Food & Drinks Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/food-and-drinks/ Il Blog di Gaetano Perricone Wed, 07 May 2025 05:47:13 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.1 Piatti “a comegghiè” di vecchio chef solitario, se medesimo https://ilvulcanico.it/piatti-a-comegghie-di-vecchio-chef-solitario-se-medesimo/ Mon, 05 May 2025 16:19:03 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25532 di Gaetano Perricone Non avrei mai pensato nella mia carriera giornalistica di scrivere un pezzo del genere. Ma la vita,  con i suoi risvolti amarissimi, ci costringe improvvisamente a darci da fare per la nostra sussistenza. E così, nella tragica vicenda della malattia della mia adorata Daniela, sono diventato per necessità vecchio chef solitario, me […]

L'articolo Piatti “a comegghiè” di vecchio chef solitario, se medesimo proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Gaetano Perricone
Non avrei mai pensato nella mia carriera giornalistica di scrivere un pezzo del genere. Ma la vita,  con i suoi risvolti amarissimi, ci costringe improvvisamente a darci da fare per la nostra sussistenza. E così, nella tragica vicenda della malattia della mia adorata Daniela, sono diventato per necessità vecchio chef solitario, me medesimo, cucinandomi un po’ di piatti “a comegghiè”, a come vengono dal dialetto siciliano, cose semplici di mio gusto che ho potuto realizzare senza troppe difficoltà, che da un lato mi hanno consentito di compiere l’atto indispensabile di cibarmi, dall’altro mi hanno dato anche la possibilità di distrarmi da pensieri dolorosissimi.  In oltre un anno ho preparato tante cose diverse, pubblicando i piatti sul mio profilo Facebook. La mia guerriera sfortunata sarebbe orgogliosa di me. E adesso, come mi è stato più volte richiesto da alcune care amiche e sperando di fare loro cosa gradita, vecchio chef se medesimo ha deciso di raccogliere tutto e metterlo insieme in questo inimmaginabile articolo qui sul mio blog abbastanza seguito. L’ordine è sparso, mi sono rifatto al social senza pensarci troppo, senza prenderlo sul serio ovviamente, qualche piatto è ripetuto in modo diverso, altri se ne aggiungeranno. Cosa aggiungere? Divertitevi, buon appetito e non criticatemi, sono solo un vecchio chef inventato.
FAVE CON ATTUPPATEDDI DI VECCHIO CHEF
Vecchio chef solitario, se medesimo aveva assai spinno (desiderio, nordici) di fave e ne accatto’ mezzo chilo per farle con la pasta nica (piccola). Con forte prevalenza della fava.
Avevo anche molta voglia di tornare a cucinarmi per mettere da parte cattivissimi pensieri. Le fave ben lavate le ho riversate in una padella alta, con alla base un soffrittino di cipolle, ho aggiunto acqua e coperto la padella. Cottura di mezz’ora circa, il tempo di scunchiere (restringere), poi li ho mescolati con gli attuppatteddi (tubetti rigati marca R …o) preparati a parte, con tanticchia di salsetta di datterini a insaporire ulteriormente. Risultato più che lusinghiero, le fave erano belle citrigne e gustosissime. Complimenti a vecchio chef me medesimo.
Ps: stasera mi sono lasciato andare a descrizione sicula un pochino strascicata, montalbanesca direi, perché il piatto magnifico e affascinante m’ispirava molto così. Buona cena, amiche e amici cari
POLPETTE E PATATE FRITTE, COME I PICCIRIDDI
Ma quanto mi piacevano quando era bambino! Le preparava la nonna Giovanna, mamma di mio papà, fritte erano anche le polpette. Una goduria.
Oggi vecchio chef me medesimo si è scialato: le più che squisite polpette erano in umido, gentile omaggio della mia adorabile vivandiera Virginia (la mamma di mio nipote Andrea) e io mi sono limitato a friggere una montagnola di patate come eccellente contorno. Mi sono calato il tutto con lo stesso entusiasmo che avevo da picciriddo e che ho continuato ad avere in ogni età per polpette e patate fritte, accoppiata vincente. Buon pranzo, amiche e amici cari
IL CENONE DEL VECCHIO CHEF 
Vecchio chef me medesimo non ha voluto annegare nella struggente malinconia di questo tristissimo Capodanno solitario, nella nostra bella casa vuota con Daniela ricoverata in riabilitazione. Ho deciso dunque di auto gratificarmi come merito, com’è giusto che sia. Mi sono messo ai fornelli senza piangermi di sopra, non l’ho mai fatto e non apprezzo chi lo fa.
Il risultato sono questi eccellentissimi spaghettoni Rummo con salsa di datterino con tanta anciova (acciuga, per le amiche nordiche che mi seguono con entusiasmo), con ampissima spruvulazzata di mollica atturrata. Sono venuti troppo buoni, di cottura e di gusto. Ne calai assai, come vedete dalla padellona. Assai me ne sono pure divorati, ma altrettanti ne sono rimasti per l’adorabile rito della rivisitazione del giorno dopo, quando “riposati” sono ancora più gustosi. Li ha accompagnati la Birra Castello, che sarà volgare ma a me piace molto, poi una banana e un mezzo pandorino Bauli hanno completato il più che dignitoso e soddisfacente cenone del vecchio chef solitario. Buon cenone a tutti voi, non strafogatevi
LA GODURIA DEGLI ATTUPPATEDDI COI CECI 
Vecchio chef oggi si è super arricriato con una delle pietanze che più ama in assoluto. In realtà i ceci già pronti me li ha preparati e omaggiati un’adorabile vivandiera, la mamma di mio nipote. Io ci ho calato i magnifici “tubetti rigati” della Rummo, molto somiglianti a quelli che una volta chiamavamo “attuppateddi” (chissà come rideranno Roberta e Leila, le meravigliose amiche fisioterapiste di Daniela al Besta, alle quali ho somministrato un corso veloce e vastasello di dialetto siciliano) e per finire un filo di olio come Dio comanda. Cose troppe buone, con gusto speciale senza tempo
MA ANCHE LE TAGLIATELLE CON I CECI AL VECCHIO CHEF 
Passano i giorni e senza Daniela la nostra amata casa, che abbiamo voluto e realizzato con gioia ed entusiasmo, sembra sempre più vuota, un vuoto assordante. Ancora molti ne passeranno per la sua necessaria riabilitazione e dovrò sempre più adeguarmi a questa situazione di solitudine non scelta.
Mi manca moltissimo anche la sua passione e capacità culinaria. L’impegno e l’applicazione del vecchio chef me medesimo, oltre che per necessità, serve dunque anche per colmare per quanto possibile parte di questo grande vuoto, almeno in cucina. Ed è un vero piacere ogni giorno regalarle un sorriso facendole vedere in foto i piatti prodotti dal vecchio chef.
Oggi mi ispirarono le tagliatelle con i ceci, che amo moltissimo e il risultato fu ancora eccellente. Mi complimento con me stesso gustando, anzi ammuccando con estrema soddisfazione
2 – PENNETTE AL VECCHIO CHEF FRITTE
Eccole, dal frigorifero alla padella, le risaglie – come le definirebbe una mia carissima e simpaticissima amica – delle ottime pennette al sugo dell’altra sera. Come faceva mia nonna Giovanna, mamma di mio padre, suscitando la mia golosa ammirazione fin da bambino, doverosamente riciclate e fritte con tanticchia di olio, un uovo rotto di sopra, una spruzzata di parmigiano. Goduria autentica, sempre, viri chi manci. Il vecchio chef solitario si dà da fare.
Buona serata e buona cena. Adesso mi aspetta “Maigret e il condannato a morte”, in compagnia del mitico commissario su TOPCrime
ANELLETTI SENZA FORNO DI VECCHIO CHEF 
Su espressa e insistente richiesta di qualche amica, ma anche con lo spirito giusto, torna a farsi vivo vecchio chef solitario, me medesimo. Lo faccio alla fine di una giornata un po’ più serena, nella quale l’aria di mare mi fece smorcare il pititto, come avrebbe detto il commissario Montalbano.
E dunque stasera, con atavica ispirazione palermitana, ho aperto un pacco di anelletti della mia marca preferita, quella che comincia con R e finisce con O, e volendo evitare il forno li ho sottoposti a lunga e soddisfacente cottura (una ventina di minuti) e poi amalgamati con abbondante salsa di datterino. L’ampia spruvulazzata di parmigiano ha reso quanto mai gratificante la vorace ammuccata. Buona cena da vecchio chef, amiche e amici cari
1- PENNETTE AL VECCHIO CHEF
La mia autosufficienza alimentare per necessità migliora cena dopo cena: cose semplici, ma buone. Come le ottime pennette al sugo di stasera, cotte in pentola e poi ben rifinite e impregnate di salsa nella padella, che mi sono venute buonissime. Non posso che ribattezzarle, prendendomi adeguatamente per i … fornelli (più che i fondelli), “pennette al vecchio chef”. E con questo vi augurai ottima cena
Ps: non le ho mangiate tutte, anticipo qualche osservazione in proposito. Erano effettivamente assai, da buon palermitano abituato a porzioni generose mi abbucco’ la mano. Un po’ sono in frigorifero
PENNOTTI AL VECCHIO CHEF 
