Spettacolo Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/spettacolo/ Il Blog di Gaetano Perricone Sun, 13 Apr 2025 05:12:59 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8 “Sotto le foglie”, quand vient l’automne, nessuno dice mai tutta la verità https://ilvulcanico.it/sotto-le-foglie-quand-vient-lautomne-nessuno-dice-mai-tutta-la-verita/ Sun, 13 Apr 2025 05:12:59 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25503 di Antonella De Francesco Se avete voglia di un film meravigliosamente francese, andate a vedere l’ultima fatica di François Ozon Sotto le foglie. Meglio però rifarsi al titolo originale Quand vient l’automne che dà più senso a tutto il film. L’autunno infatti è la stagione dei rimpianti, dei ricordi , del tempo che è passato, […]

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di Antonella De Francesco
Se avete voglia di un film meravigliosamente francese, andate a vedere l’ultima fatica di François Ozon Sotto le foglie. Meglio però rifarsi al titolo originale Quand vient l’automne che dà più senso a tutto il film. L’autunno infatti è la stagione dei rimpianti, dei ricordi , del tempo che è passato, delle Les feuilles mortes come cantava Ives Montand.
Si tratta di un film molto particolare che cambia continuamente registro: dal dramma, alla commedia al noir, un po’ come succede nella vita reale. Un giorno sei sereno e il giorno dopo tutto è cambiato. Un giorno dormi bene e il giorno dopo non riesci a prendere sonno .
Nella campagna bucolica francese della Borgogna, laddove la natura in autunno si esprime con colori magnifici, Ozon osserva il cuore delle persone, le storie della gente comune, le vite di tutti , solo in apparenza tranquille. Anche lui, come ha fatto pure di recente nel suo ultimo film Il caso di Belle Steiner , un altro regista francese Jacqot, guarda alla provincia francese, ai suoi segreti e al suo malcelato pregiudizio.
In una chiesa affollata in cui il sermone invita i fedeli a non disprezzare Maria Maddalena, siede pure una vera ex prostituta, Michelle, ormai avanti negli anni, che conosce molto bene la sua storia e la sorte che le è toccata e sa bene quanto non conti mai abbastanza per gli altri quello che di fatto lei è sempre stata. Ozon ce la presenta a poco a poco con grazia, ci invita a non giudicare ma piuttosto ad apprezzare i suoi modi affabili, il suo garbo, l’amore per il nipote, per la sua amica e il figlio di lei, la sua generosità . Ce la mostra nell’intimità della sua casa dove vive da sola, quando scosta le tende al mattino per far entrare la luce e quando le chiude perché il mondo deve restare fuori, mentre rifà il letto in attesa della figlia, Valerie, mentre cucina il suo piatto preferito  mentre cerca di impegnare il tempo che la separa dal rivedere lei e il nipote e rende magnificamente l’idea di quanto possa essere lunga una giornata da soli, di quanto sia lento il tempo per gli anziani, mentre i giovani corrono via. Loro che lavorano anche nel tempo libero per riempire i vuoti esistenziali che essi stessi hanno, loro che inseguono rapporti virtuali sui cellulari e non hanno tempo per la vita vera e per chi li stava aspettando.
Ed è lì che il film cambia ancora una volta registro, da dramma a thriller e la trama si tinge di nero mentre prevale l’ambiguità di tutti, al punto che non sai più a chi credere , ti perdi nelle mezze frasi , provi a dare un senso alle coincidenze per poi arrenderti al fatto che in fondo la verità è che nessuno dice mai tutta la verità

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Here, qui e ora. Casa, dolce casa https://ilvulcanico.it/here-qui-e-ora-casa-dolce-casa/ Sun, 12 Jan 2025 10:09:36 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25315 di Antonella De Francesco Ho visto il film Here, del regista Robert Zemeckis. Ci sono andata spinta dalla curiosità, dal momento che avevo letto molto sulla genesi del film in gran parte prodotto grazie alla IA, Intelligenza Artificiale. Girato con un’unica macchina da presa fissa nell’ambiente principale di una casa, il film sintetizza mezzo secolo […]

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di Antonella De Francesco
Ho visto il film Here, del regista Robert Zemeckis.
Ci sono andata spinta dalla curiosità, dal momento che avevo letto molto sulla genesi del film in gran parte prodotto grazie alla IA, Intelligenza Artificiale. Girato con un’unica macchina da presa fissa nell’ambiente principale di una casa, il film sintetizza mezzo secolo di storia, che, se ci pensate è già questo un miracolo e l’intento spiega la velocità delle sequenze e la brevità dei dialoghi. Perché la vera protagonista del film è la casa (here: il qui e ora dell’esistenza di ciascuno di noi). Una casa come tante tra le cui mura accadono vite, si incrociano destini, si allargano famiglie, si vivono dolori e si festeggiano ricorrenze.
Pare banale a dirsi e, per certi versi démodé, dal momento che oggi la maggior parte di noi erra per il mondo sette giorni su sette e rientra a casa quasi solo per dormire. Che ne è stato della “ casa” ? Sono sicura che almeno i boomers come me ne hanno una nel cuore. Per costoro il film Here è una carezza amara che ci proietta in quel domani in cui anche noi non ci saremo più ma lei (la casa) sì, e al suo interno vivranno forse ancora le nostre voci, il fragore delle nostre risate, i nostri sogni irrealizzati, le speranze disattese, le lacrime nascoste, le parole urlate e quelle appena sussurrate.
Cosa ricorderemo della casa e della vita? Dove alloggeranno i ricordi quando vivremo soprattutto nel passato e non avremo più contezza del presente ? Chi avremo accanto a ricordarci cosa siamo stati? Il perché dei nostri errori, la ragione delle nostre decisioni ? Capite bene che non è un film per tutti e bisogna attrezzarsi per il finale.
Ma se avete una “casa” nel cuore, se siete sensibili e vi affezionate ai luoghi, se date valore ai ricordi, anche a quelli in apparenza più insignificanti, andate a vedere il film: vi commuoverà (straordinari Tom Hanks e Robin Whright) e vi farà ripensare a tutto ciò che avete vissuto e alla casa del cuore che, anche se non l’abitate più, ancora custodisce la parte più intima di voi e dei vostri cari.

