi attori tra i quali Ralph Fiennes, Stanley Tucci, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini. Il film tratta della designazione del […]

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di Antonella De Francesco
Se volete chiudere l’anno in bellezza andando al cinema vi consiglio il thriller Conclave del regista Edward Berger.
Un film ben fatto, ben costruito, ben recitato che vede la presenza di ottimi attori tra i quali Ralph Fiennes, Stanley Tucci, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini.
Il film tratta della designazione del successore al Papa defunto, in un contesto che da subito mette a confronto la maestosità e la preziosità dei luoghi con l’ambizione degli uomini, anche di quei pastori di anime dai quali ci aspetteremmo rigore, lealtà e soprattutto profonda religiosità. La fotografia, curata da Stefhanie Fontaine, è superba con le sue inquadrature geometriche e perfette, dove il rigore delle forme architettoniche (con ricostruzioni della Cappella Sistina e del Vaticano interamente eseguite a Cinecittà e della Regia di Caserta con il suo magnifico scalone) fanno da sfondo alla disposizione dei 118 Cardinali più potenti al mondo, rigida ed esemplare, mentre tra i colori la fanno da padrone il bianco del candore che abbiamo dimenticato e il rosso porpora cardinalizio.
La canonica, sempre in penombra, è più simile ad un bunker nel quale si sente la cupezza del segreto, del non detto, del nascondimento di sé, più che l’intimo raccoglimento in preghiera. Pressoché nessuno dei cardinali tratteggiati da Berger è scevro da passioni e ambizioni; nessuno è senza colpa e senza peccato.
In nessuno c’è perfezione interiore e il rigore morale sembra essere più di facciata che di sostanza. La forma e la ritualità sopravvivono nei luoghi antichi e maestosi mentre tra i capi della Chiesa si è persa la sostanza. La chiusura del conclave diventa simbolo della chiusura della Chiesa verso il resto del mondo e mentre si decide il successore del sommo pontefice, nelle piazze esplodono ordigni che sovvertono l’ordine precostituito.
Quello che accade fuori dal conclave non sembra turbare i cardinali in alcun modo e, anzi, si fa in modo che i più non ne vengano neanche informati. La chiesa ha un problema: negli anni ha perduto credibilità, fa fatica ad andare al passo con i tempi, alcuni ne vorrebbero il ritorno al passato più bigotto, più coercitivo, più conservatore come esprime magnificamente Sergio Castellitto nei panni del cardinale Goffredo Tedesco nella sua “arringa” in difesa d’una Chiesa che nega le altre religioni e si impegna in una nuova guerra santa contro gli infedeli. Ma c’è anche, per fortuna, chi, come il cardinale Lawrence (magistralmente interpretato da Ralph Fiennes) è più progressista e capisce che la salvezza e la rinascita della Chiesa possono essere trovate solamente nell’ unità, nel dialogo, nell’apertura al progresso , alle richieste mutate dei fedeli nel mondo che cambia. Tutti loro hanno per la gran parte ormai perduto la certezza della loro fede, nascondono segreti molto pesanti per paura di non poter essere eletti, anteponendo l’ambizione personale ai bisogni della collettività. Questa tensione pervade tutto il film dall’inizio alla fine mentre il plot piano piano si fa chiaro grazie all’ostinata ricerca della verità da parte del cardinale Lawrence che vorrebbe fosse eletto il più meritevole. Ma nel corso del film le previsioni sono sovvertite e perfino il ruolo delle suore (tra cui va annoverata l’ottima Isabella Rossellini nei panni di sorella Agnes) , al principio così marginale se paragonato a quello dei cardinali, a poco a poco viene rivalutato, messo in rilievo al punto da diventare fondamentale per l’esito della votazione e dell’ investitura finale .
Ma la vera perla del film è il finale di cui non vi parlerò. Lì troverete il colpo di genio del regista. La Chiesa, pur costretta al segreto, dovrà fare i conti con un epilogo al quale neanche noi eravamo preparati, dovrà piegarsi all’accettazione piena dell’individuo e delle sue qualità e capacità oltre i pregiudizi, oltre la morale comune e oltre le nostre divisioni legate a sterili e anacronistiche visioni del mondo. Da non perdere

