Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/ Il Blog di Gaetano Perricone Sun, 17 Nov 2024 06:13:55 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7 Polifemo, millenario tra gli ulivi, con il suo olio della pace https://ilvulcanico.it/polifemo-millenario-tra-gli-ulivi-con-il-suo-olio-della-pace/ Sun, 17 Nov 2024 06:13:09 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25210 di Pippo Raiti  Gli ulivi grandi, quelli contorti e nodosi sopravvissuti alla storia, ci raccontano gli antichi popoli che con la loro cultura hanno reso la nostra isola uno splendido mosaico di civiltà: Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni. A Castiglione di Sicilia, in contrada Brahaseggi, all’interno di un fondo agricolo di proprietà privata, poco […]

L'articolo Polifemo, millenario tra gli ulivi, con il suo olio della pace proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Pippo Raiti 
Gli ulivi grandi, quelli contorti e nodosi sopravvissuti alla storia, ci raccontano gli antichi popoli che con la loro cultura hanno reso la nostra isola uno splendido mosaico di civiltà: Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni. A Castiglione di Sicilia, in contrada Brahaseggi, all’interno di un fondo agricolo di proprietà privata, poco distante dalla Cuba Bizantina e dal fiume Alcantara, “vive” proprio uno di quei grandi ulivi secolari, il cui nome è Polifemo (secondo una datazione presunta, sembra che la sua età si aggiri intorno ai 1200 anni). Nome mitologico dovuto all’imponenza del suo tronco, alle sue salde e pronunciate radici che lo legano indissolubilmente alla terra da cui trae il suo nutrimento. Le sue estese fronde, come braccia tese verso l’Etna, sembrano volerla ringraziare per il prezioso dono.
Per la sua veneranda età esso rappresenta esso rappresenta la memoria storia di vite di un tempo lontano e di un tempo più o meno recente: ogni suo nodo, ogni sua contorsione, rappresenta una voce narrante e i suoi racconti sono preziosi insegnamenti. Chissà quante genti hanno raccolto e goduto dei suoi frutti. Quante storie, quante leggende, quanti misteri sono racchiusi tra quei nodi, quante mani hanno raccolto le sue drupe e quanti canti di donne chine hanno hanno ascoltato le sue fronde.
Chissà quale soddisfazione sta provando quell’umile contadino che oltre mille anni fa mise a dimora un ramoscello di ulivo, chissà le storie che avrà sentito, le gioie, i lamenti di chi puntualmente ogni anno si apprestava alla raccolta delle sue drupe. Chissà quante lingue diverse, quanti popoli diversi si sono avvicendati e chissà quante leggende sono state narrate all’ombra delle sue fronde.
Sono tutti questi quesiti che, chissà fin da bambino, mi ponevo nella mente quando accompagnavo  mio padre in campagna e proprio lì, seduto all’ombra dell’ulivo fantasticavo di storie lontane. Man mano crescevo e, attraverso gli studi, quei chissà trovarono spiegazioni storiche e anche lo studio dei miti greci mi fecero scoprire della leggenda della nascita della pianta di ulivo e di come ad esso venne riconosciuto il simbolo di pace.
Ecco che, come spesso accade da adulto, si verifica un ritorno agli studi passati, dettato dal desiderio di voler rendere omaggio a quell’ulivo  che, come un anziano merita di essere raccontato, affinché divenga memoria di un tempo lontano e, attraverso la sua leggenda, divenga memoria contemporanea di un mondo sempre più in bilico tra guerra e pace.
Da qui nasce l’idea dell’olio della pace, prodotto esclusivamente dalla raccolta delle sue olive,  cosicché il perdurare di quest’ulivo secolare diventi metafora dei valori che devono insistere e resistere come le radici profonde di Polifemo.

L'articolo Polifemo, millenario tra gli ulivi, con il suo olio della pace proviene da Il Vulcanico.

]]>
Partenope, che viene dal mare e prende a morsi la vita https://ilvulcanico.it/partenope-che-viene-dal-mare-e-prende-a-morsi-la-vita/ Tue, 29 Oct 2024 07:07:44 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25198 di Antonella De Francesco  L’ultima fatica di Paolo Sorrentino, Partenope, è un film complesso e difficile da spiegare. È un film a lento rilascio dalla cui visione si esce ammaliati e per certi aspetti ossessionati. Un film esagerato, felliniano, onirico a tratti, anticlericale, profano, che parla di bellezza, di gioventù, di sogni , di dolori, […]

L'articolo Partenope, che viene dal mare e prende a morsi la vita proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Antonella De Francesco 
L’ultima fatica di Paolo Sorrentino, Partenope, è un film complesso e difficile da spiegare. È un film a lento rilascio dalla cui visione si esce ammaliati e per certi aspetti ossessionati. Un film esagerato, felliniano, onirico a tratti, anticlericale, profano, che parla di bellezza, di gioventù, di sogni , di dolori, insomma di vita vissuta.
L’ennesimo omaggio del regista alla sua splendida e detestabile Napoli che ci mostra attraverso gli occhi di Partenope. La storia prende vita dall’acqua perché è lì che nasce Partenope, viene dal mare come la figura mitologica protettrice di Napoli ed è il mare che fa da sfondo costante alla vicenda: che si tratti di amore, di rimpianti, di lutti o di semplici riflessioni, il mare condiziona la vita di chi ci abita e lo attrae con una forza e una prepotenza che dura per sempre.
Partenope, interpretata da Celeste Dalla Porta, è la storia di una donna bellissima e libera che non indietreggia mai davanti ad una nuova esperienza, ma piuttosto vi partecipa con grande curiosità. La sua straripante bellezza non condiziona il suo modo di essere, perché lei non è solo quello, lei è anche altro: è colta, legge, è riflessiva, studia per trovare risposte e quindi, al di là di quello che la sua beltà suscita negli altri, questa donna si salva, sopravvivendo al tempo che passa e al fisiologico sfiorire della sua divina beltà, a differenza delle altre figure femminili, l’attrice Greta Cool, interpretata da Luisa Ranieri e il suo agente Lidia Rocca, interpretata da Isabella Ferrari che dalla bellezza hanno tratto tutto per vivere e che inevitabilmente, allo sfiorire di questa, si ritrovano sconfitte perché intente a lottare unicamente nel vano tentativo di mantenerla ad ogni costo.
Su questo Sorrentino è fin troppo chiaro: la bellezza sfiorisce anche nelle persone più belle e perfette, la vita non fa sconti, alla giovinezza, che forse dura troppo poco, segue inesorabilmente l’età adulta. Ma la giovinezza, se pur fugace, resta per ciascuno di noi come in È stata la mano di Dio, il tempo delle illusioni, dei primi amori, anche di quelli mancati, dell’ingenuità, dei sogni, delle amicizie fraterne, delle domande, degli affetti familiari, delle esperienze e anche, ahi noi, della scoperta del dolore. Alla nostra giovinezza tutti facciamo ritorno di tanto in tanto per trovare conforto, ricordare un tempo diverso in cui niente ci mancava, in cui il tempo era disteso davanti a noi, in cui cercavamo le risposte. Ma come spesso si dice c’è una ricetta per non avere rimpianti o averne pochi: vivere con pienezza. Buttarsi nella vita, prenderla a morsi, sperimentare, lasciarsi andare, perdersi per poi ritrovarsi, per non doversi dire, un giorno, che è troppo tardi.
Nella vita dovremo scegliere e cercare di capire, sperimentare come Partenope, cambiare l’assetto se è necessario, senza smettere mai di cercare le risposte anche quando ci sembrerà di non avere più domande. Solo così, voltandoci indietro, sorrideremo alla vita passata e a noi stessi, come Partenope adulta (Stefania Sandrelli) e saremo indulgenti verso gli errori che inevitabilmente avremo commesso, continuando a sorprenderci della vita che ancora c’è da vivere.
Partenope è un film esagerato e al tempo stesso indimenticabile: dal ballo a tre sulle note di Riccardo Cocciante “era già tutto previsto” che ricorda i meravigliosi Jules e Jim di Francois Truffaut, allo stupore davanti alla creatura gigantesca di acqua e sale di Spielbergeriana memoria, figlio del professore (ottimoSilvio Orlando), alle scene barocche dal retrogusto felliniano di Partenope e Tesorone (il mefistotelico Beppe Lanzetta) .
Per questo va visto e per tanto altro, perché a ciascuno questo film riserva la sua intima visione.
Con il titolo e nell’articolo: Partenope, scene dal film

L'articolo Partenope, che viene dal mare e prende a morsi la vita proviene da Il Vulcanico.

