Cultura Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/cultura/ Il Blog di Gaetano Perricone Mon, 01 Dec 2025 09:17:53 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.9 Muori, Amore mio. Quell’ossessione fatale https://ilvulcanico.it/muori-amore-mio-quellossessione-fatale/ Mon, 01 Dec 2025 09:17:53 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=26026 di Antonella De Francesco Il film Die my love, della regista Lynne Ramsay, tratto dal romanzo di Ariana Harwicz e prodotto da Martin Scorsese è un pugno allo stomaco dall’inizio alla fine, un viaggio nella mente di una giovane donna che ha appena partorito. Un film di poche parole dove il messaggio arriva per immagini […]

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di Antonella De Francesco
Il film Die my love, della regista Lynne Ramsay, tratto dal romanzo di Ariana Harwicz e prodotto da Martin Scorsese è un pugno allo stomaco dall’inizio alla fine, un viaggio nella mente di una giovane donna che ha appena partorito. Un film di poche parole dove il messaggio arriva per immagini e non lascia spazio a fraintendimenti.
Il corpo di Jennifer Lawrence nei panni di Grace, giustamente candidata all’ Oscar come miglior attrice protagonista, ci mette di fronte all’inferno che può scatenarsi nella mente di una donna dopo il parto quando la “madre” e la “femmina” (concedetemi questo termine ), si trovano a convivere, quando quell’essere a cui devi tutte le premure e le attenzioni e al quale sei inesorabilmente legata per sempre, ti prende ogni linfa vitale, ti toglie il sonno e ti relega all’unico ruolo di cui ha bisogno, ma che a te non basta. Il suo pianto c’è sempre nella mente di una madre, anche quando non c’è, sarà capitato anche a voi di alzarvi nel cuore della notte per controllare se il bimbo piange, ma Grace ne è ossessionata. Ogni giorno l’accudimento fatto di routine e pochi gesti estenuanti e senza fine scavano nella sua mente un baratro che l’allontana progressivamente e inesorabilmente dal mondo esterno e dagli altri affetti.
Che ne è stato della donna sensuale a cui il marito non poteva resistere e perché lui torna sic et simpliciter alla vita di prima, fatta di lavoro e di rapporti sociali, mentre lei resta con quel minuscolo esserino tra le braccia, lontana da tutti e invisibile ai più? È un declino graduale ma irreversibile in un abisso di emozioni, allucinazioni, simboli e sogni che lo spettatore non sa mai se immaginari o reali, mentre guarda lo schermo in un crescendo di tensione emotiva e di pena, ecco che arriva lo schianto di Grace (metaforico e reale) da qualche parte, su uno specchio o contro un vetro. Grace sta male e non sa esprimerlo se non attraverso le sue folli azioni e la sua aggressività verbale che si placano solo con il suo bambino. A lui resta sottomessa, da lui è vinta, lui che è tutto il suo mondo, ma un mondo che non le basta più e dal quale non può scappare.
Il film parla anche di solidarietà femminile perché la suocera Pam, magistralmente interpretata da Sissy Spacek, le è vicina. Lei, anziana , segnata dalla vita e dalla morte del marito (Nick Nolte) è la prima a carpire il suo malessere, lo riconosce, ci è già passata, avvisa il figlio, Jackson (Robert Pattinson) , lo mette in guardia, cerca di dare una mano se non fosse che Grace rifiuta ogni collaborazione, allontana chi le tende la mano, prova sdegno per tutto ciò che è “normale” perché per lei semplicemente non è così .
Il film si distingue per una regia cruda e mai melensa che alterna sapientemente riprese in ambienti claustrofobici, che sembrano chiudersi addosso a Grace, a distese boschive senza confini, quasi da western, dove il senso di smarrimento e solitudine si fa ancora più profondo. Questi contrasti visivi riflettono lo stato d’animo della protagonista: la casa diventa prigione, mentre la natura sconfinata non offre comunque vie di fuga, ma ne amplifica il senso di isolamento. Gli occhi di Grace, che diventano il filo conduttore emotivo del film, sono una costante richiesta di aiuto a tutti noi e riportano l’attenzione su un tema troppo spesso sottovalutato, soprattutto dal mondo maschile: la sofferenza psicologica delle madri nel periodo post-partum.
Per pochi/e e selezionati, da vedere.
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di Gaetano Perricone
Ci sono anch’io, stavolta. Ho avuto, per la prima volta, il grande piacere e l’esperienza interessantissima di vedere questo film così difficile, impegnativo, duro,  insieme all’autrice di questa ancora una volta straordinaria recensione. Riesco ad apprezzarne ancora di più il valore proprio perché i miei occhi erano accanto ai suoi nel guardare immagini che dicono tutto, sentire poche parole quasi sempre dolorosissime, pensare e giudicare quello che vedevamo. E non ho alcuna difficoltà, da giornalista di vecchio mestiere, a confermare un’opinione già espressa: Antonella De Francesco è un eccellente critico cinematografico, lo scrivo al maschile perché non riesco a fare diversamente.
Sui contenuti di Die, my love ho ben poco da aggiungere. Non solo perché Antonella ha detto e scritto tutto con analisi perfetta e chiarissima, anche di fronte a un film per niente facile, pieno di complessità e aspetti psicologici, psicanalitici, psichiatrici diversi. Non sono proprio in grado di aggiungere altro perché non essendo mai stato padre, non ho mai fatto l’esperienza diretta di stare accanto a una madre che abbia attraversato le problematiche post parto che, nel film, dilaniano tragicamente la vita di Grace. Dopo il film, Antonella De Francesco commentava, ragionevolmente, che è una storia soprattutto per donne. Ma è altrettanto vero che un uomo giovane e non solo che guarda in Die, my love cosa può accadere, in modo estremo nel caso di Grace ma drammaticamente possibile, dopo che la mamma di suo figlio lo ha messo al mondo, può riflettere profondamente e perfino attrezzarsi a una più forte e solidale vicinanza. Oppure, finisco con una provocazione semplicistica e brutale da uomo mai padre, pensarci cento volte prima di mettere su famiglia …