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L’Etna nel ‘700: il canonico puntese Giuseppe Recupero https://ilvulcanico.it/letna-nel-700-il-canonico-puntese-giuseppe-recupero/ Mon, 02 Dec 2024 06:33:58 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25233 di Rosario Catania Introduzione Molti furono gli studiosi che già nel XVIII secolo si occuparono di scienze naturali, lasciando a testimonianza del loro lavoro delle opere che sotto certi aspetti sono ancora oggi interessanti. Il monumento naturale più importante della Sicilia è il vulcano Etna e non raramente il termine Etna è sinonimo della Sicilia […]

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di Rosario Catania

Introduzione

Molti furono gli studiosi che già nel XVIII secolo si occuparono di scienze naturali, lasciando a testimonianza del loro lavoro delle opere che sotto certi aspetti sono ancora oggi interessanti. Il monumento naturale più importante della Sicilia è il vulcano Etna e non raramente il termine Etna è sinonimo della Sicilia e dei siciliani, con numerosi  miti e leggende. Da Efesto fabbro, dio del fuoco, delle fucine, dell’ingegneria, della scultura e della metallurgia, che con l’aiuto dei Ciclopi, forgiava le armi per dei ed eroi, ai Normanni convinti che Re Artù dimorasse proprio all’interno del vulcano. Ma oggi, l’Etna è un laboratorio naturale, Patrimonio dell’ umanità, da cui estrarre una quantità enorme di informazioni multidisciplinari e di cui raccontarne miti e leggende. Una di queste discipline è la Vulcanologia, quella branca della Geologia che studia i vulcani, nei suoi processi, nella morfologia, e nelle eruzioni, con i suoi prodotti e i suoi rischi.

Un padre della Vulcanologia, Giuseppe Recupero

Joseph canonicus Recupero. Letterato e naturalista, nato a San Giovanni La Punta, il 19 aprile 1720, ivi morto il 4 agosto 1778 (Fonte wiki).

Uno dei padri di questo importante e fondamentale ramo del sapere è stato il siciliano Giuseppe Recupero, di nobili origini, nato a San Giovanni la Punta (oggi Comune della città metropolitana di Catania) nel Regno di Sicilia il 19 aprile 1720. Fratello di Giacinto, magistrato a Catania, e Gaspare, giureconsulto, diversamente da quanto riportato nella Biografia universale (1828, pp. 168 s.), compilata in Francia, fu zio, e non fratello, di Alessandro, barone di Aliminusa, noto numismatico e antiquario, di cui Giuseppe, sopraggiunta la morte del padre Giacinto, divenne precettore. Ordinato sacerdote, monsignor Salvatore Ventimiglia lo volle canonico nella cattedrale di S. Agata a Catania. Si dedicò inizialmente agli studi ecclesiastici, occupandosi altresì di numismatica, antiquaria e diplomazia. Le ricerche compiute lo condussero alla stesura di un Trattato di istituzioni canoniche, in latino, una Vita di Sant’Agata e un breve saggio sull’obelisco egizio della fontana dell’Elefante, realizzata poco prima da Giovanni Battista Vaccarini e collocata in piazza Duomo a Catania. I tre manoscritti giovanili restarono tuttavia inediti, e il suo incontro con la geologia e la vulcanologia fu puramente casuale. L’abate Vito Maria Amico (un altro importante storico siciliano) era stato incaricato di analizzare alcune colate di fango (lahar) che interessavano il monte Etna nel 1755, ma le sue cattive condizioni di salute lo costrinsero a delegare proprio Giuseppe Recupero.

Il lahar è una colata di fango composta di materiale piroclastico e acqua che scorre lungo le pendici di un vulcano, specialmente lungo il solco di una valle fluviale. Il termine lahar proviene dall’Indonesia e significa lava in lingua giavanese. In questa incisione, allegata alla Storia naturale e generale dell’Etna di Recupero, viene raffigurato il percorso delle acque.

