scienza e divulgazione Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/scienza-e-divulgazione/ Il Blog di Gaetano Perricone Wed, 24 Apr 2024 16:34:21 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 Etna: cambia, todo cambia, come sempre. Un vulcano in continua evoluzione https://ilvulcanico.it/etna-cambia-todo-cambia-un-vulcano-in-continua-evoluzione/ Wed, 24 Apr 2024 16:20:49 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24897 FONTE: https://ingvvulcani.com/ di Marco Neri Il 7 aprile 2024 la Bocca Nuova (BN) , uno dei quattro crateri sommitali dell’Etna, è stata interessata da una sequenza di esplosioni durata circa quattro minuti che ha vistosamente modificato (vedi foto B) il piccolo cratere di collasso formatosi quasi un anno prima, nel luglio 2023 (foto A). Anche l’altro cratere interno alla Bocca Nuova (BN1 nella foto A) si è un po’ allargato ed approfondito. […]

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FONTE: https://ingvvulcani.com/

di Marco Neri

Il 7 aprile 2024 la Bocca Nuova (BN) , uno dei quattro crateri sommitali dell’Etna, è stata interessata da una sequenza di esplosioni durata circa quattro minuti che ha vistosamente modificato (vedi foto B) il piccolo cratere di collasso formatosi quasi un anno prima, nel luglio 2023 (foto A). Anche l’altro cratere interno alla Bocca Nuova (BN1 nella foto A) si è un po’ allargato ed approfondito. Le linee a puntini bianchi disegnate sull’orlo dei crateri interni, risalenti allo scorso anno, rendono facilmente apprezzabili le loro recenti modifiche morfologiche.

Queste modifiche dei crateri sommitali dell’Etna sono eventi normali per un vulcano molto attivo a condotto aperto. Lo dimostrano, per esempio, le due foto a destra, che riprendono dall’alto il Cratere Centrale rispettivamente nell’ottobre 2002 (foto C) e, ventidue anni dopo, a metà aprile del 2024 (foto D). Disegnando anche qui l’orlo dei crateri sulla foto più antica (2002) e riportandolo sulla foto del 2024, si può stimare come all’interno della Voragine (Vor) il profondo cratere a pozzo sia stato soppiantato, dal 2019 in poi, da un cono piroclastico caratterizzato da due piccole bocche sommitali (evidenziate da linee a tratteggio rosso). Ancor di più si apprezza la trasformazione della Bocca Nuova, dove i grandi crateri a pozzo (BN1 e BN2) esistenti nel 2002, attualmente sono assai meno evidenti.

La Bocca Nuova dell’Etna nel 2007 (foto Santo Scalia)

Con il titolo e qui sopra: vista panoramica da terra (A-B) e da elicottero (C-D) dei crateri sommitali dell’Etna. A sinistra, la Bocca Nuova ripresa nel luglio 2023 (A) e a metà aprile 2024 (B). A destra, il Cratere Centrale ripreso in ottobre 2002 (C) e in aprile 2024 (D), con le sue bocche interne Voragine (Vor) e Bocca Nuova (BN1 e BN2). SEC= Cratere di Sud-Est; NEC= Cratere di Nord-Est. Il pallino blu in D indica il punto di ripresa delle fotografie A e B. Credits: foto A e B, Giò Giusa; foto C: Marco Neri; foto D: Claudio Fazio

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Etna, 396 a.C.: una eruzione fantasma? https://ilvulcanico.it/etna-396-a-c-una-eruzione-fantasma/ Sat, 30 Mar 2024 05:56:05 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24864 (Santo Scalia). Nonostante le eruzioni etnee siano state descritte sin dai tempi più antichi, non sempre le date attribuite a certe colate laviche risultano compatibili con le datazioni effettuate con le più recenti metodologie. Oggi, infatti, sono state messe a punto delle tecniche di datazione basate sulle  caratteristiche radiometriche e/o archeomagnetiche riscontrabili sui campioni di […]

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La migrazione del polo nord magnetico (dal Journal of Volcanology and Geothermal Research)

(Santo Scalia). Nonostante le eruzioni etnee siano state descritte sin dai tempi più antichi, non sempre le date attribuite a certe colate laviche risultano compatibili con le datazioni effettuate con le più recenti metodologie.

Oggi, infatti, sono state messe a punto delle tecniche di datazione basate sulle  caratteristiche radiometriche e/o archeomagnetiche riscontrabili sui campioni di lava: le prime sono basate sulle misure del rapporto tra gli isotopi di due elementi, il Radio (226Ra) ed il Torio (230Th); le seconde sulla misura della direzione del campo magnetico “imprigionato” nella lava al momento del suo raffreddamento.

Senza entrare in dettagli tecnici va ricordato che, come ben specificato da Stefano Branca e Jean-Claude Tanguy [Le eruzioni di epoca storica dell’Etna, 2021] “le fonti di epoca Greco-Romana sono spesso inaffidabili e soprattutto non sono così accurate da permettere di individuare le bocche eruttive o l’estensione spaziale delle colate laviche”.

Particolare (modificato) della Geological Map of Etna Volcano del 2011

Proprio a proposito delle incertezze nella datazione della colata del 396 avanti Cristo, quella che raggiunse la costa orientale siciliana, in prossimità dell’attuale abitato di Santa Tecla, riportiamo una breve nota redatta dal Prof. Jean-Claude Tanguy, già IPGP (Institut de Physique du Globe de Paris) 

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di J.C. Tanguy

Le eruzioni dell’Etna riportate dalle fonti storiche durante l’epoca greca sono pochissime (e.g. Branca e Tanguy, INGV Vulcani, 2021). Fra queste, quella che sembra la più evidente è segnalata da Diodoro Siculo a proposito della guerra tra Dionisio di Siracusa ed i Cartaginesi, comandati dai capi Imilcone e Magone

“Imilcone fece avanzare a marcia forzata l’armata di terra. Giunse cosi nel sito di Naxos del quale noi abbiamo parlato prima, nello stesso tempo che il Magone approdò. Ma una eruzione di fuoco recente dell’Etna, che si estese fino al mare, bloccò l’armata di terra, impedendole di proseguire ulteriormente insieme ai vascelli, che navigavano rasenti alla costa, la quale era stata rovinata da ciò che si chiama colata. Le truppe di terra furono quindi costrette a fare il giro del monte Etna”.

