Salute Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/salute/ Il Blog di Gaetano Perricone Mon, 09 Oct 2023 13:58:37 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.1 MontagnAmo, ascesa e autonomia in montagna: da Padova all’Etna, la meravigliosa storia di undici ragazzi con sindrome di Down https://ilvulcanico.it/montagnamo-ascesa-e-autonomia-in-montagna-da-padova-alletna-la-meravigliosa-storia-di-undici-ragazzi-con-sindrome-di-down/ Sun, 08 Oct 2023 05:02:09 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24053 (Gaetano Perricone). In occasione della Giornata nazionale delle persone con Sindrome di Down, che si celebra l’8 ottobre, pubblichiamo integralmente la relazione di Giacomo Drago, vicepresidente dell’associazione Sport 21 di Padova, al Convegno nazionale di Montagnaterapia promosso a Nicolosi, dal 28 settembre al 1 ottobre, dalla Simont, società italiana di montagnaterapia. Il tema è il […]

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(Gaetano Perricone). In occasione della Giornata nazionale delle persone con Sindrome di Down, che si celebra l’8 ottobre, pubblichiamo integralmente la relazione di Giacomo Drago, vicepresidente dell’associazione Sport 21 di Padova, al Convegno nazionale di Montagnaterapia promosso a Nicolosi, dal 28 settembre al 1 ottobre, dalla Simont, società italiana di montagnaterapia. Il tema è il progetto MontagnAmo: è un contributo interessantissimo su un’esperienza estremamente avanzata che ha visto protagonisti undici ragazzi con sindrome di Down. Ma anche la storia di un’avventura meravigliosa e coinvolgente, assolutamente unica, partita dalla città veneta e arrivata in cima all’Etna Patrimonio dell’umanità, che ho avuto la gioia e il privilegio di raccontare nel mio libro “La scalata della vita”.  Con uno slogan e una motivazione più che mai chiara e forte: se si vuole si può! 

di Giacomo Drago*

 MontagnAmo è un progetto dell’Associazione Sport21 Padova nato all’interno dei percorsi educativi di DownDADI e, rappresenta un tassello del più articolato “Progetto di vita attiva” che si prefigge l’obiettivo di rendere le persone con sindrome di Down e disabilità intellettiva più autonome possibile anche mediante l’esperienza della montagna.

Per meglio descrivere il progetto MontagnAmo penso sia utile una breve premessa. Trentadue anni fa dopo la nascita di nostra figlia Giulia, con sindrome di Down, come genitori abbiamo da subito avvertito la necessità di capire cosa potevamo fare per il suo futuro. In una piccola Associazione abbiamo incontrato altri genitori con figli pari età e condizione ed abbiamo avviato una discussione sulle strategie da individuare ed utilizzare. Da subito abbiamo dubitato dell’efficacia del modello basato unicamente sull’assistenza, unica proposta offerta dai servizi sociali del territorio al termine del ciclo scolastico. Per realizzare il progetto che avevamo elaborato abbiamo assunto incarichi di responsabilità come gruppo dirigente della nostra comunità.  Eravamo convinti che le persone con s di D (sindrome di Down) e DI (Disabilità Intellettiva) dovessero e potessero diventare i protagonisti della propria vita, essere in grado di assumere decisioni, realizzare sogni e passioni; per questo dovevano essere al centro di un progetto articolato e complesso che doveva evidenziare, esaltare ed irrobustire le abilità che ognuno di loro poteva esprimere. In base alle singole caratteristiche, abbiamo elaborato un unico progetto che poi avremmo definito “progetto di vita attiva” che prevedesse la fruizione di molteplici attività da svolgersi in luoghi diversi con professioniste/i (educatrici, psicologhe, logopediste oss ecc. ma anche artigiani) con competenze specifiche.

Il progetto MontagnAmo parte materialmente a Padova nel 2013 e come anticipato è un tassello del più complesso “progetto di vita attiva”. L’ho ideato al fine di fare vivere a persone con s di D e   DI l’esperienza della montagna a 360 gradi applicando le competenze e le autonomie personali acquisite e sviluppate nel corso degli anni nei percorsi educativi proposti. Inizia così il progetto, viene formato uno staff con incarichi precisi: come alpinista mi occupo di tutta l’organizzazione (formazione, escursioni, sentieri, rifugi, preparazione dello zaino, sicurezza, sessioni di arrampicata, materiali ecc) mentre due psicologhe di Down Dadi della parte educativa di loro competenza. Vogliamo esercitare il diritto di frequentare l’ambiente montano potendo ammirare e godere delle bellezze che madre natura mette a disposizione consapevoli della fragilità e delicatezza di tali luoghi. Per prima cosa abbiamo educato i ragazzi al rispetto dell’ambiente, al rispetto per le persone che si incontrano sui sentieri ed in rifugio.  Il progetto è stato proposto inizialmente ad undici ragazzi con s di D e DI con buoni livelli di autonomia personale che hanno deciso di coinvolgersi nel progetto, hanno potuto sperimentare la fatica e soprattutto la gestione della fatica, assoluta novità per loro.

Generalmente tutto nelle loro vite viene semplificato, agevolato, in famiglia, a scuola sul lavoro; ecco che affrontare la montagna dove è richiesto uno sforzo sia fisico che di volontà diventa un esercizio stimolante, gestire la fatica non è scontato per i c.d. normodotati altrettanto vale per le persone con disabilità. Dato che per andare in montagna si fa della fatica abbiamo predisposto un piano di preparazione atletica, camminate periodiche di 11/12 km con zaino sia sui vicini Colli Euganei sia all’interno di un grande parco situato nella immediata cintura urbana, anche individuale (tre ragazzi hanno deciso di iscriversi e frequentare una palestra) abbinando una corretta e sana alimentazione preferendo, laddove possibile, il cibo biologico a km zero. Quest’ultimo aspetto curato da un esperto nutrizionista viene applicato a tutti i frequentatori dei percorsi educativi. Per gli undici ragazzi con s di D e DI ho proposto un percorso formativo teorico di quattro serate appositamente organizzato presso la locale sede del Cai. Nel mese di giugno abbiamo organizzato la prima escursione utilizzata anche come test che ci ha permesso di analizzare le reazioni positive e negative dei partecipanti. Ottocentoquaranta metri di dislivello per raggiungere il rifugio Bosconero. Nel successivo mese di agosto abbiamo effettuato la prima escursione in dolomite arrivando alla quota di 2.950 mslm  di Cima Rosetta sulle Pale di San Martino, dove,  dopo avere fatto il  picnic abbiamo raggiunto l’omonimo rifugio dove alla sera abbiamo cenato e poi pernottato. Il giorno successivo escursione verso il ghiacciaio Fradusta e una volta scesi a valle, dopo avere pranzato siamo rientrati a casa. Anche questa ulteriore e nuova esperienza ci è servita per osservare alcune reazioni (alta quota, impatto con il severo pianoro roccioso) e permesso di approntare piccoli correttivi.

Nel corso degli anni abbiamo effettuato molte escursioni sulle Dolomiti, con pernottamenti in diversi rifugi, sia d’estate ma anche d’inverno dove abbiamo sperimentato la progressione su neve con ciaspole mentre sul ghiaccio utilizziamo i ramponi. Anche queste esperienze sono state colte dai ragazzi con s di D e DI con grande entusiasmo consci delle nuove difficoltà che dovevano affrontare ma altrettanto consapevoli di disporre di strumenti e competenze per superarle. Ogni limite viene vissuto come un’occasione per mettersi alla prova, andare a toccarlo e applicarsi per superarlo; ogni ostacolo superato diventa motivo di crescita dell’autostima e determina nuove consapevolezze e disponibilità a continuare. Il punto d’arrivo di oggi rappresenta il nuovo punto di partenza di domani. Abbiamo imparato che le fragilità tipiche della sindrome portano spesso alla depressione e che la consapevolezza e la crescita dell’autostima, appunto, li tiene lontani da questo baratro. Hanno anche sviluppato un grande senso di appartenenza al gruppo MontagnAmo dove non esiste nessun tipo di competizione ma un unico obiettivo comune da raggiungere insieme tanto che quandoqualcuno occasionalmente ha avuto qualche difficoltà in escursione (es stanchezza) si sono organizzati spontaneamente per offrire l’aiuto necessario.

Successivamente, su richiesta dei ragazzi, abbiamo sperimentato l’arrampicata presso le pareti di Rocca Pendice poi, nel corso dell’inverno 2017/2018 abbiamo effettuato alcune sessioni di arrampicata in palestra (King Rock), ad inizio del mese di settembre del 2018 abbiamo esteso ad una settimana l’esperienza del progetto MontagnAmo portando gli undici ragazzi in Sardegna e precisamente a Cala Gonone dove abbiamo occupato una serie di bungalow del campeggio. Abbiamo eseguito una serie di escursioni in luoghi completamente diversi dalle dolomiti es: Gola di Gorropu lungo il rio Flumineddu,  Scale di Surtana,  intervallate da splendidi bagni a  Cala Luna e  Cala Fuili. Con alcuni dei ragazzi abbiamo effettuato alcune sessioni di arrampicata sulle pareti di calcare del settore “La Poltrona” a Cala Gonone. Nel corso del 2019 abbiamo continuato le nostre escursioni in dolomite anche in preparazione della settimana in fase di organizzazione che ci avrebbe visto protagonisti della scalata ai crateri sommitali di Bocca Nuova del vulcano siciliano Etna.

Nel mese di settembre 2019, arriviamo a Catania e prendiamo alloggio in un magnifico rifugio di pietra lavica a Milo, ogni giorno abbiamo effettuato delle escursioni es: crateri Sartorius, sentiero che dal rifugio Citelli porta alla grotta di Serracozzo, sentiero della Schiena dell’Asino ed altro finalizzate a migliorare l’acclimatamento e quindi la forma fisica per poter arrivare tutti insieme al nostro grande obiettivo: i crateri sommitali di Bocca Nuova a quota 3300 mslm. Quota mai raggiunta prima dai ragazzi del progetto MontagnAmo.

Assieme agli amici del Cai di Catania ed accompagnati da una guida vulcanologica, la mattina del 7 settembre, partendo con la funivia dal Rifugio Sapienza in una giornata eccezionalmente limpida e soleggiata e con poco vapore emesso dai crateri abbiamo colmato a piedi i 450 metri di dislivello e abbiamo raggiunto l’obiettivo per cui ci eravamo preparati nei mesi precedenti: i crateri di Bocca Nuova. Ammirare il panorama unico che si è aperto ai nostri occhi, la straordinaria visione del fondo dei crateri ha generato nei ragazzi una forte emozione, una gioia incontenibile e la consapevolezza del grande risultato ottenuto. Urla liberatorie come: ce l’abbiamo fatta, siamo forti, dammi il cinque sono servite anche a scaricare la tensione della novità assoluta per loro di trovarsi sull’orlo dei crateri di un vulcano attivo. E tanti tanti abbracci.  Una giornata indimenticabile per tutti. Rientrati con la funivia al rifugio Sapienza nel pomeriggio abbiamo trovato una graditissima sorpresa: gli amici del rifugio ci hanno accolto offrendoci un numero impressionante di ottime pizze e non solo. La giornata non poteva finire meglio di cosi. Altra grande esperienza che avevo pianificato con gli amici del gruppo grotte del Cai di Catania: il giorno successivo dopo una vivace discussione, con 6 ragazzi abbiamo effettuato l’esplorazione di una grotta di scorrimento lavico (grotta del Coniglio) a Piano del Vescovo.  L’accesso alla grotta è complicato dal fatto che bisogna entrare attraverso una frattura obliqua e stretta, calarsi con corde ed imbrago e scendere sul fondo usando una scaletta sospesa; poi per esplorare la grotta bisogna strisciare nel punto in cui la volta si abbassa. Tutto ciò è stato fatto con disinvoltura e padronanza dai partecipanti.

La storia dell’impresa degli undici ragazzi disabili è stata raccontata anche dai protagonisti stessi nel libro La Scalata della Vita. Se si vuole si può scritto dal carissimo amico Gaetano Perricone. Titolo azzeccatissimo, la metafora della scalata che per i ragazzi con s di Di hanno cominciato più di vent’anni prima e che con caparbietà, risolutezza e grande disponibilità hanno perseguito fino al raggiungimento della “cima” cioè la loro massima autonomia personale.

Naturalmente la relazione tra Padova e Catania non si è conclusa nel 2019, anzi si è rafforzata tanto che siamo tutti soci del Cai di Catania sezione Etna. Ultima esperienza in ordine di tempo: dal 2 al 16 settembre ultimo scorso, dopo avere chiesto la disponibilità agli amici gestori, ho accompagnato due giovani donne Giulia e Sofia che hanno effettuato uno stage lavorativo come cameriere di sala presso il rifugio Sapienza alle pendici dell’Etna. Due giovani alpiniste padovane con s di D che hanno raggiunto i crateri sommitali e sono tornate sulla “Muntagna” questa volta non per scalare ma per svolgere le mansioni di normali lavoratrici e riaffermare un grande messaggio: SE SI VUOLE SI PUO’! Questo in sintesi è il progetto MontagnAmo di Sport21 Padova.