Si chiama così questa pasta della Rummo: pennotti rigati, penne in formato gigante, tredici minuti di cottura. Vecchio chef solitario me medesimo, sempre più a proprio agio tra i fornelli, li ha super conditi con una ben riuscita salsa di pomodorini piccadilly al tonno, con abbondante spruvulazzata finale di mollica atturrata (pan grattato abbrustolito, cari nordici). Me ne calai di gran gusto un piatto robusto, ma ne sono rimasti per un accattivante riciclaggio serale. Riempio il vuoto sempre più assordante e pesante lasciato dalla mia adorata guerriera in riabilitazione, cercando di mettercela tutta per non rimpiangere la sua maestria culinaria. È un impegno piacevole e rilassante, ma che pure mi commuove
ADORATE TRIGLIE FRITTE AL VECCHIO CHEF: CIAVURU DI MARE 
Oggi il vecchio chef Montalbano fu. Ho rivisto dopo otto mesi il nostro eccellentissimo pescivendolo di San Giovanni La Punta, che dopo avermi fatto festa chiamandomi “signor Lupo” – mi capita in varie putie (botteghe, nordici) locali e naturalmente lascio fare – e avermi chiesto di salutare Daniela, con lo sguardo rivolto verso le triglie, tornando alle vecchie abitudini, mi ha sussurrato: “Si pigghiassi”, se le prenda cari nordici, questo potete capirlo.
Detto fatto. Dopo un po’ sono finite nel posto giusto, nella padella con la giusta quantità di olio e hanno fatto la loro morte: fritte al naturale, come piace a me, senza passare dalla pur gradevolissima farina. Forse fu solo l’illusione di un entusiasta adoratore della triglie fritte (ma com’è ghiè, pure alla livornese), ma vi giuro che mentre le mangiavo facevano un ciavuru – profumo, cari nordici – di mare frastornante. E sempre di più mi sentii il mitico Commissario Salvo, facendo contemporaneamente la sua parte e prima, nel prepararle, quella di Enzo, il suo ristoratore preferito. Mi faccio applausi da me stesso.
Dedicato in particolare ad alcune mie amiche nordiche: Roberta Cazzaniga, Leila Parma, Monica Ballerini e qualche altra, che penso si mangerebbero direttamente il post con la foto.
TAGLIATA AL VECCHIO CHEF
Stasera ottima carne by Iperal, il supermercato di fronte alla casa di Lecco dove risiedo. Gustosissima la tagliata, che visto lo spessore il vecchio chef solitario, sempre più intrippato, divertito e magari convinto, ha stracotto in padella. Contorno doveroso di patate lesse homemade, che adoro. E anche per stasera ce la siamo cavata e goduta
PASTA E LENTICCHIE DI CONFORTO PER VECCHIO CHEF
La mia pasta e lenticchie di stasera by Iperal, sconfezionata e arriquariata (riscaldata, cari nordici), maccosa al punto giusto, non solo era buonissima, ma ha avuto anche un effetto terapeutico sul mio provatissimo fisico. Vecchio chef si è limitato ad aggiungere un’insalata e un pezzetto di ottimo Emmenthal per completare la sua cena solitaria, ma ancora decisamente gustosa.
E tra poco, come ogni sabato, su Top Crime tocca al grande Bruno Cremer con “Maigret in Finlandia”. Buon sabato sera e buona cena, amiche e amici.
PS. non ho voluto mancare all’appuntamento, ma stasera vecchio chef non aveva neanche la forza di inventarsi qualcosa
RISO SQUARATO DI VECCHIO CHEF 
Non proprio squarato: accarezzato da un filo di profumato e gustoso olio della pace from Castiglione di Sicilia e spolverato di parmigiano. Vecchio chef solitario se medesimo ama moltissimo il riso, in qualsiasi espressione, lo mangerei ogni giorno. Ma così, semplicissimo in bianco, è di grande piacevolezza e leggerezza. Cena ottimale, dunque, non solo per gli anziani come me. In particolare in una serata come questa, per tutelarmi dal voltastomaco incipiente e isolarmi da un mondo che trovo sempre più orrido. E ora aspettiamo la seconda parte del Conte di Montecristo. Buona serata e buona cena, amiche e amici cari
CALAMARATA DEL VECCHIO CHEF 
Si chiama proprio così, questa corposa pasta della Rummo: evidente la somiglianza con il mitico mollusco, gettonatissimo nelle pietanze di pesce. Abbondantemente impregnata dell’ottimo ragù della mamma di mio nipote, la calamarata cotta al punto giusto dal vecchio chef me medesimo ha fatto la sua eccellente figura e soprattutto la fine che meritava nella mia pancia
PESCE SPADA AL VECCHIO CHEF 
Stasera l’anziano chef solitario, dopo la pesante domenica in ospedale a Milano, aveva bisogno di conorto (conforto, nordici) significativo e allora fu pesce spada. By Iperal, il mitico supermercato mio dirimpettaio, ma veramente gustosissimo. Lo chef si è limitato a grigliarlo per il tempo giusto, a irrorarlo lievemente con olio Barbera e spruzzarlo di limone e ad accompagnarlo con insalata bella fresca. Per fortuna m’arricriai anche stasera, la cena fu più che dignitosa, con tanti complimenti al mio alter ego vecchio chef . Buona serata e buona cena a voi, amiche e amici cari
UOVA E PATATE AL VECCHIO CHEF 
Il vostro anziano chef è un gran patataro e anche picciriddo, perché le patate le ama troppo e come i bambini le vuole soprattutto fritte. Stasera ne sentivo voglia homemade, cioè fatte a casa e non congelate: ho pelato con pazienza tre patate, le ho tagliate sfantasiando e senza pignoleria e le ho fritte come Dio comanda in padella, con i tempi giusti per farle venire magnifiche.
Abbandonato il ruolo di vecchio chef e passato a quello più suggestivo di consumatore, le ho messe di contorno a due belle uova sode e mi ammuccai il tutto con consistente soddisfazione e autocompiacimento.
E per non farmi mancare nulla, ho innaffiato con ottima birra Raffo e mi sono concesso pure il dolcino, un po’ di mini mandorlato Balocco troppo buono. Per stasera è tutto amiche e amici cari, buona cena da vecchio chef
COTOLETTA E PATATE FRITTE DI VECCHIO CHEF PICCIRIDDO
Pranzo della domenica come i picciriddi, i bambini, per vecchio chef solitario, me medesimo: una squisitissima cotoletta by I Vitelloni (la eccellentissima macelleria puntese a due passi da casa, la cito perché la qualità della carne e la gentilezza dei ragazzi che la gestiscono lo meritano) con abbondante contorno di patatine fritte. È il piatto preferito anche da mio nipote Andrea, come tanti ragazzini, e sono stato sempre molto contento di dargli compagnia quando cucinava la nonna. Adesso toccherà a me. Buon pranzo, amiche e amici e … cotolette e patate fritte for ever 😋😋😋
PASTA E LENTICCHIE DI VECCHIO CHEF
Ritorna con voi vecchio chef solitario, se medesimo, con uno dei suoi cibi preferiti, amatissimo. Le squisite lenticchie arrivano a sorpresa da una generosa vivandiera, la mia carissima amica Marisa Mazzaglia; come pasta, mi è venuta l’ispirazione di calarci stavolta le mini pennette -non so se hanno un nome specifico- e ho fatto bene, il risultato fu eccellente. Gustosissimo e profumato valore aggiunto il magnifico olio from Ragalna di Chiara Longo. Insomma, tra madre e figlia oggi super coccola, c’è chi mi pensa per fortuna. Buon pranzo, amiche e amici cari
ORECCHIETTE SPINACI E POMODORO DI VECCHIO CHEF 
Dopo un pomeriggio assai impegnativo, vecchio chef solitario, se medesimo, s’ispiro’ così. Ho preparato un’ottima salsa di pomodoro con gli spinaci, ho cotto al punto giusto le orecchiette, tipo di pasta pertinente e dopo averle ben scolate le ho impregnate di condimento. Risultato eccellente, decisamente. Ne è rimasto un altro piatto abbondante per domani. Buona cena e buon Festival, amiche e amici cari
PENNOTTI CON TONNO E LIMONE DI VECCHIO CHEF 
Poco da aggiungere su quest’altro pranzo semplice e più che gustoso, realizzato e consumato da vecchio chef solitario, me medesimo. Da sottolineare che il tipo di pasta della R…o si è confermata ottima scelta e che la spremuta del limone sul tonno è stata certamente valore aggiunto. La prossima volta, con più tempo, aggiungerò anche la scorza. Buon pranzo, amiche e amici cari
COSTATA E SPINACI DI VECCHIO CHEF 
La eccellente e cotta al punto giusto costata di maiale by “I Vitelloni”, ottima macelleria puntese, è stata degnamente accompagnata dalla verdura di Popeye: il pranzo di Vecchio Chef solitario, se medesimo è stato dignitoso e gustoso, mentre la cena è stata il doveroso e sempre accattivante riciclaggio degli spaghetti al pomodoro di ieri. Buona cena, amiche e amici cari
RISO E PISELLI DI VECCHIO CHEF 
Stasera vecchio chef solitario me medesimo aveva voglia di cucinare e di mangiare riso, lo amo moltissimo. C’erano gli ottimi piselli omaggiati per Pasqua dalla carissima Virginia, mamma di Andrea e dunque non ho dovuto fare altro che cuocere con tempi perfetti il riso, mescolarlo abbondantemente con i bisi, li chiamano così gli amici veneti, aggiungere un profumato filo d’olio DOP Monte Etna e una spruvulazzata di parmigiano. La consumazione è stata più che soddisfacente e un altro piatto è in frigorifero per domani. Buona cena, amiche e amici cari
