di Gaetano Perricone

“Il Monte Etna come laboratorio terrestre per indagare la recente attività vulcanica su Venere mediante future missioni: un confronto con Idunn Mons, Venere”. S’intitola così l’interessantissimo studio di un team internazionale di ricercatori guidati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) in collaborazione con i vulcanologi dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE), pubblicato sulla rivista Icarus, con la partecipazione di NASA (USA), Università di Londra (UK), Accademia delle Scienze di Mosca (Russia), Indian Space Research Organisation (INDIA), Università degli Studi di Catania (UniCT), Università Sapienza di Roma, Università degli Studi di Pavia, Coventry University (UK) e Universidad Rey Juan Carlos di Madrid (SPAGNA).

Dunque il Mount Etna, vulcano di “eccezionale valore universale” iscritto dal 21 giugno 2013 nella lista dei siti naturali della World Heritage List Unesco,  tra i più monitorati al mondo, studiato da 2700 anni come si legge nella motivazione del riconoscimento, dopo il  test “marziano” di Piano delle Concazze del 24 settembre 2003 e quelli “lunari” del 2016 e oltre (illustrati in questo bellissimo articolo su questo blog di Salvo Caffo, vulcanologo del Parco dell’Etna, https://ilvulcanico.it/etna-like-the-moon-prove-missione-lunare-sulla-muntagna/), torna a riproporsi nella sua affascinatissima veste di laboratorio di valore universale per studi di comparazione scientifica di straordinario valore.

Etna, 18 gennaio 2024. Foto di Gaetano Perricone

Per comprendere i contenuti dello studio venusiano, traduco integralmente dall’inglese l’abstract iniziale:

“Le missioni su Venere recentemente selezionate hanno aperto una nuova era per l’esplorazione di questo pianeta. Queste missioni forniranno informazioni sulla chimica dell’atmosfera, sulla geomorfologia, sulla composizione della superficie da locale a regionale e sulla reologia dell’interno. Una questione scientifica chiave che queste future missioni dovranno affrontare è se Venere rimane vulcanicamente attiva e, in tal caso, come si sta attualmente evolvendo il suo vulcanismo. Pertanto, è fondamentale analizzare appropriati siti analoghi terrestri per lo studio del possibile vulcanismo attivo su Venere. A questo proposito, proponiamo l’Etna – uno dei vulcani più attivi e monitorati della Terra – come un laboratorio terrestre adatto per indagini remote e in-situ da eseguire nelle future missioni su Venere. Essendo caratterizzato da prodotti vulcanici sia effusivi che esplosivi, l’Etna offre l’opportunità di analizzare molteplici stili eruttivi, sia monitorando il vulcanismo attivo sia identificando la possibile occorrenza di attività piroclastica su Venere. Confrontiamo direttamente l’Etna con Idunn Mons, uno dei vulcani potenzialmente attivi più promettenti di Venere. Nonostante le due strutture mostrino una topografia diversa, mostrano anche alcuni interessanti punti di confronto, e in particolare: a) contesto morfo-strutturale comparabile, poiché entrambi i vulcani interagiscono con una zona di rift, e b) campi vulcanici morfologicamente simili attorno ad entrambi, gli etnei e Idunn mons. Data la sua facilità di accesso, proponiamo anche l’Etna come sito analogico per studi spettroscopici di laboratorio per identificare le tracce di depositi vulcanici inalterati su Venere“.

Sul sito dell’INGV, Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio Etneo e coautore dell’articolo, sottolinea: “Il vulcano Etna a partire dal XIX secolo in poi è stato, e continua ad essere, un laboratorio di ricerca per tutta la comunità scientifica italiana e internazionale riguardo gli studi di tipo geologico, vulcanologico, geofisico e geochimico e, grazie al sistema di monitoraggio multiparametrico dell’Osservatorio Etneo dell’INGV, è uno dei vulcani meglio studiati al mondo. Questo lavoro evidenzia ancora di più questo aspetto anche per quanto riguarda lo studio del vulcanismo planetario, come nel caso di Venere. Infatti, le notevoli conoscenze sulla storia eruttiva del vulcano siciliano, acquisita durante gli studi realizzati per la pubblicazione della carta geologica dell’Etna alla scala 1:50.000, unitamente alle conoscenze sull’attività recente hanno permesso di fare una comparazione morfostrutturale con il vulcano Idunn al fine di individuare possibile evidenza di vulcanismo attivo su Venere”.

Spiega poi Piero D’Incecco, primo autore dell’articolo e ricercatore presso l’INAF d’Abruzzo: “La comparazione ha evidenziato che entrambi i vulcani interagiscono con una zona di rift e che la presenza sui fianchi di Idunn Mons di strutture vulcaniche di piccole dimensioni, morfologicamente simili ai coni di scorie presenti sui fianchi dell’Etna. La facilità di accesso permetterà anche di utilizzare l’Etna come possibile area di test per operazioni di perforazione del suolo da parte dei lander che atterreranno sulla superficie di Venere grazie a future missioni come la Roscosmos Venera-D””. Saranno due le future missioni con obiettivo Venere: quelle della NASA VERITAS e DAVINCI, la missione ESA EnVision e la missione ISRO Shukrayaan-1

FONTE: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0019103524000174

Nella foto dal sito dell’Esa, Agenzia Spaziale Europea: il picco vulcanico del pianeta Venere Iduun Moons 

Gaetano Perricone

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