Costume Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/costume/ Il Blog di Gaetano Perricone Thu, 24 Nov 2022 15:17:17 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.1 Dall’Etna una collezione moda-capelli dedicata alle donne dell’Iran: la “rising hearth” di Francesco Arancio https://ilvulcanico.it/dalletna-una-collezione-moda-capelli-dedicata-alle-donne-delliran-la-rising-hearth-di-francesco-arancio/ Thu, 24 Nov 2022 08:47:58 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=22538 Fonte: ufficio stampa Lontani ma vicini grazie a forbici e colori. In segno di solidarietà nei confronti di Masha Amini, uccisa perché non portava l’hijab nella maniera corretta, l’hair stylist palermitano Francesco Arancio dedica la sua ultima collezione moda-capelli chiamata “Rising earth” – terra che rinasce – a tutte quelle donne iraniane che stanno lottando […]

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Fonte: ufficio stampa

Masha Amini

Lontani ma vicini grazie a forbici e colori. In segno di solidarietà nei confronti di Masha Amini, uccisa perché non portava l’hijab nella maniera corretta, l’hair stylist palermitano Francesco Arancio dedica la sua ultima collezione moda-capelli chiamata “Rising earth” – terra che rinasce – a tutte quelle donne iraniane che stanno lottando per i loro diritti e la loro libertà.

La rinascita, una nuova vita. “Questo progetto prende le mosse dal magma e dai suoi colori – spiega l’artista siciliano -. La lava cancella tutto ciò che incontra nel suo cammino, ma ciò che destabilizza la natura stessa è il potere e la forza che la terra acquisisce subito dopo. Il terreno, infatti, diventa più fertile di com’era. La lava lascia le sue tracce che, col tempo, diventano massi creando delle vere e proprie opere d’arte naturali”.

È questo il messaggio che Arancio lancia alle donne iraniane e lo divulga attraverso un bellissimo video girato sull’Etna insieme a una serie di foto . “Per una rinascita completa dunque – prosegue – una rinascita vera e pura, bisogna rimuovere tutto ciò che ci blocca, che ci rende morti e non ci fa andare avanti. Affinché il terreno sia più forte, a volte è necessario che si demolisca ogni cosa: ciò che nasce dopo è sicuramente la sua versione migliore. Tutto ci cambia dentro, ma la nostra natura, così come la nostra anima, rimane pur sempre quella che è. Ogni cambiamento forma il nostro modo di essere e di vivere”.

Francesco Arancio, hair stylist palermitano

Così come la lava che raggiunge la sua metamorfosi cambiando aspetto e consistenza, così ognuno di noi deve abolire ciò che di negativo lo imprigiona, rompendo le catene degli stereotipi, provando a essere liberi. “Il passato ci blocca, non ci permette di rinascere. Restiamo noi stessi, mantenendoci in equilibrio. Ma è solo ‘sgretolandoci’ che cambieremo aspetto ed essenza. La donna che rappresento in questa collezione – così come le donne iraniane che oggi lottano per affermare i loro diritti – ha un carattere deciso e sicuro, è una donna che rinasce e guarda avanti senza più voltarsi indietro”.

Tagli perfettamente geometrici, perlopiù ondeggianti e spigolosi, ricordando così massi e rocce. I colori ricordano la lava che, cambiando la sua forma da liquida a solida, cambia anche aspetto e colore. Passiamo infatti dai rossi accesi dei ramati al colore della terra (marrone), per finire con un biondo “cenere”. “Questo è solo un gesto simbolico – conclude Arancio – perché non accada più quello che è successo a Masha Amini”.

(Gaetano Perricone). Mi è piaciuta moltissimo questa iniziativa, alla quale do volentieri spazio sul Vulcanico perché la trovo piena di anima, suggestioni, colori e con un messaggio certamente forte e importante – che si distingue per la sua originalità in mezzo a tanti altri che esprimono solidarietà per le donna iraniane e la loro battaglia di libertà – che unisce Palermo, dove l’hair stylist che l’ha lanciata vive e lavora e la meravigliosa Etna Patrimonio dell’umanità, teatro del video e delle foto. Complimenti a Francesco Arancio con le sue splendide modelle, che con questa iniziativa riesce molto bene a coniugare solidarietà e impegno sociale con promozione e marketing della sua attività e grazie alla collega Federica Virga per l’impeccabile comunicazione

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Ecco “las Tortas de Alcazar”, parente spagnola della filletta di Bronte https://ilvulcanico.it/ecco-las-tortas-de-alcazar-parente-spagnola-della-filletta-di-bronte/ Sun, 15 Sep 2019 08:17:29 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=14092 di Gaetano Perricone Quella “rete” straordinaria che è il web con i social network, creando contatti planetari continui e costanti, produce spesso risultati imprevedibili e sorprendenti. Accade così, ad esempio che un articolo che ho scritto e pubblicato, con un discreto successo, su questo  blog il 5 dicembre 2018 sulla “filletta“, tradizionale e squisitissimo dolce di Bronte, ( […]

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di Gaetano Perricone

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Quella “rete” straordinaria che è il web con i social network, creando contatti planetari continui e costanti, produce spesso risultati imprevedibili e sorprendenti.

Accade così, ad esempio che un articolo che ho scritto e pubblicato, con un discreto successo, su questo  blog il 5 dicembre 2018 sulla “filletta“, tradizionale e squisitissimo dolce di Bronte, ( http://ilvulcanico.it/il-fascino-discreto-della-filletta-antico-e-vulcanico-dolce-brontese/)  ha “riempito di curiosità” (così mi hanno scritto) gli amici feisbuc spagnoli della Sociedad Cervantina de Alcázar de San Juan, cittadina di quasi 30.000 abitanti nella comunità autonoma di Castiglia-La Mancia, perchè hanno trovato la filletta “molto simile al dolce noto come Tortas de Alcázar, prodotto principalmente nello stabilimento di Las Canteras, con ascendente italiano, Carrazzone”.