Siccome i Cartaginesi erano davanti a Siracusa nell’estate dell’anno 396, l’interpretazione di questo documento porta a concludere che una grande eruzione dell’Etna fosse avvenuta nei primi mesi dello stesso anno 396. Nondimeno, bisogna insistere sul fatto che Diodoro parla solo di una eruzione recente, senza indicare una data precisa. L’eruzione potrebbe quindi risalire a parecchi anni, forse anche parecchie decine di anni prima. Difatti, l’unica descrizione nella storia antica dell’arrivo di una colata nel mare si trova nella prima ode Pitica di Pindaro, ed è relativa all’eruzione del 479 a.C: l’Etna nevosa, tutto l’anno nutrisce il pungente gelo. Dal monte escono delle sorgenti di purissimo fuoco, e durante il giorno questi torrenti emettono delle nubi di fumi ardenti, ma nella notte una fiamma rossa trascina dentro il profondo mare dei blocchi rocciosi con fracasso.” (vedi la figura allegata, colata mg, particolare della Carta vulcanologica del Vulcano Etna, Branca et al., 2014).

Particolare della Carta Volcanologica dell’Etna (Branca et al., 2014)

La descrizione di Pindaro è cosi suggestiva che difficilmente si può escludere che il poeta abbia assistito allo spettacolo di persona. D’altro canto, per ritornare a Diodoro, è chiaro che all’epoca la costruzione di una strada per consentire il passaggio di un esercito, attraverso una colata nuova e larga oltre un chilometro, non avrebbe potuto venire realizzata nell’arco di solo pochi giorni, e quindi sarebbe stato più facile e veloce aggirare l’Etna ad ovest. Ma non si puo escludere l’occorrenza di un altra colata, diversa di quella descritta da Pindaro, che sarebbe arrivata nella stessa regione qualche anno prima del 396. Difatti Tucidide ne indica una nel 425 a.C., ma senza precisare il luogo.

E quanto alle datazioni magnetiche e radioattive ? Ambedue i metodi danno per diversi campioni della colata di Santa Tecla dei risultati intorno ai 500 a.C., ma con una incertezza di ±150 anni rispetto all’epoca considerata. Tanto che dovremmo aspettare ancora un bel po’ prima di risolvere definitivamente il problema.

Un grazie all’amico Santo Scalia per la disponibilità del testo greco e la revisione dell’italiano.

(Gaetano Perricone). Da parte mia e del Vulcanico.it, il ringraziamento più sentito al professore Jean Claude Tanguy, luminare francese della vulcanologia mondiale e grande studioso dell’Etna che ci ha voluto ancora onorare con la sua prestigiosa firma su questa “chicca” storica, ma anche al grande Santo Scalia, come sempre enormemente prezioso

Con il titolo: Etna 396 a.c., una elaborazione effettuata con un software di AI  (Copilot di Microsoft Edge)

 

 

 

 

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“1693. Da Fenicia Moncada a Belpasso”: da oggi a Palazzo Bufali una mostra documentale https://ilvulcanico.it/1693-da-fenicia-moncada-a-belpasso-da-oggi-a-palazzo-bufali-una-mostra-documentale/ Fri, 15 Mar 2024 05:44:48 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24800 FONTE: Fondazione Margherita Bufali- ETS  Sarà inaugurata venerdì 15 marzo a Belpasso, alle ore 18, a Palazzo Bufali a Belpasso (via Roma 219) la mostra documentale 1693. Da Fenicia Moncada a Belpasso. Un’iniziativa di rilevante valore storico e culturale, a 331 anni dal terremoto che distrusse buona parte della Sicilia Orientale e l’abitato di Fenicia […]

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FONTE: Fondazione Margherita Bufali- ETS 

Sarà inaugurata venerdì 15 marzo a Belpasso, alle ore 18, a Palazzo Bufali a Belpasso (via Roma 219) la mostra documentale 1693. Da Fenicia Moncada a Belpasso. Un’iniziativa di rilevante valore storico e culturale, a 331 anni dal terremoto che distrusse buona parte della Sicilia Orientale e l’abitato di Fenicia Moncada, che era stato costruito 24 anni prima a seguito dell’eruzione dell’Etna del 1669 che aveva distrutto Malpasso e la costruzione dell’attuale centro abitato di Belpasso.

Alla manifestazione hanno aderito: la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, l’INGV Catania, l’Università degli Studi di Catania, l’Archivio di Stato di Catania, l’Archivio di Stato di Palermo, il Comune di Belpasso, la Curia Arcivescovile di Catania. Con la loro collaborazione hanno permesso di accedere a preziosi documenti che hanno consentito di esaminare con esattezza le vicende e gli avvenimenti che caratterizzarono quegli anni. Buona parte della documentazione originale si trova presso gli archivi della  Fondazione Bufali. Il documento più antico è datato 1456.