]]>
Iddu, il super boss che fece la vita du surciu in mezzo a tanti ominicchi https://ilvulcanico.it/iddu-il-super-boss-che-fece-la-vita-du-surciu-in-mezzo-a-tanti-ominicchi/ Thu, 10 Oct 2024 18:46:54 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25189 di Antonella De Francesco Iddu racconta la storia della latitanza di Matteo Messina Denaro, magistralmente interpretato da un Elio Germano immenso, come ce la possiamo immaginare perché, per ammissione degli stessi registi, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, la verità è solo il punto di partenza, non la destinazione. Non ci sarà alcuna fascinazione alla vista […]

L'articolo Iddu, il super boss che fece la vita du surciu in mezzo a tanti ominicchi proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Antonella De Francesco
Iddu racconta la storia della latitanza di Matteo Messina Denaro, magistralmente interpretato da un Elio Germano immenso, come ce la possiamo immaginare perché, per ammissione degli stessi registi, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, la verità è solo il punto di partenza, non la destinazione.
Non ci sarà alcuna fascinazione alla vista del boss più ricercato d’Italia, perché Iddu è rappresentato come un miserabile, iniziato in tenera età alla criminalità dal padre, da cui è ossessionato anche dopo la sua morte e per colpa del quale è costretto a nascondersi  facendo la vita du surciu. Il suo strapotere, esercitato per mezzo dei pizzini, ha dell’inverosimile, se non fosse che a tal riguardo i due registi non si sono inventati proprio nulla.
Non sta meglio dell’ultimo padrino la sorella, nel film Stefania, che vive anche lei isolata e infelice, vittima di una società patriarcale che le ha negato il primato e la reggenza, malgrado per crudeltà non sia seconda a nessuno. Poi c’è Catello, interpretato da Toni Servillo, che rappresenta il malavitoso di provincia, ex sindaco e padrino del boss, alla ricerca di favori in spregio alle regole e alla legalità. Infine, c’è lo stato, con i servizi segreti, condannato per la sua complicità che ha permesso la latitanza in Sicilia del boss per quasi trent’anni.
In definitiva tutti i personaggi vengono smitizzati, ridotti a figure quasi grottesche e rappresentati come ominicchi con vite per nulla invidiabili, prigionieri delle loro ossessioni e senza affetti. Iddu non riesce neanche a riconoscere il figlio come suo ma forse (voglio crederci) per non obbligarlo alla sua successione e lasciarlo ancora alla beata ingenuità di un bambino che accarezza un agnello, quell’agnello che invece il padre obbligò  lui stesso a sgozzare con ferocia.
Se si pensa che il film è stato girato prima della cattura di Matteo Messina Denaro, allora lo si può intendere come un’ipotesi brillante che con ironia sovverte i luoghi comuni e si sostituisce alla narrazione popolare che fa dei boss mafiosi e dei criminali in genere degli eroi. Da vedere
Con il titolo: Elio Germano nei panni del boss Matteo Messina Denaro. All’interno dell’articolo, una scena del film 

L'articolo Iddu, il super boss che fece la vita du surciu in mezzo a tanti ominicchi proviene da Il Vulcanico.

]]>
Nei panni di Cianuzzu, il primo vero pentito di mafia. Also in English https://ilvulcanico.it/nei-panni-di-cianuzzu-il-primo-vero-pentito-di-mafia-also-in-english/ Wed, 25 Sep 2024 05:20:56 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25167 “Il giudice e il boss”: stasera a Palermo è in programma al cinema Rouge et Noir (ore 20,30) l’anteprima nazionale dell’atteso film di Pasquale Scimeca, girato in gran parte sulle Madonie. Il film racconta la lotta a Cosa Nostra del giudice Cesare Terranova, assassinato il 25 settembre 1979, quarantacinque anni fa. Per Marco Gambino, bravissimo […]

L'articolo Nei panni di Cianuzzu, il primo vero pentito di mafia. Also in English proviene da Il Vulcanico.

]]>

“Il giudice e il boss”: stasera a Palermo è in programma al cinema Rouge et Noir (ore 20,30) l’anteprima nazionale dell’atteso film di Pasquale Scimeca, girato in gran parte sulle Madonie. Il film racconta la lotta a Cosa Nostra del giudice Cesare Terranova, assassinato il 25 settembre 1979, quarantacinque anni fa. Per Marco Gambino, bravissimo attore palermitano trapiantato a Londra e mio caro cugino, un altro ruolo importante e di grande interesse: quello di Luciano Cianuzzu Raia, il primo vero pentito di mafia. Ecco, per i lettori del Vulcanico, la sua breve, ma intensa testimonianza (Gaetano Perricone)

di Marco Gambino

Nel 1969 si tenne a Bari il primo processo di mafia. Non sono in molti  a ricordarsi di quella che fu la tappa miliare dell’operato di un giudice indomito: Cesare Terranova. Alla sbarra erano presenti ben 64 imputati fra cui i temutissimi Luciano Leggio più noto come Liggio, Salvatore Riina, Calogero Bagarella, Bernardo Provenzano.

Quella volta la mafia vinse. I sanguinari furono assolti con una sentenza bomba che suscitò infinite polemiche. Ma Terranova non si arrese continuando la sua lotta alla mafia fino al fatidico 25 Settembre 1979, quarantacinque anni fa quando lui ed il suo fidato Lenin Mancuso vennero barbaramente trucidati a Palermo.

Pasquale Scimeca, nel suo film Il Giudice e il boss, ha scelto di raccontare la prima parte della vita di Terranova, quella meno conosciuta, illuminata dalla sua scelta coraggiosa di trasferirsi a Corleone. Lui voleva conoscere da vicino la mafia, in anni in cui se ne negava l’esistenza, voleva provare ad affrontarla vis a vis , in quello che fino ad allora era stato il suo incontrastato territorio.

Cianuzzu Raia é l’autista di Riina, Provenzano e Bagarella, testimone eccellente di vendette e omicidi. Cianuzzu un giorno, braccato dalla sua stessa vita, decide di confessare tutto al giudice Terranova e gli promette che al processo parlerà, dirà nomi e cognomi sfidando lo sguardo letale di Leggio che non lo mollerà un secondo. Cosi su di lui, primo pentito di mafia, si accendono i riflettori. Da uomo assoldato al potere mafioso, custode di nomi e trame inconfessabili, Raia diventa l’attesissima star del processo di Bari. Interpretare lo stato d’animo di un uomo tormentato, padre di famiglia, gregario di criminali, e pentito (forse) suo malgrado, è stato per me meraviglioso e complesso. Non capita spesso che un ruolo ti scuota fino alle midolla. Quando succede vuol dire che è tuo e che per quella volta sei un attore “insostituibile”.


BEING CIANUZZU RAIA, THE FIRST MAFIA REPENTANT  

L'articolo Nei panni di Cianuzzu, il primo vero pentito di mafia. Also in English proviene da Il Vulcanico.