Vogliamo stabilire – mi ha ancora scritto Costantino Lopez della Sociedad Cervantinase qualcuno di Alcázar de San Juan abbia portato la ricetta in Sicilia al tempo dell’età d’oro spagnola (Vicereame di Sicilia, Napoli e Milano) o se invece sia venuto in Spagna copiando la ricetta dall’Italia. Forse hai documenti storici sul dolce chiamato filletta (di cui abbiamo sentito parlare da un parente il cui padre è di Bronte) e potremmo stabilire lì la vera origine del dolce che è il segno distintivo della nostra città, Alcazar de San Juan”.

TORTAS DE SAN JUAN
Il dolce di Alcazar de San Juan

Una storia molto interessante, davvero … gustosa, che certifica la dimensione internazionale dell’amatissima e deliziosa filletta. Naturalmente giro il quesito della Sociedad Cervantina (intitolata a Miguel Cervantes, autore del celeberrimo “Don Chisciotte della Mancia“) agli amici brontesi, per aiutarci a trovare, se esiste, qualche documento illuminante sull’eventuale collegamento storico tra Sicilia e Spagna anche per l’origine del tipico e squisito dolce.

Intanto, con estrema gentilezza, Costantino Lopez – che voglio ringraziare di cuore – mi ha dato anche l’onore di pubblicare integralmente, tradotto in lingua spagnola, sul blog “Cosas de Alcazar del San Juan” il mio articolo dello scorso su IlVulcanico.it, regalando visibilità internazionale alla filletta e alla sua storia (ma anche a me e al mio blog) e ricordandoci che “las Tortas de Alcázar es un dulce muy típico de esta ciudad…”.

Ecco il link all’articolo sul blog spagnolo:

https://cosasdealcazardesanjuan.wordpress.com/2019/09/14/el-discreto-encanto-de-la-filletta-el-antiguo-y-volcanico-dulce-brontes-extraordinariamente-parecido-a-la-torta-de-alcazar/

Con il titolo: la filletta di Bronte appena cotta

 

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Isole Eolie, anni Cinquanta: dopo il melodramma, a Stromboli e Vulcano riesplode la vita https://ilvulcanico.it/isole-eolie-anni-cinquanta-dopo-il-melodramma-a-stromboli-e-vulcano-riesplode-la-vita/ Mon, 05 Nov 2018 13:53:30 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=9804 FONTE: INGVVULCANI di Gianfilippo De Astis No, non parla di battaglie tra divinità a colpi di esplosioni stromboliane contro eruzioni vulcaniane. “La Guerra dei Vulcani” (The War of the Volcanoes, 2012), il documentario diretto da Francesco Patierno, narra, invece, dell’aspra e scoppiettante rivalità che esplose nel mezzo del Mar Tirreno tra due primedonne del cinema […]

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FONTE: INGVVULCANI

di Gianfilippo De Astis

No, non parla di battaglie tra divinità a colpi di esplosioni stromboliane contro eruzioni vulcaniane. “La Guerra dei Vulcani” (The War of the Volcanoes, 2012), il documentario diretto da Francesco Patierno, narra, invece, dell’aspra e scoppiettante rivalità che esplose nel mezzo del Mar Tirreno tra due primedonne del cinema – Ingrid Bergman e Anna Magnani – e due film: “Stromboli, terra di Dio” e “Vulcano”.

Tra i due film e le due donne, il pomo della discordia era Roberto Rossellini, il già famoso regista italiano la cui spinta neorealista era stata ravvivata dall’arrivo della Bergman in Italia nel 1949 e con cui la Magnani aveva avuto fino a poco tempo prima una relazione durata oltre quattro anni, iniziata durante la realizzazione del film Roma, Città Aperta e testimoniata anche da altre pellicole (figura 1).

Figura 1
Figura 1Un fotogramma dal film “L’Amore” (1948), ultima pellicola che vide insieme Roberto Rossellini e Anna Magnani. Qui l’attrice parla al telefono con un interlocutore immaginario per l’intera durata del film (liberamente ispirato ad un dramma teatrale di Jean Cocteau: “La Voce Umana”, ndr).

 

Il documentario si concentra proprio su quella storia d’inganni, cuori infranti, gelosie estreme e alcuni dicono anche di idee rubate, dove la eternamente vulcanica Anna Magnani – The Volcanic Anna Magnani è stato anche il titolo scelto per una retrospettiva recentemente svoltasi a Chicago per celebrare questa grande attrice del dopoguerra – si scontrò con la bionda icona hollywoodiana, e cercò la vendetta nei confronti del suo ex-partner, proprio girando “Vulcano”. Nel film diretto da William Dieterle – uno dei tanti registi-artisti tedeschi fuggiti a Hollywood a causa del nazismo – la trama è costruita intorno alla magnifica interpretazione di Anna Magnani, (fig.2) che impersona una prostituta di lungo corso rispedita dalle Autorità sulla sua isola natia dove ritrova la sorella minore, donna semplice e pura, insidiata da un losco individuo, impersonato da Rossano Brazzi, altro famoso attore italiano dell’epoca.

A fare da sfondo ai due film, i due piccoli vulcani attivi di Stromboli e Vulcano, sperduti nel Tirreno Meridionale e colpiti un feroce spopolamento a causa di vicissitudini vulcanologiche – le eruzioni del 1911 e 1930 nel primo caso e quella del 1888-1890 nel secondo – e dalla mancanza di lavoro e di risorse. Due isole che, dopo decenni di abbandono, tornarono finalmente a vivere soprattutto grazie alla rivalità fra le protagoniste dei due film e ai reportages internazionali.

Figura 3
Figura 2Anna Magnani in un fotogramma del film “Vulcano” di William Dieterle (Italia, 1950)

 

Infatti, quel che emerge nitidamente tanto dal documentario quanto dai cinegiornali dell’epoca, è che “l’interesse” della stampa di mezzomondo fu così forte da inviare vari, famosi reporters alla ricerca di esclusive piccanti e scoop scandalistici. La curiosità divenne talmente parossistica – forse più della terribile eruzione di Stromboli del 1930 – che i registi imposero alle due isole un regime ristretto di accessi ai giornalisti e di diffusione delle notizie anche da parte dei semplici componenti delle troupes al lavoro.