E così nell’aprile del 1755 intraprese diverse ascensioni sull’Etna, esplorando a più riprese la Valle del Bove e i luoghi interessati dalle colate di fango. La dettagliata relazione che ne emerse fu letta alla Patria Accademia degli Etnei e quindi pubblicata quello stesso anno (Discorso storico sopra l’acque vomitate da Mongibello e i suoi ultimi fuochi avvenuti nel mese di marzo del corrente anno MDCCLV, Catania 1755). Le successive e numerose esplorazioni dell’Etna, oltre a consentire una descrizione più accurata e sistematica delle formazioni vulcaniche, orientarono definitivamente gli interessi del Recupero verso le scienze della Terra e in particolare verso lo studio del vulcanesimo. Lo scritto sulle colate del Mongibello, tradotto in diverse lingue, godette di grande interesse anche presso la comunità dei naturalisti europei, accrescendo così la notorietà del canonico. L’eco che ricevette la memoria del 1755 e l’attività di corrispondenza epistolare iniziata con numerosi “savants” (fr. scienziato, studioso) e letterati europei, fecero di Recupero un punto di riferimento indiscusso per lo studio e l’osservazione dell’Etna. Divenne così consigliere e guida nelle esplorazioni etnee di diversi scienziati e intellettuali viaggiatori settecenteschi (tra cui personalità di spicco come Patrick Brydone, Johann Hermann von Riedesel, l’abate parigino Jean-Claude Richard de Saint-Non, l’incisore e architetto francese Jean-Pierre Louis Laurent Houël e soprattutto William Hamilton, padre nobile della Vulcanologia).

Fondata da Ignazio Paternò Castello principe di Biscari. Fu un luogo di incontro tra letterati, storici, filosofi, naturalisti, fisici e medici. L’Accademia era dotata di un museo-laboratorio, suddiviso in naturalia e artificialia era dotato di strumenti di ricerca all’avanguardia per i tempi, e di una tipografia, che stampava i lavori degli accademici. A lungo fu segretario dell’Accademia Giuseppe Recupero, canonico e geologo, che si dedicò allo studio della vulcanologia ed in particolare allo studio dei fenomeni naturali derivati dall’attività dell’Etna. L’Accademia cessò di esistere nel 1790 (Fonte Accademie siciliane: un confronto col Settecento)

L’esperienza che negli anni maturò nello studio dei fenomeni magmatici lo portò al progetto più importante della sua vita, la stesura della Storia naturale e generale dell’Etna. Lo scritto, in due volumi, fu l’esito di un’accurata ricerca bibliografica di fonti storiche, e di minuziosa indagine sul campo, con esplorazioni del complesso etneo, per oltre vent’anni. L’opera non solo conteneva una descrizione sistematica delle caratteristiche geologiche, mineralogiche e naturalistiche del vulcano (litologia, stratigrafia, mineralogia, flora, fauna e idrologia), con accurata cronologia delle eruzioni in tempi storici, ma anche una dettagliata Carta oryctographica di Mongibello. Giuseppe Recupero, a livello europeo, era ormai un’autorità indiscussa. Fu anche segretario dell’Accademia de’ pastori etnei, socio de’ Colombari di Firenze e membro dell’Accademia degli Antiquari di Londra, ottenne anche la Cattedra di Storia Naturale presso la Regia Università di Catania, ruolo che però non ricoprì mai a causa della morte prematura, avvenuta a Catania il 4 agosto 1778 all’età di 58 anni. L’opera, pressoché ultimata nel 1770, restò tuttavia inedita fino al 1815, quando, per volontà del nipote Agatino Recupero, che ne curò introduzione, aggiornamenti e annotazioni, fu pubblicata postuma (includendo l’attività eruttiva dell’ Etna dell’ottobre del 1811).

Storia naturale e generale de’Etna, tomo primo e tomo secondo, opera postuma, pubblicata da Agatino Recupero, nel 1815.