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Parthenope, che viene dal mare e prende a morsi la vita https://ilvulcanico.it/partenope-che-viene-dal-mare-e-prende-a-morsi-la-vita/ Tue, 29 Oct 2024 07:07:44 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25198 di Antonella De Francesco  L’ultima fatica di Paolo Sorrentino, Parthenope, è un film complesso e difficile da spiegare. È un film a lento rilascio dalla cui visione si esce ammaliati e per certi aspetti ossessionati. Un film esagerato, felliniano, onirico a tratti, anticlericale, profano, che parla di bellezza, di gioventù, di sogni , di dolori, […]

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di Antonella De Francesco 
L’ultima fatica di Paolo Sorrentino, Parthenope, è un film complesso e difficile da spiegare. È un film a lento rilascio dalla cui visione si esce ammaliati e per certi aspetti ossessionati. Un film esagerato, felliniano, onirico a tratti, anticlericale, profano, che parla di bellezza, di gioventù, di sogni , di dolori, insomma di vita vissuta.
L’ennesimo omaggio del regista alla sua splendida e detestabile Napoli che ci mostra attraverso gli occhi di Parthenope. La storia prende vita dall’acqua perché è lì che nasce Parthenope, viene dal mare come la figura mitologica protettrice di Napoli ed è il mare che fa da sfondo costante alla vicenda: che si tratti di amore, di rimpianti, di lutti o di semplici riflessioni, il mare condiziona la vita di chi ci abita e lo attrae con una forza e una prepotenza che dura per sempre.
Parthenope, interpretata da Celeste Dalla Porta, è la storia di una donna bellissima e libera che non indietreggia mai davanti ad una nuova esperienza, ma piuttosto vi partecipa con grande curiosità. La sua straripante bellezza non condiziona il suo modo di essere, perché lei non è solo quello, lei è anche altro: è colta, legge, è riflessiva, studia per trovare risposte e quindi, al di là di quello che la sua beltà suscita negli altri, questa donna si salva, sopravvivendo al tempo che passa e al fisiologico sfiorire della sua divina beltà, a differenza delle altre figure femminili, l’attrice Greta Cool, interpretata da Luisa Ranieri e il suo agente Lidia Rocca, interpretata da Isabella Ferrari che dalla bellezza hanno tratto tutto per vivere e che inevitabilmente, allo sfiorire di questa, si ritrovano sconfitte perché intente a lottare unicamente nel vano tentativo di mantenerla ad ogni costo.
Su questo Sorrentino è fin troppo chiaro: la bellezza sfiorisce anche nelle persone più belle e perfette, la vita non fa sconti, alla giovinezza, che forse dura troppo poco, segue inesorabilmente l’età adulta. Ma la giovinezza, se pur fugace, resta per ciascuno di noi come in È stata la mano di Dio, il tempo delle illusioni, dei primi amori, anche di quelli mancati, dell’ingenuità, dei sogni, delle amicizie fraterne, delle domande, degli affetti familiari, delle esperienze e anche, ahi noi, della scoperta del dolore. Alla nostra giovinezza tutti facciamo ritorno di tanto in tanto per trovare conforto, ricordare un tempo diverso in cui niente ci mancava, in cui il tempo era disteso davanti a noi, in cui cercavamo le risposte. Ma come spesso si dice c’è una ricetta per non avere rimpianti o averne pochi: vivere con pienezza. Buttarsi nella vita, prenderla a morsi, sperimentare, lasciarsi andare, perdersi per poi ritrovarsi, per non doversi dire, un giorno, che è troppo tardi.
Nella vita dovremo scegliere e cercare di capire, sperimentare come Parthenope, cambiare l’assetto se è necessario, senza smettere mai di cercare le risposte anche quando ci sembrerà di non avere più domande. Solo così, voltandoci indietro, sorrideremo alla vita passata e a noi stessi, come Partenope adulta (Stefania Sandrelli) e saremo indulgenti verso gli errori che inevitabilmente avremo commesso, continuando a sorprenderci della vita che ancora c’è da vivere.
Parthenope è un film esagerato e al tempo stesso indimenticabile: dal ballo a tre sulle note di Riccardo Cocciante “era già tutto previsto” che ricorda i meravigliosi Jules e Jim di Francois Truffaut, allo stupore davanti alla creatura gigantesca di acqua e sale di Spielbergeriana memoria, figlio del professore (ottimo Silvio Orlando), alle scene barocche dal retrogusto felliniano di Parthenope e Tesorone (il mefistotelico Beppe Lanzetta) .
Per questo va visto e per tanto altro, perché a ciascuno questo film riserva la sua intima visione.
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M’INNAMORAI DI PARTHENOPE 
di Gaetano Perricone
Finalmente ho visto su Netflix questo magnifico filmone di Paolo Sorrentino, sul quale ho letto e ascoltato fin troppe chiacchiere. E dopo averla “mommiata” (adorabile termine palermitano, che significa ammirata da guardone), ascoltata, metabolizzata per due ore e un quarto, alla fine m’innamorai perdutamente di Parthenope. Della sua ammaliante, ipnotizzante Bellezza. Della sua Libertà. Della sua Passione. Del suo Amore per la vita. Della sua Intelligenza, Ironia, Cultura. Della sua Determinazione. Della sua Generosità. Della sua Napoli. A conferma, in questo caso platonicamente cinematografica, di una mia teoria di sempre, che non mi sono mai vergognato di esternare: che non è vero affatto che non si possano amare, contemporaneamente e in modi e sentire diversi, donne (persone) diverse.
Parthenope, la splendida e bravissima Celeste Della Porta, è tutto quello che ho scritto sopra e tanto altro, protagonista e filo conduttore della trama di un film a mio avviso solo da godere. Come grande esempio di bel cinema, per genialità, regia, tecnica; come viaggio attraverso l’intero caleidoscopio dei sentimenti vivi dentro l’anima umana; come tour appassionante nella storia degli ultimi 75 anni, fino al secondo scudetto della squadra che fu di Diego Armando Maradona, di una città straordinaria e memorabile come Napoli. E accanto a Parthenope, sono deliziosamente pennellati i tratti umani che la circondano: quelli maschili, tutti inevitabilmente innamorati di lei, l’ottimo attore palermitano Dario Aita che è il Sandrino a lei vicinissimo fino all’ultimo, Daniele Rienzo nei panni del fratello Raimondo, l’adorabile e tormentatissimo Silvio Orlando-professor Marotta, il magnificamente orrido Peppe Lanzetta che è il vescovo porcello Tesorone, dulcis in fundo il memorabile Gary Oldman. E le favolose donne, attrici maiuscole: Isabella Ferrari, Luisa Ranieri e Stefania Sandrelli nel gran finale. Età diverse, la bellezza che non sfiorisce, ma comunque il tempo che passa e la giovinezza che ci lascia, come Sorrentino ama con grande franchezza ricordarci.
So che rivedrò Parthenope, per godermi ancora la celestiale Celeste, per amarla platonicamente. Lo farò da solo, ma anche con la mia adorata guerriera quando tornerà e a casa e avrà certamente molto piacere di vedere questo grande film di donne, di vita, della irripetibile Napoli, culla di bellezza e orrore e di tutti i sentimenti.
Chiudo applaudendo ancora una volta la carissima e bravissima Antonella De Francesco, che nella sua recensione al film qui sopra ha scritto magistralmente che “Parthenope prende a morsi la vita“. Come dovremmo fare tutti, attimo dopo attimo, visto che ne abbiamo una e soltanto una
Con il titolo e nell’articolo: Parthenope, scene dal film

