L'articolo La fiamma eterna dell’Etna giovedì 24 luglio si accenderà a Manhattan proviene da Il Vulcanico.
]]>Il 24 luglio l’Etna arriva a Manhattan con un evento che unisce arte, scienza e territorio
Negli spazi della galleria d’arte contemporanea TOTAH, nel cuore di New York, il prossimo 24 luglio si terrà il finissage di “Etna Eternal Flame”, progetto internazionale promosso e curato dall’associazione culturale Basaltika, che per oltre un anno ha trasformato il vulcano attivo più alto d’Europa in un palcoscenico di arte “site-specific” e ricerca geologica.
Al centro dell’evento il contributo dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV – OE), con l’intervento del Direttore Stefano Branca, chiamato a raccontare come si sono evoluti nel tempo i metodi di rappresentazione delle eruzioni storiche dell’Etna a partire dal XVI secolo fino all’avvento della fotografia al pubblico newyorkese e a portare la voce della ricerca italiana oltreoceano:
“Il coinvolgimento dell’INGV”, spiega Branca, “ha dato profondità scientifica e autorevolezza al progetto. L’Etna non è solo uno spettacolo naturale, ma un laboratorio a cielo aperto di fenomeni geologici che meritano di essere compresi e valorizzati anche attraverso l’arte contemporanea”.
Il progetto Etna Eternal Flame, avviato tra il 2023 e il 2024 sull’Etna Sud a quota 1980 metri, ha visto la partecipazione di quattro artisti di fama internazionale: lo scultore newyorkese Aleksandar Duravcevic, l’artista tedesco Johannes Pfeiffer, la pittrice siciliana Samantha Torrisi e la fotografa Oriana Tabacco, presidente di Basaltika e docente di Storia dell’Arte.
Le opere, installate nel teatro lavico dell’eruzione del 2001, hanno dialogato con il paesaggio vulcanico per oltre un anno, diventando un raro esempio di arte contemporanea su un vulcano attivo.
L’evento newyorkese, curato da Ysabel Pinyol Blasi della Monira Foundation e sostenuto dalla Fondazione Orestiadi di Gibellina, rappresenta la conclusione simbolica di questo percorso.
Durante l’incontro verrà presentato anche un video documentativo dell’intero progetto, introdotto da Oriana Tabacco, che sottolinea: “Il nostro intento era portare il vulcano oltre i suoi confini geografici, renderlo simbolo di rinascita, trasformazione e bellezza. L’arte è stato il mezzo, la scienza il fondamento”.
L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sui canali social ufficiali di Basaltika, consolidando l’obiettivo di diffusione internazionale del progetto.
Etna Eternal Flame è stato realizzato con il patrocinio del Parco dell’Etna, dell’INGV – OE, del Comune di Nicolosi e dell’Associazione Italiana di Vulcanologia (AIV).
Info: www.basaltika.it
Link utili:
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)
Associazione Italiana di Vulcanologia (AIV)
Con il titolo: l’installazione “Prometheus 2023” di Johannes Pfeiffer (foto dal web)
L'articolo La fiamma eterna dell’Etna giovedì 24 luglio si accenderà a Manhattan proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Erasmo Recami, grande scienziato. Amico della Sicilia e biografo di Majorana proviene da Il Vulcanico.
]]>“Caro Rosario, i tuoi interrogativi non sono affatto stupidi, bensì complicati. Erasmo”
Lo scienziato
E’ stato un fisico e accademico italiano di grande rilievo. Erasmo Recami ha insegnato fisica presso diverse università, tra cui Catania, Bergamo e Campinas (Brasile), dove è stato molto apprezzato dagli studenti. Dal 1992 fino al suo pensionamento ha insegnato all’Università degli Studi di Bergamo. Ha anche svolto insegnamenti specialistici presso il Centro Brasiliano Ricerche Fisiche di Rio de Janeiro e l’Università Statale di Campinas e la sua attività di ricerca è stata vasta e interdisciplinare, occupandosi di Relatività Speciale e Generale, con ricerche approfondite sui tachioni e moti superluminali, contribuendo alla fisica delle particelle elementari e nucleari. Le sue previsioni degli anni ’70 e primi anni ’80 sui tachioni e sui moti superluminali hanno avuto varie conferme teoriche e sperimentali. Ha condotto studi significativi nel campo della Meccanica Quantistica e ha applicato la matematica a diverse aree della fisica, sia alle Particelle Elementari che alla Fisica Nucleare. È stato associato alle ricerche dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) per le sezioni di Catania e Milano e ha svolto attività di ricerca presso numerose istituzioni estere, tra cui l’Università del Texas a Austin, l’Academy of Sciences of Kiev-Institute for Theoretical Physics, il Niels Bohr Institute all’Università di Copenhagen, l’Università di Oxford e l’Università della California a Santa Barbara.