CAPPELLETTI IN BRODO DI VECCHIO CHEF
In realtà per questo ottimo pranzo vecchio chef solitario, se medesimo, ci ha messo solo un’agevole mano d’opera: bollire l’acqua, sciogliere il mitico dado vegetale e calare per due minuti due gli eccellenti cappelletti di un’azienda del centro della Sicilia. Sostanza e gusto notevolissimi e mi sono pure spicciato. E anche per oggi la missione cibo è compiuta
ORECCHIETTE ALLE “CEME DE REPE” AL VECCHIO CHEF 
Devo proprio dirvelo, senza presunzione e con tanta soddisfazione: oggi vecchio chef solitario, me medesimo, si è superato, con un piatto leggendario e di valore assoluto.
Adoro le orecchiette alle cime di rape e dunque non mi è sembrato vero di trovarle già pulite e belle e pronte dal mio grande fruttivendolo puntese Claudio. E oggi ho deciso di farle fuori: le ho bollite, saltate in padella con aglio, olio della pace from Castiglione di Sicilia, anciove e pezzettini di pomodorini, mescolandole alla fine con le orecchiette cotte nell’acqua usata per la verdura (suggerimento della mia guerriera Daniela, di grande maestria culinaria) per insaporirle adeguatamente.
Risultato brillante, da vero cuoco, di ciavuru e immagine molto accattivanti: con le cime deliziose, il condimento giusto e i tempi di cottura impeccabili, la pasta alle cime di rape del vecchio chef è venuta gustosissima, anche se non ho testimoni che possano confermarlo. Ma alla fine meglio così
PACCHERI CON AGGRASSATO DI VECCHIO CHEF 
Stasera cena regale per vecchio chef solitario, se medesimo: ho mangiato quella che per i miei gusti è la pasta più buona tra tutte le paste buonissime che ci sono.
Ho aspettato, per rispetto a quello che vedevo e perché non era il caso di mangiare, la fine del “Caro Marziano” di Pif da Auschwitz, che ha ricordato ai troppi con la memoria corta gli orrori del nazismo e poi mi sono dedicato al sublime agglasso – lo scrivo in dialetto – con patate, che con pensiero dolcissimo e affettuosissimo mi ha preparato la mia super amica e formidabile cuoca Monica Maimone.
Ho cotto al punto giusto i magnifici e più che pertinenti paccheri di quella marca che comincia con la R e finisce con la o e li ho immersi nel nobile aggrassato, prelibatezza di antica tradizione siciliana una volta considerata cucina povera, che adoro fin da bambino quando nella grande casa di famiglia di Palermo lo preparava in modo incantevole la nonna paterna, poi molto bene anche la mia mamma e il mio papà.
Mi ammuccai in abbondanza cotanta magnificenza e infinita bontà con gioia e soddisfazione, alla salute della cara Monica, che conoscendo la mia predilezione mi ha dedicato questa splendida coccola, della mia guerriera e naturalmente anche del vecchio chef, se medesimo.
Rimando a Internet amiche e amici nordici, o anche siciliani poco avvezzi alle nostre migliori tradizioni culinarie, per la ricetta dell’agglasso, il post diventerebbe troppo lungo. E non è il caso.
Finisco in bellezza parlando con me stesso: caro vecchio chef te medesimo, ta futti a spisa, alla facciazza di guai e camurrie. Buona serata e buona cena a voi
FUSILLI AI POMODORINI DI VECCHIO CHEF 
Cose semplici e genuine per gusti semplici, è la filosofia di vecchio chef solitario, me medesimo. E dunque oggi ho preparato in padella una bella salsetta di ottimi pomodorini piccadilly, suggeriti dal mio super fruttivendolo Claudio, che ha accolto al punto di cottura giusto i fusilli della mia marca preferita (non la cito, l’ho già fatto varie volte, comunque comincia con la r e finisce con la o), un tipo di pasta che amo molto. Un minuto abbondante di mescolata per amalgamare bene e via sul piatto, con carezzine di basilico e spruvulazzata di grana padano, per consumarla con gusto e soddisfazione. Ne lasciai un poco per la ripassata serale. Anche per oggi il pranzo è servito, buon appetito a voi.
ATTUPPATEDDI CON BROCCOLI DI VECCHIO CHEF 
Amo molto i broccoli in tutte le versioni: le mie origini mi fanno prediligere quello verde palermitano, ma nella mia “second life” etnea mi sono affezionato anche al “bastardo” viola.
E dunque vecchio chef solitario, se medesimo, ha accolto con entusiasmo il cavolfiore (cugino strettissimo del signor broccolo) omaggiato dalla generosissima vivandiera Virginia, mamma di mio nipote Andrea. Ci ho voluto calare gli attuppateddi- tubetti rigati il nome ufficiale- e, con lieve spruvulazzata di parmigiano, risulto’ idea brillante e primo, ma anche unico piatto di gusto eccellentissimo.
Buon pranzo, amiche e amici cari
NATALE DEL VECCHIO CHEF CON “MUFFULIETTE” E VINO PERRICONE
Pur invitatissimo, con grande affetto e attenzioni, al pranzo di Natale di famiglia, non me la sono sentita di partecipare. Oggi per per me è un 25 dicembre estremamente triste, con il cuore molto piccolo e un grande senso di vuoto a casa per la mancanza della mia adorata guerriera, ricoverata in riabilitazione. E dunque, per solidarietà con Daniela, ho scelto di restare solo.
Ma al vecchio chef me medesimo la fantasia non manca. Il mio menù natalizio è stato quest’anno a dir poco originale, ma decisamente gustoso: due moffolette, tipo di pane di tradizione palermitana che adoro, una con mortadella, l’altra classica con olio della pace dall’ulivo Polifemo by Pippo Raiti, sale e origano, purtroppo mi mancarono le acciughe ma fu ottimo lo stesso; eccellente mandarancio e fettona di pandoro; il tutto irrorato da un bel bicchiere del vino del “mio” vitigno, ho aperto un formidabile Perricone Soria di Firriato datato 2014, dieci anni che si sentono tutti e dunque non ho esagerato nel mescere, ma mi sono auto bevuto con molto piacere. Sono più che soddisfatto: cosa vuoi di più dalla vita? ci ricorda la nota pubblicità. Mi basterebbe la mia Daniela con me, ma ancora dovrò aspettare un bel po’. Intanto vecchio chef cerca di non soffrire la fame
SPAGHETTI ALL’ATTURRATA DEL VECCHIO CHEF 
Niè, stasera mi faccio gli applausi da solo: il vecchio chef solitario me medesimo, sempre più ispirato davanti ai fornelli, ha superato se stesso con una pasta da leccarsi i baffi, anzi da calarsela tutta.
Con la salsa di pomodorini ciliegini preparata all’alba, ho mescolato un bel po’ di filetti di anciova (acciuga, nordici) e dopo avere cotto al punto giusto gli spaghetti, ho dato l’ultima arriminata alla pasta nella padella piena di sugo profumato e più che invitante. Dulcis in fundo, come da seconda foto, ho abbondantemente sprovolazzato con tanta mollica atturrata (pan grattato abbrustolito, amici del nord).
Risultato decisamente soddisfacente per un piatto siciliano sublime. Li ho ribattezzati spaghetti all’atturrata e, come detto, me li sono ammuccati tutti, arricriandomi (ricreandomi) notevolmente e chiudendo la serata in bellezza. Domani vecchio chef mostrerà questo magnifico spettacolo in foto alla sua guerriera Daniela, che ne sarà più che contenta e soprattutto avrà sempre maggiore consapevolezza di avere un brillante vice, che se la spirugghia (se la cava) adeguatamente, per il ritorno a casa
SPAGHETTI SEMPLICIOTTI AL VECCHIO CHEF 
Stasera mi auto applaudo: la cottura degli spaghetti, rigorosamente Rummo (amo questa pasta e faccio volentieri pubblicità), è stata veramente … da vecchio chef.  Scesi dalla pentola al momento giusto, un pochino prima dei nove minuti scritti sulla confezione, li ho buttati nella passata di salsa in padella e arriminati con perizia per il tempo necessario. Talmente gustoso il risultato, che me li ammuccai tutti belli pieni di parmigiano con immensa soddisfazione, tanto a pranzo mangio quasi nulla e mi tiro almeno quattro chilometri a piedi al giorno.
Il vecchio chef solitario si rilassa e si diverte assai, soprattutto migliora di giorno in giorno. Si sta preparando al meglio a fare il vice chef alla leonessa più che ottima cuoca, in attesa che riprenda pieno possesso dello scettro in cucina. Ma ci vorrà tempo, intanto il vecchio chef diventerà super chef
VECCHIO CHEF COME I BAMBINI: BASTONCINI E PATATINE
Pranzo di facile fattura, poca fatica e molto gusto per vecchio chef me medesimo: bastoncini di pesce (rigorosamente Frosta, ottimi) e patatine fritte, menu molto ambito dai picciriddi e dai vecchi picciriddi come me. Adoro i bastoncini e ogni tanto ne ho voglia: non saranno da cucina gourmet, ma li trovo molto gratificanti non solo per i bambini
MAFALDA CON MORTADELLA: WORLD HERITAGE LIST
Sublime gusto per una cena minimalista. Vecchio chef solitario, se medesimo, in serata molto triste si siddiava (scocciava, nordici) di cucinare e allora … mafaldina con mortadella fu, magnifica e inestimabile, sempre. Patrimonio mondiale dell’umanità. Buona cena, amiche e amici cari, farete certamente meglio di me