*Vice presidente Sport21 Padova

 

 

Con il titolo e all’interno dell’articolo: le immagini della scalata sull’Etna del 7 settembre 2019 dei ragazzi di Montagnamo. L’ultima foto è di Giulia e Sofia al lavoro al ristorante del Rifugio Sapienza

 

 

 

 

 

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Il radon dell’Etna: precursore sismico e vulcanico e gas cancerogeno https://ilvulcanico.it/il-radon-delletna-precursore-sismico-e-vulcanico-e-gas-cancerogeno/ Fri, 21 Jul 2023 06:03:01 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=23770 FONTE: ingvvulcani.com Il radon è stato occasionalmente indicato come potenziale precursore di terremoti ed eruzioni vulcaniche, nonché come gas cancerogeno pericoloso per la salute umana. Il vulcano Etna, un laboratorio naturale a cielo aperto, si presta bene per verificare quanto c’è di vero sull’argomento. di Salvo Giammanco, Pietro Bonfanti e Marco Neri Il radon è un gas nobile, […]

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FONTE: ingvvulcani.com

Il radon è stato occasionalmente indicato come potenziale precursore di terremoti ed eruzioni vulcaniche, nonché come gas cancerogeno pericoloso per la salute umana. Il vulcano Etna, un laboratorio naturale a cielo aperto, si presta bene per verificare quanto c’è di vero sull’argomento.

di Salvo Giammanco, Pietro Bonfanti e Marco Neri

Il radon è un gas nobile, naturale e radioattivo, inodore, incolore ed insapore, otto volte più pesante dell’aria, che ha origine dal decadimento dell’uranio presente nelle rocce.  Da molti anni, in tutto il mondo, si cerca di utilizzare il radon come precursore di fenomeni naturali come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Recentemente, però, gli scienziati hanno accertato anche i suoi effetti negativi sulla salute umana prodotti da alte concentrazioni all’interno di abitazioni; infatti, questo gas è stato classificato nel Gruppo 1 delle sostanze cancerogene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), poiché la prolungata esposizione in ambienti inquinati dal radon aumenta il rischio di contrarre il cancro ai polmoni.

Nel corso degli ultimi cinquant’anni gli studi sul radon hanno riguardato anche l’Etna, uno dei vulcani più attivi al mondo, focalizzandosi sulle correlazioni tra il radon e l’attività sismica e vulcanica. Qui sintetizziamo i risultati di un articolo scientifico recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Earth Science.

Il radon e l’attività vulcanica

Il radon rivela le tendenze evolutive nella sorgente magmatica che alimenta l’Etna. L’analisi periodica del contenuto di radon emesso dall’Etna aiuta a monitorare i possibili cambiamenti a lungo termine nei processi fisici e chimici che interessano la sorgente profonda del magma che alimenta il vulcano. Ciò aiuta a comprendere i processi di degassamento che si verificano all’interno dei condotti del vulcano poco prima delle eruzioni (Figura 1).

Figura 1 – Cratere Voragine dell’Etna. Il gas del pennacchio si forma con il contributo delle esalazioni provenienti dalla bocca posta al centro del cratere, così come da quelle provenienti dalle numerose fumarole che degassano da fratture poste lungo il suo orlo. Foto di Marco Neri.

Figura 1 –
 Cratere Voragine dell’Etna. Il gas del pennacchio si forma con il contributo delle esalazioni provenienti dalla bocca posta al centro del cratere, così come da quelle provenienti dalle numerose fumarole che degassano da fratture poste lungo il suo orlo. Fotografia di Marco Neri.

 

Il radon emesso dai crateri sommitali dell’Etna (Figura 2) contribuisce a formare il pennacchio ben visibile fino ad elevate quote sopra la cima del vulcano; questo gas proviene dal degassamento del magma che risiede nella camera magmatica superficiale e nei condotti soprastanti. Elevate concentrazioni di radon nell’aria si trovano lungo i bordi dei crateri; per esempio, ad un metro di altezza dal suolo sono stati misurati valori di radon compresi tra 704 e 8.827 Bq/mc (Bequerel per metro cubo), molto più alti quindi rispetto alla concentrazione massima raccomandata dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità di 300 Bq/mc. Ciò produce un potenziale, seppur limitato, rischio per la salute delle persone che frequentano assiduamente quelle zone e vi sostano a lungo, come scienziati e guide vulcanologiche. Sostanzialmente nessun problema, invece, per i turisti che visitano occasionalmente la cima del vulcano, a circa 3340 metri di quota sul mare (punto “1” in Figura 3).

Figura 2 - Orlo nord-occidentale della Bocca Nuova, Etna. Lo stazionamento delle persone in posizione sottovento ed in prossimità dell’orlo craterico è fortemente sconsigliato, per evitare di inalare i gas magmatici emessi dalla bocca, incluso  il radon.  Foto di Marco Neri.
Figura 2 – Orlo nord-occidentale della Bocca Nuova, Etna. Lo stazionamento delle persone in posizione sottovento ed in prossimità dell’orlo craterico è fortemente sconsigliato, per evitare di inalare i gas magmatici emessi dalla bocca, incluso  il radon. Fotografia di Marco Neri.

 

Man mano che ci si allontana dalla cinta craterica sommitale, il degassamento avviene in forma diffusa attraverso i pori e le fessure delle rocce. Attorno a 2900 metri di quota, il gas magmatico carico di radon raggiunge la superficie principalmente mediante fratture che intercettano in profondità i condotti di risalita del magma, generando spesso un’intensa attività fumarolica. In quei casi, infatti, l’acqua della falda acquifera contenuta nelle rocce può riscaldarsi fino a raggiungere il punto di ebollizione e vaporizzare, innescando la rapida risalita del vapore acqueo e di altri gas, principalmente CO2, che trasportano il radon (punto “2” in Figura 3). Monitorando questi gas si è compreso che la loro variazione nel tempo può essere utilizzata come precursore di attività vulcaniche, soprattutto esplosive, che frequentemente avvengono dalle bocche sommitali dell’Etna.

Il radon e le acque della falda sotterranea

Il radon nelle acque sotterranee etnee è generalmente presente in quantità modeste e ciò potrebbe sembrare in contrasto con l’alto contenuto di uranio tipico delle rocce vulcaniche che costituiscono l’acquifero etneo. Il fenomeno è probabilmente legato al termalismo che caratterizza le acque di falda etnee, nonché alla correlazione inversa che esiste tra la solubilità del radon e la temperatura dell’acqua: infatti, più è alta la temperatura dell’acqua, meno il radon è solubile nel liquido. Il radon, quindi, abbandona le acque di falda migrando nelle rocce circostanti (punto “3” in Figura 3).

Figura 3 – Modello delle sorgenti di radon nella regione etnea, meccanismi di trasporto e rilascio in superficie e potenziale accumulo indoor nelle abitazioni. SEC = Cratere di Sud-Est; BN = Bocca Nuova; VOR = Voragine; NEC = Cratere di Nord-Est.  Modificato da Giammanco et al., 2023 (https://doi.org/10.3389/feart.2023.1176051).
Figura 3 – Modello delle sorgenti di radon nella regione etnea, meccanismi di trasporto e rilascio in superficie e potenziale accumulo indoor nelle abitazioni. SEC = Cratere di Sud-Est; BN = Bocca Nuova; VOR = Voragine; NEC = Cratere di Nord-Est.  Modificato da Giammanco et al., 2023 (https://doi.org/10.3389/feart.2023.1176051).

Il radon e l’attività sismica

Per quanto riguarda la relazione con l’attività sismica, il monitoraggio del gas radon nei suoli etnei in stazioni di misura situate in prossimità di faglie attive può evidenziare variazioni “anomale” che anticipano l’attività tettonica di tali faglie da poche settimane a poche ore, anche se con grandi incertezze (punto “4” in Figura 3). Infatti, in molti casi le variazioni di radon sono state registrate in assenza di attività sismica, a dimostrazione dell’attuale inaffidabilità del metodo quale precursore sismico. Tuttavia, le misure di radon nel suolo sono estremamente utili per identificare l’ubicazione di faglie sepolte, poiché il rilascio di radon aumenta sensibilmente in prossimità delle zone di maggiore fratturazione (punti “5” e “6” in Figura 3).

L’applicazione sistematica delle misure di radon nel suolo potrebbe, quindi, rivelarsi molto utile nella stesura di carte geologiche di luoghi in cui le colate laviche recenti nascondono le evidenze superficiali di strutture tettoniche attive.

Il pericolo del radon indoor

Il monitoraggio del radon indoor nell’area dell’Etna ha individuato alcune abitazioni caratterizzate da significativi accumuli di radon (fino a 3.549 Bq/mc), ben al di sopra dei limiti fissati dagli organi preposti alla salvaguardia della salute pubblica (soglia di attenzione = 100 Bq/mc; soglia massima raccomandata 300 Bq/mc).

I livelli di radon indoor più elevati sono stati riscontrati negli edifici situati più vicino alle faglie (punti “5” e “6” in Fig. 3). Ciò significa che, in prospettiva futura, sarebbe utile effettuare misure preliminari di degassamento del radon dal suolo, in particolare sui fianchi est e sud del vulcano,  sia in occasione di studi generali di pianificazione territoriale, sia a scala più dettagliata, in corrispondenza di ogni singola abitazione o di edifici destinati a costante frequentazione (come ospedali, scuole, uffici, ecc.). La riduzione del rischio sanitario può essere ottenuta attraverso l’attuazione di adeguate tecniche costruttive degli edifici, quali ventilazione forzata dei locali, vespai per l’aerazione delle fondazioni, posa di rivestimenti anti radon e sigillatura di fessure.


Per approfondire

Radon on Mt. Etna (Italy): a useful tracer of geodynamic processes and a potential health hazard to populations, di S. Giammanco, P. Bonfanti e M. Neri (2023). Front. Earth Sci. 11:1176051. doi: 10.3389/feart.2023.1176051

Con il titolo: vista aerea dei crateri sommitali dell’Etna, ripresi da sud-est. Foto di Marco Neri

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Covid-19, perché due (o tre) Italie. E perché la Sicilia potrebbe “riaprire” presto https://ilvulcanico.it/covid-19-perche-due-o-tre-italie-e-perche-la-sicilia-potrebbe-riaprire-presto/ Sat, 18 Apr 2020 05:54:52 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=16514 di Gaetano Perricone Ai tempi bui e incerti del Covid-19, dove si dice e si scrive tutto e il contrario di tutto non sempre con la necessaria competenza e chiarezza, questo lavoro di un gruppo di ricercatori dell’Università di Catania è senza ombra di dubbio un contributo di fondamentale importanza, probabilmente il più chiaro e […]

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di Gaetano Perricone

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Ai tempi bui e incerti del Covid-19, dove si dice e si scrive tutto e il contrario di tutto non sempre con la necessaria competenza e chiarezza, questo lavoro di un gruppo di ricercatori dell’Università di Catania è senza ombra di dubbio un contributo di fondamentale importanza, probabilmente il più chiaro e completo finora in Italia a disposizione del pubblico.

Attraverso un metodo di indagine che si fonda sull’incrocio e l’aggregazione di dati ricavati da variabili e indicatori di rischio diversi e con una esposizione semplice e molto divulgativa, lo studio dal titolo originale A Novel Methodology for Epidemic Risk Assessment: the case of COVID-19 outbreak in Italy (Una nuova metodologia per la valutazione del rischio epidemico: il caso dell’epidemia di COVID-19 in Italia) offre una serie di risposte precise, motivate – aggiungo convincenti, ma è una valutazione personale – alla madre di tutte le domande per studiosi, medici, politici, cittadini: perché la pandemia provocata dal virus assassino ha colpito, in termini di vittime e di sofferenze, le regioni del Nord Italia molto di più del Sud ? Insieme al modello e alla metodologia di interpretazione, la ricerca nella parte finale offre anche ai “decisori politici” una proposta sul come uscire in modo ragionevole dal lockdown, tenendo nel giusto conto questa incidenza così diversa del virus in varie zone del Paese. In altre parole, da questo lavoro si comprende in modo molto chiaro perché è possibile che la Sicilia, continuando naturalmente con tutte le cautele a rispettare le regole di prudenza e distanziamento sociale, venga  “riaperta” presto al suo interno, dopo la fine delle attuali restrizioni previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio e in modo ancora più cogente dall’Ordinanza del Presidente della Regione, fissata per il 3 maggio prossimo. Con evidenti conseguenze positive per l’economia, ma anche sotto il profilo sociale e psicologico. “La situazione al centro-sud Italia è come quella della Germania… – ha scritto su Facebook il professore Andrea Rapisarda, componente del team – Bisogna differenziare le regole per uscire dal lockdown per aree geografiche, partendo prima dal centro sud, ovviamente per gradi, con le dovute cautele e all’inizio solo all’interno delle singole regioni”. Più chiaro di così …

 Va detto che la ricerca è pubblicata sul sito webModelli e strategie per mitigare il rischio pandemico da COVID-19″ nato per raccogliere e presentare in maniera sintetica articoli scientifici, notizie e dati relativi all’emergenza della pandemia a cura di un gruppo di docenti e ricercatori, un team ampiamente multidisciplinare con provenienze da vari Dipartimenti di Unict (ci sono fisici e ingegneri, un economista, un medico, un matematico) di cui vanno doverosamente elencati i nomi: Alessio E. Biondo, Giuseppe Inturri, Vito Latora, Rosario Le Moli, Alessandro Pluchino, Giovanni Russo, Andrea Rapisarda, Nadia Giuffrida e Chiara Zappalà. Li ringraziamo per il lavoro prezioso, importante e meritorio, pieno di competenza, passione e impegno civile e per averci dato la possibilità di divulgarlo.

