viaggi Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/viaggi/ Il Blog di Gaetano Perricone Sun, 25 Jun 2023 05:05:52 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.1 L’ ‘incredibile’ meraviglia della Grotta del Gelo, il ghiacciaio più a sud d’Europa dentro il magico vulcano https://ilvulcanico.it/l-incredibile-meraviglia-della-grotta-del-gelo-il-ghiacciaio-piu-a-sud-deuropa-dentro-il-magico-vulcano/ Sun, 25 Jun 2023 05:05:52 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=23636 di Giacomo Drago Anche quest’anno mi trovo per tutto il mese di giugno in Sicilia e precisamente a San Giovanni la Punta, paese etneo, al fine di continuare le mie escursioni esplorative sulla montagna più bella tra tutte quelle che ho scalato: l’Etna,  il vulcano attivo più importante d’Europa dichiarato dieci anni fa patrimonio dell’umanità. […]

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di Giacomo Drago

Anche quest’anno mi trovo per tutto il mese di giugno in Sicilia e precisamente a San Giovanni la Punta, paese etneo, al fine di continuare le mie escursioni esplorative sulla montagna più bella tra tutte quelle che ho scalato: l’Etna,  il vulcano attivo più importante d’Europa dichiarato dieci anni fa patrimonio dell’umanità. Ed è effettivamente un patrimonio straordinario per l’incredibile ecosistema che nella sua enorme varietà riesce a fare coesistere: dalle betulle alle foreste di faggi, di castagni, di querce. Tra le lave fioriscono  incredibilmente la valeriana rossa, tappeti di saponaria, l’elicriso  … Ma tra le tante meraviglie di questa Muntagna come confidenzialmente la chiamano i miei amici catanesi, che mi ha colpito particolarmente è stata la Grotta del Gelo.

Sono partito da Piano Provenzana di buon mattino e dopo avere attraversato una prima colata lavica sono passato tra due coni vulcanici (Monte Nero e Monte Timparossa), ho attraversato una bellissima faggeta dove si trova il rifugio  Timparossa; proseguendo ho seguito una traccia sulle lave della eruzione durata dal 1614 al 1624 fino a raggiungere, dopo due  ore, a quota 2.040, l’entrata della Grotta del Gelo. Per accedere si attraversa un nevaio con elevata pendenza dopodiché una volta entrati ho potuto (siamo a giugno) ammirare le ultime stalattiti e stalagmiti di ghiaccio mentre  si calpesta un vero e proprio ghiacciato molto spesso. Ho esplorato con la pila frontale la Grotta del Gelo fino al punto in cui  sarebbero serviti  i ramponi  (che non avevo con me).  È stato davvero incredibile essermi trovato all’interno di una una grotta di scorrimento lavico di un vulcano attivo e constatare che custodisce  nelle sue viscere un vero e proprio ghiacciato, il ghiacciaio più a sud d’Europa. Spettacolare….Nel tempo ho avuto modo di esplorare altre grotte di scorrimento lavico ammirandone in ciascuna le proprie particolarità, ma la sensazione di avere camminato su un ghiacciaio all’interno di una grotta che si trova su un vulcano attivo è unica ed impagabile. Rientrando a Piano Provenzana si è messo a piovere, ma anche la pioggia ha contribuito a rendere magica ed unica questa giornata.

Un doveroso ringraziamento al mio caro amico Enzo Agliata che ha condiviso con me questa questa emozionante escursione.
Con il titolo: l’ingresso della Grotta del Gelo. Tutte le foto sono di Giacomo Drago

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I meravigliosi cammini della Sicilia, “mondo a volte ancora antico, coraggioso, che vale la pena conoscere e difendere”. https://ilvulcanico.it/i-meravigliosi-cammini-della-sicilia-mondo-a-volte-ancora-antico-coraggioso-che-vale-la-pena-conoscere-e-difendere/ Wed, 29 Sep 2021 07:09:24 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=20211 Si cammina per immergersi nel territorio, per conquistarlo passo dopo passo e non dimenticarlo più. La Sicilia negli ultimi anni è diventata una meta anche per gli innamorati dei passi lenti e le Guide di Repubblica hanno deciso di raccontare questo nuovo volto della regione più amata nel periodo della pandemia con un volume di […]

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Si cammina per immergersi nel territorio, per conquistarlo passo dopo passo e non dimenticarlo più. La Sicilia negli ultimi anni è diventata una meta anche per gli innamorati dei passi lenti e le Guide di Repubblica hanno deciso di raccontare questo nuovo volto della regione più amata nel periodo della pandemia con un volume di oltre 400 pagine.

“La scoperta di questa Sicilia dei cammini suscita emozioni nuove e profonde anche in chi la Sicilia la conosce da anni – spiega il direttore delle Guide di Repubblica Giuseppe Cerasa nella sua introduzione – Fa vedere, oltre le tipologie classiche, che esiste un mondo a volte ancora antico, coraggioso e attaccato alle proprie tradizioni che vale la pena conoscere e difendere. Anche perché finalmente dalle vecchie trazzere si è passati a itinerari lunghi svariati chilometri che collegano pezzi di Sicilia apparentemente lontani ma legati da profonde tradizioni che poggiano sul rispetto della natura, sulla difesa del paesaggio, sulla solidarietà, sulla voglia di resistere nonostante tutto”.

Il volume offre ben 51 itinerari tra escursioni e trekking in tutta l’Isola, dalle falde dell’Etna alle isole Eolie, dai Nebrodi alle Madonie, passando per il Val di Noto o la Riserva dello Zingaro. Percorsi legati alla fede come l’Itinerarium Rosaliae, alla natura in tutte le sue forme , ma anche ad antiche tradizioni come il “viaggio” dei Ramara di Troina in onore di San Silvestro, tutti accomunati dal ritmo lento dei passi.

E poi un capitolo importante è dedicato ai Grandi Cammini come il Sentiero Italia del Cai, l’antica Trasversale Sicula, la Magna Via Francigena e la via Palermo-Messina per le montagne. In più per l’Etna c’è anche il Gran Tour Etneo intorno al vulcano in quattro o cinque giorni e il Sentiero delle Ginestre che collega Nicolosi con Linguaglossa e Castiglione di Sicilia.

In apertura del volume ci sono le interviste a personaggi come il duo Colapesce & Dimartino e il campione olimpico Luigi Busà che raccontano la loro Sicilia. Ma il tema cammini è così vasto e interessante che la Guida ha chiesto a cinque autori siciliani di raccontarlo con le loro parole: ne sono venuti fuori cinque meravigliosi inni. E poi c’è la sezione Volti e Storie, dedicata a chi del camminare ha fatto una sua religione laica e ne diffonde il verbo quotidianamente: 12 ritratti e interviste in cui traspare l’amore per la Sicilia e la voglia di proteggerne e valorizzarne la straordinaria varietà paesaggistica, storica e culturale.

La guida SICILIA CAMMINI è in edicola da oggi, 29 settembre, con 61 itinerari complessivi, interviste, racconti d’autore e 693 indirizzi per mangiare, dormire e comprare e nei giorni successivi verrà diffusa anche on line tramite Amazon e il sito ilmioabbonamento.gedi.it.

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La manna, oro delle Madonie, ricchezza del Museo naturalistico di Castelbuono https://ilvulcanico.it/la-manna-oro-delle-madonie-ricchezza-del-museo-naturalistico-di-castelbuono/ Tue, 14 Jul 2020 04:56:49 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=17308 La coltivazione del frassino per la produzione della manna un tempo era diffusa in diverse regioni del sud Italia, oggi è localizzata solo nel territorio di Castelbuono e Pollina, nel bellissimo Parco delle Madonie, con la presenza di due entità del genere Fraxinus, Fraxinus angustifolia e Fraxinus ornus. L’utilizzo della manna per i suoi effetti […]

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Il professore Rosario Schicchi

La coltivazione del frassino per la produzione della manna un tempo era diffusa in diverse regioni del sud Italia, oggi è localizzata solo nel territorio di Castelbuono e Pollina, nel bellissimo Parco delle Madonie, con la presenza di due entità del genere Fraxinus, Fraxinus angustifolia e Fraxinus ornus. L’utilizzo della manna per i suoi effetti diuretici, lassativi e come dolcificante può dare un grande influsso all’economia di questo territorio. Inoltre la coltura del frassino, oltre ad avere una grande importanza ambientale e paesaggistica, si candida come strumento di attrazione di un turismo qualificato alla riscoperta di valori naturali e culturali altrove scomparsi. Di questo e di altro si parlerà alla conferenza che il prof. Rosario Schicchi, direttore dell’Orto Botanico di Palermo, terrà mercoledì 15 luglio alle 21 presso il chiostro del Museo Naturalistico Francesco Minà Palumbo di Castelbuono.

di Gaetano Perricone

La notizia di questa conferenza, certamente di grande interesse scientifico e naturalistico sia per l’argomento, la fascinosissima e mitica manna, sia per il relatore, il professore Rosario Schicchi che è un botanico e uno studioso di altissimo profilo. mi serve per dire qualcosa in più – e per farlo visitare virtualmente attraverso i miei scatti nella fotogallery – sul piccolo, ma bellissimo e prezioso Museo Naturalistico “Francesco Minà Palumbo”, nell’ex settecentesco convento di San Francesco, simbolo della cittadina madonita di Castelbuono insieme alla leggendaria azienda dolciaria Fiasconaro, famosa ormai nel mondo per i suoi panettoni.