L'articolo Piatti “a comegghiè” di vecchio chef solitario, se medesimo proviene da Il Vulcanico.

]]>
Metti una sera a Belpasso, agli “Otto Cavalli”. Chiudi gli occhi e ascolti l’immenso Fabrizio. Anzi, Ninè … https://ilvulcanico.it/8812-2/ Mon, 20 Aug 2018 09:30:56 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=8812 di Gaetano Perricone Non posso fare a meno di scrivere di Ninè sul mio blog. Non posso limitarmi a un post su feisbuc, pure molto caloroso come quello che ho scritto stanotte, di getto e di “pelle”, dopo l’entusiasmante serata musicale di Belpasso. Non ne posso e non ne voglio fare a meno perché mi […]

L'articolo Metti una sera a Belpasso, agli “Otto Cavalli”. Chiudi gli occhi e ascolti l’immenso Fabrizio. Anzi, Ninè … proviene da Il Vulcanico.

]]>
Inevitabile, anzi doverosa foto ricordo con Ninè Ingiulla
Inevitabile, anzi doverosa foto ricordo con Ninè Ingiulla

di Gaetano Perricone

Non posso fare a meno di scrivere di Ninè sul mio blog. Non posso limitarmi a un post su feisbuc, pure molto caloroso come quello che ho scritto stanotte, di getto e di “pelle”, dopo l’entusiasmante serata musicale di Belpasso.

Non ne posso e non ne voglio fare a meno perché mi sento ancora fortemente ispirato. Non può non esserlo un infinitamente appassionato, un cultore assoluto di Fabrizio De Andrè come lo sono io, 62enne giornalista anzianotto cresciuto con le canzoni, con le poesia, con le idee, con lo spirito libero del meraviglioso poeta genovese, a “pane e De Andrè“, come mi piace dire ogni tanto. Uno come me che ancora oggi, ancora ieri sera, si sente accarezzare il cuore quando le ascolta e le canta a squarciagola.