La stampa si è già occupata in vari modi e a vari livelli di questa interessantissimi ricerca, che lunedì 13 aprile, giorno di Pasquetta, ha avuto un palcoscenico molto importante e prestigioso con un bellissimo servizio di Antonella Gurrieri su TGR Leonardo, il telegiornale della scienza e dell’ambiente su Rai 3. Il Vulcanico cercherà di illustrarla nel modo più ampio possibile, pubblicando integralmente alcuni stralci che riteniamo particolarmente significativi per la conoscenza e la comprensione da parte del pubblico.

Seguiremo lo schema proposto dalla ricerca, a partire dalla sintesi che ne rappresenta l’incipit. Ci dilungheremo, ma crediamo che ne valga assolutamente la pena. Se poi volete leggere il lavoro completo anche in inglese e visualizzare i tanti grafici importanti, la fonte ufficiale è https://sites.google.com/view/unict-covid19-group/.

1 RICERCA

Sintesi-Abstract

Proponiamo una nuova metodologia basata sui dati per valutare il rischio epidemico a priori di un’area geografica e per identificare le aree ad alto rischio all’interno di un paese. Il nostro indice di rischio è valutato in funzione di tre diversi componenti: il pericolo della malattia (hazard), l’esposizione dell’area (exposure) e la sua vulnerabilità (vulnerability). Come applicazione, discutiamo il caso dell’epidemia di COVID-19 in Italia.

Caratterizziamo ciascuna delle venti regioni italiane utilizzando i dati storici disponibili su inquinamento atmosferico, mobilità, temperatura invernale, concentrazione abitativa, densità di assistenza sanitaria, dimensioni della popolazione ed età. Scopriamo che il rischio epidemico è più elevato in alcune regioni del Nord rispetto all‘Italia centrale e meridionale. Il nostro indice di rischio epidemico mostra forti correlazioni con i dati ufficiali disponibili sul numero di individui infetti, pazienti in terapia intensiva e pazienti deceduti e può spiegare perché regioni come la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Piemonte e il Veneto soffrono molto più degli altri del paese. Sebbene l’epidemia COVID-19 sia iniziata sia nel Nord (Lombardia e Veneto) che nell’Italia centrale (Lazio) quasi contemporaneamente, quando i primi infetti sono stati ufficialmente certificati all’inizio del 2020, la malattia si è diffusa più rapidamente e con conseguenze più gravi in regioni con rischio epidemico più elevato. La nostra proposta può essere estesa e testata su altri dati epidemici, come quelli sull’influenza stagionale. Discutiamo anche alcune implicazioni politiche direttamente connesse con la nostra metodologia, che risulta essere molto flessibile e può essere adottato per la valutazione del rischio in altri Paesi.

Dall’Introduzione

… Con l’avvento dei big data, dei potenti computer e dell’intelligenza artificiale, molti hanno iniziato a pensare che i modelli teorici non siano necessari e che le previsioni possano essere effettuate elaborando direttamente i dati esistenti. In diversi campi questo approccio ha dimostrato di essere efficace, ma la mera previsione sganciata dalla comprensione delle principali cause di un fenomeno è limitata e alquanto pericolosa. Molto spesso può emergere una correlazione spuria ed è difficile discriminare una vera causa da una pura coincidenza. In ogni caso, prevedere il futuro rimane sempre una grande sfida, specialmente quando il fenomeno che si sta osservando coinvolge persone che possono avere una reazione di feedback sulle quantità osservate che caratterizzano il fenomeno. Ciò è particolarmente vero nel caso delle epidemie, in particolare con l’epidemia COVID-19 che il mondo sta soffrendo in questo periodo.

COVID-19 (SARS-CoV-2) è un nuovo coronavirus inizialmente annunciato come agente causale di una polmonite di eziologia sconosciuta nella città di Wuhan, in Cina. Le sequenze del genoma sono correlate a una specie virale correlata alla sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Queste specie virali comprendono anche alcuni virus rilevati nel pipistrello rinolofide in Europa e in Asia (Zhang 2019, Peiris 2003). Una proteina specifica (proteina S) della superficie del virus facilita l’ingresso virale nelle cellule bersaglio da parte del recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE2), ma i meccanismi di risposta immunologica all’infezione da virus sono incompleti (Hoffman et al. 2020).

La maggior parte delle infezioni da coronavirus sono lievi e autotrattate, pertanto stimare la diffusione delle segnalazioni dell’ospedale e del medico generico può essere fuorviante nelle prime fasi dell’evoluzione della malattia. Questo è il motivo per cui la maggior parte dei Paesi sta effettivamente contando i report e non quante persone hanno il virus. Tali report variano in base alla modalità di misurazione dei numeri, essendo il numero di test correlato al numero di pazienti sintomatici.

… a causa della complessità del processo di diffusione epidemica in un mondo globalizzato come quello attuale e delle limitazioni intrinseche dei dati ufficiali molti dei tentativi di prevedere il futuro sviluppo della pandemia, il suo picco e la sua fine hanno prodotto risultati poco soddisfacenti. A tal proposito, calza a pennello una famosa citazione attribuita a Niels Bohr, che ci avverte che “Le previsioni sono molto difficili, soprattutto se riguardano il futuro“. Ecco perché in questo articolo vorremmo presentare una prospettiva diversa al fine di comprendere e contenere la diffusione della pandemia COVID-19, ma anche di aiutare la pianificazione strategica per prevenire o contenere future epidemie.

L’epidemia COVID-19 è iniziata ufficialmente in Cina nel gennaio 2020, anche se il virus probabilmente era già in circolazione nel paese dalla fine di ottobre 2019 secondo un recente rapporto (Giovanetti et al. 2020). In Italia il primo paziente infetto è stato ufficialmente individuato nella notte del 20 febbraio a Codogno (Lombardia), ma un paio di turisti cinesi sono stati ricoverati in ospedale a Roma (Lazio) già alla fine di gennaio dopo il test di conferma dell’infezione. Quindi in Italia abbiamo avuto almeno due punti di partenza ufficiali dell’epidemia COVID-19: uno nel nord Italia e uno nella parte centrale (Giovanetti et al. 2020). Quest’ultimo è stato individuato anche 20 giorni prima, quindi la domanda è: perché l’epidemia si è diffusa così rapidamente nelle regioni settentrionali dell’Italia piuttosto che in quelle centrali?

La domanda è ancora irrisolta e molti pensano che sia stata semplicemente per caso. Tuttavia, ispirato a un recente position paper (Setti et al. 2020) sulla correlazione tra diffusione dell’epidemia e inquinamento atmosferico, riteniamo di poter fornire alcune ragioni plausibili per questa diversa diffusione e impatto dell’epidemia considerando diversi cofattori che differenziano le regioni d’Italia sotto vari aspetti. In questo articolo abbiamo proposto una nuova metodologia basata sul triangolo di Crichton (Crichton 1999, Kron 2002), per eseguire la valutazione del rischio epidemico delle varie regioni italiane in termini di inquinamento atmosferico, mobilità delle persone, media delle temperature invernali, concentrazione abitativa, addensamento delle strutture sanitarie, e frazione della popolazione in età avanzata.

Dalla Sezione 2: Nord Vs Centro-Italia, cosa ci dicono i dati ufficiali
4 Ricerca

Prima di introdurre la nostra nuova metodologia, vorremmo discutere i dati ufficiali rilasciati dalla Protezione Civile Italiana fino al 2 aprile 2020(GitHub 2020), ovvero il giorno in cui abbiamo interrotto la nostra analisi. Fino al 2 aprile il rapporto ufficiale affermava che in Italia c’erano 115252 casi totali di contagiati e 13915 persone decedute a causa del COVID-19. Tuttavia, diversi studi recenti hanno dimostrato che i dati ufficiali sottostimano il numero corretto di persone infette. Nel rif. (Pinotti et al. 2020) è stato dimostrato che almeno il 60% delle persone infette non mostra quasi alcun sintomo e quindi questo tipo di infezione non viene solitamente individuato. In effetti, le strategie di sperimentazione adottate in Italia hanno generalmente consistito nel testare solo le persone che manifestano sintomi gravi e in particolare le persone di età superiore ai 65 anni. Per questo motivo i dati giornalieri segnalati ufficialmente dipendono in larga scala dal numero di test effettuati sulla popolazione e si traducono in un campione parziale nei pazienti anziani.

È interessante notare che la letalità sembra variare molto anche da una regione italiana all’altra … Più in dettaglio, secondo i dati ufficiali italiani COVID-19, al momento  abbiamo un tasso di mortalità apparente intorno al 13,6% in Lombardia e intorno al 2,4%, cioè quasi sei volte meno, in Sicilia.

 Se i test vengono eseguiti solo su pazienti ospedalizzati gravi e anziani, come è stato fatto nella maggior parte delle regioni italiane ad eccezione del Veneto, la mortalità ovviamente aumenta. Una stima realistica plausibile del tasso di mortalità medio italiano, secondo il rapporto ISPI, può essere fatta attraverso il confronto con altri paesi e dovrebbe aggirarsi intorno all’1,14%.

Sulla base di questi dati, è possibile effettuare una stima più realistica del numero effettivo di persone contagiate in Italia, che secondo il rapporto ISPI dovrebbe essere circa dieci volte quello riportato dai dati ufficiali.

3 RICERCA

A fronte di stime così incerte, al fine di avere un indicatore più affidabile dei danni attribuibili a SARS-CoV-2, è conveniente guardare alla mortalità totale media registrata nelle varie regioni. In un recente rapporto del Ministero della Salute italiano (MS 2020), l’eccesso di decessi giornalieri registrati (di ogni tipo) osservato negli ultimi mesi è stato confrontato con il numero medio giornaliero calcolato, durante lo stesso periodo, negli anni precedenti. Il rapporto mostra un eccesso di decessi nelle ultime settimane (oltre un sigma) che in alcuni casi è addirittura 4 volte superiore ai dati ufficiali COVID-19. Ciò può essere spiegato con il fatto che molti anziani, specialmente nel nord Italia, muoiono nelle loro case o nei loro ospizi senza la possibilità di essere ricoverati e sottoposti a test.

… Riassumendo, possiamo concludere che, in generale, i dati ufficiali italiani sul nostro scoppio COVID-19 che sono attualmente disponibili sottovalutano pesantemente quelli corretti, ma non sappiamo quanto lo facciano e quanto siano condizionati dai pazienti (più anziani) che presentano sintomi più gravi.

L’unica cosa che emerge chiaramente senza alcun dubbio è che l’impatto dell’epidemia nelle regioni settentrionali dell’Italia è sicuramente molto più drammatico rispetto al resto del nazione. Questo è certamente strano se si considera che, come già chiarito nell’introduzione, in Italia abbiamo avuto almeno due punti di partenza ufficiali dell’epidemia COVID-19, uno nella parte centrale (alla fine di gennaio) e uno nella parte settentrionale (alla fine di febbraio) (Giovanetti et al. 2020), con diverse ondate di centinaia di migliaia di persone che hanno lasciato le aree settentrionali per tornare alle regioni in arrivo originarie delle aree centrali e meridionali prima del blocco del paese a marzo 9 (Pepe 2020). Pertanto, con altissima probabilità, il contagio ha abbastanza tempo per diffondersi in modo quasi omogeneo in tutte le regioni, già prima di qualsiasi restrizione di mobilità. Tuttavia, sembra che, per qualche motivo, gli effetti dell’epidemia – sia in termini di casi totali che di decessi – siano stati amplificati in un numero limitato di regioni. Riteniamo che, se si mantiene un approccio aggregato a livello di gruppi di regioni, nonostante le limitazioni e la sottovalutazione sottolineate sopra, i dati ufficiali COVID-19 contengono ancora informazioni utili per spiegare questa anomalia.

RICERCA 5

Dalla Sezione 3: quadro di valutazione dei rischi

La teoria della valutazione del rischio convenzionale si basa sul “Triangolo del rischio di Crichton” (Crichton 1999, Kron 2002) (Fig. 6). Il rischio è valutato in funzione di Hazard (pericolo), Exposition (esposizione) e Vulnerability (vulnerabilità). Tutte e tre le variabili devono coesistere nello stesso posto per valutare la presenza di un rischio. L’hazard è legato alla potenzialità di un evento di causare danni (ad es. terremoti, alluvioni, epidemie), l’exposition è una misura delle risorse esposte al potenziale danno (ad es. edifici, infrastrutture, persone), la vulnerability è l’attitudine ad essere danneggiati una volta esposti all’evento dannoso (ad es. caratteristiche dell’edificio, sistemi di drenaggio, età). Hazard ed exposition condividono la stessa localizzazione geografica.