Ho fatto molto bene, la mattina del 3 luglio scorso, ad ascoltare l’insistente suggerimento del mio caro amico Rosario Mazzola, che gestisce con la sua associazione il caffè letterario del Museo e ne promuove le attività culturali – come la presentazione del libro L’Ora edizione straordinaria che abbiamo tenuto nel suggestivo chiostro del convento – , di soffermarmi a Castelbuono per una visita che si è rivelata appassionante e piena di stimoli, grazie anche alle spiegazioni chiare e molto professionali della bravissima Rita.

Certo, ai miei occhi la parte del leone l’ha fatta proprio il meraviglioso corridoio della manna, che attraverso una serie di dettagliate tabelle racconta la biologia, la storia, la mitologia, le meravigliose proprietà di questa sostanza, estratta dall’albero del frassino diffuso nel territorio madonita, che secondo la Bibbia Dio somministrò agli israeliti durante  le peregrazioni nel deserto: la manna iniziò a scendere dal cielo quando il popolo d’Israele si avvicinò al Monte Sinai.

Ma i miei occhi e la mia anima si sono riempiti di meraviglia quando sono entrato nel locale che ospita, in mobili di grande effetto visivo, lo straordinario Erbario del Museo, circa 7000 foglie essiccate conservate in grandi raccoglitori e curate con costante attenzione e manutenzione. Un patrimonio di enorme valore e fascino, frutto di un incredibile lavoro di ricerca e catalogazione da parte dello studioso madonita che dà il nome al Museo perché non andasse perduto e per tramandarlo alle future generazioni.

Non è da meno in termini di interesse scientifico e curiosità naturalistica anche per un’accattivante esposizione, la rimanente parte del Museo: le collezioni paleontologica, malacologica, entomologica, di antichi utensili e reperti preistorici. E poi i cimeli, le pubblicazioni, la biblioteca di Francesco Minà Palumbo, naturalista, ricercatore, scienziato di altissimo livello, nato a Castelbuono il 10 marzo 1814, morto il 12 marzo 1899, che dedicò la sua vita e la sua opera a far conoscere il magnifico patrimonio naturale delle Madonie, lasciando tracce indelebili dei suoi studi in questo Museo davvero delizioso, diretto da Franco Toscano, che svolge anche un’intensa attività di divulgazione scientifica con corsi, incontri e convegni, con la collaborazione di Associazioni di volontariato naturalistico.

Ne consiglio la visita a tutti gli appassionati dell’ambiente e della meravigliosa natura siciliana, è fonte di conoscenza e arricchimento prezioso. Per informazioni:

Orario di apertura: da martedì a domenica ore 9-13 e 15-19.

Tel. 0921 677174

http://www.museonaturalisticominapalumbo.it

https://www.facebook.com/www.museonaturalisticominapalumbo.it/

Con il titolo: l’albero di frassino nel “corridoio della manna” del Museo Minà Palumbo. Nella fotogallery, vari aspetti del Museo e, ultime due foto, i tetti della bella Castelbuono e il chiostro del Convento di San Francesco

 

 

 

 

 

 

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Dai Greci agli Arabi: l’Etna nella letteratura antica e nelle carte geografiche https://ilvulcanico.it/dai-greci-agli-arabi-letna-nella-letteratura-antica-e-nelle-carte-geografiche/ Sun, 24 Nov 2019 07:56:38 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=15067 di Santo Scalia Tifone (Τυϕῶν) – o Tifeo (Τυϕωεύς) – da sempre è la mitica personificazione dei terremoti e delle eruzioni vulcaniche, così come anche il gigante Encelado. Secondo il drammaturgo greco Eschilo, Tifone è sepolto sotto l’Etna, dove fu relegato, colpito dal fulmine di Zeus e sprofondato sotto la vetta del vulcano; ciò è […]

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di Santo Scalia

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Tifone (Τυϕῶν) – o Tifeo (Τυϕωεύς) – da sempre è la mitica personificazione dei terremoti e delle eruzioni vulcaniche, così come anche il gigante Encelado. Secondo il drammaturgo greco Eschilo, Tifone è sepolto sotto l’Etna, dove fu relegato, colpito dal fulmine di Zeus e sprofondato sotto la vetta del vulcano; ciò è la causa dei movimenti tellurici e delle eruzioni.

Lasciando ciò che ci tramanda la mitologia e passando alla letteratura, troviamo citazioni e descrizioni dell’Etna già in periodo greco.

Pindaro (Πίνδαρος), poeta greco antico, visse tra il 518 a.C. (alcuni dicono il 522) ed il 438 a.C. Scrisse la prima Pitica nel 498, quando aveva solo una ventina d’anni circa, e in essa rievoca il mito di Tifone, che come già detto fu sprofondato sotto la vetta dell’Etna, dalla quale faceva uscire fiumi di fuoco ardente e colonne minacciose di fumo. Con bellissimi versi, nella sua celeberrima ode, Pindaro parlò della montagna:

«[…] lo grava [Tifone n.d.t.] una colonna celeste, la nevosa Etna, che per tutto l’anno alimenta la gelida neve; dal suo interno si riversano sorgenti purissime di fuoco inaccessibile, fiumi che scorrono spandono compatti fumi infuocati; nell’oscurità la rossa fiamma rotola le rocce con fragore fino alla profonda pianura del mare. È lui [Tifone n.d.t.] che fa risalire le terribili sorgenti di Efesto, portento impressionante a vedersi, meraviglioso anche nel racconto di chi vi ha assistito, come giaccia tra le vette dell’Etna dai neri fogliami e la terra; e il giaciglio gli lacera e logora tutto il dorso costretto». [traduzione I. e S. Scalia]

Sono state realizzate numerosissime traduzioni dal greco dei versi di Pindaro; oltre a quella già esposta (realizzata cercando di dar conto del contenuto letterale del testo, anche a scapito della resa artistica) voglio proporne una seconda, a mio parere più poetica:

L’Etna e la Sicilia nel Mundus subterraneus di Athanasius Kircher (1678)
L’Etna e la Sicilia nel Mundus subterraneus di Athanasius Kircher (1678)

«L’Etna nevoso, colonna del cielo                                       

d’acuto gelo perenne nutrice;

mugghiano dai suoi recessi

fonti purissime d’orrido fuoco,

fiumi nel giorno riservano

corrente fulva di fumo

e nella notte ròtola

rocce portando alla discesa

profonda del mare, con fragore.» (da https://etnatao.com/it/aforismi/)

 Strabone (Στράβων) fu storico e geografo greco, vissuto tra il 63 a.C. ed il 23 d.C. Nella sua opera Geografia (Γεωγραϕικά o ῾Υπομνήματα τῆς γεωγραϕίας), in 17 libri, descrive le regioni conosciute del mondo intero. In particolare nei libri V e VI descrive l’Italia, e parlando dell’Isola di Sicilia fa cenno all’Etna e ad alcune sue caratteristiche:

L’Etna e la Sicilia nella Cosmographiae Universalis di Sebastian Münster (1550)
L’Etna e la Sicilia nella Cosmographiae Universalis di Sebastian Münster (1550)

«L’Etna è situato un po’ all’interno, quasi sopra a Catania, e questa città è in effetti quella che risente di più dell’attività dei crateri. Infatti le colate di lava scendono giù fino al territorio di Catania e passano assai vicino alla città. […] Secondo Posidonio, quando il vulcano è in azione, i campi dei Catanesi sono coperti da uno spessore consistente di lava. […] Quando infatti la massa di roccia si liquefà nei crateri e poi ne esce fuori, il liquido che viene su straripando dalla cima è un fango nero, che scorre giù per il monte, poi, diventato solido, diventa pietra da macina […]». (Traduzione di Anna Maria Biraschi, 1988).

1520 Ptolémée (Collezione La Gumina)
1520, Ptolémée (Collezione La Gumina)

Lo storico arabo al-Bait al-Muqaddas, meglio conosciuto come al-Muqaddasî (nato a Gerusalemme nel 945) così descrive il nostro Monte: «La Siqillîah [la Sicilia n.d.a.] è isola vasta e bella. […] È in Sicilia un monte, dal quale sgorga un fuoco per quattro mesi alla volta ogni dieci anni e tutto il resto del tempo ne vien fuori del fumo. Fuorché il cratere, tutto il monte è ammassato di neve.» (traduzione di Michele Amari).

 

La Tabula Rogeriana di Edrisi: particolare dell’area mediterranea (da Konrad Miller). Nell’originale il nord è in basso.
La Tabula Rogeriana di Edrisi: particolare dell’area mediterranea (da Konrad Miller). Nell’originale il nord è in basso.

Abû ‘Abd Allâh Muhammad ibn ‘Abd Allah ibn Idrîs al-Ṣabti (per noi semplicemente Edrisi, o Idrisi), fu un geografo e viaggiatore arabo, giunto in Sicilia nell’anno 1139. Qui si trattenne per circa venti anni, e nella sua monumentale opera descrittiva del mondo allora conosciuto, raffigurato anche in una celebre carta geografica (nota come la Tabula Rogeriana), accennò al nostro vulcano.

Particolare della Sicilia nella Tabula Rogeriana di Edrisi (da B.N.F.) – Il nord è in basso
Particolare della Sicilia nella Tabula Rogeriana di Edrisi (da B.N.F.). Il nord è in basso

Il testo, dal titolo La delizia di chi desidera attraversare la terra, noto come il Libro di Ruggero (Kitab Rugar), fu tradotto da Michele Amari, nella sua Biblioteca arabo-sicula; in esso troviamo le seguenti parole:

«[…] Aci è terra marittima di antica civiltà. […] A ponente di questo paese si erge il monte chiamato Gabal ‘an nâr (il “monte del fuoco”, Mongibello)».