Le passioni
Non solo appassionato rigoroso della fisica, ma anche un eccellente archeologo. Durante il periodo di docenza a Catania, si è dedicato anche a ricerche di paletnologia, pubblicando articoli su “Sicilia Archeologica” (Anno XVI – 1983), sul “Notiziario dell’Istituto italiano di preistoria e protostoria di Firenze” (Gennaio 1973), Natura Società Italiana di Scienze Naturali (Milano 1976), Natura Alpina (Trento – 1977), Rivista di Scienze Preistoriche (1976). E’ stato promotore per l’Istituzione del Parco Regionale dell’Etna insieme a nomi illustri come Salvatore Cocuzza Silvestri, Pietro Alicata, Marcello La Greca, Emilia Poli Marchese, Giuseppe Ronsisvalle, ecc. Nell’ ottobre del 1980 ricevette una lettera di ringraziamento da Lipari (ME), da parte di Luigi Bernabò Brea (che dal 1939 al 1941, dopo un brevissimo incarico presso l’Amministrazione delle antichità di Taranto, fu primo dirigente della Soprintendenza alle Antichità della Liguria, quindi della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale a Siracusa, dove rimase fino al 1973, anno del suo pensionamento), per le sue segnalazioni di ritrovamenti in Sicilia, come la statuetta di Tabana a Lentini del neolitico superiore. Grande amico di Vincenzo Tusa (noto archeologo) che andava spesso a trovarlo a casa per guardare la sua collezione temporanea, poi donata a vari musei dell’ isola. Erasmo scrisse
Il suo legame con Ettore Majorana
Tra i contributi più significativi, la biografia di Ettore Majorana: Erasmo Recami è ampiamente riconosciuto come il
biografo storico e scientifico del brillante fisico italiano scomparso misteriosamente nel 1938. Ha dedicato anni di ricerca a ricostruire la vicenda di Majorana, incontrando scienziati di tutto il mondo, raccogliendo testimonianze, scoprendo e pubblicando documenti inediti dall’archivio della famiglia Majorana. La sua opera più nota in questo campo è “Il caso Majorana: epistolario, documenti, testimonianze”, pubblicato per la prima volta nel 1987. Ha anche curato, assieme a Simone Esposito, l’opera “Ettore Majorana – Appunti Inediti di Fisica Teorica“.
Il divulgatore
Oltre alla ricerca scientifica, Recami si è dedicato all’alta divulgazione, scrivendo numerosi articoli su enciclopedie e riviste di informazione scientifica italiane e internazionali. Tra le sue opere e pubblicazioni più rilevanti, oltre a quelle su Majorana, si menzionano: “I tachioni“, in Scienza & Tecnica 7, “Classical tachions and possible applications“, La Rivista del Nuovo Cimento 9, 1986. “PUBBLICAZIONI DI E. RECAMI: UNA SELEZIONE. SELECTED PAPERS BY E.RECAMI” (2015). Nel 2000 ha ricevuto il Premio SIF per la Storia della Fisica. L’8 marzo 2019, il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella lo ha nominato “Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana“. Erasmo Recami è morto improvvisamente il 14 luglio 2021 a Campinas, in Brasile. La sua figura è stata quella di un fisico innovativo, un rigoroso storico della scienza e un appassionato divulgatore, capace di esplorare le grandi domande della fisica e di indagarne le figure più enigmatiche.
Memorie
Ho conosciuto personalmente Erasmo Recami in occasione di un incontro “Conoscersi per Conoscere” organizzato da STMicroelectronics azienda leader nella produzione di semiconduttori per cui lavoro da 30 anni, un seminario sulle frontiere della Fisica, e per questo ringrazio di cuore l’amico Carmelo Papa già Executive Vice President di ST, oggi in pensione, ma inarrestabile consulente di vita!