Ai fini del presente studio, l’hazard è legato alla probabilità che un virus possa potenzialmente diffondersi tra la popolazione di un determinato distretto territoriale. Prenderemo in considerazione le 20 regioni d’Italia. Non terremo conto della fase transitoria durante la quale il virus si diffonde, dalla sua scintilla iniziale, nell’intero territorio italiano, pertanto il livello iniziale di diffusione del virus sarà ritenuto abbastanza omogeneo in tutte le regioni. Supporremo però che il suo potenziale di essere trasmesso tra le persone che vivono nella stessa area, ovvero l’estensione dell’infezione, sia stato aumentato in alcune regioni a causa di una serie di fattori legati alle caratteristiche spaziali e socioeconomiche delle persone che vivono in quelle regioni. Con queste premesse l’hazard verrà interpretato, in questo lavoro, come una misura quantitativa della diffusione dell’infezione, mentre l’esposizione sostanzialmente coinciderà con la numerosità della popolazione di ciascuna regione, che rappresenta la quantità di persone che potrebbero essere potenzialmente contagiate dall’infezione.

La terza componente del rischio epidemico, la vulnerabilità, rappresenta l’attitudine di una persona infetta di ammalarsi o morire; è una sorta di relazione tra lo stimolo (l’infezione) e il conseguente danno alla salute; può essere vista come una probabilità di ammalarsi dopo un’infezione o il grado di danno quando la persona è esposta al pericolo.È fortemente correlato all’età e alle condizioni di salute iniziali prima dell’infezione. La vulnerabilità può essere combinata con l’esposizione, per ottenere una misura del danno assoluto, ovvero il numero di persone in una determinata regione che si ammalano per patologie legate al virus, che saranno chiamate consequences (conseguenze).

Come vedremo in dettaglio nella sezione successiva, le tre componenti del rischio possono essere valutate quantitativamente, per ciascuna regione, utilizzando una combinazione appropriata di più variabili o indicatori di rischio. Di seguito, presentiamo questi indicatori che spiegano la logica alla loro scelta, che si basa sulla letteratura sulle epidemie generiche o sulle caratteristiche recentemente confermate dell’epidemia COVID-19. Naturalmente molti altri possibili indicatori sarebbero potuti essere selezionati, ma al momento abbiamo deciso di limitare la nostra analisi a quelli che riteniamo più rilevanti.

HAZARD

Indice di mobilità (mobility index)

I dati sul pendolarismo sono spesso usati per correlare la mobilità della popolazione e la diffusione di un’infezione (Charaudeau et al. 2014). Secondo i dati disponibili, l’84,50% della popolazione italiana nella fascia di età 14-80 anni, effettua almeno un viaggio per giorno feriale tipico, il numero medio di viaggi al giorno è di 2,5, la distanza media percorsa è di 28,5 km al giorno, mentre la distribuzione della distanza per ogni viaggio è del 28% inferiore ai 10 km, del 38% nell’intervallo 10-50 km e del 34% su 50 km (ISFORT 2019). Supponendo che il tasso di viaggio sia costante in tutta Italia, consideriamo un “indice di mobilità” come il rapporto tra la somma dei flussi di pendolarismo (in entrata e in uscita) per comune e la popolazione impiegata nel comune (l’indice di mobilità per ogni regione è la media del valori di tutti i suoi comuni).

Concentrazione abitativa (housing concentration)

L’urbanizzazione influenza sempre più le caratteristiche epidemiologiche delle malattie infettive (Alirool et al. 2011, Stier et al. 2020). La stretta vicinanza delle persone nella loro mobilità a corto raggio e l’atteggiamento di utilizzare i mezzi pubblici affollati è amplificato in città compatte e dense. Abbiamo incluso la concentrazione abitativa come variabile per cogliere tali circostanze, misurata come rapporto tra il numero totale di case e il numero di case classificate come “case unifamiliari”.

Densità sanitaria (healthcare density)

Studi recenti hanno dimostrato che non tutti gli individui infetti all’interno di una popolazione hanno pari possibilità di trasmettere l’infezione ad altri. Alcuni individui infettano in modo sproporzionato più contatti secondari, rispetto alla maggior parte degli altri (Stein 2011).Ritardati ricoveri ospedalieri, diagnosi errate, sistemi di condizionamento dell’aria inadatti, mancanza di segregazione dei pazienti infetti e trasferimenti inter-ospedalieri, potrebbero contribuire a ciò che viene comunemente chiamato evento di super-diffusione.

Misuriamo la potenziale occorrenza di questi eventi nella diffusione dell’infezione includendo una variabile descrittiva per ciascuna regione della Densità Sanitaria come il numero di letti ospedalieri per abitante.

EXPOSURE

Misuriamo l’esposizione in base alla presenza di persone che potrebbero essere colpite dall’infezione. Poiché chiunque sia infetto potrebbe ammalarsi, utilizziamo la popolazione totale di ogni regione.

Guardando alla Fig. 8, vale la pena notare la distribuzione irregolare della popolazione tra le regioni e le diverse aree geografiche. Circa il 43% della popolazione è concentrata nelle cinque regioni del Nord Italia (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino) e una su sei in Lombardia, nell’Italia meridionale la popolazione è prevalentemente concentrata lungo le zone costiere.

VULNERABILITY

Inquinamento (air pollution)

L’inquinamento atmosferico è costituito da molti inquinanti, tra l’altro il particolato. Nel 2017 la concentrazione di particolato (PM) al di sopra dei limiti giornalieri dell’UE è stata registrata dl 22% delle stazioni segnalanti in 17 dei 28 Stati membri dell’UE (www.eea.europa.eu). Situazioni simili riguardano altri inquinanti atmosferici come l’ozono, il biossido di azoto e molti altri, tutti a impatto sulla salute umana, in particolare il gruppo socio-economico inferiore, i bambini, gli anziani e quelli con preesistenti cattive condizioni di salute. Il materiale particellare è in grado di penetrare in profondità nel tratto respiratorio e aumentare il rischio di malattie respiratorie. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (relazione SEE n. 10/2019), la concentrazione di PM nel 2016 è stata responsabile di circa 374.000 decessi prematuri nell’UE-28, 68.000 per esposizione a NO2 e 14.000 a O3.

Era già noto che le persone con patologie polmonari e cardiache croniche causate o peggiorate dall’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico sono meno in grado di combattere le infezioni polmonari e hanno maggiori probabilità di morire (Cui et al. 2003). Inoltre, diversi studi molto recenti stanno correlando direttamente la popolazione esposta all’inquinamento da particolato col contagio da COVID-19 ed il conseguente danno per la salute (Setti et al. 2020; Pansini e Fornacca 2020; Wu et al. 2020. ). Sulla base di queste premesse, abbiamo deciso di includere la concentrazione di PM10 come fattore della componente di vulnerabilità del rischio.

Temperatura (temperature)

Vale la pena indagare sulla possibilità che il clima abbia un ruolo nella diffusione del 2019-nCoV (Bukhari e Jameel 2020), poiché la questione è ancora controversa.

Una ricerca sul SARS Coronavirus nel 2011 (Chan et al. 2011) riporta che l’ambiente a bassa temperatura e bassa umidità può facilitare la trasmissione del virus nell’area subtropicale durante la primavera e in ambienti climatizzati. È anche comunemente accettato che il freddo abbatta le barriere di difesa delle vie respiratorie, mentre la distanza sociale è ridotta dalla piena condivisione di ambienti chiusi (Chowel et al. 2012).

In generale, quando la temperatura media scende di 1 ° C, il rischio stimato per le infezioni del tratto respiratorio inferiore è del 2,1% (OR 1,08, IC 95% 1,0; 1,04, p = 0,038) (Makinen T.M. et al. 2009). L’Italia sperimenta una grande differenza di zone climatiche con temperature molto più basse nelle regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali; pertanto abbiamo deciso di includere la temperatura media invernale (da dicembre 2016 ad aprile 2017) in ciascuna regione come fattore che potrebbe potenzialmente migliorare la vulnerabilità individuale. La fonte dei dati è il Ministero dell’Agricoltura italiano (https://www.politicheagricole.it/).

Popolazione over-60 (age of population)

La maggior parte delle fonti di dati ufficiali riporta impatti più gravi di 2019-nCoV sugli anziani, probabilmente sia per una debolezza intrinseca del loro sistema immunitario sia per la coesistenza di altre patologie croniche. Usiamo il rapporto tra la popolazione di oltre 60 anni e la popolazione totale per tener conto di questo fattore di vulnerabilità.

Dalla Sezione 5, Implicazioni di politica economica (abbiamo tralasciato la Sezione 4 del lavoro, non meno interessante ma molto tecnica, con l’analisi matematica e statistica dei dati e dei risultati)

Se si scompone il rischio in due componenti, una legata alle cause del danno potenziale (legata all’Hazard, cioè alla diffusione dell’infezione) e una alla incidenza in termini di danno personale (legata alle Conseguenze), si potrebbe ottenere un ventaglio di possibili strategie di intervento utili a fronteggiare la sfida epidemica. La prima si incentra sulla riduzione delle cause, ovvero la prevenzione della diffusione dell’infezione; la seconda sul controllo degli effetti, ovvero la protezione delle persone. In pratica, dovrebbe essere realizzato un mix ottimale di strategie, con l’obiettivo di massimizzare il risultato (in termini di riduzione delle conseguenze) con il minor costo sociale ed economico.

In questo contesto, è evidente che incrementare la capacità del sistema sanitario appare come la più importante delle azioni: fondamentalmente, è proprio la insufficiente capacità di carico che rende “emergenza” un’emergenza. Ciò è coerente con ciò che la Lombardia ha sperimentato in questi giorni. A parte i fattori sopra identificati come moltiplicatori della diffusione dell’infezione, la crisi epidemica della Lombardia sembra essere essenzialmente una rottura da sovraccarico del suo sistema sanitario: insolito alto tasso di domanda di ricoveri ospedalieri, lunghi periodi di terapia intensiva richiesta dall’aggressività del virus, insufficiente la capacità di assistenza ospedaliera (attrezzature diagnostiche, personale, spazi, ecc.). Tutto ciò ha portato alla formazione di una “lunga coda” di malati, che ha esacerbato le conseguenze negative sia per la mancanza di assistenza medica sia per la probabilità di una maggiore diffusione dell’infezione.

Suggerimenti di Policy

Come detto sopra, il problema politico di un’epidemia può ragionevolmente essere definito in un ambito limitato, sostanzialmente coincidente con una variabile target unica, ovvero, la risoluzione della diffusione del contagio, in modo tale che i problemi di salute personale e i decessi siano sotto controllo. Un obiettivo così essenziale può essere perseguito, in linea di principio, mediante strumenti applicati sia al lato dell’offerta che a quello della domanda.

Nonostante possa sembrare strano, è utile considerare i pazienti (persone infette) come il lato della domanda in cerca di servizi sanitari e il sistema sanitario come produttore che fornisce tali servizi. Una distinzione di base può essere fatta in base alla tipologia di intervento: le politiche sul lato della domanda sono azioni dedicate a ridurre il numero di nuove persone infette; le politiche dal lato dell’offerta sono invece volte ad aumentare la capacità di gestione del sistema.

Esempi di politiche dal lato della domanda sono: restrizioni alla circolazione delle persone, in generale e anche per ragioni produttive; attività diagnostiche abbinate a regolamenti di quarantena dedicati; prescrizioni di efficaci regole di comportamento che riducano il contagio; ecc.

Esempi di politiche dal lato dell’offerta sono invece: spese del personale per aumentare la quantità pro capite di letti ospedalieri; commutazione dell’assortimento del rapporto tra letti di terapia intensiva rispetto a quelli totali; incrementi del personale dedicato al sistema sanitario; protocolli di assistenza medica interni (eventualmente associati alla distribuzione di farmaci sperimentali); ecc.

Gli effetti degli interventi sul lato della domanda sono in grado di spostare il sistema su una curva del profilo di rischio inferiore, mentre gli effetti delle politiche sul lato dell’offerta sono di spostare il vincolo verso l’alto (e / o cambiare la sua pendenza). Entrambe le strategie mirano a migliorare la capacità del sistema di gestire le esigenze dei cittadini infetti.

È difficile trovare prova universale che un aumento delle spese possa essere più o meno efficace di una modifica delle abitudini sociali. Solo questo, da solo, potrebbe richiedere un dibattito politico molto ampio. Pur mantenendo una semplicità di base, il nostro modello ha il vantaggio di fornire una visione intuitiva di problemi politici realmente complessi derivanti da un’emergenza epidemica.