Ibn Jubayr (Abû l-Ḥusayn Muḥammad ibn Aḥmad al-Kinânî) fu un viaggiatore e letterato musulmano, originario della regione spagnola dell’Andalusia (Valenza 1145 – Alessandria 1217). Sbarcato a Messina nel 1184 nel corso di uno dei suoi viaggi in pellegrinaggio alla Mecca, ebbe modo di ammirare e descrivere l’Etna: «[…] La mattina del dì primo di questo mese [ramadan n.d.a.] vedemmo di faccia a noi il Monte del fuoco ossia il celebre vulcano di Sicilia»; e qualche pagina dopo aggiunge: «Quest’isola è lunga sette giornate di cammino e larga cinque. In essa si trova il Monte del vulcano di cui si è già parlato, che per la sua altezza straordinaria è ammantato di nubi e porta un turbante di neve, inverno ed estate continuamente» (dal resoconto di viaggio Riḥla, cioè “Viaggio”, traduzione di Celestino Schiaparelli).

~1693 – particolare dalla carta di David Funke (Collezione La Gumina)
1693, particolare dalla carta di David Funke (Collezione La Gumina)

Ho voluto corredare questa rassegna di brani tratti dalle opere di poeti, storici e geografi dell’antica Grecia e del mondo arabo con delle riproduzioni di particolari delle carte geografiche che abbracciano l’arco temporale che va dal XV secolo al XIX. Tra di esse non si può trascurare la pregevole raffigurazione della Sicilia che si può ammirare nella famosissima Galleria delle carte geografiche dei palazzi Vaticani, oggi inclusa nella visita dei Musei Vaticani.

Il Monte Etna, particolare da foto di G. Perricone
Il Monte Etna, particolare da foto di G. Perricone

La Galleria, realizzata tra il 1580 e il 1585, contiene quaranta carte geografiche affrescate sulle pareti, che raffigurano le regioni italiane e i possedimenti della Chiesa all’epoca di papa Gregorio XIII (1572-1585). Lungo la parete occidentale del corridoio (che misura ben 120 metri) si trovano rappresentate le regioni bagnate dai mari Ligure e Tirreno, con le isole maggiori; nella carta della Sicilia (anch’essa con il nord geografico in basso, come nella carta di Edrisi), si possono apprezzare il Monte Etna e le altre due montagne di fuoco siciliane, Vulcano e Stromboli.

L’Etna, Vulcano e Stromboli, particolare da foto di S. Scalia
L’Etna, Vulcano e Stromboli, particolare da foto di S. Scalia

Nelle due immagini a destra e sinistra, particolari dalla Carta geografica dell’Isola di Sicilia, dalla Galleria delle Carte Geografiche dei Musei Vaticani

Ove non indicato diversamente, le rappresentazioni cartografiche della Sicilia – ed in particolare dell’area etnea – incluse nella fotogallery, sono tratte dalla Mostra carte geografiche antiche della Sicilia della Collezione La Gumina (esposizione permanentemente presso il complesso Le Ciminiere di Catania). In queste carte geografiche il vulcano viene indicato in vari modi: Ætna Mons, Mont Ethna, M. Etna, Monte Gibello, Mongibello.

Ma per noi è, e sarà sempre, a Muntagna!

Con il titolo: l’Etna nella carta della Sicilia di Joannis a Montecaliero (1649), Collezione La Gumina

 

 

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Viaggio lento nella bellissima Sicilia degli evasori https://ilvulcanico.it/viaggio-lento-nella-bellissima-sicilia-degli-evasori/ Sat, 26 Oct 2019 05:21:29 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=14739 di Giuseppe Riggio Un viaggio di quasi 300 chilometri in bici attraverso le montagne siciliane, da Termini Imerese a Trecastagni, può raccontare tante verità diverse. Si può cominciare scrivendo che è piacevole ritrovare ancora una volta la bellezza del paesaggio, la irresistibile attrazione che esercita la Sicilia anche quella cosiddetta minore, con i suo paesi […]

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di Giuseppe Riggio

RIGGIO 1

Un viaggio di quasi 300 chilometri in bici attraverso le montagne siciliane, da Termini Imerese a Trecastagni, può raccontare tante verità diverse. Si può cominciare scrivendo che è piacevole ritrovare ancora una volta la bellezza del paesaggio, la irresistibile attrazione che esercita la Sicilia anche quella cosiddetta minore, con i suo paesi geograficamente marginali, ma sempre più frequentati dal turismo internazionale. Una tappa dopo l’altra in sella alle nostre bici a pedalata assistita ci siamo ritrovati ad incontrare visitatori lituani a Collesano, russi a Piano Battaglia, sorridenti ragazze francesi a Petralia ad autunno ormai inoltrato. Insomma una rivoluzione che i viaggi aerei low cost e la pericolosità di altre zone mediterranee hanno portato a compimento in pochi anni. I turisti arrivano a frotte, pur senza significative politiche promozionali siciliane, grazie al mix efficacissimo che oggi la nostra isola sa esprimere: cultura, mare, cibo, vino, nuovissime strutture ricettive sorte dappertutto grazie ai fondi europei.

Osservato da altra angolatura lo stesso itinerario può trasformarsi in una tormentata e sofferente immersione nella evasione fiscale di massa. Viaggiare in Sicilia significa oggi, più di prima, sperimentare l’assenza di scontrini fiscali, di ricevute, di rispetto in genere del principio costituzionale dell’apporto fiscale secondo la propria “capacità contributiva”. E non si tratta di certo di imprese sofferenti o prossime alla bancarotta, bensì di aziende colpite da improvviso benessere. Un paese dopo l’altro osti e ristoratori incassano e non ricambiano con nessun documento che possa attestare a fine anno il loro reale reddito.

RIGGIO 3

E’ una prassi diffusa, in fondo socialmente condivisa, tollerata da controllori vari che chiudono volentieri tutti gli occhi dinanzi al paesano, al barista, al pizzaiolo che tutti conoscono. Si attraversano luoghi dalla bellezza commovente, nelle scorse limpide giornate di ottobre, e si percepisce come non esiste ancora – salvo le ovvie e meritorie eccezioni che confermano la regola- la coscienza di far parte di una nazione fra le più avanzate al mondo. Lo Stato resta altro e lontano. Ancora di più quando tutti sembrano parlare di tasse come se si trattasse di un furto e non della compartecipazione che tutti i cittadini debbono fornire alle spese comuni.

E quindi paradossalmente, ma non troppo, anche il boom turistico siciliano – che è vero concreto ed anche molto aiutato dai fondi europei – non si trasforma alla fine in volano di sviluppo, non genera contributi all’Inps che saranno le pensioni di domani. Facciamo chiudere gli alberghi che davano posti di lavoro e gettito fiscale, mentre si moltiplicano gli osti del lavoro nero e dell’auto-produzione casalinga, bravissimi nell’accoglienza, ma ignari di cosa vuol dire essere azienda all’interno di una comunità. Peccato dover vivere il fascino autentico di un viaggio siciliano gravati dal peso dell’incontro con operatori che restano legati al passato, paurosi di emergere dalle acque stagnanti dell’economia “sommersa”.

Con il titolo: arrivo a Piano Battaglia

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In capo al mondo e ritorno, su una città galleggiante https://ilvulcanico.it/in-capo-al-mondo-e-ritorno-su-una-citta-galleggiante/ Tue, 09 Jul 2019 12:36:38 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=13315 di Gaetano Perricone Martedì 9 luglio 2019. Sono alla mia scrivania, davanti al mio computer. Tappato in casa, con aria condizionata ed escamotage vari per affrontare un’altra giornata di caldo feroce. Oggi lo è più che mai, una cappa inesorabile, che mette a dura prova la resistenza anche di uno notoriamente “carne di crasto” (colorita […]

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di Gaetano Perricone

1 LONGYAERBYEN

Martedì 9 luglio 2019. Sono alla mia scrivania, davanti al mio computer. Tappato in casa, con aria condizionata ed escamotage vari per affrontare un’altra giornata di caldo feroce. Oggi lo è più che mai, una cappa inesorabile, che mette a dura prova la resistenza anche di uno notoriamente “carne di crasto” (colorita ed efficace espressione palermitana che significa pellaccia dura).

Sette giorni fa ero appena tornato dalla meravigliosa Crociera ai Fiordi Norvegesi, 15 giorni sulla nave MSC Preziosa, affascinante città galleggiante dove puoi fare tutto e niente, stramangiare e camminare sui ponti per chilometri e chilometri, andare in palestra o a teatro, ballare o dormire, socializzare o farti i fatti tuoi. Un gran bel posto, oggettivamente, con una formidabile organizzazione e una grande attenzione alla pulizia, 1800 anime tra equipaggio e personale vario a fronte di oltre 3500 passeggeri provenienti da tutto il mondo.

PREZIOSA 2

C’ero anch’io, a bordo, tra il 17 giugno e il 1 luglio scorso, tra la partenza e l’arrivo al grande porto di Amburgo. Sono arrivato davvero in capo al mondo per fare ritorno i piedi dell’amata Etna. E’ stata una esperienza memorabile: la mia prima crociera in assoluto, pur avendo avuto la fortuna di girare mezzo mondo per scelta non ne avevo mai fatta una, ma la lunga navigazione ai favolosi Fiordi, tra luoghi fantastici e incontaminati nel cuore del Circolo Polare Artico e con il Sole di Mezzanotte, era un mio vecchio sogno.