Anche se fecero da sfondo a due grossi flop, se è vero come è vero che entrambi i film andarono incontro a disastrose anteprime nei Festival e – usciti nelle sale nel 1950 – realizzarono ben magri incassi ai botteghini, la cosa che ci piace raccontare – al pari dell’articolo sulla Stromboli post-Bergman – è come si sviluppò la storia post-bellica della terza delle Isole Eolie e della sua Comunità.

In questo, un primo punto di partenza è rappresentato dalle notevoli differenze morfologiche, paesaggistiche e antropologiche che caratterizzano Vulcano rispetto a Stromboli e che già i due film lasciano intuire.

Figura 4
Figura 3 – Anna Magnani in un altro fotogramma del film “Vulcano” di William Dieterle (Italia, 1950)

 

In “Stromboli”, le scene di pesca in mare aperto – da ricordare la bellissima sequenza della tonnara di Oliveri, in provincia di Messina – o il felice ritorno a casa del protagonista da sua moglie, dopo una ricca pesca, rendono facile comprendere che il film di Rossellini è ambientato in una comunità di pescatori e/o di emigrati, tornati alla terra natia e, in molti casi, speranzosi di ripartire. “Stromboli” è largamente girato fra le case edificate sulle lave che formano un lungo tratto di costa dell’Isola originatosi con l’espandersi della colata di San Bartolo (di età romana) e si conclude lungo le pendici più alte del cono, in prossimità dei crateri fumanti, dove si ritrova una Bergman disorientata e affranta in fuga verso Ginostra. Chi conosce almeno un po’ Stromboli, malgrado l’attuale urbanizzazione, non avrà difficoltà a riconoscere più di uno scorcio e a comprendere che proprio il mare, la costa e i crateri in eruzione hanno fatto la fortuna turistica e quindi economica dell’isola.

Guardando il film di Dieterle, invece, si fa una certa fatica a riconoscere l’ambiente e le forme dell’isola di Vulcano e, spulciando tra i credits, si scopre, appunto, che gli esterni furono in gran parte girati a Salina anziché a Vulcano (figura 3). Al di là delle invenzioni cinematografiche e di sceneggiatura, è abbastanza evidente che i vulcanari/re più che pescatori (o adescatrici, sic!) hanno nell’agricoltura e nell’allevamento le loro più solide vocazioni. E questo non è un caso perché l’isola di Vulcano (figura 4), è formata da una molteplicità di centri eruttivi piccoli e grandi, da ampie zone con morfologie subpianeggianti (la caldera del Piano e parte di quella della Fossa), da duomi lavici e da una serie di elementi morfo-strutturali che la rendono ben diversa dallo stratocono strombolano.

Figura 2
Figura 4Carta schematica morfo-strutturale (De Astis et al., 2013) ottenuta attraverso rilievi sul terreno e analisi d’immagine, e basata su un DEM (Digital Elevation Model) da Baldi et al. (2002).

 

Chi, oggi, partisse dalle località Porto di Levante e Porto di Ponente, dove sono concentrate tutte le strutture turistiche, per esplorare il resto dell’isola, si renderebbe conto che il Piano è coltivato e ospita allevamenti di pecore e mucche che consentono di produrre formaggi “esportati” perlomeno nelle isole più vicine. Chi si spingesse oltre, verso Gelso e lungo le pendici meridionali del Vulcano più antico, apprezzerebbe, inoltre, la presenza di aziende agricole che producono vini di qualità e in particolare la Malvasia eoliana (la “passolina”, uva passa dal famoso vitigno Corinto nero) così come avviene a Salina. A Vulcano, quindi, non è stato e non è solo il turismo a determinare l’economia dell’isola, come invece è a Stromboli dagli anni ‘50 in poi.

Dopo la fantasia dell’isola libera e selvaggia – abitata da volti scavati dal vento e dal sale, fatta di rocce impervie e tagliata da neri sentieri di cenere dove schiavi e galeotti s’erano affannati ad estrarre allume e zolfo, dall’epoca Romana fino all’ultima eruzione del 1888-90 – la realtà post-cinematografica ci ha restituito  un’isola trasformata e rinata su più piani proprio in virtù di un territorio articolato e diversificato dal ventaglio di attività vulcaniche e vulcano-tettoniche.

Oggi Vulcano èmeta del turismo nazionale e internazionale – attratto dalle fumarole del suo cratere attivo, dai suoi colori cangianti e dalle bellezze del suo mare – ma agricoltura e pastorizia sono fonti economiche di rilievo e con radici lontane.

Che siano piaciuti o no questi loro film Eoliani, una cosa è certa: sia noi che gli strombolani o i vulcanari, Ingrid Bergman e Anna Magnani non le scorderemo mai.

https://ingvvulcani.wordpress.com/

Con il titolo: uno sguardi d’insieme sulle Isole Eolie, con la meravigliosa foto di Giuseppe Famiani

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Armando Testa, il genio creativo di “Carosello”, papà di Caballero e Papalla. Una mostra a Catania https://ilvulcanico.it/armando-testa-il-genio-creativo-di-carosello-papa-di-caballero-e-papalla-una-mostra-a-catania/ Fri, 24 Mar 2017 06:45:54 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=2992 Comunicato Stampa La scuola di graphic design dell’Accademia di Belle Arti di Catania (via Vanasco 9) dedica fino a domani 25 marzo tre giornate alla figura di Armando Testa (Torino, 23 marzo 1917 – Torino, 20 marzo 1992), in occasione del centenario della nascita. Armando Testa è il sempiterno fanciullo creatore dei più stravaganti personaggi […]

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Comunicato Stampa

Armando Testa
Armando Testa

La scuola di graphic design dell’Accademia di Belle Arti di Catania (via Vanasco 9) dedica fino a domani 25 marzo tre giornate alla figura di Armando Testa (Torino, 23 marzo 1917 – Torino, 20 marzo 1992), in occasione del centenario della nascita. Armando Testa è il sempiterno fanciullo creatore dei più stravaganti personaggi della pubblicità italiana. Attento osservatore del mondo, tutti i suoi progetti sono frutto di una profonda analisi del circostante e di un divertente lavoro di bricolage che unisce immagini del fantastico, suggestioni attinte dall’arte ed elementi della vita reale.