Rimasi affascinato nel vederlo utilizzare ancora appunti su lavagna per proiezione lucidi. Con lui si parlava di fisica, di astronomia, di archeologia e delle mie attività di ricerca sulle basse frequenze legate a fenomeni spaziali e al vulcano Etna (Erasmo fu un grande sostenitore e promotore presso tanti amici ricercatori, del progetto ERO Etna Radio Observatory). Grazie a lui ho conosciuto e visitato il sito archeologico alle sponde del fiume Simeto, conosciuto come Riparo Cassataro nel territorio di Centuripe (EN), documentato dalle foto qui.
Il riparo Cassataro si trova nella zona di Centuripe (Enna), sulla riva destra del fiume Simeto, a soli 2 km dalla necropoli stentinelliana di Fontanazza, sulla sponda opposta del fiume. La definizione di “riparo” è inesatta, forse più un luogo di culto. Sulla parete maggiore si possono distinguere numerose pitture, le uniche finora documentate della Sicilia orientale. Trovandosi praticamente all’aperto e a pochi metri da quella via naturale di comunicazione che era il Simeto, le pitture “dovevano essere accessibili a tutte le comunità sparse lungo il corso del fiume, e un loro punto di riferimento centrale” (G. Biondi, 2017). Nei pressi del sito sono stati osservati manufatti che vanno da una probabile industria paleolitica inferiore e neolitica, alla ceramica geometrica o impressa del primo o medio neolitico; da frammenti di materiale castellucciano del Bronzo antico al coccio greco, fino ad una fase tardo antica – bizantina (V-VII sec. d.C.). Questi ritrovamenti non fanno pensare ad una presenza umana stanziale, ma ad una frequentazione saltuaria. Possiamo ipotizzare che il sito, facilmente raggiungibile, sia stato utilizzato come luogo di culto dai gruppi e dalle comunità della piana di Catania e della zona ai piedi dell’Etna che, nel corso del Neolitico, si sono sedentarizzate lungo i principali corsi d’acqua, a causa dello svilupparsi delle pratiche di agricoltura e allevamento.
Ricordi
Mi piace ricordare alcune email scambiate con lui in cui spesso lamentava condizioni di salute e i suoi continui ricoveri, ma era un modo per rimanere in contatto, motivo di distrazione da altre problematiche. Durante il periodo del Covid-19 abbiamo anche iniziato lo scambio di messaggi su whatsapp, che conservo con cura (l’ultimo ricevuto il 3 luglio 2021), pochissimi giorni prima della sua morte, che ho appreso successivamente con grande dispiacere
_______________
E-mail da me invitata il 15.09.2017
Caro Erasmo, una domanda stupida..
Secondo te, se riuscissimo ad osservare l’ Universo al di sotto del tempo di Planck, potremmo vederlo completamente diverso?
Perché dopo questo, che rappresenta il limite della fisica moderna, la materia si genera e si organizza come già conosciamo. Buona guarigione.
Con affetto. Rosario
la sua risposta….
“Caro Rosario, i tuoi interrogativi non sono affatto stupidi, bensì complicati”
Solo due righe, perché devono ri-ricoverarmi per complicanze del mio intervento al cuore…
Non è neanche certo che ci sia stato il (o solo un) big-bang; come sai ci sono le teorie della creazione continua. Io amo pensare a un big bang solo perchè l’idea l’abbiamo succhiata col latte materno. Infatti Posidonio già scriveva: «La materia ha una coesione che la tiene insieme e contro la quale il vuoto circostante è impotente. In verità il mondo materiale si conserva mediante una forza immensa, ed alternativamente si contrae e si espande nel vuoto seguendo le proprie trasmutazioni fisiche, ora consumato dal fuoco, ora invece dando nuovamente inizio alla creazione del cosmo ». Né è davvero sicuro che si sappia come siano andate le cose in tempi successivi… Inoltre, le teorie –quando si avvicinano a singolarità – perdono di significato. Se hai idee circa il tuo quesito, illuminami. Io ci penserò (a mezzodì dovrei ri-ricoverarmi –non sto bene– e credo sarò così matto da rinviare solo perché dovrei tenere una conferenza (con poca voce). Yuo Erasmo
