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]]>“Il giudice e il boss”: stasera a Palermo è in programma al cinema Rouge et Noir (ore 20,30) l’anteprima nazionale dell’atteso film di Pasquale Scimeca, girato in gran parte sulle Madonie. Il film racconta la lotta a Cosa Nostra del giudice Cesare Terranova, assassinato il 25 settembre 1979, quarantacinque anni fa. Per Marco Gambino, bravissimo attore palermitano trapiantato a Londra e mio caro cugino, un altro ruolo importante e di grande interesse: quello di Luciano Cianuzzu Raia, il primo vero pentito di mafia. Ecco, per i lettori del Vulcanico, la sua breve, ma intensa testimonianza (Gaetano Perricone)
di Marco Gambino
Nel 1969 si tenne a Bari il primo processo di mafia. Non sono in molti a ricordarsi di quella che fu la tappa miliare dell’operato di un giudice indomito: Cesare Terranova. Alla sbarra erano presenti ben 64 imputati fra cui i temutissimi Luciano Leggio più noto come Liggio, Salvatore Riina, Calogero Bagarella, Bernardo Provenzano.
Quella volta la mafia vinse. I sanguinari furono assolti con una sentenza bomba che suscitò infinite polemiche. Ma Terranova non si arrese continuando la sua lotta alla mafia fino al fatidico 25 Settembre 1979, quarantacinque anni fa quando lui ed il suo fidato Lenin Mancuso vennero barbaramente trucidati a Palermo.
Pasquale Scimeca, nel suo film Il Giudice e il boss, ha scelto di raccontare la prima parte della vita di Terranova, quella meno conosciuta, illuminata dalla sua scelta coraggiosa di trasferirsi a Corleone. Lui voleva conoscere da vicino la mafia, in anni in cui se ne negava l’esistenza, voleva provare ad affrontarla vis a vis , in quello che fino ad allora era stato il suo incontrastato territorio.
Cianuzzu Raia é l’autista di Riina, Provenzano e Bagarella, testimone eccellente di vendette e omicidi. Cianuzzu un giorno, braccato dalla sua stessa vita, decide di confessare tutto al giudice Terranova e gli promette che al processo parlerà, dirà nomi e cognomi sfidando lo sguardo letale di Leggio che non lo mollerà un secondo. Cosi su di lui, primo pentito di mafia, si accendono i riflettori. Da uomo assoldato al potere mafioso, custode di nomi e trame inconfessabili, Raia diventa l’attesissima star del processo di Bari. Interpretare lo stato d’animo di un uomo tormentato, padre di famiglia, gregario di criminali, e pentito (forse) suo malgrado, è stato per me meraviglioso e complesso. Non capita spesso che un ruolo ti scuota fino alle midolla. Quando succede vuol dire che è tuo e che per quella volta sei un attore “insostituibile”.
BEING CIANUZZU RAIA, THE FIRST MAFIA REPENTANT
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]]>Primo giorno di riprese sul set di “Those about to die” in cui interpreto il Senatore Supulcius. Oggi si gira con Sir Anthony Hopkins. Il mito assoluto. Lui, il terribile Hannibal ma anche l’impeccabile devoto maggiordomo di “ The remains of the day” o più recentemente , il padre straziante di “The father” . Lui, l’attore straordinario che spaventa e commuove intere generazioni.
Ma com’e’ ? Tu lo hai mai incontrato? chiedo a Rupert Penry-Jones che nella serie interpreta il console Marsus.
“E’ un uomo eccezionale ancor prima ancora di essere la star che è, vedrai”-
Rupert, come si evince dal nome, è super inglese e proviene da tre generazioni di attori. I suoi genitori hanno calcato il palcoscenico per anni insieme ad Hopkins e sua madre dice che è un uomo umilissimo e generoso.
Giriamo allo Studio 5 di Cinecittà, quello immenso di Fellini. Una scena in cui noi, i patrizi, siamo schierati davanti alla portantina dove Sir Anthony, nei panni dell’imperatore Vespasiano, salirà dopo un lungo monologo. Lo aspettiamo in silenzio. Quando arriva c’è un brivido generale. Eccolo il mito in carne ed ossa, il suo inconfondibile sorriso con gli occhi. Azzurrissimi. Ha 86 anni ma ha la vivacità di un ragazzo tutta concentrata in quello sguardo magnetico.
–Oh thank God my taxi is here – esordisce additando la portantina. Il silenzio si rompe in una risata generale. Roland Emmerich, il regista, si avvicina per salutarlo, ma lui va dritto verso Rupert e lo abbraccia. Gli dice che non dimenticherà mai i suoi genitori, quando insieme a loro calcava i palcoscenici di tutta l’Inghilterra, gli anni più importanti della sua vita d’attore, quelli che lo hanno forgiato.