Ogni suo progetto è un cortocircuito visivo, ed in questo risiede la capacità di persistere nella memoria di artefatti comunicativi che, con una semplice grammatica visiva, hanno saputo ricreare l’immaginario collettivo di intere generazioni. Disse: «Spesso, quando qualcuno mi chiede dei miei inizi, dico che sono nato povero, ma moderno. A 14 anni sono entrato in tipografia per fare l’apprendista compositore. Pur lavorando in un ambiente vecchio e tradizionale, ero curiosissimo di scoprire quanto di nuovo c’era in giro e leggevo tutte le riviste che mi capitavano sotto mano: la curiosità è il primo scalino verso la creatività. Questa passione per le tendenze più nuove in campo grafico e pittorico e l’amore istintivo per l’arte astratta hanno contribuito a formarmi una cultura. Una cultura non razionalmente costruita, ma che proprio per questo mi consente oggi di trovarmi in una situazione di assoluta libertà rispetto alla “cultura ufficiale”».

Caballero e Carmencita (dal Web)
Caballero e Carmencita (dal Web)

Diverse le iniziative pensate per il centenario: una Mostra di artefatti comunicativi dedicati al grafico moderno, realizzati dagli studenti del primo anno del biennio di graphic design—editoria dell’Accademia di Belle Arti di Catania; esposizione bibliografica con volumi di e su Armando Testa, testi critici sul suo lavoro, raccolte di libri, cataloghi, monografie delle mostre personali, manifesti, pubblicità; carosello e la pubblicità televisiva riproduzione dei filmati andati in onda dal 1963 al 1976, da Caballero a Papalla, da cera Glocò all’ippopotamo Pippo; proiezione del documentario: Armando Testa. Povero ma moderno, regia di Pappi Corsicato, prodotto da Baires e Little Bull e distribuito da Rai Trade, 2009, presentato alla mostra del cinena di Venezia.

Chi eraArmando Testa nasce a Torino il 23 marzo del 1917. Frequenta la Scuola Tipografica Vigliardi Paravia.  A vent’anni, nel 1937, vince il suo primo concorso per la realizzazione di un manifesto per ICI (colori e inchiostri di stampa). Dopo la guerra lavora per note case come Martini&Rossi, Carpano e Borsalino. Nel 1956 nasce lo Studio Testa dedicato alla pubblicità sia grafica ma anche televisiva. Vince nel 1958, ma rifiutato, il concorso nazionale per il manifesto ufficiale delle Olimpiadi di Roma (1960).

Papalla creato da Armando Testa per Philco
Papalla creato da Armando Testa per Philco

Vince nuovamente il secondo concorso indetto nel 1959. Tra gli anni ‘50 e ‘70, nascono pubblicità divenute poi storiche, come il Digestivo Antonetto (1960); l’aperitivo Punt e Mes (1960); i pupazzi di Caballero e Carmencita per il Café Paulista di Lavazza (1965); gli sferici abitanti del pianeta Papalla per Philco (1966); Pippo, l’ippopotamo azzurro per i pannolini Lines (1966-1967). Dal 1965 al 1971 ha insegnato Disegno e Composizione della Stampa presso il Politecnico di Torino. Nel 1968 riceve la Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione e nel 1975 dalla Federazione Italiana Pubblicità. Nel 1978 lo Studio Testa diventa Armando Testa S.p.A. aprendo sedi a Milano e Roma.

Dalla metà degli anni ‘80, progetta manifesti per eventi, istituzioni culturali e di impegno sociale, come Amnesty International, Croce Rossa, Festival dei Due Mondi di Spoleto e Teatro Regio di Torino. Testa realizza anche i marchi che contrassegnano enti culturali come il Salone del Libro, il Festival Cinema Giovani di Torino e il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea.

Diverse sono le istituzioni italiane e straniere, che hanno dedicato mostre a Testa e alla sua opera, senza trascurare la sua attività pittorica. Vanno ricordati: Milano (1984); Torino (1985); New York (1987); Madrid 1989, Firenze e Gerusalemme (1993); Torino (2001); Napoli e Londra (2004). Le sue opere fanno parte di importanti collezioni museali quali il MoMA di New York, lo Staedelijk Museum di Amsterdam, The Israel Museum di Gerusalemme, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma e numerose altre istituzioni internazionali. Nel 1989 diviene Honor Laureate presso la Colorado State Universily di Fort Collins. Muore a Torino nel marzo 1992, 3 giorni prima del suo 75° compleanno.

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Ecco a voi i Frenz Sound, tre amici per la … musica. Passione smisurata, nuovo canale youtube e tante emozioni da condividere https://ilvulcanico.it/ecco-a-voi-i-frenz-sound-tre-amici-per-la-musica/ Tue, 14 Mar 2017 10:37:15 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=2822 (Gaetano Perricone) Con l’occhio sempre attento ai giovani e alle loro iniziative più originali, vi presento i Frenz Sound, una recentissima e accattivante novità nel panorama musical/tecnologico che oggi vede tanti ragazzi inventarsi cose straordinarie con i social e tutti i nuovi strumenti della comunicazione. Ma chi sono i Frenz Sound ? Facendo una breve ricerca […]

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(Gaetano Perricone) Con l’occhio sempre attento ai giovani e alle loro iniziative più originali, vi presento i Frenz Sound, una recentissima e accattivante novità nel panorama musical/tecnologico che oggi vede tanti ragazzi inventarsi cose straordinarie con i social e tutti i nuovi strumenti della comunicazione.

Ma chi sono i Frenz Sound ? Facendo una breve ricerca su internet trovo subito che sono un piccolo gruppo musicale che si diletta nel fare cover di band come gli U2, i Coldplay, i Radiohead, gli Oasis, i Paramore e molto altro.