3 NinèEcco, ieri sera mi è successo di chiudere gli occhi … e ascoltare, come mi accadde l’ultima volta dal vivo tanti anni fa al Teatro Biondo di Palermo in un Suo magistrale concerto, la voce, calda e profonda, autentica di Fabrizio De André. È  successo a me e, credo di non sbagliare, ai tantissimi che hanno strariempito lo storico pub “Height Horses” di Belpasso, ascoltando per più di due ore le magistrali esecuzioni del talentuosissimo Ninè Ingiulla, il trentatreenne protagonista della serata-tributo al grande Fabrizio, originario di Biancavilla e residente a Brescia.

Un crescendo di brividi e, come ho detto, di carezze per l’anima. Cominciate con Hotel Supramonte e finite con Il Pescatore, secondo tradizione cantata con tutto il pubblico, passando per Amico fragile, Se ti tagliassero a pezzetti, Il giudice nano, Rimini, Canzone dell’amore perduto, Il testamento di Tito, Creuza de Ma e altri straordinari capolavori del cantautore genovese.

E quella voce, la calda voce di Ninè Ingiulla. Finora più simile a quella di Fabrizio De André che io abbia mai ascoltato, credetemi. Azzardo, consapevole di non azzardare troppo: perfino più simile di quella del figlio Cristiano. “De Andrè va eseguito, non interpretato”, mi ha correttamente puntualizzato questo simpatico ragazzone, siciliano al nord come tanti suoi coetanei, quando sono andato a salutarlo per conoscerlo e complimentarmi. Mi ha raccontato che la scintilla che lo ha fatto diventare cantore deandreiano è scoppiata quando aveva 14 anni, ascoltando la bellissima Disamistade ; da allora è stato un continuo lavoro di approfondimento e perfezionamento, sui pezzi e della voce, che oggi lo porta davvero ad essere considerato uno dei migliori,  forse il migliore “esecutore” di De Andrè sulla piazza, al punto che, come racconta il nostro eroe con un pizzico di orgoglio, è stato di recente contattato dalla Rai per prendere parte a un documentario sul cantautore-poeta. Riporto qui, con estremo piacere e perché aiuta a capire ancora meglio chi non ha avuto la fortuna di esserci, il commento social del mio amico Yuri Furnari, eccellente direttore d’orchestra, uno che di musica se ne intende assai e che ieri non è voluto mancare all’appuntamento con Ninè: “Questo è uno dei pochi casi che lo vedi e non ci credi. Ieri ho fatto fatica ad associare quella voce, a me troppo familiare, a quel volto. Impressionante”.

4 NinèQuasi inutile sottolineare che per me, “deandreiano” di ferro, è stata una serata davvero magica e piena di emozioni sentite e cantate. Il modo migliore, più bello e caloroso, per ricordare il carissimo, indimenticabile Turi Piana, amico e persona speciale, che di Fabrizio era anche lui grande ammiratore e che fu il “papà” di “Otto cavalli” a Belpasso, questo bellissimo e suggestivo locale – un pub dove mangi e bevi, ma soprattutto dove stai benissimo -che ebbi il piacere di conoscere aperto da poco vent’anni fa, all’inizio della mia esperienza lavorativa sull’Etna e che oggi è portato avanti in modo molto brillante, con infinito impegno e passione, dalle figlie di Turi, Francesca e Sara e da un eccellente staff.

Per la cronaca, Ninè Ingiulla ha continuato a stupirci a sorpresa con altre formidabili “esecuzioni” di pezzi storici di grandissimi artisti, come L’uomo in frac di Domenico Modugno e Rimmel di Francesco De Gregori. Per me è un fuoriclasse completo, con una voce sublime, che merita grandi palcoscenici. Sono felicissimo di averlo ascoltato e conosciuto e sono certo che sentiremo parlare di lui, ancora è molto giovane. Glielo auguro di vero cuore, ad maiora Ninè !

Un abbraccio e una foto ricordo con Francesca Piana
Un abbraccio e una foto ricordo con Francesca Piana

Nelle foto che ho scattato ieri sera nell’atmosfera calda e suggestiva di “The Eight Horses”, alcuni momenti di quello che è stato un vero e proprio, splendido concerto di Nine’ Ingiulla, con un enorme grazie al protagonista e alla carissima Francesca Piana, con la quale ci siamo riabbracciati commossi, nel ricordo del grande Turi Piana. Le sono estremamente grato, insieme alla sorella Sara, per avermi regalato una serata davvero memorabile … e l’ultimo, gustosissimo bicchierino di Spinamara, il mitico amaro al ficodindia, arancia rossa e cardo selvatico nato da una idea delle sorelle Piana, di cui Turi andava fiero e che da solo vale una visita agli “Otto Cavalli”.

L'articolo Metti una sera a Belpasso, agli “Otto Cavalli”. Chiudi gli occhi e ascolti l’immenso Fabrizio. Anzi, Ninè … proviene da Il Vulcanico.

]]>
Due sorelle e un’antica ricetta per effetti … speciali. Ecco “Spinamara”, il digestivo naturale dai sapori etnei https://ilvulcanico.it/antica-ricetta-per-effetti-speciali-ecco-spinamara-il-digestivo-naturale-dai-sapori-etnei/ Sun, 02 Apr 2017 10:11:38 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=3123 Si ispira ai frutti siciliani tra i più rappresentativi: il ficodindia e l’arancia rossa, che maturano con lo splendido sole siciliano, con l’aggiunta del cardo selvatico. “Spinamara” nato a Belpasso,  l’antica Malpasso, grosso centro e Comune del Parco tra i più rilevanti alla pendici dell’Etna con spiccata propensione all’agricoltura, è un prodotto, unico e innovativo, […]

L'articolo Due sorelle e un’antica ricetta per effetti … speciali. Ecco “Spinamara”, il digestivo naturale dai sapori etnei proviene da Il Vulcanico.

]]>
Si ispira ai frutti siciliani tra i più rappresentativi: il ficodindia e l’arancia rossa, che maturano con lo splendido sole siciliano, con l’aggiunta del cardo selvatico.

spinaamara con sfono nero

“Spinamara” nato a Belpasso,  l’antica Malpasso, grosso centro e Comune del Parco tra i più rilevanti alla pendici dell’Etna con spiccata propensione all’agricoltura, è un prodotto, unico e innovativo, nato dall’idea di due sorelle, Sara e Francesca, studentessa universitaria la prima e imprenditore agricolo e della ristorazione la seconda. Già la terra siciliana in sé si presenta agli occhi dei suoi innamorati piena di frutti, colori e sapori, unici nel suo genere, come le coltivazioni dei ficodindia, i cosiddetti “bastardoni” o gli stessi agrumeti che ci accompagnano tra le vie siciliane.

Sara e Francesca hanno dato il via ad un progetto, tutto “Made in Sicily”, creando il primo digestivo naturale di ficodindia, arancia e cardo selvatico accompagnato da un mix di erbe aromatiche che regalano un sapore inconfondibile e genuino.