]]>
Etna, la quinta parossistica emozione in un mese https://ilvulcanico.it/etna-la-quinta-parossistica-emozione-in-un-mese/ Tue, 06 Aug 2024 04:42:26 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25155 di Giovinsky Aetnensis Un’eruzione davvero intensa quella della notte del 4 agosto. Fino alle 3 del mattino mi trovavo al Rifugio Santa Barbara a riprendere le bellissime esplosioni stromboliane che si intensificavano dal Cratere Voragine dell’Etna. Decisi di tornare a casa ma alle 5 venni svegliata da un amico e in fretta e furia tornai […]

L'articolo Etna, la quinta parossistica emozione in un mese proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Giovinsky Aetnensis

Un’eruzione davvero intensa quella della notte del 4 agosto. Fino alle 3 del mattino mi trovavo al Rifugio Santa Barbara a riprendere le bellissime esplosioni stromboliane che si intensificavano dal Cratere Voragine dell’Etna. Decisi di tornare a casa ma alle 5 venni svegliata da un amico e in fretta e furia tornai lassù, dove mi trovavo qualche ora prima.

L’emozione fu stratosferica. Alte fontane di lava e la nube di cenere all’alba abbracciavano il cielo. Salii a Monte Nero degli Zappini per girare qualche clip video. Rimasi incantata a godermi lo spettacolo. Non ci si abitua mai a così tanta bellezza.

Fu la quinta emozione parossistica nel giro di un mese

 

 

L'articolo Etna, la quinta parossistica emozione in un mese proviene da Il Vulcanico.

]]>
I vulcani del mondo e il clima, tra scienza e storia https://ilvulcanico.it/i-vulcani-del-mondo-e-il-clima-tra-scienza-e-storia/ Thu, 01 Aug 2024 04:42:55 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25122 di Salvo Caffo L’idea che le ceneri emesse dai vulcani durante grandi eruzioni potessero determinare importanti mutamenti climatici fu proposta per la prima volta nel 1784, dallo scienziato statunitense Benjamin Franklin. Il 1784 fu l’anno successivo alle grandi eruzioni del sistema vulcanico fissurale islandese Lakagigar, noto come Laki, e del vulcano giapponese Asama che emisero […]

L'articolo I vulcani del mondo e il clima, tra scienza e storia proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Salvo Caffo

Salvo Caffo, vulcanologo del Parco dell’Etna

L’idea che le ceneri emesse dai vulcani durante grandi eruzioni potessero determinare importanti mutamenti climatici fu proposta per la prima volta nel 1784, dallo scienziato statunitense Benjamin Franklin. Il 1784 fu l’anno successivo alle grandi eruzioni del sistema vulcanico fissurale islandese Lakagigar, noto come Laki, e del vulcano giapponese Asama che emisero gigantesche quantità di ceneri nella stratosfera.

Il Laki (fonte National Geographic)

Già nel 1783 e ancora nel 1784, in piena estate su tutta l’Europa e l’America settentrionale calò una nebbia asciutta e costante, la terra era quasi gelata e la neve non si scioglieva anzi tendeva ad aumentare. L’inverno che ne seguì fu il più rigido registrato da molto tempo. L’eruzione del Laki iniziata nel giugno del 1783 e terminata nel febbraio del 1784, emise anche acido solforico e fluoro che ebbero effetti catastrofici in Islanda, contaminando i pascoli e uccidendo più del 50% del bestiame presente sull’isola e causando una carestia che decimò oltre 20 mila abitanti. Questi gas vulcanici, formarono sull’Europa quella che fu chiamata la foschia del Laki e cioé una nebbiolina tossica, di colore azzurro, che rimase in sospensione nei cieli per mesi e mesi. Le vittime totali causate dall’aerosol vulcanico furono, secondo alcune stime, ventitremila. L’inverno successivo di conseguenza fu estremamente rigido, nell’Europa centrale vi furono abbondanti nevicate, e nella sola Gran Bretagna il grande freddo fece registrare oltre otto mila vittime. In Francia si alternarono periodi di siccità, inverni rigidi ed estati pessime. Furono anni difficili, caratterizzati da particolari condizioni meteorologiche che contribuirono a rendere la popolazione sempre più povera e affamata. Carestie e povertà furono fattori che innescarono la Rivoluzione francese del 1789.

Il vulcano Agung

Specifici studi del fisico Humphreys nel 1940, dimostrarono la correlazione esistente tra i cambiamenti climatici e le attività vulcaniche, per cui le particelle di ceneri vulcaniche in stratosfera riflettono e disperdono la luce solare, comportandosi quindi come uno schermo che impedisce al calore di raggiungere la superficie terrestre. Le ceneri possono rimanere in sospensione per diversi anni e occorre molto tempo prima che cessino gli effetti climatici. Nel 1970 Mitchell dimostrò che le particelle solide derivanti dall’attività vulcanica del Vulcano Agung a Bali in Indonesia nel 1963 erano state 10 volte superiori alle polveri emesse in seguito a tutte le attività umane sino ad allora emesse, sull’intero pianeta.

Un altro anno estremamente freddo, con temperature nei mesi estivi di 3 gradi inferiori alle medie locali fu il 1816 con precipitazioni ininterrotte da maggio ad ottobre in Irlanda, Inghilterra sino al Baltico e nel New England (settore nord-orientale degli USA). Il 1816 venne definito anno senza estate, in realtà furono più anni, e portò alla non maturazione dei raccolti con gravissime carestie e carenze di cibo nel Galles e in Irlanda. Migliaia di persone furono costrette a lasciare tutto e partire in cerca di fortuna. Queste furono soltanto alcune delle conseguenze avutesi in seguito all’ eruzione del vulcano Tambora nell’isola di Sumbawa, arco della Sonda, che nel 1815 portò alla devastazione delle isole Indonesiane con la morte di decine di migliaia di persone. Gli effetti climatici innescati dall’eruzione causarono gravi danni ai raccolti in America settentrionale e in gran parte dell’Europa, già stremata dalle guerre napoleoniche che si chiusero a Waterloo due mesi dopo l’eruzione, il 18 giugno 1815. Napoleone perse la guerra anche per le difficoltà logistiche derivanti dalle incessanti piogge.

La caldera del vulcano Tambora, Sumbawa, Indonesia (Fonte Ingv Vulcani)

L’eruzione del vulcano Tambora ha cambiato la Storia, trasformando la probabile vittoria di Napoleone a Waterloo nella sua definitiva sconfitta. Alla fine di febbraio del 1815 Napoleone Bonaparte fuggì dall’isola d’Elba, dov’era stato esiliato dopo la sconfitta di Lipsia e l’abdicazione. Il 20 marzo, alla testa di un nuovo esercito, rientrava trionfalmente a Parigi. Le grandi potenze erano però determinate a impedire ogni ipotesi di una nuova espansione della Francia, anche se in realtà Napoleone chiese un trattato di pace. La battaglia decisiva, a conclusione dei cosiddetti Cento Giorni, si svolse nelle campagne del Belgio, vicino a Waterloo, tra il 16 e il 18 giugno del 1815: da una parte i 400.000 francesi al comando di Napoleone, dall’altra un milione di uomini tra olandesi, inglesi e prussiani, guidati da Lord Wellington. Napoleone era uno stratega formidabile e all’inizio sembrò avere la meglio, ma nella notte precedente allo scontro che si rivelò definitivo, tra il 17 e il 18 giugno, si scatenarono fortissimi temporali. Il terreno si trasformò in un acquitrino fangoso e in una trappola per l’artiglieria e la cavalleria dell’imperatore, e questo contribuì alla sconfitta dei francesi.