Ma la definizione non è del tutto esatta. I Frenz Sound sono 3 giovanissimi amici che hanno da sempre una smisurata passione per la musica e che, quasi per scherzo, hanno deciso di mettere su un canale YouTube (https://www.youtube.com/channel/UC-JhCINYVLOc2Pajek5a8Tg) per poter condividere il tutto  con il mondo. Un canale che è nato poco meno di una settimana fa ma che promette già di essere arricchito non solo con cover, ma anche con recensioni su album e artisti, rubriche di vario genere e chissà, magari in futuro salterà fuori anche qualche inedito.

Ma allora, di preciso, chi son questi tre amici?

Dietro la fotocamera troviamo Chiara Russo che si occupa dei montaggi e della scenografia in stile Tumblr, la Telecaster (chitarra elettrica) è domata da Chiara Longo mentre le corde della chitarra acustica sono pizzicate da Giulio Freddoneve.

Per saperne qualcosa di più, ci aiuta Chiara Longo con i suoi … pensieri: “Non abbiamo intenzione di spacciarci per delle super star, non è quello l’obiettivo dei Frenz Sound. Definirsi è difficile ma il nome del gruppo dice già tutto: “Frenz” dovrebbe stare per “amici” e “sound” in inglese significa “suono”. Perciò letteralmente sarebbe “Suono degli amici” o “suono dell’amicizia” se vogliamo renderla un po’ più poetico. Io, Giulio e Chiara ci siamo conosciuti al Liceo proprio grazie alla musica. Ci siamo sempre trovati bene a suonare insieme, abbiamo anche un modo di scrivere canzoni molto simile anche se da un punto di vista tecnico abbiamo stili un po’ diversi. E insieme viviamo le migliori avventure! Cose da amici sostanzialmente. Da migliori amici! Viaggiamo insieme, andiamo in sala prove e ai concerti delle nostre band preferite e adesso creiamo contenuti da condividere sul web. Semplicemente perché abbiamo pensato che l’atmosfera che riusciamo a creare nella nostra stanza meritasse di essere condivisa con gli altri. La musica ha questo strano potere di far materializzare le emozioni in un certo senso ed è proprio questo che vogliamo trasmettere nei nostri video, senza grosse pretese.”

Nella fotogallery, questi simpatici e intraprendenti ragazzi, amici per …. la (pelle) musica, si presentano ai lettori giovani e diversamente giovani del Vulcanico Buona fortuna, cari Frenz Sound

 

 

 

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Cibo e alimentazione, come informare correttamente. Tre giorni intensi a Torino, tra dibattiti e fornelli … https://ilvulcanico.it/cibo-e-alimentazione-come-informare-correttamente-tre-giorni-intensi-a-torino-tra-dibattiti-e-fornelli/ Thu, 02 Mar 2017 16:45:03 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=2684 di Sara La Rosa Chiude con un bilancio positivo la seconda edizione del Festival del giornalismo alimentare, che a Torino ha visto confrontarsi per tre giorni sull’argomento “cibo” numerosi esperti ed ha registrato la partecipazione di giornalisti, blogger ma anche semplici appassionati, tutti animati da un unico interesse: la corretta comunicazione alimentare. Dalle campagne contro […]

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di Sara La Rosa

Sara La Rosa chef per una sera

Chiude con un bilancio positivo la seconda edizione del Festival del giornalismo alimentare, che a Torino ha visto confrontarsi per tre giorni sull’argomento “cibo” numerosi esperti ed ha registrato la partecipazione di giornalisti, blogger ma anche semplici appassionati, tutti animati da un unico interesse: la corretta comunicazione alimentare.

Dalle campagne contro gli sprechi all’informazione sui benefici di una corretta refezione scolastica ma anche sulle etichette dei prodotti alimentari, primo strumento di informazione dei consumatori. Spazio anche al rischio di pubblicità occulta, pericolo purtroppo in agguato quando si parla di determinati prodotti ed il conseguente approfondimento sulla questione deontologica nell’era del giornalismo che si sta reinventando, che  vive proprio una nuova dimensione anche grazie ai social ed ai tanti programmi (forse anche troppi) dedicati alla cucina ed alla spesa.

Adesso il rapporto col cibo è cambiato e si avverte l’esigenza non solo di cucinare – e bene … – ma anche di comunicare correttamente e di informare i consumatori. L’esigenza crescente è quella di essere informati sul tema dell’alimentazione e su di un settore che purtroppo attira anche affari poco puliti sia per i reati alimentari ed il fenomeno delle agromafie, che per l’ “Italian sounding”, ovvero la strumentalizzazione ed il richiamo di note località geografiche italiane o di colori della nostra Nazione per veicolare prodotti che nulla hanno a che fare con il nostro Paese, come ha ricordato Giancarlo Caselli, Presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema alimentare.

Un incontro al Festival di Torino
Un incontro al Festival di Torino

Emerge così la necessità di scrivere norme a favore del territorio, per tutelare il settore, perché non c’è nessuna differenza tra il patrimonio artistico italiano e quello agroalimentare: entrambi sono meritevoli della stessa attenzione e la richiesta del prodotto “Italia” è sempre crescente. Di fatto aumentano le occasioni di occupazione grazie al cibo, anche inventando un lavoro grazie alla semplice esperienza quotidiana come nel caso dei c.d. “home restaurant”. Si pranza (o si cena) fuori casa, ma tra le mura domestiche di una famiglia sconosciuta che si diletta ai fornelli e che ha deciso di trasformarsi in ristorante anche se per pochi intimi e dietro prenotazioni garantite. I social hanno contribuito alla creazione di queste nuove forme di  economia.

Il Festival ha inoltre permesso – tra i tanti appuntamenti in calendario – non solo uno scambio professionale con i convegni, ma anche eventi dedicati al riuso degli scarti alimentari. Grazie alla collaborazione con l’Associazione degli Insegnanti di Cucina Italiana, ecco così una cena con una ricca vellutata di cavolfiore e salsa alle acciughe, preparata utilizzando foglie e “trunzu” (così mi faccio perdonare dal Vulcanico per l’abbondanza di termini stranieri…), seguita da squisite bucce di patate fritte e, per concludere, un budino di pane raffermo. Giusto per ricordarci che ridurre lo spreco di cibo contribuisce anche a salvare il Pianeta e forse, per avvicinarci anche alle nostre tradizioni: nelle famiglie di una volta il cibo non si buttava di sicuro.