P.S.: convey also my regards, please, to Dr. Carmelo Papa
___________________
MAIL RICEVUTA IL 07.08.2019
Caro Ing. Catania e carissimo Rosario,
molte grazie! Interessante…!! La valle dell’ Alcantara odora di preistoria…
Io sono in Brasile, e lo sarò anche in Autunno. Tra le altre cose, anche noi si individuò un possibile dolmen, la cui foto sta però in un articoletto che ora non ritrovo. Mi viene la tentazione –se già non lo feci– di mandarti i tre main-files ove raccolsi la maggior parte dei miei risultati di preistorico dilettante. Comunque il nostro riparo sotto roccia (Riparo Cassataro nda), con pitture neolitiche in ocra, richiamò Paolo Graziosi da Firenze; mentre altre nostre scoperte –una di esse riempì una vetrina all’entrata del Museo di Siracusa (anche senza citarci…) furono lodate da Bernabò Brea [come un idoletto del neolitico superiore] che programmava di parlarne nella seconda edizione del suo libro: edizione che purtroppo non fece a tempo a realizzare. Passando al paleolitico superiore, alcune stazioni furono studiate dalla Mara Guerri, allieva di Graziosi, la quale –venendo pure da Firenze– passò molto tempo con noi in Sicilia. Molte cose le lasciammo al Museo di Adrano. Per i manufatti (selci et al.) scheggiati, la sorte fu’ più incerta. Quando io scoprii il paleolitico inferiore nella Sicilia orientale, non potendo permettermi di annunciarlo da solo [quale dilettante…!], lo portai per lo studio all’IIPP di Firenze, e lì restò as far as we know (ma fu pubblicato bene dall’Anna Revedin…). Infine, una nuova stazione alla quale tenevo molto [la Valle Battaglietta, sopra Valle Battaglia, Madonie, a 1700 m slm] finì male, ed è ancora una spina per me. La mia segnalazione per il notiziario della Riv Sc. Preist. arrivò a Firenze quando Paolo Graziosi stava morendo, e si perse. PERSI PURE L’UNICA COPIA CHE AVEVO DI TALE SEGNALAZIONE… e non fui più in grado di ricostruire i dati essenziali perché rinvenni solo la metà delle pietre scheggiate relative… Stavo infatti lasciando Catania per il Brasile e poi Bergamo. Mentre scrivo mi tornano in mente perdite per la Fisica;… E’ meglio che interrompa i ricordi!
Un pensiero in occasione del quarto anniversario dalla sua morte
Erasmo sarai sempre nei miei ricordi, un pezzo importante della mia conoscenza sui misteri della vita, promotore della mia voglia di esplorazione nell’archeologia siciliana, un grande scienziato e pure un bravissimo fotografo. Grazie per quello che mi hai insegnato e per avermi raccontato della tua vita. Buon riposo Erasmo
Bibliografia
Con il titolo: Erasmo Recami ed Ettore Majorana (grafica di Rosario Catania)
L'articolo Erasmo Recami, grande scienziato. Amico della Sicilia e biografo di Majorana proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Etna, cosa pensi di noi umani? Lo sapremo al Festival Vulcani 2025, dal 27 al 29 giugno a Trecastagni, alla scoperta di terre indimenticabili proviene da Il Vulcanico.
]]>Siamo arrivati alla terza edizione continuando a seguire la stessa ispirazione: donare all’Etna un Festival che racconti il mondo dei vulcani. Siamo gli unici in Italia ad avere inventato una manifestazione con questo filo conduttore. E del resto dove farla se non sull’Etna, su uno dei vulcani più attivi al mondo?
Quest’anno proviamo a comunicare agli spettatori che ci troviamo di fronte a “terre indimenticabili”, che per altre ragioni abbiamo già definito “in movimento”, ma anche “straordinarie”. Chi è ammaliato da crateri e colate sa di cosa stiamo parlando. Per la terza edizione del Festival Vulcani – organizzato dalla Fondazione Trecastagni Patrimonio dell’Etna, presieduta da Giovanni Barbagallo dal 27 al 29 giugno a Trecastagni– abbiamo provato a immaginare anche una intervista all’Etna, per dare la parola alla sua anima femminile e chiederle cosa ne pensa di noi umani che ne abitiamo le pendici, delle nostre ossessioni e delle nostre paure.