1 CONVENTO

L’idea nasce da un antico scritto ritrovato su alcune usanze dei monaci che risiedevano nel monastero di San Vito sull’Etna, uno dei primi cenobi benedettini edificati in Sicilia, nel XV secolo.. “Correva l’anno 1612…..e nel  convento alle pendici del Mongibello  … Ove dei grassi monaci come ogni giorno a pranzo , godevano di piatti, manicaretti e intrugli vari, il massaio capo che soleva ingraziarsi i monaci ..per interesse, offrì a fine pasto un liquore a base di ficodindia, frutti di arancio amaro, e miscelanza di foglie di cardo e erbe aromatiche , ..tali da rendere leggero il riposo pomeridiano…. Liquore che si meritò anche da illustri visitatori lodi e meraviglie. Piace ricordare che i benedettini come riferisce Alessandro Dumas (padre) godevano la reputazione (…) de posseder la Meilleur Cusiner De Toute La Sicilie”.

sara e francesca
Le sorelle Sara e Francesca Piana

Raccontano Sara e Francesca: “Ci siamo ritrovate incuriosite da questa miscela, dal potenziale sapore e dagli effetti speciali.  Abbiamo ripreso l’antica ricetta –  raccontano Sara e Francesca – e, attraverso un’indagine di mercato e consigli di alcuni esperti, abbiamo cercato di riadattarla nel migliore dei modi, così da avere un amaro piacevole, dal triplice gusto: dolce all’impatto, moderno e fresco al palato ma dal buon sapore amaro, ma piacevole in linea con le tendenze di oggi, ma che fosse di memoria lunga nel pensiero di chi lo ha gustato”
Idea e innovazione, dunque, senza mai dimenticare le proprie origini e la propria terra.  “Volevamo un prodotto legato al territorio etneo che è il solo che produce i frutti necessari per la realizzazione – concludono Sara e Francesca -, così dal prossimo mese, SpinaAmara diverrà il nuovo amaro siculo”.

3 ARANCIO

Secondo il parere di molti addetti ai lavori, il nuovo prodotto darà vita ad un trend nel settore amaro siculo. Per sapore, prima di tutto, perché racchiude l’intensità dei prodotti siciliani, e per profumi tra ficodindia e note agrumate, in particolare di arancia amara appena raccolta, ma anche note erbe che ben si bilanciano con la parte alcolica dell’amaro, rendendolo piacevole e gustoso al primo…. e anche al secondo assaggio.

Puntura  d’aroma”, si legge sull’etichetta:  dalla particolarità dell’amaro al fico d’india, che sottende un sapore intenso tanto da divenire metafora per le papille gustative, pungolate (Puntura) appunto dalla sua unicità.

 

Fonte: Azienda Agricola Giusafra s.a.s. di Francesca Piana

[email protected]

www.giusafra.it

 

 

 

 

 

 

 

 

L'articolo Due sorelle e un’antica ricetta per effetti … speciali. Ecco “Spinamara”, il digestivo naturale dai sapori etnei proviene da Il Vulcanico.

]]>
Biodiversità e qualità della vita, dentro l’anima etnea. L’eccellenza dei “Monaci delle terre nere” https://ilvulcanico.it/biodiversita-e-qualita-della-vita-dentro-lanima-etnea-leccellenza-dei-monaci-delle-terre-nere/ Mon, 27 Mar 2017 17:44:55 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=3043 di Gaetano Perricone Cerchiamo le “eccellenze” dell’accoglienza e della ristorazione in posti lontani e ce le ritroviamo a un palmo dal nostro naso. Di bellezza e raffinatezza assoluta, con un legame profondo e intenso con un territorio davvero speciale e unico come quello per il quale proviamo sempre un emozionante senso d’appartenenza: l’Etna Patrimonio Mondiale dell’Umanità. E allora, […]

L'articolo Biodiversità e qualità della vita, dentro l’anima etnea. L’eccellenza dei “Monaci delle terre nere” proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Gaetano Perricone

ECCOMI-QUA-237x300

Cerchiamo le “eccellenze” dell’accoglienza e della ristorazione in posti lontani e ce le ritroviamo a un palmo dal nostro naso. Di bellezza e raffinatezza assoluta, con un legame profondo e intenso con un territorio davvero speciale e unico come quello per il quale proviamo sempre un emozionante senso d’appartenenza: l’Etna Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

E allora, quando ci si imbatte in una di queste eccellenze, come il meraviglioso relais “Monaci delle Terre Nere” di Zafferana Etnea, vale la pena di raccontarla un po’. Il Vulcanico non ha mai fatto finora nulla del genere, ma stavolta lo fa con particolare piacere: non solo per l’ammaliante fascino del posto, ma anche e soprattutto perché questo straordinario agriturismo … è Vulcanico nel senso letterale del termine. Perché incarna e riesce a interpretare autenticamente, mettendola con molta eleganza in vetrina per gli ospiti, l'”anima migliore” (sono parole dell’appassionato founder,  il fondatore Guido Alessandro Coffa), del più alto Vulcano attivo d’Europa, della magnifica Muntagna, con la sua aria, i suoi profumi, i suoi colori, i suoi silenzi, la sua storia e la sua cultura, le sue bellissime peculiarità naturali e la sua incredible biodiversity, incredibile biodiversità. Un boutique hotel, piccolo hotel di lusso, come si legge nel sito web, che in realtà è un vero e proprio luogo dell’anima. Di quell’anima etnea che riesce rapidamente a catturare, in molti casi a ipnotizzare, chi la incontra per la prima volta.

Guido Coffa
Guido Coffa

Con il founder e proprietario dei “Monaci delle Terre Nere” Guido Coffa, un distinto, colto e più che giovanile signore cinquantenne originario di Trecastagni ma con un lungo pezzo di vita lontano dalla Sicilia, abbiamo chiacchierato piacevolmente, condividendo in pieno non soltanto i principi ispiratori della sua attività, ma anche molte idee sulla cultura e sulla promozione del territorio. Ci ha raccontato la sua storia interessante e bellissima, che parte da un mondo completamente diverso (un importante impegno imprenditoriale nel settore metalmeccanico), si sviluppa in terre lontane – gli Stati Uniti e il nord Italia -, fino al ritorno in Sicilia e alla nascita dell’attuale progetto.

Mi piace riportare integralmente, perché estremamente illuminanti e incisive, le sue parole dal curatissimo sito web:  “Un giorno, nel 2007, per caso, arrivai in questo luogo, me ne innamorai e decisi di dedicare la mia vita alla sua resurrezione. Riportare questo posto, precedentemente scelto dai monaci dell’ordine di S. Anna per la sua energia e le straordinarie caratteristiche, alla vita. La tenuta Monaci delle Terre Nere è ubicata alle pendici del monte Etna, il vulcano più grande d’Europa, ai confini dell’omonimo Parco Regionale, ad un’altitudine di 500 mt. Il mio desiderio è stato quello di conservare l’identità storica e territoriale, più che un Boutique Hotel è una casa e spero ne conservi l’intimità. Ha l’anima di un rifugio discreto e senza pretese, lontano dal trambusto della vita cittadina, in un luogo di straordinaria energia”.

La splendida casa nobiliare, risalente al 1800, è annoverata tra gli edifici di importanza storica. Poi ci sono vari edifici indipendenti, che accolgono gli ospiti all’interno della tenuta di 16 ettari, dove l’architettura tradizionale siciliana si fonde con l’arte contemporanea. Per il restauro dell’edificio sono stati applicati i principi della bioarchitettura, una parte dell’energia è recuperata da fonti rinnovabili.

Sostenibilità, rispetto profondo e valorizzazione dei luoghi, dell’ambiente naturale e delle sue migliori caratteristiche, sono dunque principi fondanti della filosofia dei “Monaci delle Terre Nere”, una delle pochissimi realtà ricettive della Sicilia certificate come Eco-Bio. Te ne accorgi effettuando la bellissima passeggiata, quasi un’escursione naturalistica, nel percorso ad anello all’intero della tenuta, nel cui ambito incontri piante e alberi tipici del territorio etneo, ma anche vigneti con i vitigni autoctoni, con produzione di ottimo vino.