SARA 1

Conclusione alla Città del Gusto di Torino – Gambero Rosso, dove l’Associazione Agape e la Chef Roxana Rondan hanno proposto un simpatico laboratorio dedicato alla scoperta dei sapori e delle ricette della cucina peruviana. Si tratta di una cucina che unisce i sapori di diversi continenti e che risente dell’eredità di popolazioni diverse, che si sono avvicendate nel corso del tempo e che hanno lasciato un’impronta nella cucina locale.

 

 

 

 

 

 

 

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Sono “amico ra cuntintizza”, gioisco per la mia Palermo capitale della cultura 2018 … https://ilvulcanico.it/sono-amico-ra-cuntintizza-gioisco-per-palermo-capitale-della-cultura-2018/ Tue, 31 Jan 2017 17:41:44 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=2295 di Gaetano Perricone Sapete che vi dico ? Me ne frego, anzi me ne fotto delle note di forte sdegno, di spietata critica, di feroce sarcasmo, di marcata indifferenza che sento (attraverso il tam tam del ribollente pentolone social …) provenire dalla mia città natia di fronte alla notizia, ufficializzata nel primo pomeriggio, della designazione di Palermo […]

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di Gaetano Perricone

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Sapete che vi dico ? Me ne frego, anzi me ne fotto delle note di forte sdegno, di spietata critica, di feroce sarcasmo, di marcata indifferenza che sento (attraverso il tam tam del ribollente pentolone social …) provenire dalla mia città natia di fronte alla notizia, ufficializzata nel primo pomeriggio, della designazione di Palermo a capitale italiana della cultura del 2018. Con il più assoluto rispetto, sinceramente me ne fotto di tutti quelli che sono stati amabilmente definiti nemici ra cuntintizza, nemici della contentezza.

Io me ne fotto, me ne strafotto e, invece, gioisco. Per una notizia che, con … bieco e provinciale campanilismo, mi entusiasma e inorgoglisce, che trovo splendida per l’intera Sicilia e che insieme al recente inserimento di Palermo, nel percorso arabo-normanno con Cefalù e Monreale, tra i siti culturali della World Heritage List, il Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco, costituisce un magnifico e ambito (stando alle tante  candidature) traguardo e soprattutto un nuovo,  altissimo riconoscimento, scontato per noi palermitani e siciliani ma niente affatto per gli altri italiani e per la gente di altri Paesi del mondo, dello straordinario valore culturale, artistico, monumentale, della Grande Bellezza e della Grande Storia, della Grande Tradizione di Accoglienza di questa mia città meravigliosa e maledetta.

Cappella Palatina
Cappella Palatina

Io me ne fotto e gioisco. Mi prenderanno per ignorante, strabico, provinciale, stupido e io me ne fotto, perché non lo sono. Gioisco molto e, dopo questa bellissima notizia, sono amico ra cuntintizza, amico della contentezza. Forse perché sono diventato anzianotto e mi emoziono, un po’ anche mi commuovo facilmente; forse perché da 19 anni ho sì l’enorme privilegio di vivere in un altro luogo speciale e unico che si chiama Etna ed è anch’esso Patrimonio Mondiale dell’Umanità, ma sono lontano dalla mia città, dove sono nato, cresciuto con la mia famiglia e i miei amici di sempre, ho vissuto per 41 anni e ho fatto una straordinaria esperienza professionale; forse perché apprendo oggi questa notizia nello status ormai consolidato di palermitano-etneo, ma dentro di me ho sempre molto amato la mia Palermo, anche se la frequento ormai troppo poco; probabilmente per tutte queste ragioni, l’idea che di Palermo si possa parlare nel mondo oltre che per la mafia e il potere mafioso, la corruzione, il degrado, la munnizza, il caos, il traffico, l’atavica inefficienza dei servizi pubblici, l’irredimibile incapacità di una fetta maggioritaria dei cittadini di rispettare ogni tipo di regola e soprattutto la legalità in ogni sua forma, l’avvilente e dilagante strafottenza, le botte di mal di stomaco che ci fa venire quello spregevole friulano di Zamparini, ecc.ecc., l’idea ripeto che se ne possa parlare anche come capitale della cultura italiana, dunque possa essere visitata da ogni parte del mondo ancora più di quanto non sia già visitata e amata per tutte le iniziative che gireranno intorno a questo riconoscimento, ebbene tutto questo mi fa gioire e molto.

Me ne fotto delle critiche che già fioccano per Palermo che, orrore e schifiu, è stata scelta come capitale italiana della cultura; ma come hanno potuto fare questi deficienti e incompetenti che l’hanno scelta ? Certo, le altre città candidate non contavano un cazzo, è stata una vittoria troppo facile, ci volevano altre avversarie, chissà quante figuracce che faremo … Ma io intanto me ne fotto, mi sento, anzi sugnu amico ra cuntintizza. Tanto amico.

E con un pensiero riverente alla bedda Sant’Agata, che riempirà di gioia per i prossimi cinque giorni i cuori dei miei amici catanesi e di festa la città del Liotru, pur non essendo particolarmente appassionato di santi e sante dedico un doveroso e affettuoso ringraziamento a Santa Rosalia. Che le due Santuzze, alleate di ferro, guardino bene Palermo, Catania, palermitani, catanesi, la Sicilia e i siciliani. Così anche Catania, nel 2020, potrà diventare capitale della cultura. Amen.

 

 

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Andy Luotto gran cerimoniere, tra prelibatezze e “piatti di recupero” https://ilvulcanico.it/andy-luotto-gran-cerimoniere-prelibatezze-piatti-recupero/ Tue, 29 Nov 2016 15:11:31 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=1667 di Sara La Rosa Ha chiuso i battenti domenica scorsa con un buon successo la terza edizione di “Expo Food & wine”, iniziativa dedicata al buon cibo e al buon vino, tenutasi a Catania presso Le Ciminiere. Non solo una manifestazione dedicata alla promozione del made in Italy agroalimentare ma un vero e proprio viaggio […]

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di Sara La Rosa

Sara La Rosa e, dietro, Andy Luotto, all’Expo Food & Wine

Ha chiuso i battenti domenica scorsa con un buon successo la terza edizione di “Expo Food & wine”, iniziativa dedicata al buon cibo e al buon vino, tenutasi a Catania presso Le Ciminiere.