Ci saranno, ovviamente, nel corso della manifestazione momenti di alta divulgazione scientifica curati da INGV (il suo direttore Stefano Branca insieme al professor Luigi Ingaliso presenteranno una nuova e lussuosa edizione di una storica opera di Sartorius Von Walterhausen, mentre Eugenio Privitera spiegherà i sistemi di allertamento precoce di Etna e Stromboli), da parte sua Marco Viccaro, docente universitario e presidente dell’Associazione Italiana di Vulcanologia, coordinerà per la prima volta un corso di introduzione al vulcanismo che si terrà nella sede della Fondazione organizzatrice, rivolto innanzitutto ai giovani.
Come di consueto, verrà aperta una finestra sul mondo degli “altri” territori segnati dalla lava. Quest’anno sarà la volta di Pantelleria, che verrà raccontata da Antonietta Valenza, Francesco Ciancitto e da Marco Marcialis, wine ambassador di Cantine Nicosia. Del resto, sono molteplici le strategie di avvicinamento ai “camini della Terra”. Ognuno può scoprire una chiave per scoprirne originalità e caratteri distintivi. Maria Teresa Moscato indagherà ad esempio le tematiche del mito, che da sempre ha avuto un riferimento privilegiato con i luoghi “infernali”. Daniele Musumeci offrirà le sue competenze di biografo di Alfred Rittmann, uno dei più grandi vulcanologi del Novecento di origine svizzera, ma venuto a morire in Sicilia, dopo avervi lungamente abitato. Rosario Fichera, giornalista e divulgatore, racconterà il suo viaggio a piedi e in bicicletta dalle Dolomiti all’Etna in nome dell’inclusione, unendo due siti Unesco e due luoghi fondamentali della sua vita.
Siamo convinti che ancora una volta le terre vulcaniche non mancheranno di stupire. Il programma del Festival Vulcani 2025 si rivolge innanzitutto a chi abita sull’Etna, per aiutare gli etnei ad avere consapevolezza delle caratteristiche naturali e antropologiche di questa parte di universo, ma intende ovviamente rivolgersi anche ai turisti desiderosi di scoprire la vera essenza del luogo che vengono a visitare. Nei tre giorni della manifestazione, quest’anno ospitata nell’elegante centro storico di Trecastagni, ci sarà spazio anche per citare Franco Battiato, nella proposta della brava Rita Botto. Solo qualche brano per richiamare il suo modo di abitare il vulcano, la speciale sensibilità verso la terrà da cui Battiato partì e dove poi decise di ritornare.
*Direttore Festival Vulcani
Con il titolo: eruzione dal cratere di Sud Est, 19 giugno 2025 (la bellissima foto di Giovinsky Aetnensis)
L'articolo Etna, cosa pensi di noi umani? Lo sapremo al Festival Vulcani 2025, dal 27 al 29 giugno a Trecastagni, alla scoperta di terre indimenticabili proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo “Sotto le foglie”, quand vient l’automne, nessuno dice mai tutta la verità proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo “Sotto le foglie”, quand vient l’automne, nessuno dice mai tutta la verità proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Here, qui e ora. Casa, dolce casa proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Here, qui e ora. Casa, dolce casa proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Il Conclave dei peccatori proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Il Conclave dei peccatori proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo L’Etna nel ‘700: il canonico puntese Giuseppe Recupero proviene da Il Vulcanico.
]]>Introduzione
Molti furono gli studiosi che già nel XVIII secolo si occuparono di scienze naturali, lasciando a testimonianza del loro lavoro delle opere che sotto certi aspetti sono ancora oggi interessanti. Il monumento naturale più importante della Sicilia è il vulcano Etna e non raramente il termine Etna è sinonimo della Sicilia e dei siciliani, con numerosi miti e leggende. Da Efesto fabbro, dio del fuoco, delle fucine, dell’ingegneria, della scultura e della metallurgia, che con l’aiuto dei Ciclopi, forgiava le armi per dei ed eroi, ai Normanni convinti che Re Artù dimorasse proprio all’interno del vulcano. Ma oggi, l’Etna è un laboratorio naturale, Patrimonio dell’ umanità, da cui estrarre una quantità enorme di informazioni multidisciplinari e di cui raccontarne miti e leggende. Una di queste discipline è la Vulcanologia, quella branca della Geologia che studia i vulcani, nei suoi processi, nella morfologia, e nelle eruzioni, con i suoi prodotti e i suoi rischi.