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Iddu, il super boss che fece la vita du surciu in mezzo a tanti ominicchi https://ilvulcanico.it/iddu-il-super-boss-che-fece-la-vita-du-surciu-in-mezzo-a-tanti-ominicchi/ Thu, 10 Oct 2024 18:46:54 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25189 di Antonella De Francesco Iddu racconta la storia della latitanza di Matteo Messina Denaro, magistralmente interpretato da un Elio Germano immenso, come ce la possiamo immaginare perché, per ammissione degli stessi registi, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, la verità è solo il punto di partenza, non la destinazione. Non ci sarà alcuna fascinazione alla vista […]

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di Antonella De Francesco
Iddu racconta la storia della latitanza di Matteo Messina Denaro, magistralmente interpretato da un Elio Germano immenso, come ce la possiamo immaginare perché, per ammissione degli stessi registi, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, la verità è solo il punto di partenza, non la destinazione.
Non ci sarà alcuna fascinazione alla vista del boss più ricercato d’Italia, perché Iddu è rappresentato come un miserabile, iniziato in tenera età alla criminalità dal padre, da cui è ossessionato anche dopo la sua morte e per colpa del quale è costretto a nascondersi  facendo la vita du surciu. Il suo strapotere, esercitato per mezzo dei pizzini, ha dell’inverosimile, se non fosse che a tal riguardo i due registi non si sono inventati proprio nulla.
Non sta meglio dell’ultimo padrino la sorella, nel film Stefania, che vive anche lei isolata e infelice, vittima di una società patriarcale che le ha negato il primato e la reggenza, malgrado per crudeltà non sia seconda a nessuno. Poi c’è Catello, interpretato da Toni Servillo, che rappresenta il malavitoso di provincia, ex sindaco e padrino del boss, alla ricerca di favori in spregio alle regole e alla legalità. Infine, c’è lo stato, con i servizi segreti, condannato per la sua complicità che ha permesso la latitanza in Sicilia del boss per quasi trent’anni.
In definitiva tutti i personaggi vengono smitizzati, ridotti a figure quasi grottesche e rappresentati come ominicchi con vite per nulla invidiabili, prigionieri delle loro ossessioni e senza affetti. Iddu non riesce neanche a riconoscere il figlio come suo ma forse (voglio crederci) per non obbligarlo alla sua successione e lasciarlo ancora alla beata ingenuità di un bambino che accarezza un agnello, quell’agnello che invece il padre obbligò  lui stesso a sgozzare con ferocia.
Se si pensa che il film è stato girato prima della cattura di Matteo Messina Denaro, allora lo si può intendere come un’ipotesi brillante che con ironia sovverte i luoghi comuni e si sostituisce alla narrazione popolare che fa dei boss mafiosi e dei criminali in genere degli eroi. Da vedere
Con il titolo: Elio Germano nei panni del boss Matteo Messina Denaro. All’interno dell’articolo, una scena del film 

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Nei panni di Cianuzzu, il primo vero pentito di mafia. Also in English https://ilvulcanico.it/nei-panni-di-cianuzzu-il-primo-vero-pentito-di-mafia-also-in-english/ Wed, 25 Sep 2024 05:20:56 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25167 “Il giudice e il boss”: stasera a Palermo è in programma al cinema Rouge et Noir (ore 20,30) l’anteprima nazionale dell’atteso film di Pasquale Scimeca, girato in gran parte sulle Madonie. Il film racconta la lotta a Cosa Nostra del giudice Cesare Terranova, assassinato il 25 settembre 1979, quarantacinque anni fa. Per Marco Gambino, bravissimo […]