L’ho realizzato ed è stato bellissimo, straordinario direi. Stamattina, ripensando a quei giorni così intensi e pieni di Bellezza con un clima più freddo che fresco, mi sono sentito più che mai come dentro quella pubblicità con persone che piangono al ritorno di una Crociera. E più che mai mi è venuta voglia di raccontarvi qualcosa, in forma di vero e proprio diario di viaggio. Ecco una sintesi degli appunti che ho preso diligentemente, da vecchio cronista, sul taccuino rosso omaggiato come ogni anno dall’Assostampa.

17 giugno 2019. Alle 22, puntualissima, la partenza dal grande porto di Amburgo, dove siamo arrivati dopo un lungo viaggio su tre aerei, da Catania a Roma, poi lo scalo a Francoforte, quindi l’arrivo all’enorme terminal MSC. Tanto popolo, poi le affollatissime ma altrettanto efficaci procedure di imbarco, quindi l’impatto elettrizzante con la meravigliosa e Preziosa … barchetta (!). I primi giri, che si riveleranno lunghi e complessi, per scoprirla un po’, poi la prima cena con i compagni di tavolo delll’intera Crociera: Cinzia e Nicola da Roma, Susanna e Giuseppe da Milano, meglio di così non si poteva. Poi a nanna.

 

18 e 19 giugno. Si naviga in un mare tranquillo. Più andiamo a nord, più la notte si va dileguando. Il 18 il sole tramonta alle 23,10, fa già molta impressione. Siamo sulle rotte degli antichi navigatori vichinghi e, cullato dalle onde, mi sento catturato dal fascino della scoperta di nuovi mari e terre lontane.

19 giugno. Prime emozioni con l’ingresso nel Moldefjorden, il bellissimo fiordo di Molde. Scatti a tempesta con il mio defunto smartphone, smarrito non so dove; per fortuna faccio subito un post su feisbuc e dunque le conservo. Natura incantevole, temperatura magnifica. Sbarco a Molde, 62esimo parallelo nord, prima tappa sulla terraferma, puntualissimi alle 15, anzi in anticipo come accadrà sempre. Passeggiata nella deliziosa cittadina norvegese, inevitabile qualche piacevole scatto con lei, la statua della signora con il cesto di fiori, simbolo di quella che viene chiamata la “città delle rose”. Il sole tramonta alle 23,45. Mi viene in mente il ritornello della canzone di Renzo Arbore: ma la notte, ma la notte no

SOLE MEZZANOTTE 21 GIUGNO

20 giugno. Navigazione. Cambia il colore del mare, diventa più grigio. Non si prendono più i canali Tv italiani, non c’è connessione Internet: suggestiva e non spiacevole la sensazione d’isolamento. Durante il viaggio da Molde a Tromso entriamo nel Circolo Polare Artico, che segna il punto più settentrionale in cui il sole di mezzogiorno è visibile durante il solstizio d’inverno e il sole di mezzanotte è ancora visibile durante il solstizio d’estate. Il Circolo Polare Artico è attualmente a una latitudine di 66°34,8′ Nord, ma il dato può cambiare in base all’orientamento assiale della Terra. Si crede che il primo esploratore che abbia tentato di attraversarlo sia stato nel 325 a.C. il greco Pytheas.

 21 giugno. Baciato dal Sole di Mezzanotte, poi dell’Una. E’ alto, sembra quello di Mezzogiorno. E’ una esperienza pazzesca, memorabile, unica. La immortaliamo con mille scatti. La notte è sparita, c’è sempre luce, sarà così per altri sei giorni. Sembra tutto sballato, il normale ritmo biologico se ne va a quel paese. Entriamo nel Fiordo di Tromso, 350 km. sopra il Circolo Polare Artico. Su, sempre più su verso il Polo Nord, navigando per ore e ore, in un mare fascinosissimo. Una magica esperienza tra paesaggi incantati. A Tromso, considerata la “Porta della Norvegia per l’Artico“, c’è l’Università più settentrionale del mondo: la sua posizione la rende un luogo fondamentale per lo sviluppo di studi e ricerche sull’ambiente naturale. Troviamo e visitiamo un museo ricchissimo e appassionante, che racconta la storia della Terra, la cultura e le tradizioni del popolo nativo dei Sami – del ceppo dei Lapponi – e la splendida fauna artica. Avvincente la spiegazione e ricostruzione dello spettacolare fenomeno dell‘Aurora Boreale, qui intensamente visibile in autunno e inverno. Si torna sulla Preziosa, con una serata speciale nella discoteca Galaxy al 16esimo ponte, quasi sul tetto della nave, con una luce naturale quasi accecante. Con Daniela, Mariano, Mariella, Angela, Fabio. Cinzia, Nicola sembriamo ragazzini felici …

 22 giugno. Navighiamo e balliamo un po’, ma senza troppo fastidi. Si sale, si sale. Sempre di più provo la sensazione di temerarietà dei navigatori antichi. Ai poli il sole sorge e tramonta una volta all’anno. Per sei mesi si alza lentamente per ridiscendere, fornendo una illuminazione costante. Per i restanti sei mesi, il  sole rimane nascosto sotto l’orizzonte, immergendo i poli nell’oscurità: è la notte polare.

LONGYAERBIEN 78ESIMO PARALLELO

23 giugno – E’ una domenica indimenticabile: sbarchiamo alle 8  a Longyearbyen, la città più a nord del mondo, 2000 abitati circa (la metà ricercatori e studiosi, l’altra metà dediti al turismo): situata a Spitsbergen, è la  capitale delle isole Svalbard, 78esimo parallelo, a 950 chilometri dal Polo Nord. E’ stata fondata e prende il nome da John Munro Longyear, inglese. la cui Compagnia di Carbone Artica ha avviato l’attività di estrazione nel 1906. Baciati dal sole per 24 ore, passeggiamo in uno scenario per noi inusitato, anche un po’ impressionante, carico di suggestioni, visitando il Museo naturalistico e quello delle grandi spedizioni Polari, tra mare e ghiacciai, orsi polari e renne vicinissimi e visitatori frequenti, grandi esploratori e eccellente birra, per una meravigliosa esperienza e una emozione unica. Siamo lì, davvero “in capo al mondo” ! Uno di quei luoghi fantastici del quale un giorno potrai dire: ci sono stato …

Ma l’emozione più grande arriva all’una della notte: a sorpresa, in una situazione assolutamente ideale con il mare calmissimo e una straordinaria visibilità, il comandante Stefano Aiello decide di portarci con la nave all’isola di Pyramiden, nel cuore delle Svalbard, nota per una grande miniera di carbone russa, a tu per tu con il favoloso ghiacciaio di Nordenskjold. Quasi lo accarezziamo con la prua della Preziosa; personalmente provo anche qualche brivido di paura. Per tanti passeggeri resterà il momento-clou della Crociera ai Fiordi.

24 giugno. Lasciata Longyearbyen con il cuore carico di immagini incredibili,  si naviga verso sud attraverso le gelide acque polari in direzione Honningsvag.

3 CAPO NORD

25 giugno. Qui Capo Nord, tetto d’Europa ! Vi parla un piccolo uomo, estasiato dall’infinita meraviglia della Natura. E anche molto felice di questa straordinaria “conquista”.

E’ un altro di quei giorni che ricorderò per sempre: arriviamo in largo anticipo a Honningsvag, importante stazione di pesca e deliziosa cittadina, dove faccio piacevoli incontri con il mitico San Bernardo “Bamse“, eroico cane della Seconda Guerra Mondiale e con un gigantesco Troll. Ma è soprattutto il punto di partenza per l’escursione a Capo Nord, 71esimo parallelo Nord, luogo leggendario per la mia generazione e non solo, una delle attrazioni turistiche più famose al mondo. Il promontorio comprende una scogliera alta 307 metri, con un grande pianoro in cima. Ci arriviamo in pullmann, in tarda serata, dopo una affascinantissima ascesa nel paesaggio della tundra, senza un filo di vegetazione, tra larghe chiazze di ghiaccio e laghetti di ghiaccio sciolto. Il momento è solenne: letteralmente intabarrato, con il vento sferzante e gelido attorno che spinge vigorosamente, mi faccio fotografare abbracciato alla stele con le coordinate geografiche di NordKapp e con le due dita vittoriose accanto al grande globo simbolo di questo luogo unico e speciale. E’ il gran finale di un giorno fantastico.

26 e 27 giugno. Si naviga a lungo, verso sud. Il mare è agitato, arriva a forza 6, ma sulla grande nave lo sentiamo poco. Le due giornate passano tra conferenze informative sui luoghi della crociera della fantastica novantenne signora Hilda Belgrano, accattivanti mangiate, palestra e idromassaggio, incontri significativi: il più importante è quello con il cordialissimo comandante Aiello e i suoi ufficiali, che ci spiegano molte cose interessanti. Grande spazio per eccellenti spettacoli nel grande teatro, vero cuore della Preziosa, brillantemente promossi e organizzati dal direttore artistico Valerio Agnello.

GEIRANGER 11

28 giugno. Ore 7.  Attraverso feisbuc, lancio il mio buongiorno dal meraviglioso fiordo norvegese di Geiranger, il Geirangerfyorden, il più bello, famoso e filmato del mondo, Patrimonio dell’Umanità Unesco. È valsa davvero la pena alzarsi stamattina alle 3 e mezzo e beccarsi un bel po’ di freddo per godersi la lunga e affascinantissima navigazione di circa 60 miglia nautiche in questi luoghi magici, di straordinaria bellezza e altrettanto grande pregio naturalistico.