Un padre della Vulcanologia, Giuseppe Recupero
Uno dei padri di questo importante e fondamentale ramo del sapere è stato il siciliano Giuseppe Recupero, di nobili origini, nato a San Giovanni la Punta (oggi Comune della città metropolitana di Catania) nel Regno di Sicilia il 19 aprile 1720. Fratello di Giacinto, magistrato a Catania, e Gaspare, giureconsulto, diversamente da quanto riportato nella Biografia universale (1828, pp. 168 s.), compilata in Francia, fu zio, e non fratello, di Alessandro, barone di Aliminusa, noto numismatico e antiquario, di cui Giuseppe, sopraggiunta la morte del padre Giacinto, divenne precettore. Ordinato sacerdote, monsignor Salvatore Ventimiglia lo volle canonico nella cattedrale di S. Agata a Catania. Si dedicò inizialmente agli studi ecclesiastici, occupandosi altresì di numismatica, antiquaria e diplomazia. Le ricerche compiute lo condussero alla stesura di un Trattato di istituzioni canoniche, in latino, una Vita di Sant’Agata e un breve saggio sull’obelisco egizio della fontana dell’Elefante, realizzata poco prima da Giovanni Battista Vaccarini e collocata in piazza Duomo a Catania. I tre manoscritti giovanili restarono tuttavia inediti, e il suo incontro con la geologia e la vulcanologia fu puramente casuale. L’abate Vito Maria Amico (un altro importante storico siciliano) era stato incaricato di analizzare alcune colate di fango (lahar) che interessavano il monte Etna nel 1755, ma le sue cattive condizioni di salute lo costrinsero a delegare proprio Giuseppe Recupero.
E così nell’aprile del 1755 intraprese diverse ascensioni sull’Etna, esplorando a più riprese la Valle del Bove e i luoghi interessati dalle colate di fango. La dettagliata relazione che ne emerse fu letta alla Patria Accademia degli Etnei e quindi pubblicata quello stesso anno (Discorso storico sopra l’acque vomitate da Mongibello e i suoi ultimi fuochi avvenuti nel mese di marzo del corrente anno MDCCLV, Catania 1755). Le successive e numerose esplorazioni dell’Etna, oltre a consentire una descrizione più accurata e sistematica delle formazioni vulcaniche, orientarono definitivamente gli interessi del Recupero verso le scienze della Terra e in particolare verso lo studio del vulcanesimo. Lo scritto sulle colate del Mongibello, tradotto in diverse lingue, godette di grande interesse anche presso la comunità dei naturalisti europei, accrescendo così la notorietà del canonico. L’eco che ricevette la memoria del 1755 e l’attività di corrispondenza epistolare iniziata con numerosi “savants” (fr. scienziato, studioso) e letterati europei, fecero di Recupero un punto di riferimento indiscusso per lo studio e l’osservazione dell’Etna. Divenne così consigliere e guida nelle esplorazioni etnee di diversi scienziati e intellettuali viaggiatori settecenteschi (tra cui personalità di spicco come Patrick Brydone, Johann Hermann von Riedesel, l’abate parigino Jean-Claude Richard de Saint-Non, l’incisore e architetto francese Jean-Pierre Louis Laurent Houël e soprattutto William Hamilton, padre nobile della Vulcanologia).
L’esperienza che negli anni maturò nello studio dei fenomeni magmatici lo portò al progetto più importante della sua vita, la stesura della Storia naturale e generale dell’Etna. Lo scritto, in due volumi, fu l’esito di un’accurata ricerca bibliografica di fonti storiche, e di minuziosa indagine sul campo, con esplorazioni del complesso etneo, per oltre vent’anni. L’opera non solo conteneva una descrizione sistematica delle caratteristiche geologiche, mineralogiche e naturalistiche del vulcano (litologia, stratigrafia, mineralogia, flora, fauna e idrologia), con accurata cronologia delle eruzioni in tempi storici, ma anche una dettagliata Carta oryctographica di Mongibello. Giuseppe Recupero, a livello europeo, era ormai un’autorità indiscussa. Fu anche segretario dell’Accademia de’ pastori etnei, socio de’ Colombari di Firenze e membro dell’Accademia degli Antiquari di Londra, ottenne anche la Cattedra di Storia Naturale presso la Regia Università di Catania, ruolo che però non ricoprì mai a causa della morte prematura, avvenuta a Catania il 4 agosto 1778 all’età di 58 anni. L’opera, pressoché ultimata nel 1770, restò tuttavia inedita fino al 1815, quando, per volontà del nipote Agatino Recupero, che ne curò introduzione, aggiornamenti e annotazioni, fu pubblicata postuma (includendo l’attività eruttiva dell’ Etna dell’ottobre del 1811).