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“Il giudice e il boss”: stasera a Palermo è in programma al cinema Rouge et Noir (ore 20,30) l’anteprima nazionale dell’atteso film di Pasquale Scimeca, girato in gran parte sulle Madonie. Il film racconta la lotta a Cosa Nostra del giudice Cesare Terranova, assassinato il 25 settembre 1979, quarantacinque anni fa. Per Marco Gambino, bravissimo attore palermitano trapiantato a Londra e mio caro cugino, un altro ruolo importante e di grande interesse: quello di Luciano Cianuzzu Raia, il primo vero pentito di mafia. Ecco, per i lettori del Vulcanico, la sua breve, ma intensa testimonianza (Gaetano Perricone)

di Marco Gambino

Nel 1969 si tenne a Bari il primo processo di mafia. Non sono in molti  a ricordarsi di quella che fu la tappa miliare dell’operato di un giudice indomito: Cesare Terranova. Alla sbarra erano presenti ben 64 imputati fra cui i temutissimi Luciano Leggio più noto come Liggio, Salvatore Riina, Calogero Bagarella, Bernardo Provenzano.

Quella volta la mafia vinse. I sanguinari furono assolti con una sentenza bomba che suscitò infinite polemiche. Ma Terranova non si arrese continuando la sua lotta alla mafia fino al fatidico 25 Settembre 1979, quarantacinque anni fa quando lui ed il suo fidato Lenin Mancuso vennero barbaramente trucidati a Palermo.

Pasquale Scimeca, nel suo film Il Giudice e il boss, ha scelto di raccontare la prima parte della vita di Terranova, quella meno conosciuta, illuminata dalla sua scelta coraggiosa di trasferirsi a Corleone. Lui voleva conoscere da vicino la mafia, in anni in cui se ne negava l’esistenza, voleva provare ad affrontarla vis a vis , in quello che fino ad allora era stato il suo incontrastato territorio.

Cianuzzu Raia é l’autista di Riina, Provenzano e Bagarella, testimone eccellente di vendette e omicidi. Cianuzzu un giorno, braccato dalla sua stessa vita, decide di confessare tutto al giudice Terranova e gli promette che al processo parlerà, dirà nomi e cognomi sfidando lo sguardo letale di Leggio che non lo mollerà un secondo. Cosi su di lui, primo pentito di mafia, si accendono i riflettori. Da uomo assoldato al potere mafioso, custode di nomi e trame inconfessabili, Raia diventa l’attesissima star del processo di Bari. Interpretare lo stato d’animo di un uomo tormentato, padre di famiglia, gregario di criminali, e pentito (forse) suo malgrado, è stato per me meraviglioso e complesso. Non capita spesso che un ruolo ti scuota fino alle midolla. Quando succede vuol dire che è tuo e che per quella volta sei un attore “insostituibile”.


BEING CIANUZZU RAIA, THE FIRST MAFIA REPENTANT  

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E Sir Anthony Hopkins mi sorrise: “Il tuo costume è molto più bello del mio”. Also in english https://ilvulcanico.it/e-sir-anthony-hopkins-mi-sorrise-il-tuo-costume-e-molto-piu-bello-del-mio/ Sun, 21 Jul 2024 04:54:25 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25099 di Marco Gambino Primo giorno di riprese sul set di “Those about to die” in cui interpreto il Senatore Supulcius. Oggi si gira con Sir Anthony Hopkins. Il mito assoluto. Lui, il terribile Hannibal ma anche l’impeccabile devoto  maggiordomo di  “ The remains of the day” o più  recentemente , il padre straziante di “The father” . Lui, […]

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di Marco Gambino

Primo giorno di riprese sul set di Those about to die” in cui interpreto il Senatore SupulciusOggi si gira con Sir Anthony Hopkins. Il mito assoluto. Lui, il terribile Hannibal ma anche l’impeccabile devoto  maggiordomo di  The remains of the dayo più  recentemente , il padre straziante di The father” . Lui, l’attore straordinario che spaventa e commuove intere generazioni.

Ma com’e’ ? Tu lo hai mai incontrato? chiedo a Rupert Penry-Jones che nella serie interpreta il console Marsus.

“E’ un uomo eccezionale ancor prima ancora di essere la star che è, vedrai”-

Rupert, come si evince dal nome, è super inglese e proviene da tre generazioni di attori. I suoi genitori hanno calcato il palcoscenico per anni insieme ad Hopkins  e sua madre dice che è un uomo umilissimo e generoso.

Giriamo allo Studio 5 di Cinecittà, quello immenso di Fellini. Una scena in cui noi, i patrizi, siamo schierati davanti alla portantina dove Sir Anthony, nei panni dell’imperatore Vespasiano, salirà dopo un lungo monologo. Lo aspettiamo in silenzio. Quando arriva c’è un brivido generale. Eccolo il mito in carne ed ossa, il suo inconfondibile sorriso con gli occhi. Azzurrissimi. Ha 86 anni ma ha la  vivacità di un ragazzo tutta concentrata in quello sguardo magnetico.

Oh thank God my taxi is here – esordisce additando la portantina. Il silenzio si rompe in una risata generale. Roland Emmerich, il regista, si avvicina per salutarlo, ma lui va dritto verso Rupert e lo abbraccia. Gli dice che non dimenticherà mai i suoi genitori, quando insieme a loro calcava i palcoscenici di tutta l’Inghilterra, gli anni più importanti della sua vita d’attore, quelli che lo hanno forgiato.