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L’eleganza dell’Etna, presenza viva e mutevole, negli scatti di Massimo Siragusa https://ilvulcanico.it/leleganza-delletna-presenza-viva-e-mutevole-negli-scatti-di-massimo-siragusa/ Sat, 29 Nov 2025 07:16:49 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25996 FONTE: comunicato stampa Con ETNA, il fotografo Massimo Siragusa firma un’opera edita da Cavallotto edizioni, che rompe gli schemi della narrazione visiva tradizionale e restituisce al lettore l’immagine autentica di un vulcano vivo, imprevedibile e in continua trasformazione. Il libro, con testi in italiano e in inglese, è appena arrivato in libreria ed è un […]

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Eroi civili nel silenzio, in camera di consiglio. La verità, oltre ogni ragionevole dubbio https://ilvulcanico.it/eroi-civili-nel-silenzio-in-camera-di-consiglio-la-verita-oltre-ogni-ragionevole-dubbio/ Sat, 22 Nov 2025 13:51:35 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25987 di Antonella De Francesco Sembra quasi una pièce teatrale per l’ambientazione chiusa e i dialoghi serrati, il film La camera di consiglio, della regista Fiorella Infascelli, che racconta come due magistrati onesti, differenti ma determinati e otto giurati volontari, segregati per più di un mese in un appartamento all’interno del carcere Ucciardone, riscrissero la storia […]

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di Antonella De Francesco
Sembra quasi una pièce teatrale per l’ambientazione chiusa e i dialoghi serrati, il film La camera di consiglio, della regista Fiorella Infascelli, che racconta come due magistrati onesti, differenti ma determinati e otto giurati volontari, segregati per più di un mese in un appartamento all’interno del carcere Ucciardone, riscrissero la storia d’Italia, sancendo definitivamente e irreversibilmente l’esistenza della mafia e pronunciandosi con una sentenza epocale contro gli oltre 400 imputati del Maxi Processo.
Si tratta di un film dal profondo valore civile, quasi indispensabile per una società spesso incline a dimenticare il proprio passato, aspetto che diventa ancora più rilevante in un momento storico in cui il ruolo della magistratura viene frequentemente messo in discussione, perfino dalle stesse istituzioni.
L’opera di Fiorella Infascelli, con il contributo di Francesco La Licata in qualità di consulente storico, con il suo approccio onesto e misurato, rappresenta un monito e un invito a riflettere sull’importanza della memoria e della giustizia. Il film si caratterizza per la delicatezza con cui tratteggia i personaggi, sia i giurati che i due magistrati protagonisti, Alfonso Giordano (interpretato da Sergio Rubini) e Pietro Grasso (interpretato da Massimo Popolizio), che, pur diversi per carattere, visione e strategie, condividono un unico obiettivo: perseguire la giustizia, arrivando a condanne giuste e, dove necessario, alle dovute assoluzioni.
Nel corso della vicenda, il principio del “ragionevole dubbio” viene costantemente riaffermato da Alfonso Giordano, per voce di Sergio Rubini, che con consapevolezza e responsabilità lo ricorda a sé stesso e agli altri giurati, persino ridimensionando il peso delle confessioni dei pentiti, laddove non supportate da prove certe. Ritratti nella solitudine di quei giorni, separati dal resto del mondo, immersi in un’atmosfera quasi sospesa, che la regista restituisce con una scenografia essenziale a sottolineare la condizione di chiusura e concentrazione assoluta a cui erano sottoposti, con i pochi oggetti personali (unici strumenti per non perdere il senso di sé e per ricordare la propria storia e il proprio percorso umano) loro sono i primi “eroi”, ben prima delle stragi e del clamore mediatico dell’antimafia che avrebbe investito l’Italia. Sono stati loro, nella solitudine forzata e nel silenzio di quelle stanze, a scrivere una delle pagine più importanti della storia civile del nostro Paese, affrontando le paure, le fragilità e i dubbi che inevitabilmente accompagnano ogni decisione di grande portata.
In quel piccolo corteo finale che si dirige verso l’aula per esporre la sentenza, in quei visi fieri dei giurati con indosso la fascia tricolore, in quelle toghe indossate con onore, dovremmo riconoscerci tutti noi Italiani onesti per rinnovare quotidianamente il nostro senso di appartenenza e il rispetto verso la giustizia. La camera di consiglio, dunque, non si limita ad essere un semplice racconto di giustizia e di memoria ma, attraverso la narrazione delle vicende di quei magistrati e dei giurati, si fa portavoce della responsabilità collettiva di noi spettatori e cittadini, ricordandoci che la giustizia non appartiene soltanto a chi amministra la legge, ma a ogni individuo che, nella quotidianità, sceglie di schierarsi dalla parte dell’onestà e della verità.

 

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Siamo tutti prigionieri, tutti. Basta “Un semplice incidente” https://ilvulcanico.it/siamo-tutti-prigionieri-tutti-basta-un-semplice-incidente/ Mon, 10 Nov 2025 07:50:36 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25975 di Antonella De Francesco Un semplice incidente, l’ultima fatica del regista iraniano Jafar Panahi, insignito della Palma d’oro al festival di Cannes, è un capolavoro. È un coltello che ti entra dentro e che ti fa sentire tutta l’angoscia della prigionia, l’ingiustizia e la spietatezza del regime che cambia per sempre la vita della gente […]

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di Antonella De Francesco

Un semplice incidente, l’ultima fatica del regista iraniano Jafar Panahi, insignito della Palma d’oro al festival di Cannes, è un capolavoro.

È un coltello che ti entra dentro e che ti fa sentire tutta l’angoscia della prigionia, l’ingiustizia e la spietatezza del regime che cambia per sempre la vita della gente e lo fa con una semplicità disarmante, partendo da un evento assolutamente banale. In quel momento iniziale in cui la telecamera inquadra il protagonista, Vahid, mentre guida la sua auto nell’oscurità, la vittima è un cane investito che resta fuori dall’inquadratura  Si avverte lo schianto ma non si vede la vittima. È solo un povero cane … Ricordatevi di questo buio e di questo fuori campo nel finale, perché lì resterà fuori dalla vostra vista il carnefice, anche se ne sentirete la presenza e ne riconoscerete l’identità senza vederlo.