Lo guardo mentre recita e vorrei rubargli tutto. Le pause, la misura, il gesto, il controllo.
Alla fine della scena siamo tutti intorno a lui che racconta. Dice che un giorno a Los Angeles, quando era appena uscito Il silenzio degli innocenti, chiese al suo autista di fermarsi. Tutti quei cartelli in autostrada con la sua faccia in primo piano lo avevano sconvolto. Com’era possibile che lui, un povero ragazzo originario del Galles, fosse finito al centro dell’attenzione mondiale? Un salto che a lui in quel momento, fermo sotto una di quelle gigantografie, appariva incomprensibile. Ma sono proprio io quello ?– continuava a ripetersi mentre l’autista gli diceva che non c’erano dubbi, fino a prova contraria lui era proprio Mr Anthony Hopkins.
Mentre si allontana verso la macchina ho un impulso di quelli, per me, rarissimi. Allora lo blocco. Tony posso chiederti una foto? “But of course”- mi risponde. Mentre siamo li per quei pochi secondi non so cosa dirgli.
Ma è lui a scuotermi dall’imbarazzo. “Your costume is way nicer than mine” (Il tuo costume è molto più bello del mio). E mi sorride con gli occhi.
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First day of filming on the set of “Those About to Die” in which I play Senator Supulcius. Today, we’re shooting with Sir Anthony Hopkins. The absolute legend. He, the terrifying Hannibal, but also the impeccable, devoted butler in “The Remains of the Day” or, more recently, the heartbreaking father in “The Father” He, the extraordinary actor who has frightened and moved entire generations.
But what is he like? Have you ever met him? I ask Rupert Penry-Jones, who plays Consul Marsus in the series.
– He is an exceptional man even before being the star that he is, you’ll see.
Rupert, as his name suggests, is super English and comes from three generations of actors. His parents have shared the stage for years with Hopkins, and his mother says he is a very humble and generous man.
We are filming at Studio 5, the enormous one used by Fellini. A scene where we, the patricians, are lined up in front of the litter where Sir Anthony, playing Emperor Vespasian, will climb after a long monologue. We wait for him in silence. When he arrives, there is a general shiver. Here he is, the legend in flesh and blood, his unmistakable smile with his eyes. Piercingly blue. He is 86 years old but has the vitality of a young man, all concentrated in his magnetic gaze.
– Oh thank God my taxi is here, -he says, pointing to the litter. The silence breaks into general laughter. Roland Emmerich, the director, approaches to greet him, but he goes straight to Rupert and hugs him. He says he will never forget his parents when he shared the stage with them all over England, those were the most important years of his acting life, the ones that shaped him.
I watch him as he acts and wish I could steal everything from him. His pauses, his measure, his gesture, his control.
At the end of the scene, we are all around him, listening to his stories. He says that one day in Los Angeles, when “The Silence of the Lambs” had just come out, he asked his driver to stop the car on the side of the motorway. All those billboards lining the highway with his face in the foreground had surprised him. – How was it possible that he, a poor child from Wales, had ended up at the center of worldwide attention? A leap that, at that moment, standing under one of those giant images, seemed incomprehensible to him. Is that really me? – he kept asking himself while the driver assured him there was no doubt, he was indeed Mr. Anthony Hopkins.
As he walks away towards the car, I have one of those impulses that are very rare for me. So, I stop him – Tony, can I ask you for a photo? – But of course – he replies. While we’re there for those few seconds, I don’t know what to say to him. But he shakes me out of the embarrassment. – Your costume is way nicer than mine –
And he smiles at me with his eyes.
Con il titolo e nella gallery: Marco Gambino durante le riprese romane di “Those about to die”
(Gaetano Perricone). Sono particolarmente grato al mio carissimo cugino Marco Gambino, eccellente attore palermitano da una vita trapiantato a Londra, per questo suo nuovo, prezioso contributo a questo blog. Una testimonianza deliziosa e davvero speciale sul suo incontro sul set con un “mostro sacro” del cinema mondiale, uno dei più grandi attori di tutti i tempi. Non so se Marco sia il primo palermitano ad avere lavorato con Sir Anthony Hopkins, posso immaginarlo senza però averne alcuna certezza: in ogni caso credo sia una notizia prestigiosa per la cultura della città dove entrambi siamo nati e cresciuti insieme. Grazie di cuore a Marco Gambino, cugino con il quale siamo legatissimi – lo dico con orgoglio e grande affetto – , per questo bel regalo che ha fatto a me e ai lettori del Vulcanico
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