Panorami mozzafiato, tra alti costoni rocciosi pieni di boschi e acque limpidissime e con fantastici riflessi, con il momento-clou del passaggio sotto le “Sette sorelle“, le famosissime 7 cascate a strapiombo a flussi separati una accanto all’altra, la più alta delle quali parte dall’altezza di 250 metri. Uno spettacolo della natura assolutamente unico, al quale ho avuto il privilegio di assistere, che conserverò per sempre negli occhi e nel cuore e che ho la gioia di raccontare nella fotogallery nei miei umili e appassionati scatti.

Foto ricordo mozzafiato a non finire e scorci di luoghi e paesaggi incantevoli, anche del delizioso villaggio di Geiranger e della sua magnifica cascata, nel cuore del fiordo norvegese più famoso. Anche se nessuno scatto, neanche il più professionale, può rendere fino in fondo l’incomparabile bellezza di questo sito tra i più apprezzati nel Patrimonio dell’umanità.

STAVANGER 3

29 giugno. E’ tornata un po’ la notte, segno che stiamo ritornando. Bellissima e piena di spunti d’interesse anche l’ultima tappa del meraviglioso giro dei fiordi. Un po’ di ore di magnifica passeggiata per conoscere la linda Stavanger, quarta città della Norvegia, tra le sue deliziose case bianche, una importante Cattedrale del 1125, un fiorente centro pieno di accattivanti negozi … dai prezzi quasi inaccessibili, le sedie dei bar con tanto di pellicce predisposte per il freddo, pomodorini locali dagli strani colori, il museo del petrolio a testimonianza del gran numero di compagnie petrolifere commerciali ospitate nella città e tanta umanità che incarna l’anima di questo Paese, che dedica molta attenzione a ecologia e rispetto dell’ambiente, alle energie alternative, alle iniziative a misura di bambino.

30 giugno. Domenica, ultimo giorno di navigazione. Già assalito da nostalgia e ricordi di giorni e luoghi speciali.

1 luglio, lunedì, ultimo giorno. Approdo finale, con un pizzico di tristezza, di nuovo ad Amburgo. Lasciamo la Msc Preziosa, casa bella, accogliente, divertente per due settimane. C’è il tempo di un bel giro in autobus, tra l’infinito porto e il quartiere a luci rosse di San Pauli, la grande chiesa di San Michele e la magnifica Rathaus (il municipio) con la sua piazza, un ottimo “assaggio”di  questa importantissima città tedesca sull’Elba, prima di ripartire per l’Italia.

Come tutte le cose più belle, finisce anche questa. Bellissima e realmente Preziosa per tutto quello che ci ha lasciato nel cuore e nella mente. Spero di essere riuscito, con queste righe, a trasmetterne qualcuna …

Con il titolo: sul ponte della Preziosa, a tu per tu con il grande ghiacciaio Nordenskjold a Pyramiden, Isole Svalbard, poco sotto il Polo Nord. Uno dei momenti più emozionanti della Crociera

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“Il mio viaggio in Iran, senza paura. Il fascino di una civiltà millenaria, tra siti spettacolari e un popolo gentile” https://ilvulcanico.it/il-mio-viaggio-in-iran-senza-paura-il-fascino-di-una-civilta-millenaria-tra-siti-spettacolari-e-un-popolo-gentile/ Tue, 04 Jun 2019 05:17:53 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=12954 di Giovanni Bruno Perché fare un viaggio in Iran ? E’ la domanda che tutti mi hanno fatto, con un misto di stupore e di paura ed è stato quello che più mi ha spinto a documentarmi per capire se fosse un viaggio fattibile e con quale livello di rischio. Primo passo, Ministero degli esteri, viaggiare […]

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di Giovanni Bruno

15 IRAN PERSEPOLI

Perché fare un viaggio in Iran ? E’ la domanda che tutti mi hanno fatto, con un misto di stupore e di paura ed è stato quello che più mi ha spinto a documentarmi per capire se fosse un viaggio fattibile e con quale livello di rischio.

Primo passo, Ministero degli esteri, viaggiare sicuri, paesi a rischio, nessun problema. Secondo passo, la curiosità di cercare di capire qualcosa di più di un Paese culla di una civiltà millenaria che ancora risuona nelle nostre orecchie di studenti di liceo classico. Terzo passo, come andare in un paese in cui vige un embargo pesante attuato dagli Stati Uniti e a cui molti paesi europei hanno aderito. Conseguentemente non è possibile utilizzare carte di credito o bancomat, quindi solo contante.

E’ sicuramente un viaggio fisicamente impegnativo. Parliamo di un paese le cui dimensioni sono pari a cinque volte l’Italia con circa ottanta milioni di abitanti, il periodo migliore è la tarda primavera quando le temperature massime in genere non superano i trentacinque gradi.

La Torre Azadi, simbolo di Teheran, inaugurata nel 1971
La Torre Azadi, simbolo di Teheran, inaugurata nel 1971

Si deve quindi decidere da dove cominciare. Ho preso in considerazione diverse agenzie di viaggio le cui proposte non erano molto convincenti soprattutto per la brevità del viaggio in se. E’ chiaro che un paese di queste dimensioni e con tale abbondanza di siti non può essere apprezzato in sette giorni. Dopo parecchi tentennamenti la scelta è caduta su un’agenzia iraniana che proponeva un tour di dodici giorni nella porzione centrale del paese con alternanze di siti monumentali (Teheran – Shiraz – Persepoli – Kerman – Yazd – Isfahan – Qom) e zone spettacolari dal punto di vista paesaggistico (lago rosa di Maharlu- escursione in fuoristrada all’alba nel deserto di Lut – pernottamento nel caravanserraglio di Zineddin.) Per la parte italiana ci siamo affidati a un referente di Roma che ha provveduto ai visti, ai voli aerei (solo Turkish Airlines da Roma) e alle assicurazioni.

Non voglio descrivere i luoghi che come si può facilmente immaginare sono spettacolari: Teheran, citta tentacolare di sedici milioni di abitanti; Persepoli, sito archeologico di dimensioni impressionanti; Shiraz, Kerman, Yazd e soprattutto Isfahan, città in cui la bellezza e la grandiosità delle moschee lascia senza fiato e i deserti, la cui immensità fa pensare all’infinito.

La gente: un popolo fiero, giovane, coraggioso che ha affrontato una rivoluzione (1979) una guerra (Iran-Iraq 1980-88), le foto dei caduti in guerra tappezzano ancora le strade delle città. La gente per strada ti saluta sorridente e ti chiede da dove vieni, vuole fotografarti e farsi fotografare. Ricordiamoci comunque che siamo in una repubblica islamica sciita (e non sunnita) e che la legge coranica aleggia più o meno discretamente su tutto, quindi donne velate ma solo il capo, abiti che non evidenzino le forme ma visi splendidamente truccati e occhi conturbanti. Niente alcool (neanche birra) niente maiale.

26 IRAN MERCATO

E arriviamo al cibo che un viaggiatore serio deve assaggiare, provare e commentare. Premetto che sono un “mediterraneo” ma non sono prevenuto su nessun cibo (in Cambogia ho mangiato cose che voi umani non immaginate). Notazione: l’Iran è un enorme altopiano, i campi coltivati quindi si trovano tra i 1500 e i 1900 metri di altezza e conseguentemente maturazione, gusto e dimensioni dei prodotti non sono mediterranei. Il pasto classico è composto di due parti principali: antipasto e piatto unico. L’antipasto generalmente è costituito da legumi abbastanza speziati, insalate da condire con yogurt acido. Piatto unico: generalmente kebab, montone arrosto, pollo ed enormi quantità di riso. Tutto molto abbondante e di buon sapore, ma poca frutta, forse la stagione?

Concludo con la sensazione di aver trovato un grande Paese che va studiato a lungo nei suoi aspetti così controversi e in molti casi distanti dal nostro sentire occidentale, ma con un atteggiamento nei confronti della vita di tutti i giorni sereno, con un tenore di vita mediamente adeguato alle possibilità del paese, ma senza una frenetica ricerca di oggetti di ostentazione di ricchezza (auto, moto, cellulari, abiti firmati).

Collegamenti:

DIRUZ di Antonello Sacchetti referente in Italia di Persiaviaggi www.diruz.it

PERSIAVIAGGI   CEO – Davood Abbasi www.pesiaviaggi.com

DAMIANO CROGNALI blogger al seguito- You Tube – www.crognali.it – istagram: ilbellodelweb

www.lasicili.it /news/……/davood-abbasi-un-persiano-dal-cuore-siciliano.html

Con il titolo: il sito di Persepoli. Nella fotogallery, luoghi e momenti del viaggio

 

 

 

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“Ho incontrato Mamma Etna. Benevola e a volte crudele, ma sempre meravigliosa. Uno spettacolo irripetibile” https://ilvulcanico.it/ho-incontrato-mamma-etna-benevola-e-a-volte-crudele-ma-sempre-meravigliosa-uno-spettacolo-irripetibile/ Thu, 09 May 2019 06:04:25 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=12536 di Antonella Alba “La mamma è in cucina. Ora bisognerà vedere cosa ci sta preparando”. Sono le parole di un vecchia guida alpina incontrata sul versante Nord dell’Etna qualche giorno fa. Eh sì perché per la gente che conosce bene il Vulcano, l’Etna è femmina ed è anche mamma. Sono giorni che da segni insoliti […]

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di Antonella Alba

ANTONELLA 2

“La mamma è in cucina. Ora bisognerà vedere cosa ci sta preparando”. Sono le parole di un vecchia guida alpina incontrata sul versante Nord dell’Etna qualche giorno fa. Eh sì perché per la gente che conosce bene il Vulcano, l’Etna è femmina ed è anche mamma.