LA FAMIGLIA BUFALI 

Lorenzo Bufali

La famiglia Bufali è fortemente legata alla storia di Belpasso, in quanto ne ha condiviso sempre i momenti storici più importanti. Impegnata nel settore della seta, arrivò con Don Antonio Bufali, dottore in medicina, che si trasferì dalla città di Catania  nel territorio dello scomparso paese di Malpasso attorno al 1640. Visse qui il difficile momento della terribile eruzione dell’Etna del 1669, che distrusse l’agglomerato principale del paese e tutti i suoi casali. Dopo l’eruzione i Bufali assieme ai Malpassoti e ad altri abitanti dei casali dell’Etna, approfittando delle dilazioni e benefici concessi ai “novi habitatori” si trasferirono nel nuovo centro costruito in località Grammena al quale fu dato il nome di Fenicia Moncada, in omaggio al Duca di Mont’Alto Luigi Guglielmo che aveva riunito, sposando Caterina Moncada de Castro i due rami della casata Moncada (di Sicilia e di Aragona di Spagna). Questo toponimo esprimeva l’esaltazione del proprio lignaggio come anche per quello di Stella Aragona. Il progetto del nuovo paese fu redatto dall’architetto degli “Stati” del Principe di Paternò Carlo Manosanta, capomastro della città di Palermo, uniformandosi alle regole progettuali tipiche delle città di nuova fondazione con un piano urbanistico quanto mai simmetrico e regolare, a maglia ortogonale ed con isolati di uguale dimensione.

L’11 gennaio 1693 il terremoto che distrusse Catania e la Sicilia orientale colpì anche il nuovo centro portando rovina e morte. Lorenzo Bufali, figlio di Antonio, fu nominato dal principe di PaternòSegreto”, per le terre di Fenicia Moncada, di Stella Aragona e di Nicolosi ed incaricato dal Principe di Campofiorito, governatore degli stati del Duca di Montalto e da Don Francesco Notarbartolo  governatore della città di Caltanissetta di provvedere come deputato e direttore ai lavori di ricostruzione di una nuova città erede di Malpasso e di Fenicia Moncada, che prese il nome beneaugurante di Belpasso. Per i suoi meriti gli fu assegnato il titolo di Barone di Santa Lucia. Il piano regolatore del nuovo centro fu redatto dal capomastro della città di Caltanissetta Michele Cazzetta, rifacendosi al concetto di “città ideale” già sviluppato nell’edificazione di Fenicia Moncada. Esso è visto come un modello di perfezione, ideato a “scacchiera” in cui le strade intersecandosi tra di loro danno vita ad una struttura urbanistica fatta di spazi ordinati, regolari secondo canoni di assoluta perfezione e criteri di funzionalità e razionalità.

Ma la famiglia Bufali non cessò la sua opera a sostegno della nuova comunità: ha sostenuto la nascita di due importanti Istituti di credito localeha contribuito allo sviluppo dell’economia locale, concedendo in affitto, a canoni non esosi, quote del proprio patrimonio agrario; ha devoluto nel 1902, con la Baronessa Margherita Bufali, l’ultima erede, l’intero patrimonio per la fondazione di un orfanotrofio che si sarebbe chiamato “Pio Orfanotrofio Bufali”, oggi “Fondazione Margherita BufaliEts.

A completare la Manifestazione, il maestro Barbaro Messina esporrà alcune due opere in pietra lavica ceramizzata prelevate dalla sua collezione del ciclo “Etna madre”. Anche il nostro blog sarà presente alla mostra con due pannelli, curati come sempre in modo minuzioso da Santo Scalia, che raccontano una preziosa ricerca sulle affascinanti epigrafi storiche che rappresentarono nella città di Catania il terremoto del 1693. (https://ilvulcanico.it/11-gennaio-1693-il-grande-e-terribile-terremoto-nelle-epigrafi-di-catania/)

Con il titolo e nella gallery, alcuni dei documenti della mostra e una serie di immagini di Palazzo Bufali a Belpasso (grazie per le informazioni e le foto a Luciano Signorello)

 

 

 

 

 

 

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In fondo al mar, così si muove l’Etna https://ilvulcanico.it/in-fondo-al-mar-cosi-si-muove-letna/ Sat, 24 Feb 2024 08:00:54 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24698 FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa/ È rientrata nel porto di Catania la nave oceanografica con a bordo un team internazionale di ricercatori che ha raccolto dati importanti per comprendere meglio le cause e l’entità dei movimenti sottomarini dell’Etna Dopo 13 giorni di navigazione al largo delle coste di Catania, si è conclusa la spedizione Meteor M198 organizzata dal Centro di Ricerca […]

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FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa/

È rientrata nel porto di Catania la nave oceanografica con a bordo un team internazionale di ricercatori che ha raccolto dati importanti per comprendere meglio le cause e l’entità dei movimenti sottomarini dell’Etna

Dopo 13 giorni di navigazione al largo delle coste di Catania, si è conclusa la spedizione Meteor M198 organizzata dal Centro di Ricerca Oceanografica GEOMAR di Kiel (Germania). Alla crociera scientifica, il cui scopo principale è stato indagare le porzioni sommerse del fianco sud-orientale dell’Etna in costante movimento sotto le acque del Mediterraneo, ha partecipato anche l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). “L’INGV monitora da diversi anni i lenti ma progressivi movimenti dell’Etna”, spiega Alessandro Bonforte, ricercatore dell’INGV che era a bordo della spedizione M198“Questi piccoli movimenti, che non coinvolgono solo la parte emersa del vulcano, non sono di norma particolarmente pericolosi, tuttavia in alcuni casi e in particolari condizioni possono diventare più consistenti e dare origine, oltre ai ben noti terremoti che periodicamente interessano il fianco orientale, anche, ad esempio, a frane sottomarine”.

Alessandro Bonforte

La spedizione ha coinvolto un team di ricerca internazionale che tenta di comprendere se il fianco sud-orientale del vulcano stia scivolando verso lo Ionio come blocco unico o in più porzioni e quali siano le origini di questa dinamica. “L’obiettivo più ambizioso della nostra spedizione è stato evidenziare come le osservazioni e le misurazioni subacquee siano fondamentali per comprendere meglio strutture come l’Etna e fenomeni complessi come lo scivolamento in mare del fianco di un vulcano, sia esso costiero come l’Etna o insulare. In questo contesto, affiancare i dataset provenienti dal mare a quelli elaborati a terra attraverso rilievi strutturali, GNSS e satellitari consente di avere a disposizione un vero e proprio osservatorio a 360° sul vulcano”, prosegue Bonforte.