Lo guardo mentre recita e vorrei rubargli tutto. Le pause, la misura, il gesto, il controllo.

Alla fine della scena siamo tutti intorno a lui che racconta. Dice che un giorno a Los Angeles, quando era appena uscito Il silenzio degli innocenti, chiese al suo autista di fermarsi. Tutti quei cartelli in autostrada con la sua faccia in primo piano lo avevano sconvolto. Com’era possibile  che lui, un povero ragazzo originario del Galles, fosse finito al centro dell’attenzione mondiale? Un salto che a lui in quel momento,  fermo sotto una di quelle gigantografie, appariva incomprensibile. Ma sono proprio io quello ?– continuava a ripetersi mentre l’autista gli diceva che  non c’erano dubbi, fino a prova contraria lui era  proprio Mr Anthony Hopkins.

Mentre si allontana verso la macchina ho un impulso di quelli, per me, rarissimi. Allora lo blocco. Tony posso chiederti una foto?But of course”- mi risponde. Mentre siamo li per quei pochi secondi non so cosa dirgli.

Ma è lui a scuotermi dall’imbarazzo. “Your costume is way nicer than mine” (Il tuo costume è molto più bello del mio). E mi sorride con gli occhi.

 

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Sir Anthony Hopkins smiled at me: “Your costume is much nicer than mine”

First day of filming on the set of “Those About to Die” in which I play Senator Supulcius. Today, we’re shooting with Sir Anthony Hopkins. The absolute legend. He, the terrifying Hannibal, but also the impeccable, devoted butler in “The Remains of the Day” or, more recently, the heartbreaking father in “The Father” He, the extraordinary actor who has frightened and moved entire generations.

But what is he like? Have you ever met him? I ask Rupert Penry-Jones, who plays Consul Marsus in the series.

– He is an exceptional man even before being the star that he is, you’ll see.

Rupert, as his name suggests, is super English and comes from three generations of actors. His parents have shared the stage for years with Hopkins, and his mother says he is a very humble and generous man.

We are filming at Studio 5, the enormous one used by Fellini. A scene where we, the patricians, are lined up in front of the litter where Sir Anthony, playing Emperor Vespasian, will climb after a long monologue. We wait for him in silence. When he arrives, there is a general shiver. Here he is, the legend in flesh and blood, his unmistakable smile with his eyes. Piercingly blue. He is 86 years old but has the vitality of a young man, all concentrated in his magnetic gaze.

– Oh thank God my taxi is here, -he says, pointing to the litter. The silence breaks into general laughter. Roland Emmerich, the director, approaches to greet him, but he goes straight to Rupert and hugs him. He says he will never forget his parents when he shared the stage with them all over England, those were the  most important years of his acting life, the ones that shaped him.

I watch him as he acts and wish I could steal everything from him. His pauses, his measure, his gesture, his control.

At the end of the scene, we are all around him, listening to his stories. He says that one day in Los Angeles, when “The Silence of the Lambs” had just come out, he asked his driver to stop the car on the side of the motorway. All those billboards lining the highway with his face in the foreground had surprised  him. – How was it possible that he, a poor child  from Wales, had ended up at the center of worldwide attention? A leap that, at that moment, standing under one of those giant images, seemed incomprehensible to him. Is that really me? – he kept asking himself while the driver assured him there was no doubt, he was indeed Mr. Anthony Hopkins.

As he walks away towards the car, I have one of those impulses that are very rare for me. So, I stop him – Tony, can I ask you for a photo? – But of course – he replies. While we’re there for those few seconds, I don’t know what to say to him. But he shakes me out of the embarrassment. – Your costume is way nicer than mine –

And he smiles at me with his eyes.

Con il titolo e nella gallery: Marco Gambino durante le riprese romane di “Those about to die”

(Gaetano Perricone). Sono particolarmente grato al mio carissimo cugino Marco Gambino, eccellente attore palermitano da una vita trapiantato a Londra, per questo suo nuovo, prezioso contributo a questo blog. Una testimonianza deliziosa e davvero speciale sul suo incontro sul set con un “mostro sacro” del cinema mondiale, uno dei più grandi attori di tutti i tempi. Non so se Marco sia il primo palermitano ad avere lavorato con Sir Anthony Hopkins, posso  immaginarlo senza però averne alcuna certezza: in ogni caso credo sia una notizia prestigiosa per la cultura della città dove entrambi siamo nati e cresciuti insieme. Grazie di cuore a Marco Gambino, cugino con il quale siamo legatissimi – lo dico con orgoglio e grande affetto – , per questo bel regalo che ha fatto a me e ai lettori del Vulcanico 

 

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Challengers. L’attrazione totalizzante vola con una pallina di tennis. La posta in gioco è Lei https://ilvulcanico.it/challengers-lattrazione-totalizzante-vola-con-una-pallina-di-tennis-la-posta-in-gioco-e-lei/ Thu, 02 May 2024 06:02:45 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24912 di Antonella De Francesco Se avete voglia di restare incollati davanti allo schermo in preda all adrenalina e col fiato sospeso, non perdetevi l’ultima fatica di Luca Guadagnino con l’ incredibile sceneggiatura di Justin Kurutzjes: Challengers, ovvero il tennis come metafora di relazioni. Relazioni tra due amici tennisti, Patrick e Art e una splendida lei, […]