Sono giorni che da segni insoliti dalle sue viscere, eppure tutto potrebbe essere anche normale perché lei è un vulcano attivo e non ha mai smesso di esserlo, dice Boris Behncke vulcanologo tedesco, grande esperto di geologia dell’Istituto Nazionale di Geofisica e vulcanologia di Catania che mi accompagnerà in questo viaggio prezioso. Pochi giorni di ferie intorno al 1 maggio e allora scelgo di scendere in Sicilia per mostrare a mio figlio Dario il vulcano più alto d’Europa.

A muntagna per i siciliani etnei, così la chiamano, come a dire che l’Etna è la montagna per eccellenza, unica e sola. E in effetti nessuna come lei padroneggia incontrastata il paesaggio: nelle giornate limpide si può vedere anche ‘dall’Italia’, cioè dalla Calabria.

Noi intanto l’avevamo vista dall’aereo mentre dalla sua imponente sommità esibiva un pennacchio di fumo. Atterrati il 26 aprile intorno alle 14 al Fontanarossa ecco che intorno alle 18,30 da un primo segnale: rilascia uno sbuffo di cenere ‘bello grosso’.  Lungo la strada per salire seguo il consiglio di Boris e invece di percorrere l’autostrada fino a Fiumefreddo seguo la strada dei paesi etnei. Diretta al rifugio Ragabo dovrò salire fino a 1500 metri passando per piccoli, ma bellissimi centri abitati come Fleri, Zafferana, Milo, Fornazzo. E’ una giornata limpida con un sole caldo, fanno almeno 24 gradi e l’ultima neve che è su si scioglie in pochi minuti. E proprio qui seguendo la strada Mareneve che, verso le 16, mamma Etna ci fa trovare dell’acqua fresca e cristallina da bere al torrente Sciambro. Il giorno dopo ripassandoci l’acqua non c’era già  più. E’ molto rara da trovare, dice Boris.

guide alpine e boris

Arrivati al rifugio Ragabo, a farci compagnia un festoso gruppo Cai di Treviso. Dopo una bella passeggiata nella foresta omonima e un’ottima cena ci addormentiamo di sasso esausti dal viaggio. E’ notte fonda quando a un tratto il letto si muove scuotendomi nel sonno. Cavolo non è il letto, sono scosse di terremoto! In un baleno insieme al resto degli ospiti del rifugio ci ritroviamo tutti in pigiama nell’atrio in mezzo alla pineta. Sono le 2 e 34 del mattino. Chiamo Boris sul cellulare: il rifugio si trova proprio sopra la faglia Pernicana, nulla di anomalo, è un terremoto superficiale, ed è chiaro che gli unici a tremare siamo stati solo noi e che lo abbiamo anche svegliato.

Il terremoto registrato dall’Ingv segna 3.3 di magnitudo a una profondità di appena 1 km su Linguaglossa. Ecco che la scossa di assestamento non tarda ad arrivare mentre siamo ancora fuori. Dopo una manciata di chiacchiere emotive scambiate sull’accaduto torniamo tutti a letto, a cercare di dormire. Ma faccio appena in tempo a ritrovarmi tra le braccia di Morfeo che trema tutto di nuovo scuotendo il rifugio e tutto ciò che contiene. Sono le 6. Ma questa volta è diverso, trema in modo sussultorio come a dare colpi da sotto terra e a dire: ehi tu! dormi ? io sono qui eh, sveglia! Bum, bum, bum!

Scendiamo tutti, ancora in pigiama. Poi Antonella, la proprietaria del rifugio, ci prepara una buona colazione e dopo esserci consultati ci salutiamo: non dormiremo al rifugio, mamma Etna è nervosa e ha l’insonnia e rischierebbe di svegliarci ancora. Scopriamo che il sisma ha perfino spaccato un lembo di terra fuori il rifugio, allora andremo a dormire sul versante Sud a Nicolosi, detta la porta dell’Etna, dove nessuno ha sentito niente.

Niente di grave, dice Boris, il vulcano vive e respira normalmente perché è viva e vive insieme a noi. E’ solo che Mamma Etna ha voluto darci il suo benvenuto, dico io. Tutto qui. C’è gente che pagherebbe per provare la stessa esperienza in così poco tempo. E’ che, solitamente, ci vuole tempo per ‘sentire’ il vulcano. Boris lo ripete continuamente anche a tutti quelli che lo chiamano per le interviste. E capisco che i tempi televisivi sono incompatibili con quelli della muntagna mentre parla con un’inviata della BBC al telefono.

BETULLE DELL'ETNA
Betulle endemiche dell’Etna

Dopo la simpatica levataccia, usciamo in escursione. Non un’escursione classica, inserita nel percorso ‘ufficiale’ del Rifugio Sapienza a Sud dove ci sono i pullman dei turisti, la funivia e un biglietto da pagare, ma dalla parte opposta, quella a Nord su Piano Provenzana, un versante fino a qualche anno fa molto frequentato dai turisti-escursionisti, fino a quando il magma non gli ha dato scampo e ha distrutto tutto e ora si arriva senza file o biglietti e si impara a guardare cosa la lava ha distrutto durante la sua lenta e inesorabile discesa. Nel 1985 la lava scese nella foresta di betulle meravigliose (si perché sull’Etna si trovano le betulle tipiche del nordeuropa ), ne bruciò una gran parte e un terremoto distrusse l’hotel Le Betulle. Lì a farci le spese fu un uomo che sarebbe ancora vivo se non fosse rientrato nel rifugio per prendere la macchina fotografica. Si vede che mamma Etna non gradì la coraggiosa ricostruzione pochi metri più in làm perché nel 2002 lasciò che una colata ancor più feroce lo distruggesse esattamente come aveva distrutto quello precedente. Nessuno ha più avuto il coraggio di investire lassù, tanto meno Ignazio, imprenditore tra i primi a investire su Piano Provenzana, recentemente scomparso, figlio anche lui di questa terra di Sicilia che crea e distrugge.

Benchè l’esistenza dei quattro crateri sommitali costituiscano l’essenza del vulcano, mamma Etna nel 2011 ha dato alla luce un altro più piccolo ma importante cratere ed è segnata da 300 bocche laterali sparse qua e là, alcune delle quali disegnano bene il suo profilo da lontano. Nate e poi morte negli anni, esse sono la prova della continua trasformazione morfologica della muntagna.

Tutt’intorno è evidente che le scosse e la lava hanno in parte distrutto e messo a dura prova questo territorio e i suoi abitanti, eppure c’è qualcosa che ispira vita e fermento, un’energia che viene da dentro la terra o da chissà. Eccoli lì i piccoli germogli di pini verdissimi che nascono vicini ai loro simili più grandi in mezzo al nero cupo della terra lavica e dicono quanto sia inaspettatamente fertile e ricca di minerali questa terra, quanto sia capace di rigenerarsi dopo un evento distruttivo.

CAPPELLA

Cominciamo a scendere per i tornanti della muntagna verso i paesi etnei come Fleri, Zafferana, Milo, Fornazzo e giù fino a Mascali, dove sopra la pesante lava millenaria più dura e imponente c’é quella giovane dei zampilli leggeri. Grazie all’occhio esperto di Boris seguiamo la traccia della discesa del magma del 1928 quando invece di inghiottire le case si fermò e gli abitanti costruirono la chiesetta di Magazzeni,  urlando al miracolo. Lì vicino nasce la Romice, una pianta selvatica dalle foglie commestibili al gusto di limone. Allora si pregava per fermare la lenta inesorabile discesa del ribollente magma, per evitare che inghiottisse tutto e, quando la potenza delle preghiere riusciva a fermare la distruzione nascevano delle piccole cappelle votive, ben visibili agli incroci per le strade tra Zafferana Milo e Fornazzo. Lava che non risparmiò, invece, la cittadina di Mascali, nata ai tempi del fascismo, completamente distrutta dall’eruzione del 1928.

Nessuno può sapere cosa mamma Etna stia preparando in cucina, neanche i più sofisticati macchinari dell’Ingv e la passione di Boris potranno mai prevedere un’eruzione o un terremoto, ma guardando seppur per pochi giorni questo fenomeno della natura unico nel suo genere in chilometri e chilometri di terra europea, ammirandolo nel nero delle sue vette e nel verde lussureggiante di questa strana primavera, col profumo sulfureo misto a quello di zagara tutt’intorno, e il rumore che arriva a farsi sentire nella pancia quando scuote la terra, capisco quale sia la forza che muove e riesce a vincere il senso di rischio e d’incertezza che gli abitanti si trovano a vivere in una terra così. Loro non possono o non osano odiarla, è una questione di rispetto che vince su tutto. A muntagna in sé racchiude tutto il senso della meraviglia della natura a volte benevola, a volte crudele, montagna da scalare e vulcano da scoprire, due qualità diverse che la rendono estremamente affascinante, uno spettacolo irripetibile, ogni volta diverso.