Nel primo volume è possibile trovare un interessante paragrafo che tratta anche della Contea di Adernò, entità feudale esistita in Sicilia dal XIV al XIX secolo, creata in epoca aragonese, una delle più antiche contee della parte orientale dell’isola.), di cui vengono descritte alcune sorgenti e le famose cascate del fiume Simeto, oggi non più esistenti. In queste cascate, a detta dell’autore, in mezzo alla miriade di goccioline formatesi nella caduta delle acque da cento palmi di altezza (circa 25 metri, si può immaginarne la magnificenza) si formavano delle “iridi”, ovvero la scomposizione della luce nei colori dell’arcobaleno. In una delle stampe che corredano l’opera del Recupero, viene presentata inoltre una veduta dell’Etna dal lato occidentale, in cui è illustrata l’eruzione del 1787 che interessò soprattutto le parti sommitali del vulcano. Nella stessa illustrazione è possibile scorgere, nella parte inferiore, una veduta sintetica della città di Adernò vista dal lato sud-occidentale. La Contea di Adernò comprendeva i territori degli attuali comuni di Adrano e Biancavilla, in provincia di Catania, e di Centuripe, in provincia di Enna.

Particolare della veduta dell’Etna dal lato occidentale, in cui è stata rappresentata anche la città di Adernò dal lato sud-occidentale. Il Recupero scrisse: “Territorio di Adernò. (…). Poco prima d’arrivare al ponte di carcaci si stringe molto il letto del fiume, e si chiama il passo del pecorajo, perchè dicono che con un salto un bifolco sia passato da una all’altra ripa. Non è qui forse largo una canna, e si profonda in maniera, che non si vedono le sue acque, nè si ode il loro romoreggiore, come se quivi il fiume si nascondesse, (…) .

San Giovanni La Punta città natale del Recupero

San Giovanni La Punta o meglio San Giovanni del Bosco come ci viene tramandato, dato che non esiste un archivio storico, cambiò l’antica denominazione con l’attuale, in seguito ad una eruzione dell’Etna. Pare che a causa della colata lavica che fuoriusciva dai monti Trigona e che minacciava di distruggere la borgata esistente, gli abitanti del luogo invocarono l’aiuto del patrono San Giovanni Evangelista affinché la lava risparmiasse l’abitato. Il magma si fermò, deviando verso est, e formò una “punta” più avanzata di lava, da qui il cambio del nome in San Giovanni La Punta. Scriveva il vulcanologo Giuseppe Recupero, illustre cittadino puntese nel suo volume “Storia generale dell’Etna” che le timpe della Catira, ottime per la coltivazione del frumento, orzo, lino, alberi da frutta e per i pascoli, sono in realtà un aggregato di vecchie lave, sabbia, rena, ghiaia terra dell’Etna ed argilla. Notò anche che assieme all’argilla vi era uno strato di conchiglie diverse, esortando i maestri mattonieri del luogo a non usare l’argilla in questione per non ottenere tegole imperfette a causa di frammenti fossili. Si deduce che in origine il mare lambiva questa zona e che successivamente le lave dell’Etna, o altri fenomeni naturali, hanno fatto ritirare il mare allo stato attuale, tesi rafforzata da scavi compiuti che hanno portato alla luce proprio tracce di catene di attracco per naviglio. San Giovanni La Punta fino a qualche decennio addietro era un piccolo centro collinare dedito alla viticoltura e per il suo clima temperato sede ambita di villeggiatura. San Giovanni La Punta ha dato i natali a vari personaggi illustri tra cui il già citato Giuseppe Recupero, insigne vulcanologo al quale i suoi concittadini hanno dedicato una piazza ed un busto marmoreo. I suoi due volumi “Storia naturale e generale dell’Etna” sono stati ripubblicati nel 1983.

Carta oryctographica di Mongibello realizzata dal Recupero. Si trova sulla BNF Gallica (biblioteca nazionale di Francia). La prima dettagliata topografia del territorio etneo si deve a Giuseppe Recupero che, alla fine del Settecento, realizza una carta topografica completa di scala grafica presenza di toponimi e indicazione dell’orografia, con piccoli tratti sistemati a spina di pesce ai lati della dorsale montuosa. Con la Carta Topografica dell’Etna Recupero passa da una rappresentazione “pittorica” (generalmente una veduta prospettica) alla rappresentazione in pianta e in scala. Rimangono però ancora alcune difficoltà che saranno superate dalla carta topografica e geologica dello scienziato Wolfgang Sartorius von Waltershausen (1809-1876), realizzata grazie all’aiuto di validi collaboratori, durante quasi 10 anni di lavoro in Sicilia (fonte Unescoparcoetna).