Dalla Sezione 6: considerazioni conclusive

In questo studio abbiamo dimostrato che un’analisi data-driven (guidata dai dati) del rischio epidemico eseguita sulle varie regioni italiane e basata su una combinazione adeguata di una serie di indicatori plausibili, fornisce una possibile spiegazione, in termini di diversa esposizione al rischio a-priori, della distribuzione altamente asimmetrica dei danni (in termini di casi gravi e decessi) causati dall’epidemia COVID-19che- alla data del 2 aprile 2020 – sono in gran parte concentrati soprattutto nelle regioni del nord Italia, risultando invece relativamente più blandi nelle regioni del centro e del sud. 

Sebbene i primi casi ufficiali di COVID-19 fossero già stati registrati alla fine di gennaio 2020 nel Lazio, vale a dire in una zona molto centrale e altamente connessa (in termini di mobilità) del paese, e più tardi, alla fine di febbraio, in Lombardia e Veneto, e considerando anche le varie ondate di centinaia di migliaia di persone che si sono spostate dalle regioni settentrionali a quelle centrali e meridionali anche prima del completo blocco governativo del paese il 9 marzo, è ragionevole presumere (almeno molto più di quanto ci dicono i dati ufficiali) che il virus avrebbe dovuto avere abbastanza tempo per diffondersi in modo quasi omogeneo in tutte le regioni italiane

D’altro canto, in termini di effetti, l’epidemia non ha avuto un impatto omogeneo nel Paese. I dati sulla mortalità registrati alla fine di marzo 2020 mostrano un picco anomalo di decessi – probabilmente a causa della presenza di coronavirus – solo al nord ma non nel centro e nel sud del paese. Inoltre, i danni da epidemia di COVID-19 sono osservati principalmente nelle stesse regioni che hanno visto il maggior numero di pazienti ospedalizzati e deceduti anche per l’epidemia di influenza stagionale 2019-2020, che ha avuto il suo picco alla fine di gennaio 2020. La nostra analisi mostra che non è una coincidenza, dal momento che queste regioni (prima fra tutte la Lombardia, poi il Veneto, il Piemonte e l’Emilia Romagna) risultano essere ai primi posti della classifica di rischio a-priori, calcolata attraverso la combinazione di tre componenti principali (hazard, esposizione e vulnerabilità) direttamente o indirettamente correlate con una maggiore probabilità che un virus si diffonda e abbia un impatto drammatico in termini di casi gravi e deceduti.

Riteniamo che, da un lato, la metodologia proposta potrebbe essere ulteriormente migliorata con dati reali più affidabili sull’epidemia attuale. A questo proposito, sarebbe fondamentale testare periodicamente campioni casuali della popolazione al fine di stimare la diffusione in tempo reale dell’epidemia e verificare in modo affidabile i suoi tassi di mortalità. D’altra parte, la nostra analisi potrebbe anche essere molto utile per affrontare strategie politiche a-priori o a-posteriori per prevenire o controllare una possibile epidemia futura e può essere facilmente adattabile a qualsiasi zona geografica e su qualsiasi scala (regionale, nazionale, internazionale).

Infine, la nostra analisi potrebbe anche essere molto utile nella fase attuale, in cui i politici stanno considerando possibili strategie per uscire dalla fase di lock-down, poiché sembra suggerire che una buona soluzione per riaprire gradualmente il paese potrebbe essere quella di tenere conto della differenza tra le regioni nella gerarchia di livello di rischio.

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La grande sfida, come battere il terribile virus https://ilvulcanico.it/la-grande-sfida-battere-terribile-virus/ Sun, 15 Mar 2020 09:45:24 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=16131 di Gaetano Perricone “Speriamo che anche questo nemico, che ora ci pare irriducibile mentre sconvolge le nostre giornate in un modo che mai avremmo immaginato possibile, presto si spenga in qualche starnuto di stagione. Nel frattempo non abbiamo alternative: dobbiamo fare appello al nostro coraggio, alla nostra lucidità e al nostro spirito di sacrificio per […]

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di Gaetano Perricone

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“Speriamo che anche questo nemico, che ora ci pare irriducibile mentre sconvolge le nostre giornate in un modo che mai avremmo immaginato possibile, presto si spenga in qualche starnuto di stagione. Nel frattempo non abbiamo alternative: dobbiamo fare appello al nostro coraggio, alla nostra lucidità e al nostro spirito di sacrificio per combatterlo con tutte le nostre forze. Dobbiamo fermare l’epidemia, costi quel che costi. Siamo noi contro il virus e a vincere dobbiamo essere noi. Con l’aiuto della scienza, in passato disprezzata e ora adorata e chiamata come ultimo soccorso a difenderci da un invisibile contagio. Quella scienza imperfetta fatta di uomini deboli e fallaci che in questo terribile momento ci appare l’unico scudo in grado di proteggerci da un’inaspettata e angosciante minaccia”.

Roberto Burioni
Roberto Burioni

Si conclude così il libro “Virus, la grande sfida”. Dal coronavirus alla peste: come la scienza può salvare l’umanità, scritto in corso di epidemia dall’illustre virologo e microbiologo Roberto Burioni – insieme all’epidemiologo Pierluigi Lopalco, li vediamo entrambi quasi ogni giorno in tv -, in libreria dal 10 marzo scorso.

L’ho acquistato subito in formato e-book, l’ho “bevuto” in poche ore e ho fatto bene: oltre ad essere un formidabile manuale per comprendere dal punto di visto scientifico quello che sta accadendo, scritto in modo talmente chiaro da potere essere compreso anche dai giovanissimi, è anche un esaustivo affresco di tutte le più terribili pandemie della storia dell’umanità. Uno spaventoso e dettagliato racconto, tra scienza e ricostruzione storica, che va dalla peste alla mostruosa spagnola – la più letale di ogni tempo – , dall’ebola all’Aids, per finire ai due Coronavirus, Sars e l’attuale Covid-19, tutto quello che c’è da sapere sulle malattie che hanno terrorizzato e decimato il genere umano.

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Confesso che il professore Burioni, di pelle, non mi ispira particolare simpatia per la sua a volte stucchevole saccenteria, ma in questo importantissimo lavoro mostra tutta la sua competenza di scienziato di prim’ordine e le sue capacità di divulgatore, indicandoci con estrema chiarezza le strade possibili per vincere il terribile nemico.

Da leggere adesso, come il ferro che va battuto mentre è ancora caldo. Per sapere e capire di più su quanto ci sta accadendo, ma anche per contribuire alla lotta contro il Coronavirus, visto che i proventi verranno devoluti alla ricerca.

#iorestoacasa. E leggo, leggo …E’ sempre la migliore occupazione.

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Salute della donna, all’Ospedale Cannizzaro di Catania una settimana di visite gratuite https://ilvulcanico.it/salute-della-donna-allospedale-cannizzaro-di-catania-una-settimana-di-visite-gratuite/ Sat, 07 Apr 2018 09:16:08 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=6847 FONTE: www.cannizzaro.it L’Azienda ospedaliera Cannizzaro ha aderito alla terza edizione dell’(H)Open Week prevista in occasione della Giornata nazionale della Salute della Donna, che si celebra il 22 aprile. Si tratta di un’iniziativa di ONDA, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, che mira a promuovere l’informazione e i servizi per la prevenzione e […]

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FONTE: www.cannizzaro.it

L’Azienda ospedaliera Cannizzaro ha aderito alla terza edizione dell’(H)Open Week prevista in occasione della Giornata nazionale della Salute della Donna, che si celebra il 22 aprile. Si tratta di un’iniziativa di ONDA, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, che mira a promuovere l’informazione e i servizi per la prevenzione e la cura delle principali malattie femminili. Nella settimana dal 16 al 22, l’Azienda Cannizzaro offrirà visite e consulti gratuiti e attività di sensibilizzazione, con il coordinamento della dott.ssa Francesca Catalano, direttore della Senologia e referente aziendale dei Bollini Rosa. Diverse le specialità coinvolte.

La Senologia offrirà visite senologiche dalle ore 9 alle 12 nei giorni di lunedì 16 e venerdì 21 (ambulatorio F3, piano terra); le prenotazioni sono obbligatorie e saranno raccolte esclusivamente sabato 7 aprile, dalle 9 alle 11, al numero 0957262805.

La Dietologia propone consulenze specialistiche con misure antropometriche (peso, altezza, circ. vita, BMI) e intervento di educazione nutrizionale (somministrazione questionario di aderenza ad un corretto modello alimentare e distribuzione di materiale informativo per una sana alimentazione mediterranea). Le consulenze dietistiche saranno offerte al piano 1 dell’edificio Q: lunedì 16, dalle 9 alle 13 (da prenotare venerdì 6, dalle ore 8.30 alle 10.30, al numero 0957262418) e dalle 15 alle 17 (da prenotare mercoledì 4, dalle ore 15 alle 17, allo 0957264928); mercoledì 18, dalle 15 alle 17 (da prenotare anche in questo caso mercoledì 4, dalle ore 15 alle 17, allo 0957264928); e infine venerdì 20, dalle 9 alle 13 (da prenotare venerdì 6, dalle 12 alle 14, allo 0957262420).

L’Unità Operativa di Pediatria attiverà, invece, uno sportello di ascolto per “La tutela della salute nell’adolescente: dai disturbi alimentari alla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale”.  L’iniziativa è rivolta a ragazze di età tra 11 e 16 anni, che potranno consultare gli specialisti del reparto (edificio F3, piano 3) martedì 17, giovedì 19 e sabato 21 aprile, dalle 9 alle 12. A seguito della consulenza, per la quale non serve prenotazione, le utenti potranno essere accompagnate a un approfondimento ginecologico.

Infine, in occasione dell’(H)Open Week, la Medicina della Riproduzione diffonderà un video informativo riguardante la salute riproduttiva.

Sul sito http://www.bollinirosa.it/è possibile consultare il programma delle iniziative con date, orari e modalità di prenotazione.

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Check-up sulla salute dei siciliani, tra informazione e prevenzione. Tutti i dati su fattori di rischio e malattie nell’Isola https://ilvulcanico.it/check-up-sulla-salute-dei-siciliani-tra-informazione-e-prevenzione-tutti-i-dati-su-fattori-di-rischio-e-malattie-nellisola/ Tue, 04 Apr 2017 09:59:37 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=3158 FONTE: Ufficio Stampa “Settimana della Salute in Sicilia” In Sicilia, il 36% degli assistiti è portatore di una diagnosi di almeno una malattia cronica, quota di popolazione che assorbe il 70% delle risorse per prestazioni sanitarie. In ordine alla mortalità, al primo posto figurano le malattie cardiovascolari che incidono, in Sicilia, su oltre il 40% […]

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FONTE: Ufficio Stampa “Settimana della Salute in Sicilia”

In Sicilia, il 36% degli assistiti è portatore di una diagnosi di almeno una malattia cronica, quota di popolazione che assorbe il 70% delle risorse per prestazioni sanitarie.

In ordine alla mortalità, al primo posto figurano le malattie cardiovascolari che incidono, in Sicilia, su oltre il 40% della mortalità regionale, con una percentuale che è superiore alla media nazionale. Più di un terzo delle altre cause di letalità è dovuto a tumori, diabete, malattie respiratorie croniche, tutte patologia che, nella maggior parte dei casi, potrebbero essere evitate.

Di fronte a questa realtà sconfortante, la Società Italiana di Storia della Medicina, presieduta dal professore Adelfio Elio Cardinale, ha promosso dal 3 all’8 aprile 2017, con la partecipazione attiva dell’Assessorato della Salute della Regione Siciliana, la “Settimana della Salute in Sicilia”, divisa tra Palermo e Catania, come iniziativa dedicata all’informazione, all’educazione e alla promozione della Salute della popolazione dell’Isola, al fine di favorire la sensibilizzazione alla prevenzione primaria e secondaria per il controllo delle malattie croniche evitabili. Una maratona della salute che vedrà impegnati più di 60 esperti che abbraccerà quasi tutto lo scibile della medicina contemporanea.

L'apertura dei lavori a Palermo
L’apertura dei lavori a Palermo

“Dalla Sanità di attesa a quella di iniziativa” è il tema attorno a cui viene  declinata questa settimana che toccherà la città di Catania giovedì 6 e venerdì 7 aprile.

A CATANIA. Giovedì 6 aprile. Nell’Aula Dusmet dell’Ospedale Garibaldi-Centro i lavori su “La prevenzione oncologica nell’adulto” inizieranno alle 9.30 con i saluti del prof. Roberto fallico, presidente della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica.

Venerdì 7 aprile l’appuntamento è fissato alle ore 9 nell’Aula Conferenze dell’Edificio 8 del Policlinico Universitario di Catania e i lavori della giornata prevedono due sessioni “Profili di cura e buone pratiche in pediatria” e “Oncologia pediatrica e prevenzione in Pediatria”, entrambe dedicate alla Sanità che si occupa dei più piccoli. L’introduzione di questa seconda giornata è affidata al prof. Salvatore Paolo Cantaro, direttore generale Policlinico Universitario Vittorio Emanuele Catania, e al dott. Salvatore Requirez dirigente del Dipartimento Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico, Assessorato della Salute Regione Siciliana.