È questo il miracolo che compie Pahani alla fine della sua pellicola: di averci reso tutti prigionieri, capaci di riconoscere il nostro aguzzino anche senza vederlo! Il film si basa proprio sulla paura che resta in chi ha subito la prigionia: una paura legata al buio delle bende sugli occhi, al rumore dei passi dei carcerieri, alle voci, alle umiliazioni e alle torture rimaste senza volto, ma indelebili e nitide nella memoria di chi le ha subite. È un film sul senso di vendetta, sul perdono e sulla pietà e su come ciascuno di noi sviluppi nella vita la sua personale capacità di provarle, oppure no. È a tratti anche una commedia grottesca che ci conduce con il sorriso nella quotidianità di un paese in cui regna la corruzione e nell’orrore che si compie tutti i giorni. E sul finale è un grido disperato perché venga fermata questa spirale di violenza che si perpetra da troppo tempo e non solo in Iran.

Jafar Panahi con la Palma d’Oro a Cannes

Jafar Panahi potrebbe essere definito geniale se non fosse che quello che racconta è reale e non si è inventato nulla. Qui non si tratta di una trovata cinematografica, né di un brutto sogno che possiamo lasciarci alle spalle, perché i carcerieri del regime esistono davvero e i prigionieri pure. Panahi lo sa bene e dopo questo film, anche i più distratti tra noi non possono ignorarlo. Da vedere assolutamente

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Una battaglia dopo l’altra, dei diritti contro il potere che prevarica https://ilvulcanico.it/una-battaglia-dopo-laltra-dei-diritti-contro-il-potere-che-prevarica/ Sun, 05 Oct 2025 09:33:22 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25901 di Antonella De Francesco Un film che non si dimentica l’ultima fatica di Paul Thomas Anderson, che per la verità ha fatto tutti capolavori indimenticabili ( Il filo nascosto, Magnolia, Il petroliere, solo per citarne alcuni). Una battaglia dopo l’altra, tratto dal romanzo Vineland di Thomas Pynchon, è una magnifica allucinazione collettiva sulle rivoluzioni che […]

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di Antonella De Francesco
Un film che non si dimentica l’ultima fatica di Paul Thomas Anderson, che per la verità ha fatto tutti capolavori indimenticabili ( Il filo nascosto, Magnolia, Il petroliere, solo per citarne alcuni). Una battaglia dopo l’altra, tratto dal romanzo Vineland di Thomas Pynchon, è una magnifica allucinazione collettiva sulle rivoluzioni che abbiamo o non abbiamo fatto, sul mondo in cui viviamo, in cui potere (politico e militare) e diritti si contrappongono, il primo a voler prevaricare l’altro. E niente suona più attuale di così, anche alla luce degli ultimi fatti di politica internazionale e nazionale in cui le piazze si animano, la protesta rinasce, perché la coscienza è desta.
Non parlerò della tecnica filmica perfetta, delle riprese con camere mobili per cui ti schianti con i protagonisti e addirittura avverti il vuoto d’aria per una discesa a tutta velocità (la sequenza dell’inseguimento meriterebbe di per se già già l’Oscar), del sottofondo musicale per mano di Jonny Greenwood che sottolinea, esalta e accompagna tutto il film nel suo ritmo serrato e a tratti ossessivo, né delle interpretazioni memorabili dei protagonisti Leonardo Di Caprio, Sean Penn, Benicio Del Toro, Teyana Taylor, perché mi preme sottolineare la profondità del contenuto dietro la parodia.
In questi giorni ci siamo chiesti tutti a chi giovino le manifestazioni di piazza, ecco il film ce lo spiega. Forse troppo a lungo noi come Leonardo Di Caprio nei panni di Bon Ferguson, padre amorevole ma frustrato dal fallimento della sua rivoluzione perché “in fondo il mondo non è cambiato poi tanto”, abbiamo voluto proteggere i nostri ragazzi dalle guerre, dal caos, dalle piazze rumorose, in un clima di pace apparente in cui il bene prevale sul male e i diritti hanno la meglio sulle ingiustizie.
Le rivoluzioni ce le siamo lasciate alle spalle con la complicità degli studi a scuola che per lo più le hanno ignorate. Ma Anderson ci mostra quello che da mesi forse ormai nessuno può far finta di non vedere: il mondo è in guerra di nuovo in quel percorso ciclico della storia che troppo spesso dimentichiamo. Anderson ci mostra le piazze in fiamme e gli oppressi che urlano per i loro diritti, che sfilano e protestano per dire no. E quelle immagini rimandano a quelle di questi giorni in cui quei figli che volevamo proteggere dalla violenza, quegli “ sdraiati” con le cuffie che a malapena ti rispondono quando entri in camera loro, ecco proprio loro vogliono dire no.
Non vi svelerò il finale ma il senso è chiaro: l’unico ricongiungimento possibile è quello dell’abbraccio, quel “riconoscimento” tra padri e figli, perché si torna sempre lì ed è da lì che si riparte . Finché ci saranno diritti calpestati, migranti respinti, guerre senza ragione, bambini uccisi, donne violate ci saranno piazze pronte ad esprimere dissenso in una battaglia dopo l’altra. Stavolta saranno i giovani a combatterla: è questa per Anderson l’unica certezza e per noi anche l’ultima speranza.
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(Gaetano Perricone). “Noi abbiamo fallito, figlia mia. Ma spero che voi riuscirete a cambiare il mondo”.
Che magnifico filmone, ragazzi! Capolavoro non lo definisco, so che sono in tanti ad arricciare il naso quando si scrive così, in effetti accade troppo spesso, di un film, di un libro, di un’opera d’arte comunque. Ma che per me sia strepitoso lo scrivo senz’altro.
Grandissimo cinema, al top. Difficile immaginare che “Una battaglia dopo l’altra”, adrenalinico apologo della rivoluzione necessaria e perfino inevitabile magistralmente diretto da Paul Thomas Anderson, regista dagli ottimi precedenti, non faccia incetta di premi alla prossima cerimonia degli Oscar: come miglior film dell’anno, per l’attualissima tematica – la lotta per la vita e i diritti fondamentali di neri e messicani contro l’orrendo e feroce imperversare del suprematismo bianco negli Stati Uniti – e qualità tecnica; per gli effetti speciali, eccezionali e coinvolgenti; per la infinita bravura degli attori di un cast davvero superlativo, i nemici Leonardo di Caprio-Bob e Sean Penn-colonnello Lockjaw, Benicio Del Toro-Carlos e le splendide donne guerriere, Teyana Taylor-Perfidia, Regina Hall- Deandra e Chase Infiniti- Willa; una colonna sonora fantastica; il bellissimo, commovente finale, dedicato all’importanza della trasmissione tra le generazioni, tra genitori e figli, dell’inestinguibile, indispensabile, vitale voglia di migliorare il mondo e l’umanità, la qualità del vivere. Che è stata ed è l’essenza di ogni rivoluzione.
Solo il clima politico trumpiano, certamente non favorevole ai contenuti espressi dal film, potrebbe fermare la conquista di diverse statuette per “Una battaglia dopo l’altra”; ma le giurie di Los Angeles hanno dimostrato negli anni di non lasciarsi condizionare nelle loro scelte dal potere della Casa Bianca.
Sono rimasto due ore e quaranta, 160 minuti, incollato alla poltrona del cinema con gli occhi allo schermo, spettacolo elettrizzante ed entusiasmante, senza distrarmi neanche un attimo, per quello che non ho esitazioni a definire uno dei film più belli che abbia mai visto. Me lo sono goduto da solo, ormai sono piacevolmente abituato. Unico neo, incomprensibile: è vero che era lo spettacolo delle 16, ma quattro persone me compreso in una sala da 336 posti (li ho contati facilmente) per un film del genere sono un dato scoraggiante. E’ la conferma che la gente sempre di più preferisce tenersi lontana da argomenti che in qualche modo possono inviate alla riflessione.
Ripropongo, qui a seguire, il link pubblicato sul mio blog con la meravigliosa recensione della mia cara amica Antonella De Francesco, che ancora una volta mi ha sapientemente invogliato alla visione. Se vi piace il bel cinema, con tutte le sue componenti, non potete mancare di vedere questo film.