Non solo una manifestazione dedicata alla promozione del made in Italy agroalimentare ma un vero e proprio viaggio alla scoperta di sapori e tradizioni, che hanno fatto conoscere la Sicilia nel mondo e che rendono la nostra cucina un mezzo di espressione culturale. Un modo per fare squadra e confrontarsi, per creare nuove occasioni di lavoro e per aumentare la professionalità degli addetti del settore.

Tre giorni dedicati ad eventi, con convegni e seminari per fare il punto della situazione del comparto, tra tradizione e innovazione ma anche a show cooking per assaporare la Sicilia, mettendo in mostra piatti d’autore e la professionalità dei diversi chef presenti alla terza edizione.

Presentati da Andy Luotto, cuoco “prestato” alla TV con Renzo Arbore e poi ritornato all’antico amore per la cucina, gli appuntamenti sul palco diventano l’occasione per parlare di creatività. Luotto, popolare attore e conduttore televisivo, è divenuto ufficialmente cuoco nel 1981, con uno specifico diploma all’Istituto alberghiero di Civita Castellana e ha parlato della propria esperienza esortando i giovani a studiare per migliorare la propria preparazione ed offrire il meglio dei prodotti siciliani. “Un pizzico di estro e l’invito a consumare i prodotti locali offrono la Sicilia migliore”, commenta Luotto tra un appuntamento e l’altro dal palco della manifestazione, ricordando che la semplicità in cucina permette ampia valorizzazione del patrimonio agroalimentare e si rivela un’arma vincente.

Tra gli eventi in programma, spazio al teatro della cucina che ha registrato, tra gli altri, la presenza dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei: proposto, per l’occasione, un menù che ha valorizzato sia i prodotti dell’entroterra che il pescato siciliano.

Presentato anche un capolavoro della pasticceria conventuale della nostra regione, purtroppo oggi caduto in disuso e riproposto con l’intento di valorizzare l’antica arte pasticcera siciliana. “Il Trionfo di gola, questo il nome del dolce a base di ricotta, pan di Spagna e pasta frolla composta di arance amare candite e conserva di cedro, preparata dal maestro pasticcere Vincenzo Monaco risulta citato nelle pagine de Il Gattopardo, nel celebre banchetto servito in occasione del Gran ballo.

Spazio anche per le proposte dedicate ad una corretta alimentazione ed ai suggerimenti per eliminare gli sprechi alimentari. Ecco così idee per i “piatti di recupero” ovvero con l’utilizzo degli avanzi di cucina, come la grandiosa cassata salata presentata dal Prefetto dell’Accademia Italiana di gastronomia storica Anna Martano che, in chiave salata per l’appunto, ha proposto una gigantesca preparazione di circa 80 kg. Utilizzando gli avanzi e che ha riscosso l’apprezzamento del pubblico in sala come idea per le prossime festività natalizie.

Nella foto con la cassata salata, da sinistra i maestri chef e pasticceri: Andrea Venturella, Massimo Giambelluca, Gaetano Mineo e Antonino Mineo, con Anna Martano, al termine della preparazione.

 

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Mamma Grammatica, papà Vocabolario e i loro nove figli … https://ilvulcanico.it/mamma-grammatica-papa-vocabolario-nove-figli/ Thu, 03 Nov 2016 10:42:48 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=1222 di Enzo Ganci “C’erano una volta due sposi, che formarono una famiglia ed ebbero nove figli. Erano Mamma Grammatica e Papà Vocabolario ed i loro figli si chiamavano: Articolo, Nome, Aggettivo, Pronome, Verbo, Avverbio, Preposizione, Congiunzione, Esclamazione. Erano le nove parti del discorso”. Questa non è una favola di Andersen o dei fratelli Grimm. Era […]

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di Enzo Ganci

La Maestra Giuseppina Messina
La Maestra Giuseppina Messina
Enzo Ganci
Enzo Ganci

“C’erano una volta due sposi, che formarono una famiglia ed ebbero nove figli. Erano Mamma Grammatica e Papà Vocabolario ed i loro figli si chiamavano: Articolo, Nome, Aggettivo, Pronome, Verbo, Avverbio, Preposizione, Congiunzione, Esclamazione. Erano le nove parti del discorso”.

Questa non è una favola di Andersen o dei fratelli Grimm. Era una lezione tenuta ai bambini di prima elementare da una grande maestra di tanti anni fa e che adesso, purtroppo, non c’è più. Un espediente per esser certi che quella lezione, anche se dovesse passare un secolo, non sarebbe stata dimenticata.

Erano parole di Giuseppina Messina, per quasi quarant’anni insegnante della scuola elementare “Pietro Novelli” di Monreale, dalla cui cattedra e dai cui insegnamenti sono passate tante generazioni di monrealesi. Era il suo modo di fare lezione …

Giuseppina Messina, classe 1916, era rimasta orfana di padre quando aveva appena due anni. Il suo papà, infatti, Antonino Messina, era morto sul Carso a fine ottobre del 1918, durante la Prima Guerra Mondiale, qualche giorno prima della sua conclusione, avvenuta – come tutti sappiamo – con la vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto del 4 novembre di quell’anno, quando le truppe italiane, comandate dal generale Armando Diaz, sconfissero definitivamente l’esercito dell’impero austro-ungarico, chiudendo il conflitto a proprio favore.

Un uomo sfortunato, il soldato monrealese Antonino Messina. Dopo tre anni di dura trincea, fatta di freddo e di stenti, era stato colpito da un proiettile austriaco, a pochi giorni dal “cessate il fuoco”, perdendo la vita e lasciando nella disperazione la sua famiglia che lo aspettava invano a Monreale e che, quando lui poteva scrivere, leggeva con trepidazione le sue lettere dal fronte. Oggi è sepolto nel Sacrario monumentale di Redipuglia, in Friuli Venezia Giulia.