Per ottenere i dati necessari, i ricercatori a bordo della nave Meteor hanno adottato un approccio multidisciplinare. Oltre alla raccolta di campioni di roccia e di sedimenti e alla mappatura del fondale marino effettuata grazie a sonar multibeam e a sofisticati droni subacquei, tecniche geodetiche hanno consentito di sfruttare una rete di sensori acustici già installati sui fondali al largo di Catania nel 2016 per calcolare, sulla base dei tempi di propagazione delle onde sonore, i relativi movimenti di scivolamento tra i vari punti della rete. Tali misure hanno già consentito di rilevare la deformazione attiva sulla prosecuzione della nota faglia di Acitrezza, almeno fino a 1200 metri di profondità.

Inoltre, la missione è stata l’occasione per sperimentare una tecnica finora mai applicata ai vulcani che ha previsto l’installazione di due piezometri per misurare le variazioni di pressione e di temperatura dell’acqua contenuta nei primi 5 metri di sedimento sul fondo del mare in prossimità della faglia.

L’obiettivo, in questo caso, è provare a capire se, come già evidenziato nel caso di alcuni terremoti, un movimento del fianco del vulcano sia accompagnato o possa essere anticipato da cambiamenti nelle caratteristiche dei fluidi presenti al suo interno. “Il paradigma che stiamo adottando è quello di ‘rimuovere l’acqua’, almeno come limite mentale. La linea di costa che delimita tutte le mappe non è infatti un limite geologico o geodinamico, ma solo un limite alle nostre capacità osservative. L’Etna è tra i vulcani meglio studiati al mondo, un laboratorio a cielo aperto, e ciò ha consentito un enorme avanzamento della conoscenza dei fenomeni geologici che la caratterizzano; questo rende ancora più evidente la lacuna di conoscenza sul fianco della montagna che prosegue al di sotto del livello del mare” – aggiunge Alessandro Bonforte – Ogni campagna oceanografica aggiunge un tassello all’enorme spettro di osservazioni che si possono e si devono condurre sui fondali prospicienti al vulcano e pone nuovi quesiti a cui si cercherà di dare risposta con le campagne successive. È l’essenza del nostro lavoro di ricercatori e del progresso della conoscenza, uno stimolante percorso pieno di interrogativi da sciogliere”, conclude Bonforte.

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Monte Etna chiama Iduun Mons. Il vulcano siciliano laboratorio terrestre di Venere, dopo Marte e la Luna https://ilvulcanico.it/monte-etna-chiama-iduun-mons-il-vulcano-siciliano-laboratorio-terrestre-di-venere-dopo-marte-e-la-luna/ Thu, 18 Jan 2024 07:22:59 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24639 di Gaetano Perricone “Il Monte Etna come laboratorio terrestre per indagare la recente attività vulcanica su Venere mediante future missioni: un confronto con Idunn Mons, Venere”. S’intitola così l’interessantissimo studio di un team internazionale di ricercatori guidati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) in collaborazione con i vulcanologi dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE), pubblicato sulla […]

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di Gaetano Perricone

“Il Monte Etna come laboratorio terrestre per indagare la recente attività vulcanica su Venere mediante future missioni: un confronto con Idunn Mons, Venere”. S’intitola così l’interessantissimo studio di un team internazionale di ricercatori guidati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) in collaborazione con i vulcanologi dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE), pubblicato sulla rivista Icarus, con la partecipazione di NASA (USA), Università di Londra (UK), Accademia delle Scienze di Mosca (Russia), Indian Space Research Organisation (INDIA), Università degli Studi di Catania (UniCT), Università Sapienza di Roma, Università degli Studi di Pavia, Coventry University (UK) e Universidad Rey Juan Carlos di Madrid (SPAGNA).

Dunque il Mount Etna, vulcano di “eccezionale valore universale” iscritto dal 21 giugno 2013 nella lista dei siti naturali della World Heritage List Unesco,  tra i più monitorati al mondo, studiato da 2700 anni come si legge nella motivazione del riconoscimento, dopo il  test “marziano” di Piano delle Concazze del 24 settembre 2003 e quelli “lunari” del 2016 e oltre (illustrati in questo bellissimo articolo su questo blog di Salvo Caffo, vulcanologo del Parco dell’Etna, https://ilvulcanico.it/etna-like-the-moon-prove-missione-lunare-sulla-muntagna/), torna a riproporsi nella sua affascinatissima veste di laboratorio di valore universale per studi di comparazione scientifica di straordinario valore.

Etna, 18 gennaio 2024. Foto di Gaetano Perricone

Per comprendere i contenuti dello studio venusiano, traduco integralmente dall’inglese l’abstract iniziale:

“Le missioni su Venere recentemente selezionate hanno aperto una nuova era per l’esplorazione di questo pianeta. Queste missioni forniranno informazioni sulla chimica dell’atmosfera, sulla geomorfologia, sulla composizione della superficie da locale a regionale e sulla reologia dell’interno. Una questione scientifica chiave che queste future missioni dovranno affrontare è se Venere rimane vulcanicamente attiva e, in tal caso, come si sta attualmente evolvendo il suo vulcanismo. Pertanto, è fondamentale analizzare appropriati siti analoghi terrestri per lo studio del possibile vulcanismo attivo su Venere. A questo proposito, proponiamo l’Etna – uno dei vulcani più attivi e monitorati della Terra – come un laboratorio terrestre adatto per indagini remote e in-situ da eseguire nelle future missioni su Venere. Essendo caratterizzato da prodotti vulcanici sia effusivi che esplosivi, l’Etna offre l’opportunità di analizzare molteplici stili eruttivi, sia monitorando il vulcanismo attivo sia identificando la possibile occorrenza di attività piroclastica su Venere. Confrontiamo direttamente l’Etna con Idunn Mons, uno dei vulcani potenzialmente attivi più promettenti di Venere. Nonostante le due strutture mostrino una topografia diversa, mostrano anche alcuni interessanti punti di confronto, e in particolare: a) contesto morfo-strutturale comparabile, poiché entrambi i vulcani interagiscono con una zona di rift, e b) campi vulcanici morfologicamente simili attorno ad entrambi, gli etnei e Idunn mons. Data la sua facilità di accesso, proponiamo anche l’Etna come sito analogico per studi spettroscopici di laboratorio per identificare le tracce di depositi vulcanici inalterati su Venere“.