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La fiamma eterna dell’Etna giovedì 24 luglio si accenderà a Manhattan https://ilvulcanico.it/la-fiamma-eterna-delletna-giovedi-24-luglio-si-accendera-a-manhattan/ Tue, 22 Jul 2025 06:20:16 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25786 FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa Il 24 luglio l’Etna arriva a Manhattan con un evento che unisce arte, scienza e territorio Negli spazi della galleria d’arte contemporanea TOTAH, nel cuore di New York, il prossimo 24 luglio si terrà il finissage di “Etna Eternal Flame”, progetto internazionale promosso e curato dall’associazione culturale Basaltika, che per oltre un anno ha trasformato il […]

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FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa

Il 24 luglio l’Etna arriva a Manhattan con un evento che unisce arte, scienza e territorio

Negli spazi della galleria d’arte contemporanea TOTAH, nel cuore di New York, il prossimo 24 luglio si terrà il finissage di “Etna Eternal Flame”, progetto internazionale promosso e curato dall’associazione culturale Basaltika, che per oltre un anno ha trasformato il vulcano attivo più alto d’Europa in un palcoscenico di arte “site-specific” e ricerca geologica.

Al centro dell’evento il contributo dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV – OE), con l’intervento del Direttore Stefano Branca, chiamato a raccontare come si sono evoluti nel tempo i metodi di rappresentazione delle eruzioni storiche dell’Etna a partire dal XVI secolo fino all’avvento della fotografia al pubblico newyorkese e a portare la voce della ricerca italiana oltreoceano:

Il coinvolgimento dell’INGV”, spiega Branca, “ha dato profondità scientifica e autorevolezza al progetto. L’Etna non è solo uno spettacolo naturale, ma un laboratorio a cielo aperto di fenomeni geologici che meritano di essere compresi e valorizzati anche attraverso l’arte contemporanea”.

Il progetto Etna Eternal Flame, avviato tra il 2023 e il 2024 sull’Etna Sud a quota 1980 metri, ha visto la partecipazione di quattro artisti di fama internazionale: lo scultore newyorkese Aleksandar Duravcevic, l’artista tedesco Johannes Pfeiffer, la pittrice siciliana Samantha Torrisi e la fotografa Oriana Tabacco, presidente di Basaltika e docente di Storia dell’Arte.

Le opere, installate nel teatro lavico dell’eruzione del 2001, hanno dialogato con il paesaggio vulcanico per oltre un anno, diventando un raro esempio di arte contemporanea su un vulcano attivo.

L’evento newyorkese, curato da Ysabel Pinyol Blasi della Monira Foundation e sostenuto dalla Fondazione Orestiadi di Gibellina, rappresenta la conclusione simbolica di questo percorso.

Durante l’incontro verrà presentato anche un video documentativo dell’intero progetto, introdotto da Oriana Tabacco, che sottolinea: “Il nostro intento era portare il vulcano oltre i suoi confini geografici, renderlo simbolo di rinascita, trasformazione e bellezza. L’arte è stato il mezzo, la scienza il fondamento”.

L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sui canali social ufficiali di Basaltika, consolidando l’obiettivo di diffusione internazionale del progetto.

Etna Eternal Flame è stato realizzato con il patrocinio del Parco dell’Etna, dell’INGV – OE, del Comune di Nicolosi e dell’Associazione Italiana di Vulcanologia (AIV).