E poi c’è un altro aspetto speciale, che è un fiore all’occhiello di questo luogo incantato: l’agricoltura biologica, “pietra miliare” come viene definita nel sito  della ristorazione, con il menu e la cucina tradizionale che si basano interamente sui prodotti freschi e a km 0 dell’azienda biologica. Raccontando di sé e della storia di questo affascinante agriturismo, Guido Coffa sottolinea i primi anni trascorsi nella tenuta a fare l’agricoltore: “Ho imparato con molta passione tutto quello che si doveva imparare sulla biodiversità del territorio, sull’agricoltura biologica, sulle eccellenze di questa terra bellissima”. E tiene anche a raccontare dei suoi istruttivi contatti con il Parco dell’Etna, delle sue visite conoscitive al campo collezioni della Banca del Germoplasma Etneo, adiacente alla sede del Parco a Nicolosi, che conserva tutta la biodiversità vegetale del territorio.

9 TERRE NERE

Così, come spiega bene il sito, il recupero di specie antiche e autoctone ha permesso la coltivazione di alberi da frutto, verdure ed erbe aromatiche, che costituiscono gli ingredienti della cucina. Di eccellenza anche le specie coltivate: il Ciliegio Mastrantonio DOP, le Pesche tabacchiere e Sbergia, il Pero Coscia e Baccibedda, il Melo Cola, l’Albicocco Damaschino, il Fico Vinnignola, il Susino Muscateddu. Vengono coltivate anche verdure selvatiche tradizionali: Cannatedda, Caliceddi, Caccialepre, Coscivecchi.

Spiega ancora il sito, in un passaggio molto interessante dal titolo slow living, vivere lento: “Monaci delle Terre Nere crede nell’atteggiamento di lentezza ed è fortemente impegnato per la causa del movimento Slow Food. Siamo appassionati di cibo come elemento di autenticità e come un’esperienza in sé. Siamo pienamente coinvolti nella produzione di ciò che serviamo ai nostri ospiti e ci sforziamo per una fornitura di auto-sostentamento per il nostro ristorante e il recupero del territorio, a partire dall’agricoltura. La fattoria di Monaci produce un Presidio Slow Food, che è l’Aci trunzu cavolo rapa … la lentezza di ogni esperienza a Monaci è pensata per dare un dono prezioso: il tempo”.

10 TERRE NERE

Qualità del tempo e qualità della vita, dunque. Cose per le quali, insieme all’eccellenza assoluta dell’accoglienza e della ristorazione, alla estrema professionalità e cortesia del personale, vale assolutamente la pena conoscere “Monaci delle terre nere”. Se poi aggiungiamo … la magnifica sorpresa della mancanza di Tv e telefono nelle camere, per rendere ancora più rilassante il soggiorno, vale la pena ancora di più.

 

 

 

www.monacidelleterrenere.it

 

L'articolo Biodiversità e qualità della vita, dentro l’anima etnea. L’eccellenza dei “Monaci delle terre nere” proviene da Il Vulcanico.

]]>
Cibo e alimentazione, come informare correttamente. Tre giorni intensi a Torino, tra dibattiti e fornelli … https://ilvulcanico.it/cibo-e-alimentazione-come-informare-correttamente-tre-giorni-intensi-a-torino-tra-dibattiti-e-fornelli/ Thu, 02 Mar 2017 16:45:03 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=2684 di Sara La Rosa Chiude con un bilancio positivo la seconda edizione del Festival del giornalismo alimentare, che a Torino ha visto confrontarsi per tre giorni sull’argomento “cibo” numerosi esperti ed ha registrato la partecipazione di giornalisti, blogger ma anche semplici appassionati, tutti animati da un unico interesse: la corretta comunicazione alimentare. Dalle campagne contro […]

L'articolo Cibo e alimentazione, come informare correttamente. Tre giorni intensi a Torino, tra dibattiti e fornelli … proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Sara La Rosa

Sara La Rosa chef per una sera

Chiude con un bilancio positivo la seconda edizione del Festival del giornalismo alimentare, che a Torino ha visto confrontarsi per tre giorni sull’argomento “cibo” numerosi esperti ed ha registrato la partecipazione di giornalisti, blogger ma anche semplici appassionati, tutti animati da un unico interesse: la corretta comunicazione alimentare.

Dalle campagne contro gli sprechi all’informazione sui benefici di una corretta refezione scolastica ma anche sulle etichette dei prodotti alimentari, primo strumento di informazione dei consumatori. Spazio anche al rischio di pubblicità occulta, pericolo purtroppo in agguato quando si parla di determinati prodotti ed il conseguente approfondimento sulla questione deontologica nell’era del giornalismo che si sta reinventando, che  vive proprio una nuova dimensione anche grazie ai social ed ai tanti programmi (forse anche troppi) dedicati alla cucina ed alla spesa.

Adesso il rapporto col cibo è cambiato e si avverte l’esigenza non solo di cucinare – e bene … – ma anche di comunicare correttamente e di informare i consumatori. L’esigenza crescente è quella di essere informati sul tema dell’alimentazione e su di un settore che purtroppo attira anche affari poco puliti sia per i reati alimentari ed il fenomeno delle agromafie, che per l’ “Italian sounding”, ovvero la strumentalizzazione ed il richiamo di note località geografiche italiane o di colori della nostra Nazione per veicolare prodotti che nulla hanno a che fare con il nostro Paese, come ha ricordato Giancarlo Caselli, Presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema alimentare.

Un incontro al Festival di Torino
Un incontro al Festival di Torino

Emerge così la necessità di scrivere norme a favore del territorio, per tutelare il settore, perché non c’è nessuna differenza tra il patrimonio artistico italiano e quello agroalimentare: entrambi sono meritevoli della stessa attenzione e la richiesta del prodotto “Italia” è sempre crescente. Di fatto aumentano le occasioni di occupazione grazie al cibo, anche inventando un lavoro grazie alla semplice esperienza quotidiana come nel caso dei c.d. “home restaurant”. Si pranza (o si cena) fuori casa, ma tra le mura domestiche di una famiglia sconosciuta che si diletta ai fornelli e che ha deciso di trasformarsi in ristorante anche se per pochi intimi e dietro prenotazioni garantite. I social hanno contribuito alla creazione di queste nuove forme di  economia.

Il Festival ha inoltre permesso – tra i tanti appuntamenti in calendario – non solo uno scambio professionale con i convegni, ma anche eventi dedicati al riuso degli scarti alimentari. Grazie alla collaborazione con l’Associazione degli Insegnanti di Cucina Italiana, ecco così una cena con una ricca vellutata di cavolfiore e salsa alle acciughe, preparata utilizzando foglie e “trunzu” (così mi faccio perdonare dal Vulcanico per l’abbondanza di termini stranieri…), seguita da squisite bucce di patate fritte e, per concludere, un budino di pane raffermo. Giusto per ricordarci che ridurre lo spreco di cibo contribuisce anche a salvare il Pianeta e forse, per avvicinarci anche alle nostre tradizioni: nelle famiglie di una volta il cibo non si buttava di sicuro.

SARA 1

Conclusione alla Città del Gusto di Torino – Gambero Rosso, dove l’Associazione Agape e la Chef Roxana Rondan hanno proposto un simpatico laboratorio dedicato alla scoperta dei sapori e delle ricette della cucina peruviana. Si tratta di una cucina che unisce i sapori di diversi continenti e che risente dell’eredità di popolazioni diverse, che si sono avvicendate nel corso del tempo e che hanno lasciato un’impronta nella cucina locale.