Sul sito dell’INGV, Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio Etneo e coautore dell’articolo, sottolinea: “Il vulcano Etna a partire dal XIX secolo in poi è stato, e continua ad essere, un laboratorio di ricerca per tutta la comunità scientifica italiana e internazionale riguardo gli studi di tipo geologico, vulcanologico, geofisico e geochimico e, grazie al sistema di monitoraggio multiparametrico dell’Osservatorio Etneo dell’INGV, è uno dei vulcani meglio studiati al mondo. Questo lavoro evidenzia ancora di più questo aspetto anche per quanto riguarda lo studio del vulcanismo planetario, come nel caso di Venere. Infatti, le notevoli conoscenze sulla storia eruttiva del vulcano siciliano, acquisita durante gli studi realizzati per la pubblicazione della carta geologica dell’Etna alla scala 1:50.000, unitamente alle conoscenze sull’attività recente hanno permesso di fare una comparazione morfostrutturale con il vulcano Idunn al fine di individuare possibile evidenza di vulcanismo attivo su Venere”.

Spiega poi Piero D’Incecco, primo autore dell’articolo e ricercatore presso l’INAF d’Abruzzo: “La comparazione ha evidenziato che entrambi i vulcani interagiscono con una zona di rift e che la presenza sui fianchi di Idunn Mons di strutture vulcaniche di piccole dimensioni, morfologicamente simili ai coni di scorie presenti sui fianchi dell’Etna. La facilità di accesso permetterà anche di utilizzare l’Etna come possibile area di test per operazioni di perforazione del suolo da parte dei lander che atterreranno sulla superficie di Venere grazie a future missioni come la Roscosmos Venera-D””. Saranno due le future missioni con obiettivo Venere: quelle della NASA VERITAS e DAVINCI, la missione ESA EnVision e la missione ISRO Shukrayaan-1

FONTE: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0019103524000174

Nella foto dal sito dell’Esa, Agenzia Spaziale Europea: il picco vulcanico del pianeta Venere Iduun Moons 

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Nell’isola di Vulcano localizzata la sorgente della riattivazione vulcanica https://ilvulcanico.it/nellisola-di-vulcano-localizzata-la-sorgente-della-riattivazione-vulcanica/ Wed, 17 Jan 2024 06:16:53 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24630 FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa/ Con un’indagine pionieristica, un team di ricerca dell’INGV e del CNR ha svelato importanti dettagli sulla natura dell’attività del vulcano e aperto nuove strade nella valutazione del rischio. Lo studio è pubblicato su Geophysical Research Letters Analizzando dati satellitari avanzati e segnali sismici, un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e […]

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FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa/

Con un’indagine pionieristica, un team di ricerca dell’INGV e del CNR ha svelato importanti dettagli sulla natura dell’attività del vulcano e aperto nuove strade nella valutazione del rischio. Lo studio è pubblicato su Geophysical Research Letters

Analizzando dati satellitari avanzati e segnali sismici, un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Irea) ha tracciato la mappa della sorgente vulcanica dell’isola di Vulcano, e delineato chiaramente le implicazioni di questa scoperta per la sicurezza dell’area. Lo studio, pubblicato sulla rivista Geophysical Research Lettersha fornito risultati che rappresentano un fondamentale punto di partenza per valutazioni future della pericolosità vulcanica dell’isola.

Area di studio tra Vulcano e Lipari, che include l’area della faglia eoliana di Tindari Letojanni.

L’Isola di Vulcano, patria dell’imponente ‘La Fossa’, ha suscitato attenzione a partire da settembre 2021, manifestando segni di riattivazione vulcanica. Il nostro studio, focalizzato su dati InSAR (Interferometria radar satellitare) e GNSS (sistema satellitare globale di navigazione), ha esplorato questa dinamica, localizzando la sorgente, valutandone le caratteristiche e impatto sulla pericolosità vulcanica” spiega Federico Di Traglia, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV (INGV – OV) e primo autore dell’articolo.

Il focus principale dello studio è stato la comprensione della riattivazione vulcanica e la stima della pericolosità associata. “Analizzando i dati satellitari InSAR e i segnali sismici, abbiamo identificato la sorgente, posizionata a 500 mt sotto l’area craterica di Vulcano, operante tra luglio e dicembre 2021”, aggiunge Valentina Bruno, ricercatrice dell’Osservatorio Etneo dell’INGV (INGV – OE) e coautrice dell’articolo. “Utilizzando serie temporali InSAR e dati GNSS da Sentinel 1 e dell’Osservatorio Etneo dell’INGV, abbiamo localizzato e valutato l’evoluzione della sorgente. Gli eventi VLP (Very Long Period, eventi sismici legati alla pressurizzazione dei fluidi nel sistema idrotermale di Vulcano), riscontrati tra luglio e dicembre 2021, hanno supportato l’aumento della dilatazione dell’area vulcanica e sono stati associati al sistema idrotermale sotto il cono de La Fossa“.