Infowww.basaltika.it

Link utili:

Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)

Parco dell’Etna

Comune di Nicolosi

Associazione Italiana di Vulcanologia (AIV) 

Con il titolo: l’installazione “Prometheus 2023” di Johannes Pfeiffer (foto dal web)

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Erasmo Recami, grande scienziato. Amico della Sicilia e biografo di Majorana https://ilvulcanico.it/erasmo-recami-grande-scienziato-amico-della-sicilia-e-biografo-di-majorana/ Mon, 14 Jul 2025 05:29:36 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25764 di Rosario Catania “Caro Rosario, i tuoi interrogativi non sono affatto stupidi, bensì complicati. Erasmo” Lo scienziato E’ stato un fisico e accademico italiano di grande rilievo. Erasmo Recami ha insegnato fisica presso diverse università, tra cui Catania, Bergamo e Campinas (Brasile), dove è stato molto apprezzato dagli studenti. Dal 1992 fino al suo pensionamento […]

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di Rosario Catania

“Caro Rosario, i tuoi interrogativi non sono affatto stupidi, bensì complicati. Erasmo”

Lo scienziato

Erasmo Recami (Milano, 21 novembre 1939 – Campinas, Brasile, 14 luglio 2021)

E’ stato un fisico e accademico italiano di grande rilievo. Erasmo Recami ha insegnato fisica presso diverse università, tra cui Catania, Bergamo e Campinas (Brasile), dove è stato molto apprezzato dagli studenti. Dal 1992 fino al suo pensionamento ha insegnato all’Università degli Studi di Bergamo. Ha anche svolto insegnamenti specialistici presso il Centro Brasiliano Ricerche Fisiche di Rio de Janeiro e l’Università Statale di Campinas e la sua attività di ricerca è stata vasta e interdisciplinare, occupandosi di Relatività Speciale e Generale, con ricerche approfondite sui tachioni e moti superluminali, contribuendo alla fisica delle particelle elementari e nucleari. Le sue previsioni degli anni ’70 e primi anni ’80 sui tachioni e sui moti superluminali hanno avuto varie conferme teoriche e sperimentali. Ha condotto studi significativi nel campo della Meccanica Quantistica e ha applicato la matematica a diverse aree della fisica, sia alle Particelle Elementari che alla Fisica Nucleare. È stato associato alle ricerche dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) per le sezioni di Catania e Milano e ha svolto attività di ricerca presso numerose istituzioni estere, tra cui l’Università del Texas a Austin, l’Academy of Sciences of Kiev-Institute for Theoretical Physics, il Niels Bohr Institute all’Università di Copenhagen, l’Università di Oxford e l’Università della California a Santa Barbara.

Simulazioni al computer di tracce di particelle elementari all’interno di un rivelatore: la fisica delle alte energie ha sempre confermato le previsioni della teoria della relatività speciale – fonte CERN

Le passioni

Non solo appassionato rigoroso della fisica, ma anche un eccellente archeologo. Durante il periodo di docenza a Catania, si è dedicato anche a ricerche di paletnologia, pubblicando articoli su “Sicilia Archeologica” (Anno XVI – 1983), sul “Notiziario dell’Istituto italiano di preistoria e protostoria di Firenze” (Gennaio 1973), Natura Società Italiana di Scienze Naturali (Milano 1976), Natura Alpina (Trento – 1977), Rivista di Scienze Preistoriche (1976). E’ stato promotore per l’Istituzione del Parco Regionale dell’Etna insieme a nomi illustri come Salvatore Cocuzza Silvestri, Pietro Alicata, Marcello La Greca, Emilia Poli Marchese, Giuseppe Ronsisvalle, ecc. Nell’ ottobre del 1980 ricevette una lettera di ringraziamento da Lipari (ME), da parte di Luigi Bernabò Brea (che dal 1939 al 1941, dopo un brevissimo incarico presso l’Amministrazione delle antichità di Taranto, fu primo dirigente della Soprintendenza alle Antichità della Liguria, quindi della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale a Siracusa, dove rimase fino al 1973, anno del suo pensionamento), per le sue segnalazioni di ritrovamenti in Sicilia, come la statuetta di Tabana a Lentini del neolitico superiore. Grande amico di Vincenzo Tusa (noto archeologo) che andava spesso a trovarlo a casa per guardare la sua collezione temporanea, poi donata a vari musei dell’ isola. Erasmo scrisse

Natura Alpina 1977
Sicilia Archeologica 1983
Documento costitutivo Comitato di studio Istituzione Parco dell’Etna

 

 

 

 

 

 

 

 

Il suo legame con Ettore Majorana

Ettore Majorana

Tra i contributi più significativi, la biografia di Ettore Majorana: Erasmo Recami è ampiamente riconosciuto come il

Ettore Majorana – estratto dai manoscritti ceduti da Erasmo Recami al centro di ricerca di Erice

biografo storico e scientifico del brillante fisico italiano scomparso misteriosamente nel 1938. Ha dedicato anni di ricerca a ricostruire la vicenda di Majorana, incontrando scienziati di tutto il mondo, raccogliendo testimonianze, scoprendo e pubblicando documenti inediti dall’archivio della famiglia Majorana. La sua opera più nota in questo campo è “Il caso Majorana: epistolario, documenti, testimonianze”, pubblicato per la prima volta nel 1987. Ha anche curato, assieme a Simone Esposito, l’opera “Ettore Majorana – Appunti Inediti di Fisica Teorica“.

Il divulgatore

Oltre alla ricerca scientifica, Recami si è dedicato all’alta divulgazione, scrivendo numerosi articoli su enciclopedie e riviste di informazione scientifica italiane e internazionali. Tra le sue opere e pubblicazioni più rilevanti, oltre a quelle su Majorana, si menzionano: “I tachioni“, in Scienza & Tecnica 7, “Classical tachions and possible applications“, La Rivista del Nuovo Cimento 9, 1986. “PUBBLICAZIONI DI E. RECAMI: UNA SELEZIONE. SELECTED PAPERS BY E.RECAMI” (2015). Nel 2000 ha ricevuto il Premio SIF per la Storia della Fisica. L’8 marzo 2019, il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella lo ha nominato “Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Erasmo Recami è morto improvvisamente il 14 luglio 2021 a Campinas, in Brasile. La sua figura è stata quella di un fisico innovativo, un rigoroso storico della scienza e un appassionato divulgatore, capace di esplorare le grandi domande della fisica e di indagarne le figure più enigmatiche.

Memorie

 

 

 

 

Ho conosciuto personalmente Erasmo Recami in occasione di un incontro “Conoscersi per Conoscere” organizzato da STMicroelectronics azienda leader nella produzione di semiconduttori per cui lavoro da 30 anni, un seminario sulle frontiere della Fisica, e per questo ringrazio di cuore l’amico Carmelo Papa già Executive Vice President di ST, oggi in pensione, ma inarrestabile consulente di vita!