Gli effetti dell’anno senza estate, con un’atmosfera cupa e piogge continue, è evidente nei versi di George Byron, che scrive Darkness (Oscurità) nel 1816, e nell’incipit di Frankenstein, il romanzo di Mary Shelley pubblicato poco dopo (1818). Già nell’estate del 1815 l’aerosol di gas e ceneri generò a Londra tramonti e crepuscoli spettacolari, dai colori accesi. Queste tonalità insolite hanno ispirato molti pittori. Gli effetti climatici dell’eruzione emergono da documenti e lettere di ogni parte del mondo. Un funzionario di Lhasa descrive le nevicate del giugno 1816; a Bologna, il marchese Tommaso de’ Buoi annota nel suo diario il 2 luglio 1816 che dal 25 maggio non vi fosse giorno che non piovesse, e a causa del freddo molti portavano il tabarro (mantello). Una moria straordinaria di cavalli, il principale mezzo di trasporto del tempo, ispirò Karla Drais (1785-1851) a trovare un veicolo alternativo e nel 1817 inventò il “velocipede” il cosiddetto “cavallo da passeggio” antenato della bicicletta.

Il Krakatoa

Fenomeni atmosferici analoghi si verificarono nel 1884-85 in conseguenza dell’eruzione del vulcano indonesiano Krakatoa nel 1883. Il vulcano Krakatoa, localizzato su una piccola isola tra Giava e Sumatra in lndonesia, durante l’eruzione del 1883 lanciò circa 4.000.000 di metri cubi di materiali piroclastici fino ad un’altezza di 27 km, e la cenere, trasportata dalle correnti aeree, compì diversi giri intorno alla Terra. Dopo tre giorni questa cenere cadde in quantità sul ponte di un vascello distante circa 2500 km. II lucente scintillio del cielo prima del sorgere del Sole e dopo il tramonto, causato dalla riflessione dei raggi del sole da parte delle particelle di ceneri vulcaniche, attirò l’attenzione del mondo intero, il fenomeno si manifestò improvvisamente nella settimana seguente l’eruzione ed interessò una fascia compresa tra le latitudini 15° N 15° S; successivamente si diffuse fino a coprire tutta la Terra.

La distribuzione su tutta la Terra delle ceneri prodotte dall’eruzione del Krakatoa, fornì importanti informazioni sulla circolazione negli strati superiori dell’atmosfera. Lo scintillio fu visto per la prima volta negli Stati Uniti a Yuma, in Arizona, il 19 ottobre (l’eruzione del Krakatoa si verificò il 26 agosto) e il 30 ottobre fu osservato negli Stati Uniti orientali. Nella notte del 30 ottobre il fenomeno fu particolarmente intenso e «a Poughkeepsie (New York) e a New Haven (Connecticut) si ricorse alle pompe antincendio per spegnere il cielo in fiamme». II fenomeno continuò a manifestarsi, con lucentezza di diversa intensità per mesi, presentandosi notevolmente più marcato durante i periodi secchi.

La nube ardente dell’eruzione del Mont Pelèe (collezione personale Santo Scalia)

Considerevoli abbassamenti delle temperature planetarie (Global cooling) si sono registrate nel 1888-90 in seguito all’eruzione del Bandai San, di Vulcano e di Bogjslof. Nel 1902 in seguito all’esplosione del Mt. Pelèe e de la Soufriere in Martinica e nell’isola di St. Vincent o nel 1912 in seguito all’eruzione del Katmai in Alaska, del Bezymiami (1956). Il clima rispecchia la media delle condizioni atmosferiche su una scala temporale vastissima, quindi, nonostante le imprecisioni con cui possiamo conoscere il comportamento dell’atmosfera, possiamo comprendere il clima studiando lunghe serie di osservazioni.

Siamo soliti pensare che il clima sia relativamente costante ma non occorre risalire molto indietro nel tempo per constatare che il clima che ha accompagnato la storia umana era molto diverso. Tra il 200 a.C. e 400 d.C. (ovvero per 600 anni) c’è stato il cosiddetto periodo caldo Romano, particolarmente caldo e umido in Europa e nel Mediterraneo. Secondo alcuni storici avrebbe addirittura favorito l’espansione di Roma. In Europa, il XIV, il XVII e il XVIII secolo sono stati molto più freddi del nostro clima. Tra il 1650 e il 1850 si è avuta una cosiddetta piccola glaciazione, che comportò grandi ripercussioni economiche e sociali a livello europeo con interi raccolti perduti e conseguenti carestie, che spesso portarono a guerre che hanno contrassegnato la storia europea.

Il Clima del pianeta Terra è una complessa macchina termodinamica il cui motore è dato dal calore del Sole. Parti fondamentali di questa “macchina” sono: la Terraferma, i mari e gli Oceani nonché l’Atmosfera e l’attività dei Vulcani. Parte del calore prodotto dall’attività termonucleare della nostra Stella, viene riflesso nello spazio dalle nubi, dalle masse nevose e dai ghiacciai nonché dalla presenza di ceneri vulcaniche sospese in atmosfera. Le grandi eruzioni vulcaniche che immettono enormi quantità di ceneri nella stratosfera contribuiscono a far abbassare la temperatura planetaria anche per anni. Anche attività umane come gli incendi delle grandi foreste presenti sui continenti nonché di diverse attività umane, che producono polveri che comunque, pur non raggiungendo la stratosfera, concorrono alle variazioni climatiche. Anche l’Anidride Carbonica lascia filtrare la radiazione solare incidente e blocca il calore riflesso dalla superficie del pianeta attraverso radiazione infrarossa con lunghezza d’onda minore della luce visibile e che viene assorbita dalla CO2.

Il vulcanologo Salvo Caffo accanto al cartello che illustra un esperimento sull’Etna dell’Agenzia Spaziale Tedesca

Dal XIX secolo ad oggi, la CO2 si è prevalentemente disciolta negli oceani, ma ha comunque contribuito, data la sua enorme presenza in atmosfera, a concorrere allo scioglimento dei ghiacciai polari con conseguenti aumenti dei livelli degli oceani e dei mari. La ricostruzione del clima del recente passato si basa su numerose fonti documentate: giornali di bordo compilati da ufficiali della marina britannica e conservati per secoli; registrazioni delle date e delle vendemmie conservati nei monasteri francesi; lo studio dello spessore e della sequenza e colore degli anelli di accrescimento degli alberi, solo per citarne alcune. Se avessimo potuto osservare il nostro pianeta dallo spazio, diciamo 20.000 anni fa, avremmo visto un’enorme massa di ghiaccio estesa su gran parte dell’Europa e del Nord America nonché ghiacciai che contornavano diverse montagne tropicali; un’immagine, molto differente dall’attuale. L’enorme massa d’acqua, sottratta agli oceani, ci avrebbe consentito di osservare aree che, oggi, si trovano a molte decine di metri (fino a 110), sotto il livello medio del mare.