Altri riconoscimenti

Al Recupero sono stati assegnati, seppur temporaneamente i coni dell’eruzione del 1910. All’origine degli oronimi dell’Etna vi sono le radici del popolo etneo, ricche di storia e di semplice cultura e saggezza contadina, che è bene recuperare al più presto, prima che la foschia dell’oblio li cancelli definitivamente. Molti crateri oggi non esistono più come, ad esempio, i monti Riccò, chiamati anche Monti Recupero, formatisi durante l’eruzione del 1910.

Busto del canonico Giuseppe Recupero in Piazza Raddusa a San Giovanni La Punta e dentro il giardino Bellini di Catania. Il Giardino Bellini (o Villa Bellini) è uno dei due giardini più antichi e uno dei quattro parchi principali di Catania. Localmente è spesso indicato semplicemente come ‘a Villa (Foto a sinistra di Rosario Catania, a destra di Santo Scalia).

Si ringrazia l’amico Santo Scalia per il prezioso contributo

Con il titolo: Monte Recupero dopo l’eruzione etnea del 1910, Ponte, Gaetano (1876/ 1955), INGV-CT. Particolare di una bocca eruttiva denominata M.te Recupero. Archivio Fotografico Toscano AFT, Fondo Gaetano Ponte

 

 

Bibliografia

Giuseppe Recupero – adranoantologia

Etna: le grandi eruzioni

Giuseppe Recupero – Wikipedia

Storia naturale e generale dell’Etna del canonico Giuseppe Recupero … – Google Books

Facebook Storia del Regno di Sicilia 

Archivi della Scienza

Varj componimenti della Accademia degli Etnei per la morte di Ignazio … – Google Books

Accademia degli Etnei – Google Search

RECUPERO, Giuseppe – Enciclopedia – Treccani

Etna, la “strepitosissima” eruzione d’acqua del 1755 – Il Vulcanico

Carta oryctographica di Mongibello per la sua storia naturalo scritta / da Giuseppe Recupero,… | Gallica

ETH-Bibliothek / Storia naturale e generale… [1

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Evoluzione geologica del Monte Etna

Oronimi Etnei – Il nome dei crateri dell’Etna 

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Parthenope, che viene dal mare e prende a morsi la vita https://ilvulcanico.it/partenope-che-viene-dal-mare-e-prende-a-morsi-la-vita/ Tue, 29 Oct 2024 07:07:44 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25198 di Antonella De Francesco  L’ultima fatica di Paolo Sorrentino, Parthenope, è un film complesso e difficile da spiegare. È un film a lento rilascio dalla cui visione si esce ammaliati e per certi aspetti ossessionati. Un film esagerato, felliniano, onirico a tratti, anticlericale, profano, che parla di bellezza, di gioventù, di sogni , di dolori, […]