Rimasi affascinato nel vederlo utilizzare ancora appunti su lavagna per proiezione lucidi. Con lui si parlava di fisica, di astronomia, di archeologia e delle mie attività di ricerca sulle basse frequenze legate a fenomeni spaziali e al vulcano Etna (Erasmo fu un grande sostenitore e promotore presso tanti amici ricercatori, del progetto ERO Etna Radio Observatory). Grazie a lui ho conosciuto e visitato il sito archeologico alle sponde del fiume Simeto, conosciuto come Riparo Cassataro nel territorio di Centuripe (EN), documentato dalle foto qui.

Il riparo Cassataro si trova nella zona di Centuripe (Enna), sulla riva destra del fiume Simeto, a soli 2 km dalla necropoli stentinelliana di Fontanazza, sulla sponda opposta del fiume. La definizione di “riparo” è inesatta, forse più un luogo di culto. Sulla parete maggiore si possono distinguere numerose pitture, le uniche finora documentate della Sicilia orientale. Trovandosi praticamente all’aperto e a pochi metri da quella via naturale di comunicazione che era il Simeto, le pitture “dovevano essere accessibili a tutte le comunità sparse lungo il corso del fiume, e un loro punto di riferimento centrale” (G. Biondi, 2017). Nei pressi del sito sono stati osservati manufatti che vanno da una probabile industria paleolitica inferiore e neolitica, alla ceramica geometrica o impressa del primo o medio neolitico; da frammenti di materiale castellucciano del Bronzo antico al coccio greco, fino ad una fase tardo antica – bizantina (V-VII sec. d.C.). Questi ritrovamenti non fanno pensare ad una presenza umana stanziale, ma ad una frequentazione saltuaria. Possiamo ipotizzare che il sito, facilmente raggiungibile, sia stato utilizzato come luogo di culto dai gruppi e dalle comunità della piana di Catania e della zona ai piedi dell’Etna che, nel corso del Neolitico, si sono sedentarizzate lungo i principali corsi d’acqua, a causa dello svilupparsi delle pratiche di agricoltura e allevamento.

Ricordi

Mi piace ricordare alcune email scambiate con lui in cui spesso lamentava condizioni di salute e i suoi continui ricoveri, ma era un modo per rimanere in contatto, motivo di distrazione da altre problematiche. Durante il periodo del Covid-19 abbiamo anche iniziato lo scambio di messaggi su whatsapp, che conservo con cura (l’ultimo ricevuto il 3 luglio 2021), pochissimi giorni prima della sua morte, che ho appreso successivamente con grande dispiacere

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E-mail da me invitata il 15.09.2017

Caro Erasmo, una domanda stupida..

Secondo te, se riuscissimo ad osservare l’ Universo al di sotto del tempo di Planck, potremmo vederlo completamente diverso?

Perché dopo questo, che rappresenta il limite della fisica moderna, la materia si genera e si organizza come già conosciamo. Buona guarigione.

Con affetto. Rosario

la sua risposta….

“Caro Rosario, i tuoi interrogativi non sono affatto stupidi, bensì complicati”

Solo due righe, perché devono ri-ricoverarmi per complicanze del mio intervento al cuore…

Non è neanche certo che ci sia stato il (o solo un) big-bang; come sai ci sono le teorie della creazione continua. Io amo pensare a un big bang solo perchè l’idea l’abbiamo succhiata col latte materno. Infatti Posidonio già scriveva: «La materia ha una coesione che la tiene insieme e contro la quale il vuoto circostante è impotente. In verità il mondo materiale si conserva mediante una forza immensa, ed alternativamente si contrae e si espande nel vuoto seguendo le proprie trasmutazioni fisiche, ora consumato dal fuoco, ora invece dando nuovamente inizio alla creazione del cosmo ». Né è davvero sicuro che si sappia come siano andate le cose in tempi successivi… Inoltre, le teorie –quando si avvicinano a singolarità – perdono di significato. Se hai idee circa il tuo quesito, illuminami. Io ci penserò  (a mezzodì dovrei ri-ricoverarmi –non sto bene– e credo sarò così matto da rinviare solo perché dovrei tenere una conferenza (con poca voce).  Yuo  Erasmo

P.S.: convey also my regards, please, to Dr. Carmelo Papa

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MAIL RICEVUTA IL 07.08.2019

[email protected]&gt

Caro Ing. Catania e carissimo Rosario,

molte grazie! Interessante…!! La valle dell’ Alcantara odora di preistoria…

Io sono in Brasile, e lo sarò anche in Autunno. Tra le altre cose, anche noi si individuò un possibile dolmen, la cui foto sta però in un articoletto che ora non ritrovo. Mi viene la tentazione –se già non lo feci– di mandarti i tre main-files ove raccolsi la maggior parte dei miei risultati di preistorico dilettante. Comunque il nostro riparo sotto roccia (Riparo Cassataro nda), con pitture neolitiche in ocra, richiamò Paolo Graziosi da Firenze; mentre altre nostre scoperte –una di esse riempì una vetrina all’entrata del Museo di Siracusa (anche senza citarci…) furono lodate da Bernabò Brea [come un idoletto del neolitico superiore] che programmava di parlarne nella seconda edizione del suo libro: edizione che purtroppo non fece a tempo a realizzare. Passando al paleolitico superiore, alcune stazioni furono studiate dalla Mara Guerri, allieva di Graziosi, la quale –venendo pure da Firenze– passò molto tempo con noi in Sicilia. Molte cose le lasciammo al Museo di Adrano. Per i manufatti (selci et al.) scheggiati, la sorte fu’ più incerta. Quando io scoprii il paleolitico inferiore nella Sicilia orientale, non potendo permettermi di annunciarlo da solo [quale dilettante…!], lo portai per lo studio all’IIPP di Firenze, e lì restò as far as we know (ma fu pubblicato bene dall’Anna Revedin…). Infine, una nuova stazione alla quale tenevo molto [la Valle Battaglietta, sopra Valle Battaglia, Madonie, a 1700 m slm] finì male, ed è ancora una spina per me. La mia segnalazione per il notiziario della Riv Sc. Preist. arrivò a Firenze quando Paolo Graziosi stava morendo, e si perse. PERSI PURE L’UNICA COPIA CHE AVEVO DI TALE SEGNALAZIONE… e non fui più in grado di ricostruire i dati essenziali perché rinvenni solo la metà delle pietre scheggiate relative… Stavo infatti lasciando Catania per il Brasile e poi Bergamo. Mentre scrivo mi tornano in mente perdite per la Fisica;… E’ meglio che interrompa i ricordi!