Etna

Molte decine di volte, i ghiacciai, hanno coperto i continenti settentrionali e, presto o tardi, accadrà nuovamente. Il mondo ha conosciuto episodi glaciali, con periodi di freddo intenso ed estesi ghiacciai alternati a episodi interglaciali con clima come l’attuale. Lo studio dei depositi dei ghiacciai (Morene) ha consentito di ricostruire le diverse glaciazioni susseguitesi ciclicamente sulla Terra. Nel 1787, il geologo svizzero Kuhn, interpretò gli accumuli di detriti lasciati dal fronte di fusione dei ghiacciai, definiti morene, originatisi in seguito all’accumulo delle enormi masse rocciose erose per abrasione e trasportate dai ghiacciai e presenti sulle Alpi in luoghi molto distanti dai fronti dei ghiacciai, come prova che, nel passato remoto, le masse di ghiaccio fossero state molto più estese di quelle presenti nel XVIII secolo. Nel XIX secolo, vennero identificati simili depositi morenici in molti altri luoghi e nel XX secolo, furono descritte dai geologi, quattro glaciazioni alpine: Gunz, Mindel, Riss e Wurm, dai nomi dei luoghi dove per la prima volta erano state identificate le morene glaciali frontali. Poi furono identificate tracce di glaciazioni precedenti alle quattro descritte. Tralasciando le principali glaciazioni: la Proterozoica (2.3-2.7 miliardi di anni fa); Precambriana (600-800 milioni di anni fa); l’Ordoviciana (430-460milioni di anni fa); la Carbonifero-Permiana (260-360 milioni di anni fa); la Pleistocenica con punte nell’Olocene (3-40 milioni di anni); le glaciazioni più recenti sono state: la Günz (da circa 680 000 a 620 000 anni fa), la Mindel (da circa 455 000 a 300 000 anni fa), la Riss (da circa 200 000 a 130 000 anni fa) e la Würm (da circa 110 000 a 12 000 anni fa), separate da tre fasi interglaciali: (rispettivamente chiamate Günz-Mindel, Mindel-Riss e Riss-Würm) intercalate tra le quattro glaciazioni e, quindi, il periodo attuale è definito “postWürmiano“.

Diversi sono stati i periodi di avanzata e ritiro dei ghiacci, come risultato di oscillazioni di temperature dipendenti da variazioni della radiazione solare o dalla variazione della trasparenza dello spazio ai raggi solari. Questo può verificarsi per maggiore o minore presenza di polveri cosmiche o vulcaniche o per variazioni della distribuzione dell’intensità delle precipitazioni o per variazioni del comportamento termico dell’atmosfera, causata da mutamenti della sua composizione e per variabile contenuto di anidride carbonica e conseguente effetto serra o per fenomeni astronomici o geologici. Dalla fine dell’ultimo periodo glaciale ad oggi, i ghiacciai dell’Alaska, delle Alpi, della Scandinavia, delle montagne del Nord e Sud America, si sono ritirati e avanzati varie volte lungo le loro valli, lasciando una ricca documentazione geomorfologica e ambientale come gli alberi abbattuti durante le fasi di avanzata e i depositi morenici durante quelli di ritiro.

Due immagini 3 D del vulcano Empedocle

Nel Mar Mediterraneo e precisamente nel canale di Sicilia si sviluppa una regione vulcanica sottomarina situata tra la costa italiana e quella tunisina che comprende vulcani sottomarini: (Anfitrite; Cimotoe; Galatea; Madrepore; Banco Nerita; Banco di Pantelleria; Pinne; Banco Smyt I; Banco Smyt II, Banco terribile e Tetide). Il più famoso, l’Empedocle, è emerso per l’ultima volta nel 1863, dando vita per un breve periodo all’isola Ferdinandea. Dalla fine dell’eruzione, l’isola è stata erosa e oggi si trova a circa otto metri sotto il livello del mare (punto più alto dei cosiddetti Campi Flegrei della Sicilia). Tutte le eruzioni dei Campi Flegrei del Mar di Sicilia sono avvenute sott’acqua, con l’eccezione di alcune di quelle di Empedocle: quelle del 1701, del 1831 e del 1863 sono state visibili sopra la superficie del mare. La prima eruzione documentata dei Campi Flegrei del Mar di Sicilia risale alla prima guerra punica (253 a.C.) quando i vulcani Empedocle e Pinne divennero attivi. La prima guerra punica fu decisa dalla battaglia delle Isole Egadi, il 10 marzo 241 a.C., vinta dalla flotta romana sotto la guida del console Gaio Lutazio Catulo anche in seguito agli effetti che si determinarono in seguito all’attività del vulcani sottomarini del canale di Sicilia.

(Gaetano Perricone). Aggiungo solo pochissime parole a quelle che, spero, abbiate avuto la pazienza e il piacere di leggere in questo meraviglioso ed esemplare racconto, all’insegna della passione, della competenza, della multidisciplinarietà: lo faccio per ringraziare il mio carissimo amico e grande vulcanologo Salvo Caffo per questo splendido regalo al mio blog e ai suoi lettori, certamente super appassionati di vulcani.  Una vera e propria “lectio magistralis” ricca di riferimenti storici, oltre che di illuminanti spiegazioni scientifiche, su un argomento di estremo interesse e attualità, ma anche affascinantissimo

Con il titolo: Etnatomica, 4 dicembre 2015, la premiatissima foto di Giuseppe Famiani

L'articolo I vulcani del mondo e il clima, tra scienza e storia proviene da Il Vulcanico.

]]>
E Sir Anthony Hopkins mi sorrise: “Il tuo costume è molto più bello del mio”. Also in english https://ilvulcanico.it/e-sir-anthony-hopkins-mi-sorrise-il-tuo-costume-e-molto-piu-bello-del-mio/ Sun, 21 Jul 2024 04:54:25 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25099 di Marco Gambino Primo giorno di riprese sul set di “Those about to die” in cui interpreto il Senatore Supulcius. Oggi si gira con Sir Anthony Hopkins. Il mito assoluto. Lui, il terribile Hannibal ma anche l’impeccabile devoto  maggiordomo di  “ The remains of the day” o più  recentemente , il padre straziante di “The father” . Lui, […]

L'articolo E Sir Anthony Hopkins mi sorrise: “Il tuo costume è molto più bello del mio”. Also in english proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Marco Gambino

Primo giorno di riprese sul set di Those about to die” in cui interpreto il Senatore SupulciusOggi si gira con Sir Anthony Hopkins. Il mito assoluto. Lui, il terribile Hannibal ma anche l’impeccabile devoto  maggiordomo di  The remains of the dayo più  recentemente , il padre straziante di The father” . Lui, l’attore straordinario che spaventa e commuove intere generazioni.

Ma com’e’ ? Tu lo hai mai incontrato? chiedo a Rupert Penry-Jones che nella serie interpreta il console Marsus.

“E’ un uomo eccezionale ancor prima ancora di essere la star che è, vedrai”-

Rupert, come si evince dal nome, è super inglese e proviene da tre generazioni di attori. I suoi genitori hanno calcato il palcoscenico per anni insieme ad Hopkins  e sua madre dice che è un uomo umilissimo e generoso.

Giriamo allo Studio 5 di Cinecittà, quello immenso di Fellini. Una scena in cui noi, i patrizi, siamo schierati davanti alla portantina dove Sir Anthony, nei panni dell’imperatore Vespasiano, salirà dopo un lungo monologo. Lo aspettiamo in silenzio. Quando arriva c’è un brivido generale. Eccolo il mito in carne ed ossa, il suo inconfondibile sorriso con gli occhi. Azzurrissimi. Ha 86 anni ma ha la  vivacità di un ragazzo tutta concentrata in quello sguardo magnetico.

Oh thank God my taxi is here – esordisce additando la portantina. Il silenzio si rompe in una risata generale. Roland Emmerich, il regista, si avvicina per salutarlo, ma lui va dritto verso Rupert e lo abbraccia. Gli dice che non dimenticherà mai i suoi genitori, quando insieme a loro calcava i palcoscenici di tutta l’Inghilterra, gli anni più importanti della sua vita d’attore, quelli che lo hanno forgiato.

Lo guardo mentre recita e vorrei rubargli tutto. Le pause, la misura, il gesto, il controllo.