Ieri a Palermo l’apertura dei lavori. “Molte condizioni gravi di malattia, oggi in preoccupante aumento, non sono ineluttabili segni del destino, ma condizioni spesso evitabili. Ritengo la “Settimana della Salute in Sicilia” un incontro poliedrico nei temi affrontati, itinerante, di qualità formativa, un sostanziale contributo per migliorare la salute dei siciliani”, ha osservato il professor Adelfio Elio Cardinale, presidente della  Società Italiana di Storia della Medicina.

Adelfio Elio Cardinale, presidente della Società di Storia della Medicina
Adelfio Elio Cardinale, presidente della Società di Storia della Medicina

Tra i principali fattori di rischio definiti “modificabili”, si annoverano comportamenti collegabili allo stile di vita (fumo di sigaretta, scarsa attività fisica, alimentazione scorretta). Dallo studio PASSI emerge che livelli di prevalenza nella popolazione regionale di queste errate abitudini sono più elevati che nel resto del Paese. Insomma, i siciliani si fanno più male dei cittadini di altre regioni. Va detto, che sul piano delle azioni di contrasto alle malattie croniche evitabili, la Regione, è già impegnata col Piano Regionale della Prevenzione 2014-2018 che promuove un’azione di contrasto multifattoriale a queste patologie.

Per l’assessore della Salute della Regione Siciliana, Baldo Gucciardi, da tempo, la cultura della sanità siciliana è ospedalocentrica. Si aspetta il manifestarsi di una patologia per poi curarla. “Oggi – sottolinea l’assessore – la tendenza inizia ad essere diversa: si comprende che la carta vincente è prevenire la malattia ed è su questa strada che va il Piano Regionale di Prevenzione, con l’utilizzo di strategie indirizzate alla popolazione. Vanno diffusi programmi di promozione alla salute, in particolare incentrati sugli stili di vita, nell’evidenza che l’insorgenza di molte malattie è evitabile. È in quest’ambito culturale, informativo e formativo, che si inserisce la “Settimana della Salute in Sicilia”, allo scopo di promuovere, tra la gente dell’Isola, la sensibilizzazione alla prevenzione primaria e secondaria e il contrasto ai fattori di rischio modificabili”.

La Promozione della Salute diventa, giorno dopo giorno, una delle voci più importanti delle attività sanitarie nella nostra regione”, sottolinea da parte sua  Salvatore Giglione, dirigente generale del Dipartimento Attività Sanitarie e Osservatorio epidemiologico dell’assessorato regionale della Salute.

E l’asserzione che il futuro sta nella prevenzione, trova conforto nella dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che indica l’86% dei decessi, il 77% della perdita di anni di vita in buona salute e il 75% delle spese sanitarie in Europa, compresa l’Italia, causati proprio dalle patologie cardiovascolari, tumori, diabete mellito, malattie respiratorie croniche, che hanno in comune fattori di rischio modificabili, quali il fumo di tabacco, l’obesità, il sovrappeso, l’abuso di alcol, lo scarso consumo di frutta e verdura, la sedentarietà, l’eccesso di grassi nel sangue, l’ipertensione arteriosa.

Formare la popolazione alla prevenzione non è opera facile. Per attivarla, occorre che le abitudini corrette divengano abitudini di vita nei cittadini”, dice Francesco Vitale, preside della Facoltà di Medicina dell’università di Palermo.

Per Ignazio Tozzo, dirigente generale del Dipartimento pianificazione strategica dell’assessorato della Salute della Regione Siciliana, “occorre penetrare sempre più nel tessuto sociale per fare assumere ai cittadini la consapevolezza che la tutela della loro salute si fonda su una corretta prevenzione, un risultato che deve vedere protagonisti i medici di famiglia, la scuola, le associazioni di volontariato e la rete civica della salute, oltre che Regione e Asp”. 

Diversi studi epidemiologici sui fattori di rischio evitabili dimostrano come questi si distribuiscono in maniera molto differente nella popolazione. Figurano in maniera più diffusa tra le persone delle classi socio-economiche più basse, le quali hanno una mortalità e una tendenza ad ammalarsi maggiori rispetto a chi, socialmente ed economicamente, si trova in posizione più avvantaggiata.

Rispetto al resto del Paese i siciliani fanno poca attività fisica, presentano una maggiore frequenza di obesità, non rispettano sempre, come sarebbe richiesto, i divieti di fumo nei locali pubblici, nei luoghi di lavoro o gli obblighi di indossare le cinture di sicurezza in automobile. E ancora pochi sono coloro che, tra la popolazione anziana o a rischio, si vaccinano contro l’influenza, mentre un fattore positivo è il miglioramento del ricorso alla diagnosi precoce oncologica.

La crescente diffusione delle malattie croniche, rappresenta la maggiore sfida per il nostro sistema sanitario. Continuare a intervenire solo in assistenza non è più sostenibile. Occorre investire in prevenzione, appropriatezza e qualità”, sostiene correttamente Salvatore Scondotto, dirigente del dipartimento attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico della Regione.

Si dice d’accordo il dottore Salvatore Requirez, dirigente del dipartimento attività sanitarie dell’assessorato della Salute, che riferisce come “Da tempo le Unità di Promozione della salute delle Asp chiedono regole univoche e riferimenti accreditati. Ora il quadro normativo è stato completato e ci si augura una risposta adeguata”. E ammette che dati i diversi sistemi organizzativi, “occorre una mini rivoluzione culturale interna al sistema”.

Molte sono le malattie prevenibili con la vaccinazione: dalla menigite, al morbillo, parotite, rosolia, pertosse, alle infezioni da pneumococco, da rotavirus, da Hepes Zoster, all’epatite B, alla varicella, al papilloma virus umano (Hpv), causa di cancri ano-genitali. Tutte malattie che possono causare problemi anche gravi, talora mortali. La vaccinazione è il solo mezzo per assicurare l’immunità. Purtroppo, per una serie di paure generate dall’ignoranza e dalla malafede, contro le evidenze scientifiche, la profilassi vaccinale è in calo. Un delitto. Anche l’indispensabile vaccinazione antinfluenzale negli anziani (età pari o superiore ai 65 anni) non raggiunge i limiti di copertura. E i morti per cause legate all’influenza, ogni anno, non sono pochi.

Un momento dei lavori
Un momento dei lavori

Occorre dire che la campagna antinfluenzale negli anziani nel 2016 è andata meglio di quella degli anni precedenti, a dimostrazione che qualcosa sta cambiando, mentre le mamme dovrebbero appoggiare di più la profilassi vaccinale, anche nell’ambito dell’Hpv, dove i numeri sono bassi, anche perché è oggi disponibile un vaccino efficace contro 9 tipi di papilloma virus.

Nel 2016, gli sforzi di tutti gli operatori interessati ha consentito una netta inversione di tendenza in merito all’accettazione del vaccino antinfluenzale nei soggetti anziani che sono passate dal 49,4% del 2015, al 53,33% del 2016. Forte anche la richiesta per la vaccinazione anti-meningococco e la pronta risposta dell’Assessorato della Salute, con l’estensione dell’offerta vaccinale gratuita a tutti i giovani fino al compimento del 30° anno di età”, sostiene Mario Palermo, responsabile del Servizio 4 Igiene Pubblica e Rischi Ambientali dell’Assessorato della Salute della Regione.

Una delle giornate della “Settimana” è dedicata a un problema molto delicato, purtroppo in aumento, e che va trattato con estrema sensibilità e competenza: il benessere mentale nei bambini, negli adolescenti e nei giovani. I primi anni di vita sono cruciali per la promozione della salute mentale e la prevenzione dei disturbi mentali, poiché fino al 50% delle patologie psichiatriche dell’adulto iniziano prima dei 14 anni d’età. Il numero di adolescenti in condizioni di disagio psicologico, che potenzialmente può sfociare in disturbo vero e proprio, rappresentano il 7-8% della popolazione giovanile.

La salute mentale, come altri aspetti della salute generale, può essere influenzata da un’ampia gamma di fattori (status economico e lavorativo, livello di scolarità, standard di vita, salute fisica, coesione familiare, discriminazione, violazione dei diritti umani ed esposizione a eventi avversi come violenza sessuale, abuso e trascuratezza). Poiché nei contesti scolastici si svolge una parte cruciale della vita dei ragazzi, sia in termini di quantità di tempo che di importanza del potenziale formativo e relazionale, è in tale ambito che bisogna moltiplicare le azioni a valenza preventiva. A titolo di esempio, basti citare il fenomeno del “bullismo” a scuola, che è oggi uno dei problemi più diffusi. Vivere questa esperienza ha un diretto effetto negativo sulla salute e sul benessere mentale degli studenti e influenza negativamente anche i processi di apprendimento e i risultati scolastici. “Il ruolo della scuola nella promozione del benessere mentale dei bambini e degli adolescenti è fondamentale. Può essere realizzato sia in ottica preventiva, promuovendo le capacità di resilienza di ciascuno attraverso la buona integrazione nel gruppo-classe, sia intercettando precocemente tutti quei segnali di disagio che necessitano di interventi multidisciplinari mirati. Fondamentale è creare nella scuola un profondo clima collaborativo con la famiglia e con i servizi sanitari per sviluppare piani d’intervento in grado di creare una rete di “contenimento” positivo intorno al minore in situazione di difficoltà”, spiega Maurizio Gentile, psicologo, coordinatore dell’Osservatorio sulla dispersione scolastica, USR Sicilia.

 

I maggiori fattori di rischio da evitare

Sedentarietà
Il 43% dei siciliani è completamente sedentario. La sedentarietà è più diffusa nei 50-69enni, nelle persone con basso livello d’istruzione, in quelle con maggiori difficoltà economiche e negli stranieri. Non sono emerse differenze significative tra uomini e donne.

Fumo
Il 29% della popolazione è fumatore, in particolare il 27% sono quelli che fumano tutti i giorni. L’abitudine al fumo è significativamente più alta negli uomini che nelle donne (33% versus 24%); tra le persone che non hanno mai fumato prevalgono le donne (67% versus 48%). L’abitudine al fumo è risultata più elevata nei 25-34enni (35%), nelle persone con titolo di scuola media inferiore (34%) e in quelle con molte difficoltà economiche (34%). I fumatori abituali hanno dichiarato di fumare in media 13 sigarette al giorno.

Soprappeso e obesità
In Sicilia la prevalenza di persone in eccesso ponderale (sovrappeso e obeso) è pari al 47%, valore superiore a quello del resto del Paese (42%).

Diabete
Sovrappeso e obesità l’eccesso di diabete che si registra nella nostra regione.
In Sicilia la prevalenza nella popolazione generale per tutte le fasce d’età, che è tra le più alte del Paese, è del 5,7% (fonte ISTAT), e quindi superiore rispetto alla media nazionale (4,6%).
In particolare, nella fascia da 18 a 69 anni (secondo i dati PASSI) i siciliani che sanno di essere diabetici sono il 6% della popolazione (circa 275.000 persone). La Sicilia si pone tra le prime tre regioni a maggiore diffusione in tale fascia di popolazione insieme alla Campania e alla Calabria.

Tra le sfide alle quali è chiamato a rispondere il sistema sanitario c’è sicuramente il diabete, una delle malattie croniche a più rapida crescita, che in Italia colpisce circa 3.600.000 di persone e che entro il 2035 sfiorerà in Europa il tetto dei 70 milioni di pazienti, contro gli attuali 52 milioni.

Dei pazienti, solo 1 su 3 ha un adeguato controllo del diabete mentre gli altri vanno incontro alle complicanze della malattia: si stima che il 50% dei pazienti muoia a causa di malattie cardiovascolari, il 10-20% per insufficienza renale, mentre il 10% subisce un danno visivo. Tra le persone anziane con diabete di tipo 2 gli eventi cardiovascolari legati alle complicanze della malattia sono la principale causa di mortalità: il 70% dei decessi in questa fascia d’età è dovuto ad un evento cardiovascolare, in primis infarti e ictus. Altissimo l’impatto economico per il Servizio Sanitario.

Tumori
Nell’Isola. si stimano 165.530 soggetti con pregressa diagnosi di tumore in qualsiasi sede (escluso la pelle non melanoma), pari a oltre il 3,0% dell’intera popolazione siciliana, valore che può essere confrontato con il dato AIRTUM. Tale numero è in continua crescita per svariati fattori tra i quali l’invecchiamento della popolazione, la diffusione degli screening per la diagnosi precoce di alcuni tumori (mammella, colon-retto, cervice uterina, ecc.), e i miglioramenti nella sopravvivenza dal momento della diagnosi di tumore. Ogni anno, in Sicilia, vengono diagnosticati in media 22.667 casi di tumori escluso la pelle di cui 12.183 (53,7%) casi fra i maschi e 10.484 (46,3%) casi fra le femmine sull’intera popolazione siciliana.