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di Antonella De Francesco
Se avete voglia di restare incollati davanti allo schermo in preda all adrenalina e col fiato sospeso, non perdetevi l’ultima fatica di Luca Guadagnino con l’ incredibile sceneggiatura di Justin Kurutzjes: Challengers, ovvero il tennis come metafora di relazioni. Relazioni tra due amici tennisti, Patrick e Art e una splendida lei, interpretata dall’attrice Zendaya nei panni di Tashi.
In Chiamami col tuo nome, che resta il mio preferito, Luca Guadagnino ci svela il significato più profondo e più sensuale del dono d’amore: mettere la propria anima nelle mani dell’altro, espropriandosi di tutto, persino del nome, fondendo la propria identità con quella di chi si ama. In Bones and all, Maren e Lee, i due protagonisti , scoprono di amarsi e capiscono che l’amore è l’unica possibilità per venire fuori insieme dalla comune dipendenza, di dominare i loro oscuri appetiti e trovare un rifugio nel quale non sentirsi giudicati ma aiutati, il sostegno per non ricaderci più, per tornare “normali“
In Challengers , il regista si spinge ad esplorare il campo dell’attrazione pura e semplice (non meno totalizzante dell’amore) e delle sue cause scatenanti. Il film è incentrato sulla circolarità dell’attrazione tra i tre protagonisti, in cui lo sguardo di Tashi (fuori campo o in primo piano) è sempre al centro del campo e delle loro vite: lei ne condiziona gli umori e le esistenze e perfino i destini. Non si tratta di trofei, la vera posta in gioco è lei e il sottile gioco dell’attrazione travalica le comuni regole di politically correct tra i due amici .
Al ritmo serrato di sfide riprese da tutte le angolazioni e con ogni mezzo possibile che, sovvertendo le regole delle riprese del tennis tradizionale, non si svolgono quasi mai in silenzio, ma hanno sottofondi musicali techno ed incalzanti, i tre mettono in campo le loro esistenze. Ogni punto ha una valenza enorme, disegna scenari , scatena pensieri tra i due sfidanti e lascia noi spettatori sospesi come in un thriller di altissimo livello.
La scena finale è bellissima e geniale e non ve la racconto, ma fa ritrovare il senso di qualcosa di più grande. Al di là degli errori, delle omissioni, degli scontri, l’amicizia si nutre essenzialmente di lealtà. Quando i due sfidanti la ritrovano, riscoprono il senso dell’amicizia che avevano smarrito e la loro sfida può finalmente essere giocata all’ultimo sangue. Ma attenzione , una volta che tutte le carte sono sul tavolo, anzi sul campo, una volta che nessuno ha più nulla di non detto, il film finisce! Game, set, match.
Da vedere

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Dalla Germania a Pedara per accostarsi al canto lirico con Lara e Michael, tedeschi dell’Etna. Von Deutschland nach Pedara, um sich dem Gesang zuzuwenden, mit Lara und Michael, Deutsche vom Ätna https://ilvulcanico.it/dalla-germania-a-pedara-per-accostarsi-al-canto-lirico-con-lara-e-michael-tedeschi-delletna/ Wed, 20 Mar 2024 05:36:58 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24831 di Lara Venghaus Ho due passioni nella mia vita: il canto lirico e la terra dell’Etna. La prima è la mia professione e quella include non solo fare concerti, nonostante mi piaccia tantissimo esibirmi, ma anche insegnare il canto fa parte del mio amato lavoro. Vedere crescere gli allievi, accompagnare il loro sviluppo sia ai […]

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di Lara Venghaus

Ho due passioni nella mia vita: il canto lirico e la terra dell’Etna. La prima è la mia professione e quella include non solo fare concerti, nonostante mi piaccia tantissimo esibirmi, ma anche insegnare il canto fa parte del mio amato lavoro. Vedere crescere gli allievi, accompagnare il loro sviluppo sia ai primi passi, sia da un punto avanzato, mi riempia il cuore.

Da dieci anni al campo concertistico posso congiungere le due passioni, sempre in estate, presentando, insieme col mio accompagnatore, il rinomato direttore d’orchestra Maestro Michael Hoyer, i nostri programmi nei Paesi Etnei. Ogni volta che racconto dai miei soggiorni qui e spedisco le foto di questa terra meravigliosa ai miei allievi, si stupiscono.

Finalmente, in questa primavera del 2024, posso offrire a loro la possibilità di apprendere di persona entrambe le mie passioni. Dal 21 al 28 marzo avrà luogo un corso di canto a Pedara e quattro ragazzi tedeschi verranno a partecipare. Iniziando con un bel concerto inaugurale, eseguito da noi stessi, presentando esempi del Lied tedesco di Franz Schubert, canzoni italiani di Ruggero Leoncavallo ed arie liriche di Verdi e Wagner, spenderemo insieme una settimana piena di allenamento al canto e di dolce vita siciliana. Ovviamente scenderemo a Catania per visitare il Teatro Bellini e la casa Bellini, senza dimenticare il Duomo, dove si trova la tomba del grande compositore catanese e l’elefante di fronte. Ma saliremo anche al Rifugio Sapienza per scalare i crateri Silvestri e godere il panorama unico. E son certo che tutti noi mangeremo benissimo e anche troppo! Alla fine, il giorno 28, avrà luogo un concerto finale, nel quale gli allievi avranno l’occasione di dimostrare tutto quello che avranno imparato.

Ma non solo i tedeschi parteciperanno a questo corso, che è anche aperto a tutti coloro che sono interessati di prendere un assaggio del canto lirico. Il corso di accostamento al canto lirico permette un percorso didattico base sui primi approcci. Organizzato dall’Assessorato arte e spettacolo del comune di Pedara daremo a tutti la possibilità di iscriversi e scoprire la propria voce. Così potremo anche mettere i ragazzi tedeschi in contatto con i pedaresi e dare un contributo all’intesa fra i popoli della Westfalia e della Sicilia. Sono molto grata di avere questa possibilità di congiungere entrambe le mie passioni.