Un pensiero in occasione del quarto anniversario dalla sua morte

Erasmo sarai sempre nei miei ricordi, un pezzo importante della mia conoscenza sui misteri della vita, promotore della mia voglia di esplorazione nell’archeologia siciliana, un grande scienziato e pure un bravissimo fotografo. Grazie per quello che mi hai insegnato e per avermi raccontato della tua vita. Buon riposo Erasmo ❤

Bibliografia

Con il titolo: Erasmo Recami ed Ettore Majorana (grafica di Rosario Catania) 

L'articolo Erasmo Recami, grande scienziato. Amico della Sicilia e biografo di Majorana proviene da Il Vulcanico.

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Etna, cosa pensi di noi umani? Lo sapremo al Festival Vulcani 2025, dal 27 al 29 giugno a Trecastagni, alla scoperta di terre indimenticabili https://ilvulcanico.it/etna-cosa-pensi-di-noi-umani-lo-sapremo-al-festival-vulcani-2025-dal-27-al-29-giugno-a-trecastagni-alla-scoperta-di-terre-indimenticabili/ Wed, 25 Jun 2025 04:39:03 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25721 di Giuseppe Riggio* Siamo arrivati alla terza edizione continuando a seguire la stessa ispirazione: donare all’Etna un Festival che racconti il mondo dei vulcani. Siamo gli unici in Italia ad avere inventato una manifestazione con questo filo conduttore. E del resto dove farla se non sull’Etna, su uno dei vulcani più attivi al mondo? Quest’anno […]

L'articolo Etna, cosa pensi di noi umani? Lo sapremo al Festival Vulcani 2025, dal 27 al 29 giugno a Trecastagni, alla scoperta di terre indimenticabili proviene da Il Vulcanico.

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di Giuseppe Riggio*

Siamo arrivati alla terza edizione continuando a seguire la stessa ispirazione: donare all’Etna un Festival che racconti il mondo dei vulcani. Siamo gli unici in Italia ad avere inventato una manifestazione con questo filo conduttore. E del resto dove farla se non sull’Etna, su uno dei vulcani più attivi al mondo?

Quest’anno proviamo a comunicare agli spettatori che ci troviamo di fronte a “terre indimenticabili”, che per altre ragioni abbiamo già definito “in movimento”, ma anche “straordinarie”. Chi è ammaliato da crateri e colate sa di cosa stiamo parlando. Per la terza edizione del Festival Vulcani – organizzato dalla Fondazione Trecastagni Patrimonio dell’Etna, presieduta da Giovanni Barbagallo dal 27 al 29 giugno a Trecastagni– abbiamo provato a immaginare anche una intervista all’Etna, per dare la parola alla sua anima femminile e chiederle cosa ne pensa di noi umani che ne abitiamo le pendici, delle nostre ossessioni e delle nostre paure.

Il programma del Festival Vulcani 2025

Ci saranno, ovviamente, nel corso della manifestazione momenti di alta divulgazione scientifica curati da INGV (il suo direttore Stefano Branca insieme al professor Luigi Ingaliso presenteranno una nuova e lussuosa edizione di una storica opera di Sartorius Von Walterhausen, mentre Eugenio Privitera spiegherà i sistemi di allertamento precoce di Etna e Stromboli), da parte sua Marco Viccaro, docente universitario e presidente dell’Associazione Italiana di Vulcanologia, coordinerà per la prima volta un corso di introduzione al vulcanismo che si terrà nella sede della Fondazione organizzatrice, rivolto innanzitutto ai giovani.

Dalla prima edizione del Festival, nel 2023

Come di consueto, verrà aperta una finestra sul mondo degli “altri” territori segnati dalla lava. Quest’anno sarà la volta di Pantelleria, che verrà raccontata da Antonietta Valenza, Francesco Ciancitto e da Marco Marcialis, wine ambassador di Cantine Nicosia. Del resto, sono molteplici le strategie di avvicinamento ai “camini della Terra”. Ognuno può scoprire una chiave per scoprirne originalità e caratteri distintivi. Maria Teresa Moscato indagherà ad esempio le tematiche del mito, che da sempre ha avuto un riferimento privilegiato con i luoghi “infernali”.  Daniele Musumeci offrirà le sue competenze di biografo di Alfred Rittmann, uno dei più grandi vulcanologi del Novecento di origine svizzera, ma venuto a morire in Sicilia, dopo avervi lungamente abitato. Rosario Fichera, giornalista e divulgatore, racconterà il suo viaggio a piedi e in bicicletta dalle Dolomiti all’Etna in nome dell’inclusione, unendo due siti Unesco e due luoghi fondamentali della sua vita.

Nella prima edizione, uno spazio fu dedicato anche a questo nostro blog

Siamo convinti che ancora una volta le terre vulcaniche non mancheranno di stupire. Il programma del Festival Vulcani 2025 si rivolge innanzitutto a chi abita sull’Etna, per aiutare gli etnei ad avere consapevolezza delle caratteristiche naturali e antropologiche di questa parte di universo, ma intende ovviamente rivolgersi anche ai turisti desiderosi di scoprire la vera essenza del luogo che vengono a visitare. Nei tre giorni della manifestazione, quest’anno ospitata nell’elegante centro storico di Trecastagni, ci sarà spazio anche per citare Franco Battiato, nella proposta della brava Rita Botto. Solo qualche brano per richiamare il suo modo di abitare il vulcano, la speciale sensibilità verso la terrà da cui Battiato partì e dove poi decise di ritornare.