Tra gli uomini le sedi tumorali più frequenti sono risultate: la prostata (16.236 nuovi casi pari al 16,8% di tutti i tumori), il polmone (15.141 casi, con il 15,7%), la vescica (12.981 nuovi casi pari al 13,5%) e il colon-retto (12.499 casi, 13,0%). Per le donne, invece, le sedi tumorali più frequenti risultano la mammella (con 23.386 nuove diagnosi e una percentuale del 28,7%), il colon-retto (10.861 casi 13,3%), la tiroide (5.369 casi 6,6%) e il corpo dell’utero (4.391 nuovi casi pari al 5,4%). L’incidenza nelle età, fino alla fascia 55-64 anni, risulta più elevata per le donne a causa del tumore della mammella, mentre si ha un’inversione di tendenza a sfavore degli uomini nelle fasce di età più avanzate a causa del tumore della prostata e del polmone. In media, il tasso di incidenza (standardizzato sulla popolazione europea) per il totale dei tumori (esclusi la cute non melanoma), è tra gli uomini più basso del 14% al Centro e del 20% al Sud rispetto al Nord e del 10% al Centro e del 19% al Sud per quanto riguarda le donne.

Ringraziamo per le dettagliate informazioni e la preziosa documentazione, con tutti i dati più significativi sullo stato di salute della popolazione siciliana (che pubblichiamo integralmente ritenendoli di grande utilità), le colleghe dell’Ufficio Stampa della “Settimana” Arianna Zito e Monica Adorno.

 

L'articolo Check-up sulla salute dei siciliani, tra informazione e prevenzione. Tutti i dati su fattori di rischio e malattie nell’Isola proviene da Il Vulcanico.

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2 – Sanità e prevenzione: scuole e adolescenti, campagne di screening oncologico https://ilvulcanico.it/2-sanita-prevenzione-scuole-adolescenti/ Wed, 16 Nov 2016 07:01:25 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=1465 Seconda puntata dedicata a salute e stili di vita. Proseguiamo con il resoconto per argomenti dell’incontro di presentazione articolata del Piano della Prevenzione in Sicilia, che si è svolto di recente a Catania. Per notizie e dati, sfruttiamo integralmente l’ampio e chiaro materiale informativo messo a disposizione dall’Ufficio Stampa dell’agenzia New Service (che ha curato la […]

L'articolo 2 – Sanità e prevenzione: scuole e adolescenti, campagne di screening oncologico proviene da Il Vulcanico.

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Seconda puntata dedicata a salute e stili di vita. Proseguiamo con il resoconto per argomenti dell’incontro di presentazione articolata del Piano della Prevenzione in Sicilia, che si è svolto di recente a Catania.

Un momento dell'incontro di Catania per la presentazione del Piano
Un momento dell’incontro di Catania per la presentazione del Piano

Per notizie e dati, sfruttiamo integralmente l’ampio e chiaro materiale informativo messo a disposizione dall’Ufficio Stampa dell’agenzia New Service (che ha curato la comunicazione dell’iniziativa), per il quale ringraziamo la collega Monica Adorno.

Scuole e adolescenti: tutti i progetti

La Asp di Catania, in applicazione dei Piani Aziendali della Prevenzione disposti dalla Regione Siciliana, ha sviluppato e attivato, già da cinque anni, un progetto che si chiama “Affy, il fiutapericolo” e che è rivolto ai bambini dell’infanzia (3-5 anni), quindi alle scuole materne. Affy fa parte del Kit finanziato dal Ministero della Salute e realizzato dalla Regione Piemonte. La Regione Siciliana ha acquistato, solo per la provincia di Catania, 200 kit che sono stati poi distribuiti nelle scuole.

“Affy” individua, all’interno delle abitazioni, una serie di rischi legati ai pericoli occulti che si trovano all’interno delle abitazioni: dall’arredamento ai liquidi pericolosi. I bambini durante l’anno scolastico si identificano con questo cagnolino e apprendono quali pericoli ci sono dentro casa imparando a difendersi, stando attenti o evitandoli.

Questa attività viene proposta tutti gli anni. Negli ultimi due anni sono stati coinvolti: 24 scuole, 161 classi, 2.344 alunni e distribuito 108 kit. “La valigia di Affy Fiutapericolo”, contiene una fiaba, un insieme di giochi di tipo linguistico, motorio ed espressivo e letture di approfondimento per maestre e genitori

Gli incidenti in casa per i bambini sono costituiti soprattutto da tagli, scottature e rottura di ossa.

Alle scuole elementari il progetto proposto riguarda l’alimentazione e si chiama “Cucina e Salute”. Vengono coinvolti genitori, insegnanti e bambini a seguire una dieta salutare ed equilibrata. Migliaia di bambini e centinaia di classi ogni anno.

Nelle scuole medie i progetti sono di due tipi: contrasto alle dipendenze e promozione di buoni stili di vita. Il primo si chiama “Unplugged” ed è di carattere socio-educativo mentre il secondo è il “Diario della salute” ed è orientato alla corretta alimentazione tramite la lettura delle etichette e la visita delle fattorie didattiche. Il “Diario della salute” tiene conto anche delle filiere agroalimentari. Unplugged è basato sul modello dell’influenza sociale, e ha l’obiettivo di: – favorire lo sviluppo ed il consolidamento delle competenze interpersonali; – sviluppare e potenziare le abilità intrapersonali; – correggere le errate convinzioni dei ragazzi sulla diffusione e l’accettazione dell’uso di sostanze psicoattive, nonché sugli interessi legati alla loro commercializzazione; – migliorare le conoscenze sui rischi dell’uso di tabacco, alcol e sostanze psicoattive e sviluppare un atteggiamento non favorevole alle sostanze

Nelle scuole superiori è attivo il progetto “Peer education”, educazione tra pari. Vengono formati dei leader di gruppo in modo che le informazioni e il linguaggio siano quelli adatti agli adolescenti. Il programma è mirato soprattutto alle malattie a trasmissione sessuale, all’HIV, sul fumo, sul consumo di alcool, sull’alimentazione e sugli incidenti stradali.

Anno per anno vengono affrontati argomenti diversi. Nel 2016 continueremo a parlare dell’abuso di sostanze e sulla guida in stato di ebrezza.

 

Fonte: Dott. Salvatore Cacciola, Dirigente Unità Operativa Educazione e Promozione della Salute – Asp Catania

Campagne di screening oncologico

L’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania, nell’ambito delle attività di prevenzione coordinate in Sicilia dall’Assessorato regionale alla Salute, ha dato avvio da tempo alle campagne di screening oncologico per la prevenzione del tumore della mammella (donne tra i 50 e i 69 anni), del collo dell’utero (donne dai 25 ai 64 anni) e del colon retto (uomini e donne tra i 50 e i 70 anni). Tuttavia, nell’anno in corso la Direzione Strategica dell’Asp ha inteso potenziare tali attività attraverso l’acquisizione di nuovo personale appositamente formato e di apparecchiature di ultima generazione, attraverso il coinvolgimento attivo dei Medici di Medicina Generale e l’avvio di azioni sinergiche con le Aziende Ospedaliere della Provincia per il II e III livello diagnostico ed operativo, la pianificazione di importanti campagne informazione.

Proprio in questo mese è stata avviata la campagna di prevenzione del tumore del colon retto nei Comuni del Distretto di Acireale, dove sono stati invitati a partecipare 38.000 utenti. Complessivamente in Provincia di Catania vengono contattati circa 300.000 donne per lo screening del tumore del collo dell’utero, circa 140.000 per quello del tumore della mammella e circa 280.000 tra uomini e donne per quello del tumore del colon.

Donne e uomini vengono invitati a presentarsi presso gli ambulatori o i consultori dell’Asp per effettuare una mammografia o un pap test in date prefissate che possono essere modificate; nel caso dello screening del tumore del colon gli utenti sono invitati a presentarsi presso una delle farmacie del proprio Comune di residenza ove, grazie ad un accordo attivato con Federfarma, gli utenti possono recarsi per ritirare il kit per la ricerca del sangue occulto nelle feci che rappresenta il primo livello diagnostico dello screening per il colon.

Per tutti e tre gli screening gli utenti, dopo avere effettuato il test di primo livello e ove si ritenesse di eseguire approfondimenti, vengono presi in carico dall’Asp nel percorso diagnostico e, ove necessario, terapeutico che va precisato è completamente gratuito.

Già nell’anno 2015 l’adesione è stata molto buona per lo screening alla mammella (45-50%) ed accettabile (30-35%) per lo screening ginecologico, tenuto conto che circa il 30% delle donne in Sicilia (Indagine PASSI) preferisce rivolgersi al proprio ginecologo privato.

L’obiettivo principale dello screening è quello di ridurre la mortalità e a ciò mirano le azioni mese in campo dall’Assessorato e dall’Asp per orientare gli utenti in fascia di età verso lo screening organizzato.

L’Asp ha, tra gli altri interventi, attivato un sito web dedicato www.screening.aspct.it e un numero verde gratuito 800894007 al quale si può chiamare per ottenere informazioni di dettaglio sulle campagne di prevenzione e per spostare o fissare un appuntamento se non si è ancora ricevuto l’invito. Ciò ha consentito, negli ultimi mesi di ridurre le liste di attesa per l’esecuzione degli esami mammografici e di migliorare l’accessibilità a tale servizio da parte dei diversi utenti.

 

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Al via la campagna #LaVaccinazioneNonHaEtà https://ilvulcanico.it/al-via-la-campagna-lavaccinazionenonhaeta/ Wed, 02 Nov 2016 15:15:03 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=1213 Da oggi al via un’importante campagna di promozione delle vaccinazioni, al quale Il Vulcanico ritiene utile dare un contributo di opportuna divulgazione. Eccone i dettagli dalle fonti ufficiali. Fonte Askanews Parte oggi #LaVaccinazioneNonHaEtà, la campagna nazionale di promozione delle vaccinazioni: “vaccinarsi è un atto d’amore verso se stessi e gli altri. Perché le malattie infettive colpiscono senza fare […]

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Da oggi al via un’importante campagna di promozione delle vaccinazioni, al quale Il Vulcanico ritiene utile dare un contributo di opportuna divulgazione. Eccone i dettagli dalle fonti ufficiali.

Campagna Vaccinazione

Fonte Askanews

Parte oggi #LaVaccinazioneNonHaEtà, la campagna nazionale di promozione delle vaccinazioni: “vaccinarsi è un atto d’amore verso se stessi e gli altri. Perché le malattie infettive colpiscono senza fare alcuna distinzione di sesso, né di età”. “Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le vaccinazioni salvano 2,5 milioni di vite l’anno nel mondo, ossia 7 mila al giorno, 300 all’ora, 5 al minuto.”

#LaVaccinazioneNonHaEtà è un’iniziativa ideata e promossa dall’associazione IncontraDonna Onlus, con il sostegno di: Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Farmindustria. Il progetto gode inoltre della collaborazione di COOP e del Patrocinio di FNMCeO, SItI, e SIP.

La campagna ha l’intento di informare correttamente e sensibilizzare la popolazione sull’importanza e sull’utilità delle vaccinazioni in tutte le fasi della vita. Dal 2 al 20 novembre sarà possibile trovare materiale informativo sulle vaccinazioni all’interno dei 142 Corner Salute Coop, “perché questa è una campagna pensata per le persone e che parla direttamente alle persone”. Nel corso dell’iniziativa, inoltre, saranno realizzati tre eventi, in collaborazione con Donna Moderna e Starbene, negli spazi messi a disposizione da Coop nei suoi Iper di Bologna, Palermo e Roma, durante i quali verrà distribuito gratuitamente il “calendario vaccinale”, uno strumento informativo ideato da IncontraDonna Onlus, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Farmindustria.

Ed ecco il testo della brochure informativa dell’associazione promotrice Incontra Donna Onlus

L’IMPORTANZA DELLE VACCINAZIONI

Nella prevenzione delle malattie infettive

La prevenzione delle malattie infettive costituisce uno dei principali obiettivi della Sanità Pubblica. Le vaccinazioni, presidio fondamentale di prevenzione delle malattie infettive, a protezione della salute per l’intero arco della vita, rappresentano una eccezionale scoperta che ha cambiato il volto dell’umanità e la storia della medicina. Grazie all’introduzione, all’utilizzo dei vaccini nella pratica medica e all’attuazione di campagne di vaccinazione di massa, alcune malattie sono pressoché eliminate (difterite, poliomielite) o ridotte a un’incidenza molto bassa (tetano, epatite B, Haemophilus influenzae di tipo b); per altre malattie, tipiche dell’infanzia, si è pervenuti a una rapida e costante diminuzione dell’incidenza grazie a un andamento in aumento delle coperture vaccinali nella popolazione target del programma vaccinale (pertosse, morbillo, rosolia, parotite).

Se attuate in modo omogeneo e rigoroso, secondo indicazioni e strategie definite dalla comunità scientifica nazionale e internazionale, le vaccinazioni assicurano il controllo delle malattie e la riduzione della loro incidenza fino, in alcuni casi, all’eradicazione della malattia a livello mondiale.