Alla fine della scena siamo tutti intorno a lui che racconta. Dice che un giorno a Los Angeles, quando era appena uscito Il silenzio degli innocenti, chiese al suo autista di fermarsi. Tutti quei cartelli in autostrada con la sua faccia in primo piano lo avevano sconvolto. Com’era possibile  che lui, un povero ragazzo originario del Galles, fosse finito al centro dell’attenzione mondiale? Un salto che a lui in quel momento,  fermo sotto una di quelle gigantografie, appariva incomprensibile. Ma sono proprio io quello ?– continuava a ripetersi mentre l’autista gli diceva che  non c’erano dubbi, fino a prova contraria lui era  proprio Mr Anthony Hopkins.

Mentre si allontana verso la macchina ho un impulso di quelli, per me, rarissimi. Allora lo blocco. Tony posso chiederti una foto?But of course”- mi risponde. Mentre siamo li per quei pochi secondi non so cosa dirgli.

Ma è lui a scuotermi dall’imbarazzo. “Your costume is way nicer than mine” (Il tuo costume è molto più bello del mio). E mi sorride con gli occhi.

 

——————————————

Sir Anthony Hopkins smiled at me: “Your costume is much nicer than mine”

First day of filming on the set of “Those About to Die” in which I play Senator Supulcius. Today, we’re shooting with Sir Anthony Hopkins. The absolute legend. He, the terrifying Hannibal, but also the impeccable, devoted butler in “The Remains of the Day” or, more recently, the heartbreaking father in “The Father” He, the extraordinary actor who has frightened and moved entire generations.

But what is he like? Have you ever met him? I ask Rupert Penry-Jones, who plays Consul Marsus in the series.

– He is an exceptional man even before being the star that he is, you’ll see.

Rupert, as his name suggests, is super English and comes from three generations of actors. His parents have shared the stage for years with Hopkins, and his mother says he is a very humble and generous man.

We are filming at Studio 5, the enormous one used by Fellini. A scene where we, the patricians, are lined up in front of the litter where Sir Anthony, playing Emperor Vespasian, will climb after a long monologue. We wait for him in silence. When he arrives, there is a general shiver. Here he is, the legend in flesh and blood, his unmistakable smile with his eyes. Piercingly blue. He is 86 years old but has the vitality of a young man, all concentrated in his magnetic gaze.

– Oh thank God my taxi is here, -he says, pointing to the litter. The silence breaks into general laughter. Roland Emmerich, the director, approaches to greet him, but he goes straight to Rupert and hugs him. He says he will never forget his parents when he shared the stage with them all over England, those were the  most important years of his acting life, the ones that shaped him.

I watch him as he acts and wish I could steal everything from him. His pauses, his measure, his gesture, his control.

At the end of the scene, we are all around him, listening to his stories. He says that one day in Los Angeles, when “The Silence of the Lambs” had just come out, he asked his driver to stop the car on the side of the motorway. All those billboards lining the highway with his face in the foreground had surprised  him. – How was it possible that he, a poor child  from Wales, had ended up at the center of worldwide attention? A leap that, at that moment, standing under one of those giant images, seemed incomprehensible to him. Is that really me? – he kept asking himself while the driver assured him there was no doubt, he was indeed Mr. Anthony Hopkins.

As he walks away towards the car, I have one of those impulses that are very rare for me. So, I stop him – Tony, can I ask you for a photo? – But of course – he replies. While we’re there for those few seconds, I don’t know what to say to him. But he shakes me out of the embarrassment. – Your costume is way nicer than mine –

And he smiles at me with his eyes.

Con il titolo e nella gallery: Marco Gambino durante le riprese romane di “Those about to die”

(Gaetano Perricone). Sono particolarmente grato al mio carissimo cugino Marco Gambino, eccellente attore palermitano da una vita trapiantato a Londra, per questo suo nuovo, prezioso contributo a questo blog. Una testimonianza deliziosa e davvero speciale sul suo incontro sul set con un “mostro sacro” del cinema mondiale, uno dei più grandi attori di tutti i tempi. Non so se Marco sia il primo palermitano ad avere lavorato con Sir Anthony Hopkins, posso  immaginarlo senza però averne alcuna certezza: in ogni caso credo sia una notizia prestigiosa per la cultura della città dove entrambi siamo nati e cresciuti insieme. Grazie di cuore a Marco Gambino, cugino con il quale siamo legatissimi – lo dico con orgoglio e grande affetto – , per questo bel regalo che ha fatto a me e ai lettori del Vulcanico 

 

L'articolo E Sir Anthony Hopkins mi sorrise: “Il tuo costume è molto più bello del mio”. Also in english proviene da Il Vulcanico.

]]>
Le Guide dell’Etna rassicurano: nessuna problematica per le eruzioni, potete visitare il vulcano con noi, con tranquillità https://ilvulcanico.it/le-guide-delletna-rassicurano-nessuna-problematica-per-le-eruzioni-potete-visitare-il-vulcano-con-noi-con-tranquillita/ Tue, 16 Jul 2024 06:36:25 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25074 di Vincenzo Greco * Alla luce delle recenti informazioni divulgate da numerose testate giornalistiche nazionali e internazionali, desideriamo fornire chiarimenti e rassicurazioni riguardo alla situazione del vulcano Etna, noto per essere uno dei vulcani più attivi al mondo. È importante sottolineare che non esistono problematiche rilevanti riguardanti l’Etna. Le recenti eruzioni non hanno provocato alcun […]

L'articolo Le Guide dell’Etna rassicurano: nessuna problematica per le eruzioni, potete visitare il vulcano con noi, con tranquillità proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Vincenzo Greco *
Alla luce delle recenti informazioni divulgate da numerose testate giornalistiche nazionali e internazionali, desideriamo fornire chiarimenti e rassicurazioni riguardo alla situazione del vulcano Etna, noto per essere uno dei vulcani più attivi al mondo. È importante sottolineare che non esistono problematiche rilevanti riguardanti l’Etna. Le recenti eruzioni non hanno provocato alcun disagio né alla popolazione locale né ai numerosi turisti, i quali vengono quotidianamente accompagnati lungo percorsi attentamente selezionati e situati a distanza di sicurezza dalle zone interessate dai fenomeni vulcanici.
L’attività del vulcano rientra nei normali cicli eruttivi caratteristici del vulcanismo etneo, e non presenta alcun aspetto eccezionale o anomalo. Questi cicli eruttivi, sebbene possano sembrare impressionanti, sono del tutto normali e gestiti con la massima attenzione e professionalità da parte delle autorità competenti.
Desideriamo rassicurare tutti i potenziali visitatori che le nostre escursioni sono pianificate con scrupolosa cura e in stretta collaborazione con esperti vulcanologi, garantendo così un’esperienza sicura e affascinante. Il fenomeno delle eruzioni, oltre a non rappresentare alcun pericolo imminente, offre uno spettacolo naturale di straordinaria bellezza, in grado di affascinare tutti coloro che decidono di affidarsi a noi per vivere questa avventura unica.
Pertanto, invitiamo chiunque sia interessato a visitare l’Etna a farlo con tranquillità, certi che la sicurezza e il benessere dei nostri ospiti sono la nostra priorità assoluta.
* Guida Vulcanologica Etna Nord 
L’ultimo comunicato dell’INGV O.E. dopo l’attività di stanotte, all’alba di oggi 16 luglio 2024
COMUNICATO DI ATTIVITA’ VULCANICA del 2024-07-16 04:16 (UTC) 06:16 ora locale
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Osservatorio Etneo, comunica che dall’analisi delle telecamere di sorveglianza si è osservato che l’attività di fontana di lava del Cratere Voragine [che nella notte ha prodotto una colonna eruttiva alta circa 6000 m s.l.m. che si è propagata in direzione Est con segnalazione di ricaduta di cenere negli abitati di Viagrande e Acicastello] si è gradualmente esaurita per poi cessare intorno alle 00:10 UTC, mantenendo una modesta attività stromboliana sino alle 03:00 circa UTC. Per ciò che riguarda la colata lavica [attività cominciata stanotte e che è tracimata dall’orlo nord occidentale del cratere Bocca Nuova con il fronte a una quota di 3000 m slm circa.prodotta nel corso dell’evento di fontana] appare ancora debolmente alimentata. Dal punto di vista sismico, l’ampiezza media del tremore vulcanico, dopo aver raggiunto i valori massimi tra le 19:40 e le 23:00 UTC di ieri, ha quindi mostrato un trend in decremento ed alle 03:30 UTC circa ha raggiunto l’intervallo dei valori medi, ove tuttora permane. Le sorgenti del tremore sono confinate nell’area dei crateri sommitali ad una elevazione di circa 3000 m sopra il livello del mare. L’attività infrasonica è bassa, con eventi localizzati prevalentemente al cratere di sud-est. Per quanto riguarda le deformazioni del suolo, a partire dalle 00:00 UTC non si registrano variazioni significative.
Con il titolo e nella gallery: le meravigliose immagini di Vincenzo Greco dell’ultima attività dell’Etna