Nel primo volume è possibile trovare un interessante paragrafo che tratta anche della Contea di Adernò, entità feudale esistita in Sicilia dal XIV al XIX secolo, creata in epoca aragonese, una delle più antiche contee della parte orientale dell’isola.), di cui vengono descritte alcune sorgenti e le famose cascate del fiume Simeto, oggi non più esistenti. In queste cascate, a detta dell’autore, in mezzo alla miriade di goccioline formatesi nella caduta delle acque da cento palmi di altezza (circa 25 metri, si può immaginarne la magnificenza) si formavano delle “iridi”, ovvero la scomposizione della luce nei colori dell’arcobaleno. In una delle stampe che corredano l’opera del Recupero, viene presentata inoltre una veduta dell’Etna dal lato occidentale, in cui è illustrata l’eruzione del 1787 che interessò soprattutto le parti sommitali del vulcano. Nella stessa illustrazione è possibile scorgere, nella parte inferiore, una veduta sintetica della città di Adernò vista dal lato sud-occidentale. La Contea di Adernò comprendeva i territori degli attuali comuni di Adrano e Biancavilla, in provincia di Catania, e di Centuripe, in provincia di Enna.
San Giovanni La Punta città natale del Recupero
San Giovanni La Punta o meglio San Giovanni del Bosco come ci viene tramandato, dato che non esiste un archivio storico, cambiò l’antica denominazione con l’attuale, in seguito ad una eruzione dell’Etna. Pare che a causa della colata lavica che fuoriusciva dai monti Trigona e che minacciava di distruggere la borgata esistente, gli abitanti del luogo invocarono l’aiuto del patrono San Giovanni Evangelista affinché la lava risparmiasse l’abitato. Il magma si fermò, deviando verso est, e formò una “punta” più avanzata di lava, da qui il cambio del nome in San Giovanni La Punta. Scriveva il vulcanologo Giuseppe Recupero, illustre cittadino puntese nel suo volume “Storia generale dell’Etna” che le timpe della Catira, ottime per la coltivazione del frumento, orzo, lino, alberi da frutta e per i pascoli, sono in realtà un aggregato di vecchie lave, sabbia, rena, ghiaia terra dell’Etna ed argilla. Notò anche che assieme all’argilla vi era uno strato di conchiglie diverse, esortando i maestri mattonieri del luogo a non usare l’argilla in questione per non ottenere tegole imperfette a causa di frammenti fossili. Si deduce che in origine il mare lambiva questa zona e che successivamente le lave dell’Etna, o altri fenomeni naturali, hanno fatto ritirare il mare allo stato attuale, tesi rafforzata da scavi compiuti che hanno portato alla luce proprio tracce di catene di attracco per naviglio. San Giovanni La Punta fino a qualche decennio addietro era un piccolo centro collinare dedito alla viticoltura e per il suo clima temperato sede ambita di villeggiatura. San Giovanni La Punta ha dato i natali a vari personaggi illustri tra cui il già citato Giuseppe Recupero, insigne vulcanologo al quale i suoi concittadini hanno dedicato una piazza ed un busto marmoreo. I suoi due volumi “Storia naturale e generale dell’Etna” sono stati ripubblicati nel 1983.
Altri riconoscimenti
Al Recupero sono stati assegnati, seppur temporaneamente i coni dell’eruzione del 1910. All’origine degli oronimi dell’Etna vi sono le radici del popolo etneo, ricche di storia e di semplice cultura e saggezza contadina, che è bene recuperare al più presto, prima che la foschia dell’oblio li cancelli definitivamente. Molti crateri oggi non esistono più come, ad esempio, i monti Riccò, chiamati anche Monti Recupero, formatisi durante l’eruzione del 1910.