Variazioni di volume della sorgente vulcanica, in rapporto alla variazione delle deformazioni del suolo e degli eventi sismici denominati VLP. Inoltre nel quadro f vengono dettagliate le cinque fasi dell’attività: (i) fase di espansione iniziale del sistema idrotermale dovuta a input termici e volatili provenienti dall’accumulo magmatico più profondo (agosto 2021); (ii) rilascio di sostanze volatili dal sistema idrotermale in espansione (inizio dei VLP) e aumento dell’attività fumarolica (settembre 2021); (iii) culmine di questa fase di attività (ottobre 2021); (iv) fase di calma osservata nel novembre 2021, caratterizzata dalla cessazione dell’inflazione e da una temporanea riduzione dei VLP; (v) intensa fase di rilascio di fluidi, accompagnata da un numero e un’ampiezza significativi di segnali VLP, senza concomitante espansione del sistema idrotermale (dicembre 2021)

L’analisi ha ricondotto l’attività del 2021 a manifestazioni vulcaniche legate alla pressione interna del sistema idrotermale, simili a quelle del 1970. Il lavoro delinea un quadro periferico di pericolosità, focalizzandosi sulle esplosioni freatiche e limitando le valutazioni attuali a tali scenari. I prossimi passi saranno indirizzati allo studio delle proprietà elastiche delle rocce del cono de La Fossa per valutare i livelli di pressione necessari per esplosioni freatiche, aprendo una nuova frontiera nella comprensione e nella prevenzione di potenziali rischi vulcanici”, conclude Francesco Casu, dirigente di ricerca del Cnr-Irea.

La ricerca pubblicata ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile, rappresentando un contributo potenzialmente utile in futuro per affinare gli strumenti di previsione e prevenzione di protezione civile. Al momento i risultati della ricerca non hanno alcuna implicazione diretta su misure che riguardano la sicurezza della popolazione.

Link allo studio: https://doi.org/10.1029/2023GL104952   

Con il titolo: Jean Pierre Houel, Islands of Vulcano and Vulcanello, 1776-79, Hermitage

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Islanda, la grande eruzione: la lava a Grindavik https://ilvulcanico.it/islanda-la-grande-eruzione-la-lava-a-grindavik/ Mon, 15 Jan 2024 19:21:36 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24624 FONTE: https://ingvvulcani.com/2024 di Salvatore Giammanco e Gianfilippo De Astis Una nuova eruzione è cominciata in Islanda alle 08:57 (ora Italiana) del 14 gennaio 2024, da una frattura apertasi poco a sud di quella del 14 dicembre 2023 all’estremità occidentale della penisola di Reykjanes, a circa 1 km dalla città di Grindavik. Questa nuova eruzione era […]

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FONTE: https://ingvvulcani.com/2024

di Salvatore Giammanco e Gianfilippo De Astis

Una nuova eruzione è cominciata in Islanda alle 08:57 (ora Italiana) del 14 gennaio 2024, da una frattura apertasi poco a sud di quella del 14 dicembre 2023 all’estremità occidentale della penisola di Reykjanes, a circa 1 km dalla città di Grindavik. Questa nuova eruzione era ritenuta possibile da tempo, così come la precedente (18-22 dicembre 2023), ed erano state già predisposte tutte le misure per mettere in sicurezza gli abitanti delle aree a rischio. La cittadina era stata infatti già evacuata a dicembre, ma circa 200 abitanti erano ritornati temporaneamente nelle loro residenze. Ne abbiamo parlato in un articolo del blog INGVvulcani.

Figura 1 - Fotografia scattata a bordo del velivolo della Guardia Costiera islandese il 14 gennaio 2024. Si vede la nuova frattura con le luci di Grindavík in lontananza. Fonte dell’immagine: Icelandic Meteorological Office. https://en.vedur.is/about-imo/news/a-seismic-swarm-started-north-of-grindavik-last-night.
Figura 1 – Fotografia scattata a bordo del velivolo della Guardia Costiera islandese il 14 gennaio 2024. Si vede la nuova frattura con le luci di Grindavík in lontananza. Fonte dell’immagine: Icelandic Meteorological Office. https://en.vedur.is/about-imo/news/a-seismic-swarm-started-north-of-grindavik-last-night.

 

L’eruzione è stata preceduta da intensa sismicità; si sono riattivate alcune fratture eruttive del dicembre 2023 e se ne sono aperte di nuove a sud. Queste ultime si sono sviluppate scavalcando le barriere protettive in terra predisposte per deviare le colate laviche, giungendo fino quasi a ridosso della cittadina di Grindavik. La colata meridionale, prodotta da una ulteriore piccola frattura eruttiva apertasi alle 13:10 del 14 gennaio a ridosso di Grindavik, è riuscita a entrare in città distruggendo alcune case, ma, già nella mattinata di oggi, 15 gennaio, è inattiva e non più alimentata. Anche la colata principale che si sviluppa a nord dell’abitato sembra aver rallentato la sua espansione.

L’eruzione effusiva dalla fessura eruttiva principale continua, con quattro/cinque bocche eruttive attive, situate principalmente a nord della fessura iniziale, e da qui le colate si espandono in direzione sud-ovest lungo le barriere protettive precedentemente costruite. La velocità di emissione della lava è leggermente diminuita rispetto al 14.

Dalla notte tra il 14 e il 15 gennaio 2024 sono in corso i lavori di costruzione per l’ampliamento delle barriere di protezione. Questi interventi sono incoraggiati dal fatto che le barriere esistenti hanno avuto un buon successo, deviando i flussi di lava lontano dalla città verso sud-ovest. Anche per questa nuova eruzione non ci sono state conseguenze immediate sul traffico aereo in entrata e in uscita dall’Islanda, ma è stato dichiarato lo stato d’emergenza. Per quanto riguarda i danni causati dall’eruzione, secondo un articolo della testata “Indipendent”, finora sono andate a fuoco e distrutte tre case e una persona risulta dispersa.