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di Antonella De Francesco 
L’ultima fatica di Paolo Sorrentino, Parthenope, è un film complesso e difficile da spiegare. È un film a lento rilascio dalla cui visione si esce ammaliati e per certi aspetti ossessionati. Un film esagerato, felliniano, onirico a tratti, anticlericale, profano, che parla di bellezza, di gioventù, di sogni , di dolori, insomma di vita vissuta.
L’ennesimo omaggio del regista alla sua splendida e detestabile Napoli che ci mostra attraverso gli occhi di Parthenope. La storia prende vita dall’acqua perché è lì che nasce Parthenope, viene dal mare come la figura mitologica protettrice di Napoli ed è il mare che fa da sfondo costante alla vicenda: che si tratti di amore, di rimpianti, di lutti o di semplici riflessioni, il mare condiziona la vita di chi ci abita e lo attrae con una forza e una prepotenza che dura per sempre.
Parthenope, interpretata da Celeste Dalla Porta, è la storia di una donna bellissima e libera che non indietreggia mai davanti ad una nuova esperienza, ma piuttosto vi partecipa con grande curiosità. La sua straripante bellezza non condiziona il suo modo di essere, perché lei non è solo quello, lei è anche altro: è colta, legge, è riflessiva, studia per trovare risposte e quindi, al di là di quello che la sua beltà suscita negli altri, questa donna si salva, sopravvivendo al tempo che passa e al fisiologico sfiorire della sua divina beltà, a differenza delle altre figure femminili, l’attrice Greta Cool, interpretata da Luisa Ranieri e il suo agente Lidia Rocca, interpretata da Isabella Ferrari che dalla bellezza hanno tratto tutto per vivere e che inevitabilmente, allo sfiorire di questa, si ritrovano sconfitte perché intente a lottare unicamente nel vano tentativo di mantenerla ad ogni costo.
Su questo Sorrentino è fin troppo chiaro: la bellezza sfiorisce anche nelle persone più belle e perfette, la vita non fa sconti, alla giovinezza, che forse dura troppo poco, segue inesorabilmente l’età adulta. Ma la giovinezza, se pur fugace, resta per ciascuno di noi come in È stata la mano di Dio, il tempo delle illusioni, dei primi amori, anche di quelli mancati, dell’ingenuità, dei sogni, delle amicizie fraterne, delle domande, degli affetti familiari, delle esperienze e anche, ahi noi, della scoperta del dolore. Alla nostra giovinezza tutti facciamo ritorno di tanto in tanto per trovare conforto, ricordare un tempo diverso in cui niente ci mancava, in cui il tempo era disteso davanti a noi, in cui cercavamo le risposte. Ma come spesso si dice c’è una ricetta per non avere rimpianti o averne pochi: vivere con pienezza. Buttarsi nella vita, prenderla a morsi, sperimentare, lasciarsi andare, perdersi per poi ritrovarsi, per non doversi dire, un giorno, che è troppo tardi.
Nella vita dovremo scegliere e cercare di capire, sperimentare come Parthenope, cambiare l’assetto se è necessario, senza smettere mai di cercare le risposte anche quando ci sembrerà di non avere più domande. Solo così, voltandoci indietro, sorrideremo alla vita passata e a noi stessi, come Partenope adulta (Stefania Sandrelli) e saremo indulgenti verso gli errori che inevitabilmente avremo commesso, continuando a sorprenderci della vita che ancora c’è da vivere.
Parthenope è un film esagerato e al tempo stesso indimenticabile: dal ballo a tre sulle note di Riccardo Cocciante “era già tutto previsto” che ricorda i meravigliosi Jules e Jim di Francois Truffaut, allo stupore davanti alla creatura gigantesca di acqua e sale di Spielbergeriana memoria, figlio del professore (ottimo Silvio Orlando), alle scene barocche dal retrogusto felliniano di Parthenope e Tesorone (il mefistotelico Beppe Lanzetta) .
Per questo va visto e per tanto altro, perché a ciascuno questo film riserva la sua intima visione.
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M’INNAMORAI DI PARTHENOPE 
di Gaetano Perricone
Finalmente ho visto su Netflix questo magnifico filmone di Paolo Sorrentino, sul quale ho letto e ascoltato fin troppe chiacchiere. E dopo averla “mommiata” (adorabile termine palermitano, che significa ammirata da guardone), ascoltata, metabolizzata per due ore e un quarto, alla fine m’innamorai perdutamente di Parthenope. Della sua ammaliante, ipnotizzante Bellezza. Della sua Libertà. Della sua Passione. Del suo Amore per la vita. Della sua Intelligenza, Ironia, Cultura. Della sua Determinazione. Della sua Generosità. Della sua Napoli. A conferma, in questo caso platonicamente cinematografica, di una mia teoria di sempre, che non mi sono mai vergognato di esternare: che non è vero affatto che non si possano amare, contemporaneamente e in modi e sentire diversi, donne (persone) diverse.
Parthenope, la splendida e bravissima Celeste Della Porta, è tutto quello che ho scritto sopra e tanto altro, protagonista e filo conduttore della trama di un film a mio avviso solo da godere. Come grande esempio di bel cinema, per genialità, regia, tecnica; come viaggio attraverso l’intero caleidoscopio dei sentimenti vivi dentro l’anima umana; come tour appassionante nella storia degli ultimi 75 anni, fino al secondo scudetto della squadra che fu di Diego Armando Maradona, di una città straordinaria e memorabile come Napoli. E accanto a Parthenope, sono deliziosamente pennellati i tratti umani che la circondano: quelli maschili, tutti inevitabilmente innamorati di lei, l’ottimo attore palermitano Dario Aita che è il Sandrino a lei vicinissimo fino all’ultimo, Daniele Rienzo nei panni del fratello Raimondo, l’adorabile e tormentatissimo Silvio Orlando-professor Marotta, il magnificamente orrido Peppe Lanzetta che è il vescovo porcello Tesorone, dulcis in fundo il memorabile Gary Oldman. E le favolose donne, attrici maiuscole: Isabella Ferrari, Luisa Ranieri e Stefania Sandrelli nel gran finale. Età diverse, la bellezza che non sfiorisce, ma comunque il tempo che passa e la giovinezza che ci lascia, come Sorrentino ama con grande franchezza ricordarci.
So che rivedrò Parthenope, per godermi ancora la celestiale Celeste, per amarla platonicamente. Lo farò da solo, ma anche con la mia adorata guerriera quando tornerà e a casa e avrà certamente molto piacere di vedere questo grande film di donne, di vita, della irripetibile Napoli, culla di bellezza e orrore e di tutti i sentimenti.
Chiudo applaudendo ancora una volta la carissima e bravissima Antonella De Francesco, che nella sua recensione al film qui sopra ha scritto magistralmente che “Parthenope prende a morsi la vita“. Come dovremmo fare tutti, attimo dopo attimo, visto che ne abbiamo una e soltanto una
Con il titolo e nell’articolo: Parthenope, scene dal film