A SEGUIRE LA TRADUZIONE IN TEDESCO

Ich hege zwei große Leidenschaften: den Gesang und das Land um den Ätna. Die erste habe ich zu meinem Beruf gemacht, und dieser umfasst nicht allein den Auftritt bei Konzerten – wenngleich ich zugeben muss, dass es mir außerordentlich zusagt, mich dem Publikum zu präsentieren – sondern auch Gesang zu unterrichten. Die Schüler an ihren Aufgaben wachsen zu sehen und sie bei ihren ersten Schritten oder in ihrer weiteren Entwicklung zu begleiten, erfüllt mich mit Freude.

Seit nunmehr zehn Jahren kann ich, was den Bereich der Konzerte angeht, meine beiden Leidenschaften miteinander verbinden, indem ich, zusammen mit meinem Begleiter, dem Kapellmeister Michael Hoyer, unsere Programme in den Paesi Etnei vorstelle. Jedesmal, wenn ich meinen Schülern von meinen Aufenthalten hier berichte und ihnen Fotos von diesem wunderbaren Stück Erde sende, sind sie davon fasziniert. In diesem Frühjahr nun kann ich ihnen endlich eine Gelegenheit bieten, meine beiden Leidenschaften selbst mitzuerleben.

Vom 21. bis zum 28. März veranstalten wir einen Gesangskurs in Pedara, und vier meiner Schüler reisen an, um daran teilzunehmen. Eröffnet wird er mit einem Konzert, in dem Michael Hoyer und ich Lieder von Franz Schubert, italienische Canzonen von Ruggero Leoncavallo sowie Opernarien von Verdi und Wagner vortragen. Anschließend folgt eine Woche voller Gesangsübungen und Literaturstudien, aber auch mit dolce vita alla siciliana. Natürlich fahren wir nach Catania, um das Opernhaus und das Geburtshaus Bellinis zu besichtigen, aber gleichfalls auch den Dom mit dem Grab des berühmten cataneser Komponisten und die Säule mit dem Elefanten gegenüber. Aber wir fahren auch zum Rifugio Sapienza, um die Crateri Silvestri zu ersteigen und von dort das einzigartige Panorama zu genießen. Und ich bin sicher, wir werden alle ausgezeichnet und viel zu viel essen.

Am 28. März findet dann ein Abschlusskonzert statt, in welchem die Schüler zeigen können, was sie gelernt haben. Doch nicht nur deutsche Schüler werden an diesem Kurs teilnehmen, vielmehr steht er allen offen, die Interesse daran haben, sich im Operngesang zu erproben. Der Kurs zur Annäherung an den Operngesang bietet einen didaktischen Erstzugang zu dieser Materie. Organisiert wird er vom Assessorat für Kunst und Kulturveranstaltungen der Stadt Pedara und bietet jedem die Möglichkeit, sich einzuschreiben, um die eigene Stimme zu entdecken. Auf diese Weise werden auch unsere deutschen Schüler in Austausch mit den Pedaresi treten und, sodass wir einen Beitrag zur „Völkerverständigung“ zwischen Sizilianern und Westfalen leisten können. Für die Möglichkeit, meine beiden Leidenschaften verbinden zu können, bin ich überaus dankbar.

 

 

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Angelo Sicilia e e i suoi emozionanti pupi antimafia ci raccontano Giovanni e Paolo https://ilvulcanico.it/angelo-sicilia-e-e-i-suoi-emozionanti-pupi-antimafia-ci-raccontano-giovanni-e-paolo/ Tue, 23 May 2023 04:46:19 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=23460 di Angelo Sicilia* Lo spettacolo dei pupi antimafia Storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è dedicato alla vicenda umana ed all’impegno dei due giudici simbolo della lotta alla criminalità organizzata. È uno dei nostri spettacoli più rappresentati, l’abbiamo portato in giro in ogni parte d’Italia ed in diverse parti d’Europa in questi ultimi quindici anni. […]

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di Angelo Sicilia*

Il puparo antimafia Angelo Sicilia

Lo spettacolo dei pupi antimafia Storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è dedicato alla vicenda umana ed all’impegno dei due giudici simbolo della lotta alla criminalità organizzata. È uno dei nostri spettacoli più rappresentati, l’abbiamo portato in giro in ogni parte d’Italia ed in diverse parti d’Europa in questi ultimi quindici anni. La rappresentazione è toccante ed emozionante e racconta la storia dei due eroi-antimafia fin dal periodo della loro giovinezza. Si racconta dell’incontro con la mafia, del lavoro all’interno delle  istituzioni, della complessa vicenda del pool antimafia e dell’istruzione del Maxiprocesso. Tutte le scene vengono raccontate con il linguaggio semplice e diretto del teatro dei pupi.

Come in tutte le nostre storie raccontiamo i grandi personaggi che hanno combattuto contro la mafia cercando di renderli vicini al pubblico che ci segue, ovvero cercando di umanizzarli piuttosto che mitizzarli. Quando mettiamo in scena questo tipo di trasposizione – e utilizzare le marionette facilita il nostro compito – li rendiamo più simili a noi. Per cui prediligiamo questo punto di vista intimo piuttosto che la fredda cronaca.