L’Ufficio Meteorologico Islandese (IMO) continua a monitorare l’attività ed è in contatto continuo con la protezione civile e le unità operative presenti nell’area. Maggiori dettagli e aggiornamenti sul sito dell’IMO https://en.vedur.is/

L’attività in corso può essere seguita su diversi live-streamings, tra cui: https://www.youtube.com/watch?v=804nPrAUAxg, e https://www.youtube.com/watch?v=Bqudj0x0POA

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28 dicembre 1908, quell’alba di dolore sullo Stretto. Per non dimenticare e per riflettere sul futuro https://ilvulcanico.it/28-dicembre-1908-quellalba-di-dolore-sullo-stretto-per-non-dimenticare-e-per-riflettere-sul-futuro/ Thu, 28 Dec 2023 10:08:39 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24546 FONTE: ingvterremoti.com Alle 05:20 della mattina del 28 dicembre 1908, si verificò uno dei più forti terremoti del Mediterraneo: il sisma ebbe epicentro in mare e generò il maremoto più rovinoso di cui si ha memoria in Italia con effetti devastanti sulle coste della Sicilia orientale e il sud della Calabria. Il “Giornale di Sicilia” del 29 dicembre 1908 scrisse: […]

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FONTE: ingvterremoti.com

Alle 05:20 della mattina del 28 dicembre 1908, si verificò uno dei più forti terremoti del Mediterraneo: il sisma ebbe epicentro in mare e generò il maremoto più rovinoso di cui si ha memoria in Italia con effetti devastanti sulle coste della Sicilia orientale e il sud della Calabria. Il “Giornale di Sicilia” del 29 dicembre 1908 scrisse:

Messina distrutta da un violento terremoto, un terribile maremoto allaga la città sommergendola. 

Fu la più grave catastrofe che il giovane Stato italiano si trovò ad affrontare per l’altissimo numero di morti e le distruzioni subite da centinaia di centri abitati. Furono distrutte due città importanti come Reggio Calabria e Messina, che era il capoluogo economico e geografico dello Stretto e il cui porto era d’importanza strategica e commerciale nel Mediterraneo.

Nel giorno dell’anniversario, il team di INGVterremoti pubblica la story maps “28 dicembre 1908: l’alba di dolore sullo Stretto” per raccontare alcuni dei numerosi aspetti di questo tragico evento avvenuto all’inizio del secolo scorso.

La story maps è organizzata in 6 capitoli con contributi provenienti da diversi studi sismologici, mappe storiche, immagini e video d’epoca, simulazioni e mappe interattive:

  • Il terremoto
  • Il maremoto 
  • L’impatto sul territorio
  • Le località colpite
  • Dopo il disastro
  • Poeti e scrittori

Nel primo capitolo vengono descritte le caratteristiche principali del grande terremoto che avvenne all’alba del 28 dicembre con un valore di magnitudo stimato pari a 7.1 secondo i dati risultanti dalle analisi delle registrazioni strumentali e delle stime macrosismiche. Il terremoto non arrivò del tutto inaspettato, poiché si verificò immediatamente a SO della regione colpita dall’importante sequenza sismica del 1783, in un settore che sismologicamente risulta tra i più attivi dell’intera penisola italiana.

Sismogramma del terremoto del 28 dicembre 1908 registrato presso l’Osservatorio Astronomico di Göttingen (Germania).

ll sisma ebbe epicentro in mare e generò il maremoto più rovinoso di cui si ha memoria in Italia con effetti devastanti sulle coste della Sicilia orientale e il sud della Calabria, descritto nel secondo capitolo della story maps. Le prime onde di maremoto si abbatterono sulle coste che affacciano sullo Stretto e raggiunsero la Sicilia orientale dopo circa 5-10 minuti dalla scossa principale, come è ben documentato nel video che simula la propagazione dello tsunami presente nella story maps.

Di seguito gli articoli di approfondimento pubblicati su INGVterremoti sul terremoto e maremoto del 28 dicembre 1908:

Nei due capitoli seguenti vengono rappresentati gli effetti sul territorio e sull’ambiente del terremoto e del successivo maremoto.

All’inizio del capitolo “L’impatto sul territorio” è presente una mappa interattiva delle intensità macrosismiche (in gradi MCS) che mostra i danni più gravi (equivalenti a effetti di XI e X grado della scala MCS) e la grande estensione dell’area di danneggiamento, circa 600 km2. Infatti la scossa fu percepita dalle persone in un’area vastissima: nel Messinese l’area delle distruzioni pressoché totali fu ristretta al territorio del comune di Messina, in Calabria il terremoto ebbe effetti distruttivi in un’area molto più estesa di quella siciliana, comprendente tutto il versante occidentale del massiccio dell’Aspromonte.

Tante sono le testimonianze fotografiche che ci sono pervenute e che mostrano i terribili effetti del terremoto e del maremoto nelle due città dello Stretto e di altre località . Nel capitolo “Le località colpite” è stata realizzata una  mappa interattiva qui sotto alcune fotografie opportunamente geolocalizzate mostrano alcuni dei danni a Messina, Reggio Calabria e in altri comuni calabresi.

In alcuni casi è stato possibile recuperare alcune fotografie per confrontare un edificio, un monumento, una strada “prima” e “dopo” il terremoto, in particolare per la città di Messina.

La story maps nel capitolo successivo “Dopo il disastro” racconta alcune storie di cosa avvenne subito dopo il  terremoto-maremoto, a partire dal lungo tragico silenzio che isolò per molte ore Messina e Reggio Calabria dal resto d’Italia. Grazie ai contributi estratti da “Cento Anni, Speciale Terremoto Messina” pubblicato dalla Gazzetta del Sud il 28 dicembre 2008 e da alcuni parti del video “I primi soccorsi” di Salvatore De Maria (Gazzetta del Sud online) è stato possibile documentare nella story maps le prime ore successive al tragico evento.