Giuseppina, quindi, crebbe nel mito del padre e della sua memoria, ma soprattutto nel mito delle Forze Armate, impegnate per difendere la Patria.

Una vera e propria “devozione”, che trasmise per tanti anni ai suoi numerosi alunni, ai quali insegnava l’inno di Mameli, così come le canzoncine dei Bersaglieri, degli Alpini e tutto quello che richiamasse il valore del “sacro amor di Patria”.

Formata ai valori strettamente cattolici, Giuseppina Messina era una di quelle maestre che oggi definiremmo “all’antica”, di quelle che non si risparmiavano un solo istante, che non mancavano mai da scuola e che ritenevano valori imprescindibili la disciplina e le buone maniere.

Erano i tempi in cui anche i bambini di sei anni che arrivavano alla prima elementare, rivolgendosi all’insegnante rigorosamente con il “Lei”, la chiamavano “Signora Maestra”. Un appellativo che era solo il segno di un rispetto verbale nei confronti dell’insegnante.

Erano i tempi in cui si imparavano le poesie a memoria, così come le tabelline, le province delle Regioni d’Italia, le capitali di Stato o gli affluenti di destra e di sinistra del Po. Quando si facevano le gare di lettura o ci si sfidava sulla lezione del giorno, per stimolare la competizione. I tempi in cui si entrava in classe tutti in fila per tre, senza vociare e ci si alzava in piedi in automatico e … “senza pipitare” quando in classe entrava un’altra insegnante, se non addirittura il direttore.

Quando gli alunni più monelli prendevano qualche innocente “scappellotto” senza fare tragedie e i loro genitori non si sognavano affatto di chiamare il Telefono Azzurro. Anzi, schierandosi spesso, per partito preso, dalla parte della maestra, provvedevano ad infliggere quello che era una pietra miliare del sistema educativo di quel tempo: il cosiddetto “resto”.

Tempi che – purtroppo o per fortuna non saprei – francamente dire non torneranno più. Così come non tornerà più quella grande, grandissima figura di Giuseppina Messina, un’insegnante, ma ancor prima una maestra di vita, alla quale centinaia di monrealesi, me compreso, debbono dire un sincero, profondo e commosso: grazie

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Il “giorno dei morti”: il ricordo di chi non c’è più, le tradizioni … e i dolci https://ilvulcanico.it/il-giorno-dei-morti-il-ricordo-di-chi-non-ce-piu-le-tradizioni-e-i-dolci/ Mon, 31 Oct 2016 15:50:27 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=1181 di Sara La Rosa Per noi bambini era il “giorno dei morti”, ricorrenza in rosso sul calendario che ci permetteva qualche giorno di riposo a casa, lontani dalle incombenze scolastiche. Giornata dedicata alle visite al Camposanto ed alla tradizione, tutta siciliana, di ricevere in dono dolci, ma anche giocattoli per passare una giornata in serenità. […]

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di Sara La Rosa

Per noi bambini era il “giorno dei morti”, ricorrenza in rosso sul calendario che ci permetteva qualche giorno di riposo a casa, lontani dalle incombenze scolastiche. Giornata dedicata alle visite al Camposanto ed alla tradizione, tutta siciliana, di ricevere in dono dolci, ma anche giocattoli per passare una giornata in serenità.

Già, perché in Sicilia, dalla frutta martorana alle cosiddette “ossa di morto”, dai bianchi e neri  “tetù” occidentali o “totò” orientali dai “pupi di zucchero” (i “pupaccena” a Palermo) alle tipicamente catanesi “rame di Napoli”, la tradizione è sacra. Ogni festa ha i suoi dolci dedicati e il mese di novembre ci ha sempre riservato queste delizie.

Era un tripudio di colori, ma anche tanta allegria: molti ricorderanno il giorno dei morti, dedicato alla ricerca del regalo nascosto, che il … defunto di casa ci aveva fatto trovare sotto il letto o dietro il divano o sopra l’altissimo armadio nella notte tra l’uno e il due novembre. Cesti di vimini che si riempivano di marzapane, di giocattoli, dei soldini per comprare un regalo.

Era ancora più bello del Natale, perché lo anticipava di gran lunga rispetto al calendario e ci metteva in bocca il sapore dello zucchero, che addolcisce l’amaro della perdita di un congiunto. Un modo di stare insieme e di placare la lontananza, il dolore che prende chi è separato dai propri cari, regalandoti un boccone di dolcezza.

Non è un caso se, sempre in Sicilia, nel recarsi in visita a seguito di un lutto, si usa ancora oggi omaggiare i familiari con il c.d. “cunsolo”, ovvero cibo per consolare la triste perdita o addirittura, come in passato, zucchero e caffè.

Poi vennero i tempi del “dolcetto o scherzetto”, quasi fosse riduttivo continuare con le nostre belle tradizioni. Io continuo ancora oggi a preparare per i miei familiari i cesti con frutta martorana e regali, perché sono sicura che i miei cari, se fossero ancora qui, farebbero la stessa cosa. Credo che questo pensare alla tradizione ci debba inorgoglire, anziché farci necessariamente imitare usi e comportamenti che non ci appartengono e che ci portano tra zucche, fantasmi e vampiri di dubbio gusto, con immancabili ed annuali polemiche sull’argomento. Ma naturalmente la mia è un’opinione come altre …

Sara La Rosa
Sara La Rosa

Anche Facebook oggi si è adeguato, proponendoci – al posto delle tradizionali faccine per commentare i post – una adeguata galleria di streghette, l’immancabile zucca ed un Frankenstein verde. Come l’incredibile Hulk …

E adesso scusate, io vi lascio. Ho da fare, devo continuare a rispettare le tradizioni della mia famiglia. Vado a comprare i regali per i piccoli di casa e a divertirmi a trovare nascondigli nuovi.

E mentre lo faccio, vedo sorridere anche i miei “morti” …

Frutti di martorana
Frutti di martorana
Peppa Pig ... di zucchero
Peppa Pig … di zucchero
Rame di Napoli
Rame di Napoli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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