(Gaetano Perricone). Solo due parole per ringraziare, di vero cuore, la valorosa collega giornalista di Rai News 24 Antonella Alba per la estrema gentilezza, disponibilità, direi entusiasmo con cui ha accettato la nostra proposta di raccontare il suo incontro con l’Etna, rivelatosi più movimentato e avventuroso del previsto, con tanto di scosse e sveglia notturna. La Muntagna, oltre per la sua infinita bellezza, si contraddistingue per la sua capacità di sorprenderci sempre, offrendoci grandi emozioni. Lo stesso ha fatto con Antonella, che come tutti gli altri visitatori che riescono ad apprezzarla nell’affascinante varietà e complessità dei suoi aspetti ha avuto con “Idda” un fantastico impatto. Regalandoci (e onorandoci) poi con le splendide parole di questa testimonianza. Grazie ancora, Antonella Alba, speriamo di rivederti presto sull’Etna.

Con il titolo: Antonella Alba e il figlio Dario a Piano Provenzana. All’interno dell’articolo e nella fotogallery, alcuni luoghi e momenti dell’escursione sull’Etna, guidata dal grande vulcanologo Boris Behncke.

 

 

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Un giorno a Pompei, emozione infinita e senza tempo. I miei scatti, laddove la storia si è fermata https://ilvulcanico.it/un-giorno-a-pompei-emozione-infinita-e-senza-tempo-i-miei-scatti-laddove-la-storia-si-e-fermata/ Sun, 23 Sep 2018 06:59:42 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=9143 di Gaetano Perricone Lunedì scorso ero a Pompei, a rivedere con infinita emozione e con vibrante entusiasmo, dopo una fugace visita da ragazzo, il sito archeologico più grande e forse più importante del Pianeta. Dopo soli cinque giorni e per una fortunata coincidenza, ieri sera l’immenso Alberto Angela ha proposto su Rai 1 “Stanotte a Pompei“, eccezionale documentario […]

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12 POMPEI
di Gaetano Perricone
Lunedì scorso ero a Pompei, a rivedere con infinita emozione e con vibrante entusiasmo, dopo una fugace visita da ragazzo, il sito archeologico più grande e forse più importante del Pianeta. Dopo soli cinque giorni e per una fortunata coincidenza, ieri sera l’immenso Alberto Angela ha proposto su Rai 1 “Stanotte a Pompei“, eccezionale documentario che ha raccontato – come e più di sempre in modo affascinante – i luoghi, la intensa vita, gli usi e i costumi della città romana nell’immediata vigilia della spaventosa eruzione del Vesuvio del 24 agosto del 79 d.c. che la distrusse completamente, ma non riuscì a cancellarla dalla storia grazie agli scavi e ai meravigliosi ritrovamenti iniziati nel Settecento.
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Alberto Angela nel documentario  di Rai 1 “Una notte a Pompei”
Dunque ho avuto il privilegio di visitare e vedere prima con i miei occhi e dopo pochissimo tempo rivedere in televisione, in un reportage di straordinaria qualità dal punto di vista dei contenuti e della qualità delle riprese, quella che Alberto Angela ha molto efficacemente definito la più viva delle città morte. Una grande opportunità di ri-conoscere e ri-vivere dopo tanti anni, in tempi di maturità delle vita, uno dei siti più magicamente attraenti e davvero più vivi, nonostante gli effetti rovinosi e mortali della immensa nube piroclastica, che la nostra storia ci abbia trasmesso in eredità.
Non ho altro da aggiungere, né oso farlo, dopo il favoloso documentario di ieri sera che certamente avrete visto in tanti e che ha detto tutto quello che c’era da sapere di Pompei, della sua vita, della sua tragedia, della sua rinascita. Mi fa però molto piacere, da umile viaggiatore e insieme cronista e grande appassionato di storia, da nano rispetto al gigante della divulgazione televisiva, proporre al piccolo pubblico del Vulcanico.it il mio racconto per immagini, la mia personale testimonianza attraverso gli emozionati scatti raccolti in un’ampia fotogallery, della giornata trascorso tra le stupende “rovine” pompeiane. Partecipando con semplicità e a modo mio – ieri sera me ne è venuta una gran voglia – a questa celebrazione infinita.
Aggiungo soltanto, dal punto di vista (professionale e un po’ anche emotivo) del cronista che da anni vive al piedi di un altro grande vulcano attivo e lo ha anche raccontato al mondo, che la costante incombenza, allo stesso tempo terribilmente inquietante e quanto mai affascinante, del Vesuvio su strade, case, templi, ville, affreschi, colori, fotogrammi di quotidianità di Pompei, restituisce durante la visita attimo per attimo l’immagine che abbiamo visto mille e mille volte nelle tante ricostruzioni televisive e cinematografiche di quel 24 agosto del 79 d.C. : quella immensa nube ardente di infinita potenza che in brevissimo tempo tutto travolge e distrugge, uomini e cose. E’ stato come rivedere, l’eruzione minuto per minuto, con emozione indicibile, con paura e contemporaneamente con attrazione. Ed è stato insieme ricordo indelebile e monito in ogni tempo attuale: siamo piccolissimi e impotenti di fronte alla grandezza, alla potenza, alla volontà della Natura.
42 POMPEI
Vi lascio ai miei scatti, spero graditi, e alla memorabile testimonianza di Plinio il Giovane allo storico Tacito, nella sua prima lettera che riporto integralmente, per farne apprezzare non soltanto il valore documentario, ma anche quello narrativo.
Plinio il giovane (dal web)
Plinio il giovane (dal web)
 La prima lettera di Plinio il Giovane a Tacito. Come morì suo zio Plinio il Vecchio, per studiare da vicino la terribile eruzione
Mi chiedi che io ti esponga la morte di mio zio, per poterla tramandare con una maggiore obiettività ai posteri. Te ne ringrazio, in quanto sono sicuro che, se sarà celebrata da te, la sua morte sarà destinata a gloria immortale. Quantunque infatti, egli sia deceduto nel disastro delle più incantevoli plaghe, come se fosse destinato a vivere sempre -insieme a quelle genti ed a quelle città- proprio in virtù di quell’indimenticabile sciagura, quantunque abbia egli stesso composto una lunga serie di opere che rimarranno, tuttavia alla perennità della sua fama recherà un valido contributo l’immortalità dei tuoi scritti.
Personalmente io stimo fortunati coloro ai quali per dono degli dei fu concesso o di compiere imprese degne di essere scritte o di scrivere cose degne di essere lette, fortunatissimi poi coloro ai quali furono concesse entrambe le cose. Nel novero di questi ultimi sarà mio zio, in grazia dei suoi libri e in grazia dei tuoi. Tanto più volentieri perciò accolgo l’incombenza che tu mi proponi, anzi te lo chiedo insistentemente.
Era a Miseno e teneva personalmente il comando della flotta. Il 24 agosto, verso l’una del pomeriggio, mia madre lo informa che spuntava una nube fuori dell’ordinario sia per la grandezza sia per l’aspetto. Egli dopo aver preso un bagno di sole e poi un altro nell’acqua fredda, aveva fatto uno spuntino stando nella sua brandina da lavoro ed attendeva allo studio; si fa portare i sandali e sale in una località che offriva le migliori condizioni per contemplare il prodigio. Si elevava una nube, ma chi guardava da lontano non riusciva a precisare da quale montagna [si seppe poi che era il Vesuvio]: nessun’altra pianta meglio del pino ne potrebbe riprodurre la forma. Infatti slanciatosi in su in modo da suggerire l’idea di un altissimo tronco, si allargava poi in quelli che si potrebbero chiamare dei rami, credo che il motivo risiedesse nel fatto che, innalzata dal turbine subito dopo l’esplosione e poi privata del suo appoggio quando quello andò esaurendosi, o anche vinta dal suo stesso peso, si dissolveva allargandosi; talora era bianchissima, talora sporca e macchiata, a seconda che aveva trascinato con sè terra o cenere.
Nella sua profonda passione per la scienza, stimò che si trattasse di un fenomeno molto importante e meritevole di essere studiato più da vicino. Ordina che gli si prepari una liburnica e mi offre la possibilità di andare con lui se lo desiderassi. Gli risposi che preferivo attendere ai miei studi e, per caso, proprio lui mi aveva assegnato un lavoro da svolgere per iscritto. Mentre usciva di casa, gli venne consegnata una lettera da parte di Rettina, moglie di Casco, la quale, terrorizzata dal pericolo incombente (infatti la sua villa era posta lungo la spiaggia della zona minacciata e l’unica via di scampo era rappresentata dalle navi), lo pregava che la strappasse da quel frangente così spaventoso.
Plinio il Vecchio
Plinio il Vecchio (dal web)
Egli allora cambia progetto e ciò, che aveva incominciato per interesse scientifico, affronta per l’impulso della sua eroica coscienza. Fa uscire in mare delle quadriremi e vi sale egli stesso, per venire in soccorso non solo a Rettina ma a molta gente, poichè quel litorale in grazia della sua bellezza, era fittamente abitato.
Si affretta colà donde gli altri fuggono e punta la rotta e il timone proprio nel cuore del pericolo, cosi immune dalla paura da dettare e da annotare tutte le evoluzioni e tutte le configurazioni di quel cataclisma, come riusciva a coglierle successivamente con lo sguardo.
Oramai, quanto più si avvicinavano, la cenere cadeva sulle navi sempre più calda e più densa, vi cadevano ormai anche pomici e pietre nere, corrose e spezzate dal fuoco, ormai si era creato un bassofondo improvviso e una frana della montagna impediva di accostarsi al litorale. Dopo una breve esitazione, se dovesse ripiegare all’indietro, al pilota che gli suggeriva quell’alternativa, tosto replicò:
– “La fortuna aiuta i prodi; dirigiti sulla dimora di Pomponiano”.
 Questi si trovava a Stabia; dalla parte opposta del golfo (giacchè il mare si inoltra nella dolce insenatura formata dalle coste arcuate a semicerchio); colà, quantunque il pericolo non fosse ancora vicino, siccome però lo si poteva scorgere bene e ci si rendeva conto che, nel suo espandersi era ormai imminente, Pomponiano aveva trasportato sulle navi le sue masserizie, determinato a fuggire non appena si fosse calmato il vento contrario. Per mio zio invece questo era allora pienamente favorevole, cosi che vi giunge, lo abbraccia tutto spaventato com’era, lo conforta, gli fa animo, per smorzare la sua paura con la propria serenità, si fa calare nel bagno: terminata la pulizia prende posto a tavola e consuma la sua cena con un fare gioviale o, cosa che presuppone una grandezza non inferiore, recitando la parte dell’uomo gioviale.
Ricostruzione della morte di Plinio il vecchio nel 79 d.C.
Ricostruzione della morte di Plinio il vecchio nel 79 d.C.