Si ringrazia l’amico Santo Scalia per il prezioso contributo
Con il titolo: Monte Recupero dopo l’eruzione etnea del 1910, Ponte, Gaetano (1876/ 1955), INGV-CT. Particolare di una bocca eruttiva denominata M.te Recupero. Archivio Fotografico Toscano AFT, Fondo Gaetano Ponte
Bibliografia
Giuseppe Recupero – adranoantologia
Storia naturale e generale dell’Etna del canonico Giuseppe Recupero … – Google Books
Facebook Storia del Regno di Sicilia
Varj componimenti della Accademia degli Etnei per la morte di Ignazio … – Google Books
Accademia degli Etnei – Google Search
RECUPERO, Giuseppe – Enciclopedia – Treccani
Etna, la “strepitosissima” eruzione d’acqua del 1755 – Il Vulcanico
ETH-Bibliothek / Storia naturale e generale… [1
Evoluzione geologica del Monte Etna
Oronimi Etnei – Il nome dei crateri dell’Etna
L'articolo L’Etna nel ‘700: il canonico puntese Giuseppe Recupero proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Parthenope, che viene dal mare e prende a morsi la vita proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Parthenope, che viene dal mare e prende a morsi la vita proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Iddu, il super boss che fece la vita du surciu in mezzo a tanti ominicchi proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Iddu, il super boss che fece la vita du surciu in mezzo a tanti ominicchi proviene da Il Vulcanico.
]]>L'articolo Nei panni di Cianuzzu, il primo vero pentito di mafia. Also in English proviene da Il Vulcanico.
]]>“Il giudice e il boss”: stasera a Palermo è in programma al cinema Rouge et Noir (ore 20,30) l’anteprima nazionale dell’atteso film di Pasquale Scimeca, girato in gran parte sulle Madonie. Il film racconta la lotta a Cosa Nostra del giudice Cesare Terranova, assassinato il 25 settembre 1979, quarantacinque anni fa. Per Marco Gambino, bravissimo attore palermitano trapiantato a Londra e mio caro cugino, un altro ruolo importante e di grande interesse: quello di Luciano Cianuzzu Raia, il primo vero pentito di mafia. Ecco, per i lettori del Vulcanico, la sua breve, ma intensa testimonianza (Gaetano Perricone)
di Marco Gambino
Nel 1969 si tenne a Bari il primo processo di mafia. Non sono in molti a ricordarsi di quella che fu la tappa miliare dell’operato di un giudice indomito: Cesare Terranova. Alla sbarra erano presenti ben 64 imputati fra cui i temutissimi Luciano Leggio più noto come Liggio, Salvatore Riina, Calogero Bagarella, Bernardo Provenzano.
Quella volta la mafia vinse. I sanguinari furono assolti con una sentenza bomba che suscitò infinite polemiche. Ma Terranova non si arrese continuando la sua lotta alla mafia fino al fatidico 25 Settembre 1979, quarantacinque anni fa quando lui ed il suo fidato Lenin Mancuso vennero barbaramente trucidati a Palermo.
Pasquale Scimeca, nel suo film Il Giudice e il boss, ha scelto di raccontare la prima parte della vita di Terranova, quella meno conosciuta, illuminata dalla sua scelta coraggiosa di trasferirsi a Corleone. Lui voleva conoscere da vicino la mafia, in anni in cui se ne negava l’esistenza, voleva provare ad affrontarla vis a vis , in quello che fino ad allora era stato il suo incontrastato territorio.
Cianuzzu Raia é l’autista di Riina, Provenzano e Bagarella, testimone eccellente di vendette e omicidi. Cianuzzu un giorno, braccato dalla sua stessa vita, decide di confessare tutto al giudice Terranova e gli promette che al processo parlerà, dirà nomi e cognomi sfidando lo sguardo letale di Leggio che non lo mollerà un secondo. Cosi su di lui, primo pentito di mafia, si accendono i riflettori. Da uomo assoldato al potere mafioso, custode di nomi e trame inconfessabili, Raia diventa l’attesissima star del processo di Bari. Interpretare lo stato d’animo di un uomo tormentato, padre di famiglia, gregario di criminali, e pentito (forse) suo malgrado, è stato per me meraviglioso e complesso. Non capita spesso che un ruolo ti scuota fino alle midolla. Quando succede vuol dire che è tuo e che per quella volta sei un attore “insostituibile”.
BEING CIANUZZU RAIA, THE FIRST MAFIA REPENTANT
L'articolo Nei panni di Cianuzzu, il primo vero pentito di mafia. Also in English proviene da Il Vulcanico.
]]>