L'articolo Le Guide dell’Etna rassicurano: nessuna problematica per le eruzioni, potete visitare il vulcano con noi, con tranquillità proviene da Il Vulcanico.

]]>
Sua Altezza l’Etna! Storia delle vette regine del vulcano Patrimonio dell’umanità https://ilvulcanico.it/sua-altezza-letna-storia-delle-vette-regine-del-vulcano-patrimonio-dellumanita/ Thu, 11 Jul 2024 04:32:29 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25043 di Santo Scalia “Sua altezza l’Etna”: è solo un gioco di parole per dire che stiamo per parlare dell’altezza del nuovo cratere cresciuto sull’orlo orientale del cratere La Voragine del vulcano Etna, e che ha registrato un nuovo record. Tutto è cominciato nelle prime ore del 14 giugno 2024. Dopo un silenzio di più di […]

L'articolo Sua Altezza l’Etna! Storia delle vette regine del vulcano Patrimonio dell’umanità proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Santo Scalia

Sua altezza l’Etna”: è solo un gioco di parole per dire che stiamo per parlare dell’altezza del nuovo cratere cresciuto sull’orlo orientale del cratere La Voragine del vulcano Etna, e che ha registrato un nuovo record.

Tutto è cominciato nelle prime ore del 14 giugno 2024. Dopo un silenzio di più di tre anni, infatti, all’interno del cratere denominato La Voragine è cominciata una moderata attività di spattering; un conetto di scorie ha iniziato a manifestare una allegra attività di lancio di scorie incandescenti che è andata intensificandosi nel corso delle successive settimane.

L’accumulo di scorie ha generato un piccolo cono piroclastico che ha raggiunto alcune decine di metri di altezza. L’attività eruttiva, che ha prodotto anche una colata di lava che si è riversata all’interno del vicino cratere Bocca Nuova, è cresciuta fino a raggiungere lo stato di parossismo, con altissime fontane di lava ed una colonna eruttiva di parecchi chilometri di altezza.

Grafico del tremore vulcanico registrato alla stazione Cratere del Piano (ECPN) dall’Ingv

Un nuovo episodio parossistico si è manifestato la mattina del 7 luglio: a riattivarsi è stato lo stesso cratere all’interno della Voragine. Al termine dell’attività, i depositi piroclastici aggiuntisi a quelli del parossismo precedente, hanno fatto sì che il nuovo valore dell’altezza del vulcano abbia raggiunto i 3.369 metri s.l.m. (3). Va detto però che tale valore è stato ottenuto «secondo i rilievi effettuati da drone […]. Le classiche tecniche topografiche, in particolare quelle più accurate, non sono utilizzabili in ambienti pericolosi come l’area craterica sommitale etnea di questi giorni, dovendo ridurre al minimo il tempo di permanenza in alta quota del personale. I droni riescono a superare queste difficoltà, poiché possono essere pilotati da zone relativamente sicure e permettono il rilievo di aree anche molto ampie».

Il Cratere di Sud-Est (a sinistra) ed il Cratere di Nord-Est (a destra). La seconda e la terza cima sull’Etna (Foto S. Scalia)

In precedenza il punto più alto dell’intero vulcano era rappresentato dal Cratere di Sud-Est (o SEC), il più giovane dei crateri terminali etnei: nato nel 1971 come uno sprofondamento, si è clonato creando un nuovo cono parallelo (per anni denominato Nuovo Cratere di Sud-Est o NSEC), ha generato parecchie nuove bocche (quella orientale e quella detta della Sella), e si è ricompattato in un unico cono ed è cresciuto fino a raggiungere l’altezza di 3.357 metri. Ha impiegato quasi di mezzo secolo, ma è stato il più alto di tutti per quasi tre anni.

Ancor prima, il Nord-Est, (nato il 27 maggio 1911) – di 60 anni più anziano del Sud-Est (nato il 18 maggio 1971) – ha detenuto il record di altezza a partire dal 1978, con i 3350 metri raggiunti in seguito alla serie di 18 attività parossistiche consecutive manifestate dallo stesso cratere tra il 1977 ed il 1978.

Ma andiamo un po’ indietro nel tempo: per i greci l’Etna era tanto alto da raggiungere il cielo, anzi, era una “colonna del cielo” (cfr. Pindaro, Ode Pitica Ia, 518 – 438 a.C).

Nel 1558 il monaco domenicano Tommaso Fazello, nella sua opera De rebus siculis decades duæ scriveva: «Celsior est cæteris, qui sunt in Siciliæ, montibus. […] Est enim altitudinis p.m. supra 30 […]», la cui traduzione rileviamo dall’edizione palermitana del 1830: «Egli è più alto di tutti gli altri monti che sono in Sicilia. […] È d’altezza più di trenta miglia […]», valore confermato anche da Don Pietro Carrera nel suo Il Mongibello descritto in libri tre del 1636.

«Ascensum triginta circiter millia passuum ad plus habet» è la stima secondo Filoteo degli Omodei nell’Ætnæ topographia, incendiorumque Ætnæorum historia del 1591. Qualche secolo dopo, nel 1793, l’abate Francesco Ferrara, nell’opera Storia generale dell’Etna ci informa del valore dell’altezza del monte, pari a «[…] circa 1610 tese sulla superficie del mare vicino».

Una misura più “scientifica” l’abbiamo nel 1815 dal canonico Giuseppe Recupero che dedica un paragrafo alla «Altezza assoluta di Mongibello determinata col Quadrante geometrico»: «secondo la nostra canna d’architettura due mila duecento ottantacinque canne e sei palmi, che ridotte in tese parigine vengono a fare due mila trecento venti sei  tese, e quattro piedi» (vedi Storia naturale e generale dell’Etna, cap. IV).

Carta volcanologica e topografica dell’Etna di Émile Chaix – 1892 (dalla BNF)

Nel 1892 il geografo Émile Chaix (1856 – 1924) realizzò una Carta volcanologica e topografica dell’Etna nella quale il punto più alto dell’Etna viene posto al Gran Cratere (allora ce n’era solo uno!) ad una altezza di 3313 metri, valore riportato uguale l’anno dopo nella carta di Wagner & Debes.

Carta IGM in scala 1:50.000 (1895)

Nel 1895 l’Istituto Geografico Militare italiano – IGM – nella carta in scala 1:50.000 indica un valore di 40 metri inferiore, pari a 3273 metri.