 

 

 

 

 

 

 

L'articolo Cibo e alimentazione, come informare correttamente. Tre giorni intensi a Torino, tra dibattiti e fornelli … proviene da Il Vulcanico.

]]>
Andy Luotto gran cerimoniere, tra prelibatezze e “piatti di recupero” https://ilvulcanico.it/andy-luotto-gran-cerimoniere-prelibatezze-piatti-recupero/ Tue, 29 Nov 2016 15:11:31 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=1667 di Sara La Rosa Ha chiuso i battenti domenica scorsa con un buon successo la terza edizione di “Expo Food & wine”, iniziativa dedicata al buon cibo e al buon vino, tenutasi a Catania presso Le Ciminiere. Non solo una manifestazione dedicata alla promozione del made in Italy agroalimentare ma un vero e proprio viaggio […]

L'articolo Andy Luotto gran cerimoniere, tra prelibatezze e “piatti di recupero” proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Sara La Rosa

Sara La Rosa e, dietro, Andy Luotto, all’Expo Food & Wine

Ha chiuso i battenti domenica scorsa con un buon successo la terza edizione di “Expo Food & wine”, iniziativa dedicata al buon cibo e al buon vino, tenutasi a Catania presso Le Ciminiere.

Non solo una manifestazione dedicata alla promozione del made in Italy agroalimentare ma un vero e proprio viaggio alla scoperta di sapori e tradizioni, che hanno fatto conoscere la Sicilia nel mondo e che rendono la nostra cucina un mezzo di espressione culturale. Un modo per fare squadra e confrontarsi, per creare nuove occasioni di lavoro e per aumentare la professionalità degli addetti del settore.

Tre giorni dedicati ad eventi, con convegni e seminari per fare il punto della situazione del comparto, tra tradizione e innovazione ma anche a show cooking per assaporare la Sicilia, mettendo in mostra piatti d’autore e la professionalità dei diversi chef presenti alla terza edizione.

Presentati da Andy Luotto, cuoco “prestato” alla TV con Renzo Arbore e poi ritornato all’antico amore per la cucina, gli appuntamenti sul palco diventano l’occasione per parlare di creatività. Luotto, popolare attore e conduttore televisivo, è divenuto ufficialmente cuoco nel 1981, con uno specifico diploma all’Istituto alberghiero di Civita Castellana e ha parlato della propria esperienza esortando i giovani a studiare per migliorare la propria preparazione ed offrire il meglio dei prodotti siciliani. “Un pizzico di estro e l’invito a consumare i prodotti locali offrono la Sicilia migliore”, commenta Luotto tra un appuntamento e l’altro dal palco della manifestazione, ricordando che la semplicità in cucina permette ampia valorizzazione del patrimonio agroalimentare e si rivela un’arma vincente.

Tra gli eventi in programma, spazio al teatro della cucina che ha registrato, tra gli altri, la presenza dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei: proposto, per l’occasione, un menù che ha valorizzato sia i prodotti dell’entroterra che il pescato siciliano.

Presentato anche un capolavoro della pasticceria conventuale della nostra regione, purtroppo oggi caduto in disuso e riproposto con l’intento di valorizzare l’antica arte pasticcera siciliana. “Il Trionfo di gola, questo il nome del dolce a base di ricotta, pan di Spagna e pasta frolla composta di arance amare candite e conserva di cedro, preparata dal maestro pasticcere Vincenzo Monaco risulta citato nelle pagine de Il Gattopardo, nel celebre banchetto servito in occasione del Gran ballo.

Spazio anche per le proposte dedicate ad una corretta alimentazione ed ai suggerimenti per eliminare gli sprechi alimentari. Ecco così idee per i “piatti di recupero” ovvero con l’utilizzo degli avanzi di cucina, come la grandiosa cassata salata presentata dal Prefetto dell’Accademia Italiana di gastronomia storica Anna Martano che, in chiave salata per l’appunto, ha proposto una gigantesca preparazione di circa 80 kg. Utilizzando gli avanzi e che ha riscosso l’apprezzamento del pubblico in sala come idea per le prossime festività natalizie.

Nella foto con la cassata salata, da sinistra i maestri chef e pasticceri: Andrea Venturella, Massimo Giambelluca, Gaetano Mineo e Antonino Mineo, con Anna Martano, al termine della preparazione.

 

L'articolo Andy Luotto gran cerimoniere, tra prelibatezze e “piatti di recupero” proviene da Il Vulcanico.

]]>
Salute e lunga vita per i vini in alta quota https://ilvulcanico.it/salute-lunga-vita-vini-alta-quota/ Thu, 10 Nov 2016 06:27:30 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=1357 Domani, venerdì 11 novembre, alle 10.00, saranno presentati presso l’Osservatorio di Pizzi Deneri (Linguaglossa-Catania) dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), i risultati del progetto sperimentale “Vini d’alta quota. I Vini Calcagno a quota 2800 metri”, nato dalla collaborazione tra INGV e l’azienda vinicola Calcagno, che ha sede nella frazione di Passospisciaro (Castiglione di Sicilia), […]

L'articolo Salute e lunga vita per i vini in alta quota proviene da Il Vulcanico.

]]>
VINO 2Domani, venerdì 11 novembre, alle 10.00, saranno presentati presso l’Osservatorio di Pizzi Deneri (Linguaglossa-Catania) dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), i risultati del progetto sperimentale “Vini d’alta quota. I Vini Calcagno a quota 2800 metri”, nato dalla collaborazione tra INGV e l’azienda vinicola Calcagno, che ha sede nella frazione di Passospisciaro (Castiglione di Sicilia), tra le più fertili e prolifiche per i vini etnei.

Il progetto sperimentale nasce dalla collaborazione tra INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e l’azienda Calcagno. All’interno dell’Osservatorio di Pizzi Deneri (Linguaglossa, Ct), all’altitudine di 2813 m, longitudine 15.0167897, latitudine 37.7658466, è stato allestito un corner dedicato all’affinamento di un lotto di bottiglie dei vini dell’azienda Calcagno, posizionati in casse di legno, per un periodo di circa 12 mesi. Il progetto, di natura sperimentale, è il primo nel suo genere e si basa sulle teorie di Pasteur (1822-1895), chimico, biologo e microbiologo francese, il quale sosteneva che “l’aria in alta quota è priva di germi ed è migliore per la conservazione di un prodotto fermentato come il vino”. Inoltre, secondo  lo studioso “l’aria più rarefatta, con meno ossigeno, mantiene i vini più giovani”.

In base a ciò, la sperimentazione nasce dall’idea di osservare che i fattori considerati da Pasteur, insieme all’esclusivo microclima, il profondo silenzio, l’assoluta assenza di luce e la bassa concentrazione di ossigeno, presenti a quota 2.813, favoriscano il “rallentamento” del processo di maturazione del vino e, quindi, la longevità dello stesso; evolvendosi sia dal punto di vista organolettico, che da quello riguardante la tonalità del colore. A conclusione del primo anno di affinamento, i vini sono stati sottoposti a controllo per poter stabilire l’effettiva salute dei prodotti.

La fase finale della sperimentazione, consistente nel recupero delle bottiglie presso la zona dell’Osservatorio, prevederà, oltre alla presentazione del lavoro alla stampa locale e nazionale, una degustazione analitica da parte di una commissione di esperti del settore (enologi,giornalisti, sommelier). La scelta della presentazione del progetto presso la sede dell’osservatorio, vuole poter essere un valore aggiunto per i presenti in termini di sensazioni ed emozioni derivanti dalla sperimentazione.

Fonte: Ufficio stampa INGV

L'articolo Salute e lunga vita per i vini in alta quota proviene da Il Vulcanico.

]]>