Cosa sono i vaccini e come funzionano

I vaccini sono prodotti biologici sicuri, efficaci e altamente controllati, in grado di prevenire le malattie infettive e oggi addirittura alcuni tipi di cancro. ll  principio su cui si basano i vaccini è ingegnoso: addestrare il sistema immunitario umano a riconoscere gli agenti patogeni e, dunque, stimolarne la capacità di combatterli più efficacemente. Quando le vaccinazioni sono somministrate a un’ampia fetta di popolazione e si raggiungono livelli di coperture vaccinali ottimali (95% della popolazione è vaccinata), esse generano un effetto protettivo definito “immunità di gregge” o in gergo “herd immunity”: viene, cioè, ostacolata la circolazione degli agenti responsabili delle malattie nella popolazione, per cui risultano protetti anche i soggetti che per motivi di salute non possono sottoporsi alle vaccinazioni. Per questa ragione, le vaccinazioni sono realmente efficaci soltanto come strumento di prevenzione collettiva se un’alta percentuale della popolazione vi ricorre. Queste sono le basi scientifiche che hanno condotto le Autorità sanitarie a rendere obbligatorie o fortemente raccomandate le vaccinazioni, nel contrasto di tutte le malattie considerate di pubblico rilievo.

L’ottimale strategia vaccinale oggi

Il Ministero della Salute ha predisposto il nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2016-2018 il cui Calendario vaccinale è stato inserito nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) recentemente approvati dagli organi istituzionali competenti e da adottare in tutte le Regioni italiane competenti. L’attuale PNPV discende dal Piano Nazionale Prevenzione 2015-2018 e dall’European Vaccine Action Plan 2015-2020, e si sviluppa sull’eredità del precedente Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2012-2014, con cui condivide l’obiettivo generale, ovvero l’armonizzazione delle strategie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire alla popolazione, indipendentemente da luogo di residenza, reddito e livello socio-culturale, i pieni benefici derivanti dalla vaccinazione, intesa sia come strumento di protezione individuale che di prevenzione collettiva, attraverso l’equità nell’accesso a vaccini di elevata qualità, anche sotto il profilo della sicurezza, e disponibili nel tempo (prevenendo, il più possibile, situazioni di carenza), e a servizi di immunizzazione di livello eccellente.

Il calo delle coperture vaccinali, le sue cause e conseguenze

Proprio il grande successo che hanno avuto le vaccinazioni e il fatto che malattie infettive, causa un tempo di morte, sono pressoché scomparse dal mondo occidentale, ha diminuito la percezione del rischio da parte della popolazione. Perciò oggi si tende più a “temere” eventuali effetti del vaccino (anche sulla base di una informazione non sempre corretta fornita da mass media e siti web) che pensare alla sua importanza per la salute dei nostri figli e di tutta la popolazione. Ma delle vaccinazioni non si può fare a meno e, purtroppo, il mancato raggiungimento e mantenimento di adeguati livelli di copertura vaccinale mette in serio pericolo soggetti più fragili, i propri figli o i propri genitori anziani o tutti coloro che, immunocompromessi a causa di una malattia, non possono accedervi, loro malgrado. Ciò sta generando il ritorno di pericolose malattie, come il morbillo, causa di gravi conseguenze per la salute o addirittura causa di morte.

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1 – Sanità e prevenzione: alimentazione e obesità https://ilvulcanico.it/1-sanita-e-prevenzione-alimentazione-e-obesita/ Tue, 01 Nov 2016 08:05:16 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=1190 Salute e stili di vita sono argomenti ai quali il Vulcanico intende dedicare attenzione e spazio. E cominciamo con il dettagliato resoconto dell’interessante incontro, che si è svolto alla fine della settimana scorsa all’Hotel Nettuno a Catania Catania, dedicato alla presentazione articolata del Piano della Prevenzione in Sicilia. Sfrutteremo in pieno l’ampio e chiaro materiale informativo messo a […]

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Salute e stili di vita sono argomenti ai quali il Vulcanico intende dedicare attenzione e spazio.

E cominciamo con il dettagliato resoconto dell’interessante incontro, che si è svolto alla fine della settimana scorsa all’Hotel Nettuno a Catania Catania, dedicato alla presentazione articolata del Piano della Prevenzione in Sicilia.

Sfrutteremo in pieno l’ampio e chiaro materiale informativo messo a disposizione dall’Ufficio Stampa dell’agenzia New Service (che ha curato la comunicazione dell’iniziativa), per il quale ringraziamo la collega Monica Adorno. Divideremo il resoconto in tre parti, con vari approfondimenti. Cominceremo con alimentazione e obesità.

1- Introduzione

Prevenzione per trasmettere alla popolazione i migliori stili di vita. “Questo è il primo obiettivo – ha dichiarato Salvatore Requirez, Coordinatore del Piano della Prevenzione in Sicilia a margine dell’incontro organizzato dall’Assessorato regionale alla Sanità e dall’Asp di Catania – e si affianca a quello di ritardare l’insorgenza delle malattie cronico-degenerative. Un aspetto non secondario se si pensa che le malattie croniche (cardiovascolari, polmonari o tumorali in genere) sono quelle che si appropriano, consumandole, del 75% delle risorse del sistema sanitario pubblico destinato all’assistenza ospedaliera e ambulatoriale. L’obiettivo è quello di intervenire sulla prevenzione di patologie i cui fattori di rischio sono il fumo, l’alimentazione, la ridotta attività fisica, l’abuso di sostanze. Cinque punti che ormai, con evidenza scientifica assodata da parecchi anni, costituiscono fattori rimovibili che hanno maggiore efficacia una volta contrastati. Il rispetto della salute è il futuro della sanità moderna”.

Una importante “occasione di confronto tra tutti gli operatori della Prevenzione impegnati nell’ambito di una multidisciplinarietà professionale e di approfondimento – ha commentato l’ing. Antonio Leonardi, responsabile scientifico dell’iniziativa- di tutte le tematiche della prevenzione: dalla salute e sicurezza sul lavoro alla sicurezza alimentare, dalla veterinaria agli screening, dai vaccini alla sicurezza ambientale”.

Progetti dedicati a tutti i livelli scolastici, dalle scuole dell’infanzia ai licei per rimettere al giusto posto l’importanza della dieta mediterranea e ridurre le percentuali di persone in sovrappeso o obesi che incidono sulla spesa sanitaria per 23 miliardi l’anno solo per le spese dirette. E non solo. Ridurre l’uso di sostanze, evitare atti di bullismo e contrastare le patologie legale al gioco d’azzardo. Abbassare il numero degli incidenti stradali mortali dovuti al precoce consumo di alcool. Aumentare le percentuali di vaccinazioni per morbillo e rosolia. “In Italia la copertura per queste due malattie è dell’85%, un valore alto ma insufficiente – sottolinea Mario Cuccia, direttore Servizio Epidemiologia Asp Catania – visto che il morbillo è molto contagioso. E tanto più è contagiosa una patologia, più ha bisogno di coperture elevate. Va scongiurata una prossima significativa epidemia di morbillo con caratteristiche diverse dal passato e con un numero di casi non trascurabile”.

Accanto ai giovani va tutelata la salute dei più grandi tramite gli screening che consentono ottimi risultati a fronte di esami non invasivi. “Ci sono alcuni tumori che hanno una finestra terapeutica significativa: mammella, collo dell’utero e colon. Una diagnosi precoce – sottolinea Giovanni Magrì, dirigente di 2° livello Asp Catania – è funzionale alla guarigione della malattia. In più può essere utilizzata una metodica semplice, non invasiva e che ha una significativa riduzione della mortalità”.

2 – Alimentazione – Il Sale

Piramide del sale
Piramide del sale

In Sicilia la prima causa di morte è data dalle malattie cardiovascolari, e su tale patologia influiscono notevolmente anche abitudini alimentari non salutari; in particolare gioca un ruolo molto importante l’uso (o abuso) del banalissimo sale da cucina. Questo è il motivo per cui il Dipartimento alla Salute, regionale e provinciale, lavora moltissimo sulla sana alimentazione Sarebbe sufficiente far comprendere a ogni singolo individuo quale importanza ha, sul reale stato di salute, ridurre il consumo quotidiano di sale.

Nella realtà ci sono due aspetti. Il primo riguarda il sale che utilizziamo nelle nostre case mentre cuciniamo. In questo caso il consiglio che si dà è di ridurlo avendo presente che in Italia viene utilizzato il doppio del sale consigliato. Il secondo aspetto è forse il più importante è fa comprendere qual è la presenza del sale nascosto. Esistono alcuni alimenti, che noi acquistiamo già pronti, dove c’è un quantitativo di sale che noi, consumatori abituali, non immaginiamo.

Ecco perché se si limita il sale nella pasta o nell’insalata ma si continuano a consumare crackers, olive, formaggi o salumi sto apportando un carico di sale notevole. Imparare a fare attenzione al sale nascosto migliora la qualità della vita. Per questo può essere d’aiuto un’immagine realizzata, a livello mondiale, dalla Campagna Wash che ogni anno organizza una settimana di sensibilizzazione. Nell’immagine, realizzata sotto forma di piramide, vengono indicati gli alimenti con il più alto contenuto di sale. Giusto per fare un esempio, anche il crackers “non salato in superficie”, al suo interno può contenere un quantitativo di sale anche elevato. Fare attenzione a ciò che acquistiamo e imparare a leggere le etichette quando facciamo la spesa può regalare salute.

3 -Obesità

Ogni malattia comporta effetti negativi non solo su chi ne soffre, ma anche sui familiari e sulla collettività. L’obesità, in particolare, ha un impatto forte sulla società e ha un’incidenza economica che deriva dai costi dei sistemi sanitari, dall’assenza nel lavoro, dalla ridotta performance lavorativa e dal pensionamento anticipato. Il costo sociale dell’obesità è enorme. In alcuni Paesi europei raggiunge l’1% del P.I.L e rappresenta il 6% della spesa sanitaria diretta. In Francia ammonta al 2% della spesa sanitaria totale, mentre in Olanda si attesta intorno al 3-4%.

Obesità 1
Obesità

IN ITALIA

In Italia vivono 4.898.496 adulti obesi (prevalenza = 9,9%) e 16.000.000 in sovrappeso, con un costo sociale annuo del 6,7% della spesa sanitaria pubblica. Una persona obesa costa al sistema sanitario fino al 51% in più rispetto a una persona normopeso. I costi indiretti (dovuti alle morti premature, al calo della produttività lavorativa e ai relativi guadagni) sono doppi rispetto a quelli diretti.

In Italia nel 2014 il 46% era in sovrappeso di cui il 23% obesi i quali, direttamente o indirettamente, hanno consumato il 3% del P.I.L..

I costi sanitari diretti dell’obesità sono di circa 23 mld di euro l’anno. Si stima che più del 60% sia stata impiegata per i ricoveri ospedalieri. Una persona in sovrappeso aumenta il rischio di decesso di circa il 30% per ogni 15 kg di peso corporeo aggiuntivo. Tra i costi non quantificabili facilmente vanno calcolati quelli intangibili: minor rendimento scolastico, discriminazione lavorativa, problemi psicosociali e scarsa qualità della vita. Fino a pochi decenni fa l’obesità in Italia era quasi inesistente. Negli ultimi anni però abbiamo subito importanti cambiamenti negli stili di vita e nei cibi consumati che sono, adesso, più calorici e trattati. Inoltre si stima che circa il 50% degli adolescenti obesi (con indici di massa corporea pari o superiore al 95° percentile) tende a diventare un adulto obeso.

LO STUDIO

L’Università di Tor Vergata ha analizzato il ruolo dell’istruzione nella rilevazione dell’Indice di Massa Corporea (BMI) e negli stili di vita salutari, che includono dieta equilibrata e attività fisica. Dall’analisi emerge che più alto è il grado d’istruzione, più si riduce l’indice di massa corporea, diminuisce il consumo calorico e aumenta il dispendio. Lo studio mostra come l’istruzione sia più benefica per gli uomini in termini di ridotto consumo calorico, mentre per le donne lo è in termini di attività fisica.

INCIDENZE ECONOMICHE

Durante le crisi economiche il prezzo per kilocaloria scende in relazione all’aumento della densità calorica dei cibi consumati e contemporaneamente diminuisce il consumo di frutta e verdura (secondo l’OECD – l’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico – dal 2008 in Italia e in altri paesi colpiti dalla crisi questo fenomeno è stato molto marcato).

DISPOSITIVI

Regolamentazione degli spot pubblicitari, tasse su bollicine, etichette sulle confezioni sono alcune delle misure di policy. Accanto a queste però è fondamentale attivare la domanda e l’offerta di stili di vita salutari attraverso una seria guida alla sana alimentazione, il sostegno ai gruppi svantaggiati, la promozione di attività fisica. Ma soprattutto è necessario investire in istruzione e in formazione.

Nonna e bimba in cucina
Nonna e bimba in cucina

Fonte: Il Programma F.E.D. Aspetti di economia sanitaria – dott. Salvatore Requirez Capo Servizio Promozione della Salute Dipartimento Attività Sanitarie Assessorato Regionale alla Salute

Nela prossima puntata, gli approfondimenti su incidenti stradali e incidenti sul lavoro

 

L'articolo 1 – Sanità e prevenzione: alimentazione e obesità proviene da Il Vulcanico.

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