Il valore rimane praticamente invariato nella carta del 1919 edita dal Touring Club Italiano (3274 metri) mentre scende a 3263 nella carta IGM in scala 1:25000 del 1932.

il Cratere di Nord-Est, il punto più alto dell’Etna dal 1978 al 2021 (foto S. Scalia)

Il 1964 è un anno di grande fermento per la sommità dell’Etna: nel corso degli episodi eruttivi di aprile e luglio si genera un nuovo cratere, il cosiddetto Cratere del ’64, che diviene il nuovo punto di massima altezza con 3323 metri. Tale misura verrà indicata  invariata nelle carte topografiche dell’ IGM 1:25.000 del 1969 e 1:50.000 (a colori) del 1983, oltre che nella carta del Touring Club Italiano del 1984. Queste ultime due non avevano ancora recepito il nuovo valore raggiunto dal Cratere di Nord-Est, che già, a partire dal 1978, era divenuto il punto più alto dell’Etna, con i suoi 3350 metri raggiunti in seguito alla serie di 18 attività parossistiche consecutive manifestate tra il 1977 ed il 1978.

Successivamente, in seguito a vari crolli avvenuti lungo gli orli del cratere di Nord-Est, il valore dell’altezza era man mano divenuto inferiore, fino a raggiungere i 3326 nel 2018 e infine 3320 metri nel 2019.

Riferimenti:

  • Etna: il ritorno in scena della Voragine (A.I.V. 2 luglio 2024)
  • Quando La Voragine fa sul serio: gli episodi parossistici del 4-5 e 7 luglio 2024 (A.I.V. 8 luglio)
  • La Voragine fa la voce grossa … e diventa la nuova vetta dell’Etna! (INGV vulcani 10 luglio 2024)

Con il titolo: la nuova cima dell’Etna: 3.369 metri (attenzione: la prospettiva inganna…)

 

 

L'articolo Sua Altezza l’Etna! Storia delle vette regine del vulcano Patrimonio dell’umanità proviene da Il Vulcanico.

]]>
I rischi dal populismo e l’illusione della democrazia eterna https://ilvulcanico.it/i-rischi-dal-populismo-e-lillusione-della-democrazia-eterna/ Wed, 10 Jul 2024 05:50:43 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25033 di Maurizio Muraglia In un libretto che può essere letto in poche ore (Fascismo e populismo. Mussolini oggi. Bompiani 2023) ma deve essere meditato molto più a lungo , Antonio Scurati raccoglie il discorso da lui pronunciato il 29 settembre 2022 alle Rencontres internationales de Genève che si tengono ogni anno dal 1946 con lo […]

L'articolo I rischi dal populismo e l’illusione della democrazia eterna proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Maurizio Muraglia

In un libretto che può essere letto in poche ore (Fascismo e populismo. Mussolini oggi. Bompiani 2023) ma deve essere meditato molto più a lungo , Antonio Scurati raccoglie il discorso da lui pronunciato il 29 settembre 2022 alle Rencontres internationales de Genève che si tengono ogni anno dal 1946 con lo scopo di mantenere il dialogo culturale tra le nazioni in una prospettiva di pace.

È un libro che rievoca il fascismo ma non per dirci che il fascismo, così come lo abbiamo conosciuto, potrebbe ripetersi. Anzi, egli lo esclude. Lo esclude paradossalmente per non sottovalutarne l’eredità. “Le nostre esistenze di occidentali si sono improvvisamente ristrette, sono diventate tutte una questione privata, una solitudine planetaria” (15). Con quest’affermazione Scurati marca la transizione dal sentire novecentesco, con i suoi umori postbellici e resistenziali, all’edonismo di fine secolo e millennio, che fa fatica a leggere gli eventi in prospettiva storica.

Ma c’è di più. Non è solo questione di disimpegno. È anche questione di impegno mal riposto: “La prescrizione – quasi un diktat culturale – a raccontare il fascismo attraverso l’antifascismo, e dunque la tendenza di un intero popolo a identificarsi con la posizione simbolica della vittima, ha ostacolato l’assunzione di responsabilità narrativa indispensabile a fare i conti col passato”. Occorre ricordare che “noi, gli italiani, eravamo stati fascisti” (25-26), dice Scurati, e attorno a questa consapevolezza egli invita a rivisitare il fascismo coniugando i due assi attorno ai quali si è dipanata la vicenda di Mussolini: violenza e seduzione.

Sono preziose le innumerevoli notazioni storiche con le quali l’autore consente al lettore di andare oltre i luoghi comuni sul fascismo e su Mussolini, preparando il terreno per la seconda parte del testo in cui indaga i fondamenti del populismo, ravvisandoli puntualmente nella retorica fascista del capo e della sua identificazione col popolo: “Questa è la mia tesi: i movimenti, i partiti e soprattutto i leader politici che oggi sfidano la democrazia nella forma che noi abbiamo conosciuto fino ad ora, cioè la piena democrazia, la democrazia parlamentare liberale, teorizzando o praticando formule intimamente contraddittorie quali quella di ‘democrazia autoritaria’, siano essi italiani, spagnoli, francesi, tedeschi, brasiliani o statunitensi, non discendono dal Mussolini fascista. Essi discendono, invece, dal Mussolini populista” (31-32).

È il populismo di Mussolini, in altri termini, ovvero la sua insofferenza per la fatica e la complessità del metodo parlamentare, ereditato da partiti di destra, di sinistra o sedicenti né di destra né di sinistra, che rappresenta, per Scurati, il vero pericolo per la democrazia, dinanzi al quale è necessaria la massima vigilanza. Il populismo di Mussolini viene analizzato attraverso la sua rivoluzione linguistica: “Innanzitutto, frasi brevi. Brevi, brevissime e sintatticamente elementari. Soggetto, verbo, complemento oggetto. Ogni frase un detto memorabile, ogni frase interamente citabile, ogni frase uno slogan” (59).

Difficile non riconoscere quest’attitudine nei leader contemporanei. E difficile non riconoscere anche quel che Scurati ravvisava in Claudio Treves, direttore prima di Mussolini del quotidiano socialista “Avanti!”: “Treves scriveva in nome del popolo ma lo faceva sciorinando una prosa colta, dotta, complessa, un periodare ricco di consecutive e subordinate. Scriveva, insomma, in nome del popolo ma in un modo che il popolo stentava a capire” (61). Non serve commentare.

La parte che Scurati dedica al populismo è di grande acutezza. Dalla politica della paura, alla semplificazione della vita moderna, alla comunicazione al corpo con il corpo è passata in rassegna la fenomenologia della postura populistica, con tutte le ascendenze mussoliniane puntualmente individuate.

Le righe conclusive dedicate alla democrazia sono un invito al risveglio dal torpore indotto dall’ “illusione della democrazia eterna” (89). “A furia di scandire il tempo con gli aperitivi – nota Scurati a proposito del modo in cui la sua generazione nata alla fine degli anni Sessanta, aveva perso di vista la narrazione dei padri e dei nonni -, stavamo dimenticando una verità semplice ma esatta, incontrovertibile e fondamentale, riguardo alla natura stessa della democrazia: la democrazia non è figlia del caso ma nemmeno della necessità; non è un dono del cielo, è una conquista; la storia della democrazia è, fuor di ogni dubbio, la storia della lotta per essa” (89-90).

Un libretto prezioso, segnato dai grandi doni dell’acume storico e della chiarezza espositiva. Un libretto che fa giustizia di ogni retorica, quella fascista come quella antifascista e che non fa sconti a nessun populismo, ravvisandone – al netto della violenza fisica – la profonda continuità col fascismo e con il suo duce e la sua cifra di pericolosità per la democrazia liberale parlamentare.

Un libretto necessario per chiamare le cose col proprio nome.

Antonio Scurati, Fascismo e populismo. Mussolini oggi. Bompiani 2023

Con il titolo: 10 giugno 1940, Mussolini annuncia al popolo italiano l’entrata in guerra

L'articolo I rischi dal populismo e l’illusione della democrazia eterna proviene da Il Vulcanico.

]]>