Questo non vuol dire che non vengano rappresentate tutte le vicende salienti legate alla loro storia, ma ci sono soprattutto dei momenti e degli spazi all’interno dello spettacolo riservati ai dubbi e alle incertezze che appartengono appunto al lato umano di questi personaggi. Nella parte finale di Storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino c’è, per esempio, una lunga scena dedicata alla solitudine del giudice Borsellino dopo la morte di Falcone, la cominciare dalla famosa serata di giugno a Casa Professa, durante la quale il giudice racconta le sue sensazioni e lascia il suo testamento spirituale a tutti i palermitani.  Ma ce n’è una che preferisco particolarmente e che mi piace particolarmente recitare al mio pubblico: è la scena in cui si incontrano Giovanni e Paolo davanti l’austero Palazzo di Giustizia di Palermo. Falcone è stato appena trasferito a Roma al Ministero di Grazia e Giustizia e si confronta col suo amico Borsellino. In questo momento sono due uomini soli, con le loro paure e tensioni. Sono soli, ma veri. Sono soli, ma proprio per questo più vicini a noi. Sono in carne ed ossa questi pupi: ci parlano direttamente al cuore ed alla testa, perché parlano di speranze, di sentimenti, d’amore. Parlano a noi e noi siamo li con loro. Ecco il brano dell’incontro.

Falcone e Borsellino passeggiano davanti il Palazzo di Giustizia di Palermo

G:      Caro Paolo, pagherei per poter passeggiare liberamente nella nostra Palermo come stiamo facendo oggi…

P:       Liberamente? Siamo controllati a vista dai ragazzi della scorta, ma proviamo ad immaginare d’essere soli come due amici che si incontrano all’aria aperta per salutarsi…

G:      Tra qualche giorno parto per Roma, mi mancherà questa terra e anche tu amico mio! Ma chissà… al Ministero di Grazia e Giustizia potrò fare le cose giuste, quelle di cui abbiamo bisogno per cambiare la Sicilia!

P:       Era qui il tuo posto, dovevi guidare la macchina che hai creato e invece dai troppo fastidio e non solo ai mafiosi!

G:      Paolo, come lo vedi il tuo futuro?

P:       Giovà, mi basterebbe accompagnare i miei figli a scuola, portarli in barca, stare disteso sulla spiaggia a godermi il sole! Vivono come reclusi e questo mi fa sentire in colpa. Vorrei invecchiare e conoscere i miei nipotini.. E poi mi chiedo cosa faranno da grandi il mio Manfredi, la mia Lucia e la piccola Fiammetta…cosa ricorderanno di loro padre…

G:      Paolino che fa vuoi morire prima dei tuoi giorni? Tu hai la pelle dura e sono certo che festeggerai i tuoi 100 anni!

P:       Sai cosa ti dico? Io amo il nostro lavoro e questi sacrifici saranno ripagati, pensa questa città libera e felice come una volta! La mafia è riuscita a distruggerne la bellezza, ma prima o poi questo popolo alzerà la testa!

G:      E allora Paolo salutiamoci come abbiamo fatto da bambini, prima d’essere stati sfollati a causa della guerra con l’augurio di rivederci ancora qua, tra le rovine di una città tutta da ricostruire…

P:       E con la stessa promessa di combattere sempre per la giustizia! A presto amico mio e fa buon viaggio!

Si abbracciano

* Direttore della compagnia dell’Opera dei Pupi Antimafia di Palermo

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Neanche il ritorno del leggendario Casanova può arrestare l’implacabile incedere del tempo https://ilvulcanico.it/neanche-il-ritorno-del-leggendario-casanova-puo-arrestare-limplacabile-incedere-del-tempo/ Sun, 09 Apr 2023 06:45:50 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=23221 di Antonella De Francesco Il ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores si compone di due film distinti cromaticamente. Nella vita vera (in bianco e nero) il protagonista Leo Bernardi, regista interpretato da Toni Servillo, sta girando un film (a colori) tratto dal testo di Arthur Schnitzler, Il ritorno di Casanova, interpretato da Fabrizio Bentivoglio. I […]

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di Antonella De Francesco
Il ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores si compone di due film distinti cromaticamente. Nella vita vera (in bianco e nero) il protagonista Leo Bernardi, regista interpretato da Toni Servillo, sta girando un film (a colori) tratto dal testo di Arthur Schnitzler, Il ritorno di Casanova, interpretato da Fabrizio Bentivoglio. I due protagonisti, ottimi attori e splendidi sessantenni nella realtà, condividono il disagio del tempo che passa e il rimpianto degli anni ruggenti. Ma mentre Casanova sente ancora indomito il desiderio di conquista, Leo resta imbrigliato tra l’inquietudine della vecchiaia e la voglia di cogliere l’ultimo alito di vita, che l’amore di una giovane donna può regalargli.
È un film sulla crudeltà del tempo che passa e determina quella condizione di stallo in cui l’avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene e il presente ci sfugge. Siamo tutti profondamente ingenui nel ritenere che il tempo passi solo per gli altri , almeno lo siamo fino ad una certa età. Fino a ieri siamo stati padroni della scena: attrattivi, forti, decisi, capaci di rimandare perché avevamo tutta la vita davanti. Poi, ad un certo punto, lo specchio ci restituisce quell’immagine di noi che a stento riconosciamo e ci sentiamo soli.
Casanova e Leo affrontano su due piani diversi l’incedere dell’età. Il primo non vuole arrendersi all’idea di non essere più irresistibile e azzarda la sfida con un giovane rivale in amore. Il secondo si è già arreso, per certi versi, precludendosi la possibilità di andare avanti in una relazione che lo fa stare bene, sprofondando nell’inquietudine. C’è una scena magnifica di un duello tra rivali che si sfidano nudi: la vecchiaia e la giovinezza in un “corpo a corpo” in cui l’esperienza aiuta, ma non basta a portare a casa il risultato.
Un monito a non sfidare i giovani in un duello che non possiamo vincere e non dobbiamo vincere, lasciando, piuttosto, a loro la scena, come noi l’abbiamo rubata ad altri prima di loro. Ma attenzione nel cinema, come nella vita, si vince e si perde, ma le occasioni di felicità non vanno mai sprecate: rinunciarvi significherebbe invecchiare di più .
Film elegante, da vedere.

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