Il governo seppe con notevole ritardo quanto accaduto nell’area dello Stretto: Il primo messaggio fu spedito dal comandante della nave torpediniera “Spica” alle 14:50 del 28 dicembre, da Marina di Nicotera, in Calabria, la prima stazione telegrafica funzionante. Nel capitolo sono raccontati i primi soccorsi arrivati via mare da Catania e in particolare l’arrivo il 30 dicembre del Re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena che durante quei terribili giorni divenne “l’Angelo della Carità”, prodigandosi instancabilmente per assistere i feriti agonizzanti.

Alle operazioni di soccorso parteciparono numerose navi mercantili e navi da guerra della Gran Bretagna, della Francia, della Danimarca, della Germania, della Grecia, della Spagna, della Russia e degli Stati Uniti. L’intervento che più di ogni altro accese uno storico legame con la popolazione messinese fu quello di tre unità della squadra navale russa che offrirono l’aiuto dei loro equipaggi alla popolazione terremotata: proprio su questo intervento si concentra la parte finale di questo capitolo.

La story maps si conclude con la testimonianza di alcuni dei numerosissimi contributi  di “Poeti e scrittori” che scrissero pagine accorate sul terremoto del 28 dicembre 1908 pubblicati sia in Italia che all’estero. Gli scritti coinvolgono ogni genere letterario, dal giornalismo d’autore alla narrativa, dalla breve testimonianza alla lirica, dalla memorialistica alla rievocazione, fino alla drammaturgia.

La story maps è disponibile nella sezione dedicata di INGVterremoti e al seguente link:  “28 dicembre 1908, l’alba di dolore sullo Stretto”  (https://arcg.is/0TmLyb0)

A cura di Maurizio Pignone (INGV-Osservatorio Nazionale Terremoti)

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Gli auguri di Salvo Caffo: in tre minuti e mezzo una piccola “lectio magistralis” sui valori autentici dei vulcani https://ilvulcanico.it/gli-auguri-di-salvo-caffo-in-tre-minuti-e-mezzo-una-piccola-lectio-magistralis-sui-valori-autentici-dei-vulcani/ Sun, 24 Dec 2023 06:15:44 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24531 (Gaetano Perricone). Miglior augurio di buon Natale e felice 2024 a tutti gli amici del Vulcanico.it, grandi appassionati dell’Etna e in generale di queste formidabili macchine geologiche, non potrebbe esserci: in questo video di circa tre minuti e mezzo, tratto dalla pagina Facebook “L’Ora edizione straordinaria”, il mio carissimo amico Salvo Caffo, vulcanologo del Parco […]

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Salvo Caffo, vulcanologo del Parco dell’Etna

(Gaetano Perricone). Miglior augurio di buon Natale e felice 2024 a tutti gli amici del Vulcanico.it, grandi appassionati dell’Etna e in generale di queste formidabili macchine geologiche, non potrebbe esserci: in questo video di circa tre minuti e mezzo, tratto dalla pagina Facebook “L’Ora edizione straordinaria”, il mio carissimo amico Salvo Caffo, vulcanologo del Parco dell’Etna e di recente nominato – dal presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Associato di Ricerca dell’Osservatorio Etneo dell’INGV, riesce a sintetizzare in modo straordinario i valori autentici non soltanto scientifici dei vulcani, la loro enorme importanza per la natura e la vita dell’uomo, nonostante siano tirati in ballo solo quando svolgendo il proprio lavoro minacciano luoghi abitati.

Insomma, un vera e propria piccola “lectio magistralis”, una chicca per tutti gli appassionati etnei e non solo: da ascoltare con attenzione questa bellissima riflessione di Salvo Caffo, per trarne gli opportuni insegnamenti. Aggiungo soltanto, mi sembra interessante e opportuno in questo contesto, un commento del nostro amico esimio vulcanologo a proposito di immagini dell’Etna e di altri vulcani, costruite con l’Intelligenza Artificiale, che girano sui social network: “Nessuna cosiddetta impropriamente “AI” è in grado di eguagliare la straordinaria bellezza, l’unicità e la complessità di questo complesso vulcanico poligenico. L’unica intelligenza è quella della Natura”. Siamo assolutamente d’accordo e queste parole molto significative e quelle di questo prezioso video insieme a Salvo Caffo auguriamo a tutti voi e famiglie un Natale sereno e un 2024 ricco di soddisfazioni.

Con il titolo: Etna, 23 dicembre 2023 (foto di Gaetano Perricone)

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Favolose fontane di lava con sublime serenata di Mozart. E’ il magico 1 dicembre 2023 dell’Etna Patrimonio dell’umanità https://ilvulcanico.it/favolose-fontane-di-lava-con-sublime-serenata-di-mozart-e-il-magico-1-dicembre-2023-delletna-patrimonio-dellumanita/ Sun, 03 Dec 2023 06:05:03 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24463 di Giovinsky Sicilia Un vero regalo natalizio anticipato, quello del pomeriggio del 1 dicembre 2023. Ero salita di corsa al tramonto, per riprendere quelle bellissime esplosioni stromboliane dai colori vivi che diventavano sempre più  vivaci, quando l’Etna decise di deliziarci regalando a tutti noi appassionati l’atteso, grande parossismo. Rimasi affascinata di fronte alle mie adorate […]

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di Giovinsky Sicilia

Un vero regalo natalizio anticipato, quello del pomeriggio del 1 dicembre 2023.

Ero salita di corsa al tramonto, per riprendere quelle bellissime esplosioni stromboliane dai colori vivi che diventavano sempre più  vivaci, quando l’Etna decise di deliziarci regalando a tutti noi appassionati l’atteso, grande parossismo. Rimasi affascinata di fronte alle mie adorate fontane di lava, in una serata perfetta.

A fine spettacolo ringraziai sua Maestà Etna per le fantastiche emozioni

Immagini da Trinacriativa di Giovinsky Sicilia

La sublime musica di accompagnamento è di Wolfgang Amadeus Mozart: Serenade No. 13 in G Major, K. 525 “Eine kleine Nachtmusik”: I. Allegro

 

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