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Iddu, il super boss che fece la vita du surciu in mezzo a tanti ominicchi https://ilvulcanico.it/iddu-il-super-boss-che-fece-la-vita-du-surciu-in-mezzo-a-tanti-ominicchi/ Thu, 10 Oct 2024 18:46:54 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25189 di Antonella De Francesco Iddu racconta la storia della latitanza di Matteo Messina Denaro, magistralmente interpretato da un Elio Germano immenso, come ce la possiamo immaginare perché, per ammissione degli stessi registi, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, la verità è solo il punto di partenza, non la destinazione. Non ci sarà alcuna fascinazione alla vista […]

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di Antonella De Francesco
Iddu racconta la storia della latitanza di Matteo Messina Denaro, magistralmente interpretato da un Elio Germano immenso, come ce la possiamo immaginare perché, per ammissione degli stessi registi, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, la verità è solo il punto di partenza, non la destinazione.
Non ci sarà alcuna fascinazione alla vista del boss più ricercato d’Italia, perché Iddu è rappresentato come un miserabile, iniziato in tenera età alla criminalità dal padre, da cui è ossessionato anche dopo la sua morte e per colpa del quale è costretto a nascondersi  facendo la vita du surciu. Il suo strapotere, esercitato per mezzo dei pizzini, ha dell’inverosimile, se non fosse che a tal riguardo i due registi non si sono inventati proprio nulla.
Non sta meglio dell’ultimo padrino la sorella, nel film Stefania, che vive anche lei isolata e infelice, vittima di una società patriarcale che le ha negato il primato e la reggenza, malgrado per crudeltà non sia seconda a nessuno. Poi c’è Catello, interpretato da Toni Servillo, che rappresenta il malavitoso di provincia, ex sindaco e padrino del boss, alla ricerca di favori in spregio alle regole e alla legalità. Infine, c’è lo stato, con i servizi segreti, condannato per la sua complicità che ha permesso la latitanza in Sicilia del boss per quasi trent’anni.
In definitiva tutti i personaggi vengono smitizzati, ridotti a figure quasi grottesche e rappresentati come ominicchi con vite per nulla invidiabili, prigionieri delle loro ossessioni e senza affetti. Iddu non riesce neanche a riconoscere il figlio come suo ma forse (voglio crederci) per non obbligarlo alla sua successione e lasciarlo ancora alla beata ingenuità di un bambino che accarezza un agnello, quell’agnello che invece il padre obbligò  lui stesso a sgozzare con ferocia.
Se si pensa che il film è stato girato prima della cattura di Matteo Messina Denaro, allora lo si può intendere come un’ipotesi brillante che con ironia sovverte i luoghi comuni e si sostituisce alla narrazione popolare che fa dei boss mafiosi e dei criminali in genere degli eroi. Da vedere
Con il titolo: Elio Germano nei panni del boss Matteo Messina Denaro. All’interno dell’articolo, una scena del film 