*Direttore Festival Vulcani 

Con il titolo: eruzione dal cratere di Sud Est, 19 giugno 2025  (la bellissima foto di Giovinsky Aetnensis) 

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“Sotto le foglie”, quand vient l’automne, nessuno dice mai tutta la verità https://ilvulcanico.it/sotto-le-foglie-quand-vient-lautomne-nessuno-dice-mai-tutta-la-verita/ Sun, 13 Apr 2025 05:12:59 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25503 di Antonella De Francesco Se avete voglia di un film meravigliosamente francese, andate a vedere l’ultima fatica di François Ozon Sotto le foglie. Meglio però rifarsi al titolo originale Quand vient l’automne che dà più senso a tutto il film. L’autunno infatti è la stagione dei rimpianti, dei ricordi , del tempo che è passato, […]

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di Antonella De Francesco
Se avete voglia di un film meravigliosamente francese, andate a vedere l’ultima fatica di François Ozon Sotto le foglie. Meglio però rifarsi al titolo originale Quand vient l’automne che dà più senso a tutto il film. L’autunno infatti è la stagione dei rimpianti, dei ricordi , del tempo che è passato, delle Les feuilles mortes come cantava Ives Montand.
Si tratta di un film molto particolare che cambia continuamente registro: dal dramma, alla commedia al noir, un po’ come succede nella vita reale. Un giorno sei sereno e il giorno dopo tutto è cambiato. Un giorno dormi bene e il giorno dopo non riesci a prendere sonno .
Nella campagna bucolica francese della Borgogna, laddove la natura in autunno si esprime con colori magnifici, Ozon osserva il cuore delle persone, le storie della gente comune, le vite di tutti , solo in apparenza tranquille. Anche lui, come ha fatto pure di recente nel suo ultimo film Il caso di Belle Steiner , un altro regista francese Jacqot, guarda alla provincia francese, ai suoi segreti e al suo malcelato pregiudizio.
In una chiesa affollata in cui il sermone invita i fedeli a non disprezzare Maria Maddalena, siede pure una vera ex prostituta, Michelle, ormai avanti negli anni, che conosce molto bene la sua storia e la sorte che le è toccata e sa bene quanto non conti mai abbastanza per gli altri quello che di fatto lei è sempre stata. Ozon ce la presenta a poco a poco con grazia, ci invita a non giudicare ma piuttosto ad apprezzare i suoi modi affabili, il suo garbo, l’amore per il nipote, per la sua amica e il figlio di lei, la sua generosità . Ce la mostra nell’intimità della sua casa dove vive da sola, quando scosta le tende al mattino per far entrare la luce e quando le chiude perché il mondo deve restare fuori, mentre rifà il letto in attesa della figlia, Valerie, mentre cucina il suo piatto preferito  mentre cerca di impegnare il tempo che la separa dal rivedere lei e il nipote e rende magnificamente l’idea di quanto possa essere lunga una giornata da soli, di quanto sia lento il tempo per gli anziani, mentre i giovani corrono via. Loro che lavorano anche nel tempo libero per riempire i vuoti esistenziali che essi stessi hanno, loro che inseguono rapporti virtuali sui cellulari e non hanno tempo per la vita vera e per chi li stava aspettando.
Ed è lì che il film cambia ancora una volta registro, da dramma a thriller e la trama si tinge di nero mentre prevale l’ambiguità di tutti, al punto che non sai più a chi credere , ti perdi nelle mezze frasi , provi a dare un senso alle coincidenze per poi arrenderti al fatto che in fondo la verità è che nessuno dice mai tutta la verità

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Here, qui e ora. Casa, dolce casa https://ilvulcanico.it/here-qui-e-ora-casa-dolce-casa/ Sun, 12 Jan 2025 10:09:36 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25315 di Antonella De Francesco Ho visto il film Here, del regista Robert Zemeckis. Ci sono andata spinta dalla curiosità, dal momento che avevo letto molto sulla genesi del film in gran parte prodotto grazie alla IA, Intelligenza Artificiale. Girato con un’unica macchina da presa fissa nell’ambiente principale di una casa, il film sintetizza mezzo secolo […]

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di Antonella De Francesco
Ho visto il film Here, del regista Robert Zemeckis.
Ci sono andata spinta dalla curiosità, dal momento che avevo letto molto sulla genesi del film in gran parte prodotto grazie alla IA, Intelligenza Artificiale. Girato con un’unica macchina da presa fissa nell’ambiente principale di una casa, il film sintetizza mezzo secolo di storia, che, se ci pensate è già questo un miracolo e l’intento spiega la velocità delle sequenze e la brevità dei dialoghi. Perché la vera protagonista del film è la casa (here: il qui e ora dell’esistenza di ciascuno di noi). Una casa come tante tra le cui mura accadono vite, si incrociano destini, si allargano famiglie, si vivono dolori e si festeggiano ricorrenze.
Pare banale a dirsi e, per certi versi démodé, dal momento che oggi la maggior parte di noi erra per il mondo sette giorni su sette e rientra a casa quasi solo per dormire. Che ne è stato della “ casa” ? Sono sicura che almeno i boomers come me ne hanno una nel cuore. Per costoro il film Here è una carezza amara che ci proietta in quel domani in cui anche noi non ci saremo più ma lei (la casa) sì, e al suo interno vivranno forse ancora le nostre voci, il fragore delle nostre risate, i nostri sogni irrealizzati, le speranze disattese, le lacrime nascoste, le parole urlate e quelle appena sussurrate.
Cosa ricorderemo della casa e della vita? Dove alloggeranno i ricordi quando vivremo soprattutto nel passato e non avremo più contezza del presente ? Chi avremo accanto a ricordarci cosa siamo stati? Il perché dei nostri errori, la ragione delle nostre decisioni ? Capite bene che non è un film per tutti e bisogna attrezzarsi per il finale.
Ma se avete una “casa” nel cuore, se siete sensibili e vi affezionate ai luoghi, se date valore ai ricordi, anche a quelli in apparenza più insignificanti, andate a vedere il film: vi commuoverà (straordinari Tom Hanks e Robin Whright) e vi farà ripensare a tutto ciò che avete vissuto e alla casa del cuore che, anche se non l’abitate più, ancora custodisce la parte più intima di voi e dei vostri cari.

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