Nel frattempo dal Vesuvio risplendevano in parecchi luoghi delle larghissime strisce di fuoco e degli incendi che emettevano alte vampate, i cui bagliori e la cui luce erano messi in risalto dal buio della notte. Egli, per sedare lo sgomento, insisteva nel dire che si trattava di fuochi lasciati accesi dai contadini nell’affanno di mettersi in salvo e di ville abbandonate che bruciavano nella campagna. Poi si abbandonò al riposo e riposò di un sonno certamente genuino. Infatti il suo respiro, a causa della sua corpulenza, era piuttosto profondo e rumoroso, veniva percepito da coloro che andavano avanti e indietro sulla soglia. Senonchè il cortile da cui si accedeva alla sua stanza, riempiendosi di ceneri miste a pomice, aveva ormai innalzato tanto il livello che, se mio zio avesse ulteriormente indugiato nella sua camera, non avrebbe più avuto la possibilità di uscirne.

 Svegliato, viene fuori e si ricongiunge al gruppo di Pomponiano e di tutti gli altri, i quali erano rimasti desti fino a quel momento. Insieme esaminano se sia preferibile starsene al coperto o andare alla ventura allo scoperto. Infatti, sotto l’azione di frequenti ed enormi scosse, i caseggiati traballavano e, come se fossero stati sbarbicati dalle loro fondamenta, lasciavano l’impressione di sbandare ora da una parte ora dall’altra e poi di ritornare in sesto. D’altronde all’aperto cielo c’era da temere la caduta di pomici, anche se erano leggere e corrose; tuttavia il confronto tra questi due pericoli indusse a scegliere quest’ultimo. In mio zio una ragione predominò sull’altra, nei suoi compagni una paura s’impose sull’altra. Si pongono sul capo dei cuscini e li fissano con dei capi di biancheria; questa era la loro difesa contro tutto ciò che cadeva dall’alto.
 Altrove era già giorno, là invece era una notte più nera e più fitta di qualsiasi notte, quantunque fosse mitigata da numerose fiaccole e da luci di varia provenienza. Si trovò conveniente di recarsi sulla spiaggia ed osservare da vicino se fosse già possibile tentare il viaggio per mare; ma esso perdurava ancora sconvolto ed intransitabile. Colà, sdraiato su di un panno steso a terra, chiese a due riprese dell’acqua fresca e ne bevve. Poi delle fiamme ed un odore di zolfo che preannunciava le fiamme spingono gli altri in fuga e lo ridestano. Sorreggendosi su due semplici schiavi riuscì a rimettersi in piedi, ma subito stramazzò, da quanto io posso arguire, l’atmosfera troppo pregna di cenere gli soffocò la respirazione e gli otturò la gola, che era per costituzione malaticcia, gonfia e spesso infiammata.
Quando riapparve la luce del sole (era il terzo giorno da quello che aveva visto per ultimo) il suo cadavere fu ritrovato intatto, illeso e rivestito degli stessi abiti che aveva indossati: la maniera con cui si presentava il corpo faceva più pensare ad uno che dormisse che non ad un morto. Frattanto a Miseno io e mia madre… ma questo non interessa la storia e tu non hai espresso il desiderio di essere informato di altro che della sua morte. Dunque terminerò.
Aggiungerò solo una parola: che ti ho esposto tutte circostanze alle quali sono stato presente e che mi sono state riferite immediatamente dopo, quando i ricordi conservano ancora la massima precisione. Tu ne stralcerai gli elementi essenziali: sono infatti cose ben diverse scrivere una lettera od una composizione storica, rivolgersi ad un amico o a tutti.
Stammi bene.

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Dal Nero dell’Etna al Bianco dell’Argimusco. Di quella volta che partimmo per toccare le pietre … https://ilvulcanico.it/dal-nero-delletna-al-bianco-dellargimusco-di-quella-volta-che-partimmo-per-toccare-le-pietre/ Tue, 29 Aug 2017 06:44:13 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=4218 di Barbara Mileto Ci sono momenti nella vita in cui hai bisogno di restare, di sentirti a casa, protetto, (in catanese, che rende meglio che in lingua corrente, “di essere accunuttata”) perché il mondo, quello esterno, quello in cui devi vivere, ti ha ferito malamente e non ti riconosci più in esso. E in questo […]

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di Barbara Mileto

barbara mileto e francesco peluso 2

Ci sono momenti nella vita in cui hai bisogno di restare, di sentirti a casa, protetto, (in catanese, che rende meglio che in lingua corrente, “di essere accunuttata”) perché il mondo, quello esterno, quello in cui devi vivere, ti ha ferito malamente e non ti riconosci più in esso. E in questo desiderio di ritrovare le tue radici per tornare a te stesso, non senti altro che il richiamo della terra, della tua terra. E la Mia Terra è piena di pietre.

Con il mio compagno, la mia roccia personale accanto – che senza di essa le altre si dissolverebbero in un soffio, sempre un passo dietro di me a sorreggermi ed uno avanti ad incitarmi di non arrendermi -, mi sono arrampicata sul Mio vulcano, mio intanto perché è patrimonio dell’umanità e mio soprattutto perché ci sono nata, qui, sotto i suoi boati e ci sono cresciuta, qui, andando incontro alle colate laviche, emozionata, nelle notti dei miei diciassette anni incoscienti.

Sono figlia del mare e del fuoco io. E una volta arrampicata sulla Mia Montagna, a 2200 mt finalmente ho respirato, pura essenza di Lei. Sul tetto del mondo ho toccato la pietra nera, che un tempo non molto lontano era rossa e bollente, sputata fuori, dritta dal centro del mondo e adesso era leggera come lo sono diventati, a un tratto, i mie pensieri brutti. Ho respirato ancora e l’ho buttata giù a valle, quella pietra nera insieme a tutti i miei pensieri. E del nero mantello – di una devastazione che seppellisce il vecchio per lasciar spazio al nuovo – e della voce potente della Mia Montagna tra i capelli e dentro i polmoni, mi sono ricaricata.

Un mio amico dice che l’Etna è come la vita, in continuo cambiamento. Ed è così! Lingue di fuoco e colonne di detriti mutano ogni anno lo scenario del vulcano che cresce, si innalza, si allarga, crea nuovi spazi, ma anche nuovi confini e nuove barriere. Dalla potenza del suo essere sopra ogni cosa alla distruzione, alla rinascita lenta ma inesorabile, nei “cuccioli” di pino che spuntano dalla cenere, nelle felci che brillano al sole, negli occhi di legno delle betulle, meravigliose, eteree betulle. La vita che non si arrende, mai.

E, dal nero dell’Etna, quel richiamo delle origini – che ci ha guidato in questi due brevi ma intensi giorni – ci ha condotti sino al bianco Piano dell’Argimusco, dove anche lì le pietre sono vive e parlano a chi le sa ascoltare. Anche lì, abbiamo respirato la magia della natura e dei segni lasciati da antiche civiltà che ci hanno preceduto e che ancora popolano questo posto misterioso, vergognosamente sconosciuto anche a noi siciliani. Anche lì abbiamo toccato la pietra. E anche lì siamo stati travolti da una carica di energia potente, che viene da lontano, dai tempi in cui l’uomo era in armonia con l’universo intero e interpretava i suoi segni, rispettando ogni cosa illuminata sotto questo cielo.

Un posto dove luccicano presenze invisibili, riflesse nel bagliore della pietra bianca – ma non sono illusioni ottiche… -, dove i grilli non scappano se avvicini la mano e puoi perfino accarezzarli e dove gli alberi affondano le radici nei blocchi asciutti d’acqua, ma non di vita.

Ho portato con me questa storia, lo faccio sempre, con le parole e con le immagini. Di tutto un po’…  Ma nell’ultima foto scattata prima di tornare al mondo che mi aveva ferito (ma io adesso non lo ricordo più…) purtroppo, tra l’Etna che sovrasta e crea la nostra terra e l’Argimusco che tenta ancora di proteggerla, si scorge, sbiadita nei contorni ma definita nella sostanza, la mano infame dell’uomo che accende l’ultimo fuoco venale nel bosco di Randazzo.

Io torno più forte alla vita, rigenerata dalle pietre nere e bianche della mia terra, ma so che il mondo degli uomini da cui sono fuggita non merita amore.

Le splendide foto. che raccontano questo viaggio dell’anima, sono di Barbara Mileto

 

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