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Nei panni di Cianuzzu, il primo vero pentito di mafia. Also in English https://ilvulcanico.it/nei-panni-di-cianuzzu-il-primo-vero-pentito-di-mafia-also-in-english/ Wed, 25 Sep 2024 05:20:56 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25167 “Il giudice e il boss”: stasera a Palermo è in programma al cinema Rouge et Noir (ore 20,30) l’anteprima nazionale dell’atteso film di Pasquale Scimeca, girato in gran parte sulle Madonie. Il film racconta la lotta a Cosa Nostra del giudice Cesare Terranova, assassinato il 25 settembre 1979, quarantacinque anni fa. Per Marco Gambino, bravissimo […]

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“Il giudice e il boss”: stasera a Palermo è in programma al cinema Rouge et Noir (ore 20,30) l’anteprima nazionale dell’atteso film di Pasquale Scimeca, girato in gran parte sulle Madonie. Il film racconta la lotta a Cosa Nostra del giudice Cesare Terranova, assassinato il 25 settembre 1979, quarantacinque anni fa. Per Marco Gambino, bravissimo attore palermitano trapiantato a Londra e mio caro cugino, un altro ruolo importante e di grande interesse: quello di Luciano Cianuzzu Raia, il primo vero pentito di mafia. Ecco, per i lettori del Vulcanico, la sua breve, ma intensa testimonianza (Gaetano Perricone)

di Marco Gambino

Nel 1969 si tenne a Bari il primo processo di mafia. Non sono in molti  a ricordarsi di quella che fu la tappa miliare dell’operato di un giudice indomito: Cesare Terranova. Alla sbarra erano presenti ben 64 imputati fra cui i temutissimi Luciano Leggio più noto come Liggio, Salvatore Riina, Calogero Bagarella, Bernardo Provenzano.

Quella volta la mafia vinse. I sanguinari furono assolti con una sentenza bomba che suscitò infinite polemiche. Ma Terranova non si arrese continuando la sua lotta alla mafia fino al fatidico 25 Settembre 1979, quarantacinque anni fa quando lui ed il suo fidato Lenin Mancuso vennero barbaramente trucidati a Palermo.

Pasquale Scimeca, nel suo film Il Giudice e il boss, ha scelto di raccontare la prima parte della vita di Terranova, quella meno conosciuta, illuminata dalla sua scelta coraggiosa di trasferirsi a Corleone. Lui voleva conoscere da vicino la mafia, in anni in cui se ne negava l’esistenza, voleva provare ad affrontarla vis a vis , in quello che fino ad allora era stato il suo incontrastato territorio.

Cianuzzu Raia é l’autista di Riina, Provenzano e Bagarella, testimone eccellente di vendette e omicidi. Cianuzzu un giorno, braccato dalla sua stessa vita, decide di confessare tutto al giudice Terranova e gli promette che al processo parlerà, dirà nomi e cognomi sfidando lo sguardo letale di Leggio che non lo mollerà un secondo. Cosi su di lui, primo pentito di mafia, si accendono i riflettori. Da uomo assoldato al potere mafioso, custode di nomi e trame inconfessabili, Raia diventa l’attesissima star del processo di Bari. Interpretare lo stato d’animo di un uomo tormentato, padre di famiglia, gregario di criminali, e pentito (forse) suo malgrado, è stato per me meraviglioso e complesso. Non capita spesso che un ruolo ti scuota fino alle midolla. Quando succede vuol dire che è tuo e che per quella volta sei un attore “insostituibile”.


BEING CIANUZZU RAIA, THE FIRST MAFIA REPENTANT  

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