Ambiente Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/ambiente/ Il Blog di Gaetano Perricone Wed, 04 Jun 2025 16:27:13 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.1 Flussi piroclastici nel mondo … e sull’Etna https://ilvulcanico.it/flussi-piroclastici-nel-mondo-e-anche-sulletna/ Wed, 04 Jun 2025 16:00:53 +0000 http://ilvulcanico.it/?p=18820 di Santo Scalia La più famosa eruzione vulcanica della storia, universalmente conosciuta, sicuramente è quella del Monte Vesuvio avvenuta nell’anno 79 dopo Cristo, probabilmente il 24 ottobre. Al termine della sequenza esplosiva del vulcano, probabilmente nella mattina del 25, il collasso completo della colonna eruttiva determinò la formazione di flussi piroclastici che causarono la distruzione […]

L'articolo Flussi piroclastici nel mondo … e sull’Etna proviene da Il Vulcanico.

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di Santo Scalia

La più famosa eruzione vulcanica della storia, universalmente conosciuta, sicuramente è quella del Monte Vesuvio avvenuta nell’anno 79 dopo Cristo, probabilmente il 24 ottobre.

Al termine della sequenza esplosiva del vulcano, probabilmente nella mattina del 25, il collasso completo della colonna eruttiva determinò la formazione di flussi piroclastici che causarono la distruzione dell’area di Ercolano, Pompei e Stabia.

Cosa sono i flussi piroclastici? L’aggettivo piroclàstico [composto di piro– e clastico] è attribuito a “quei materiali che devono la loro genesi alle fasi esplosive del vulcanismo” [Treccani]. Cercando di essere più chiari, un prodotto piroclastico è quindi qualcosa che deve la sua formazione all’azione congiunta del fuoco (dal gr. πῦρ πυρός, «fuoco») e della frammentazione (dal greco κλαστός, «spezzato, sminuzzato», dal verbo κλάζω). Di questo fenomeno si è già parlato su questo blog (ilVulcanco.it), ma qui voglio ricordare alcuni aspetti legati alla storia del nostro vulcano, l’Etna.

Una colata piroclastica, detta anche flusso piroclastico o nube ardente, è formata dal letale miscuglio di gas ad alta temperatura, granuli di lava, ceneri vulcaniche e massi di varie dimensioni che rotola giù lungo i pendii del vulcano, con un enorme potere distruttivo nella sua discesa dato dall’energia cinetica acquistata per azione gravitazionale e dall’alta temperatura dei suoi componenti.

L’Etna spesso viene visto come un vulcano dalle abitudini prevalentemente effusive. Ma analizzando l’attività, anche remota, della nostra montagna vediamo che sull’Etna si sono verificati episodi di attività esplosiva particolarmente intensi, e che flussi piroclastici sono scesi anche lungo i suoi fianchi. E ciò non solo in epoche remote, ma anche in tempi recentissimi!

Proprio qualche giorno fa, nella mattinata del 2 giugno, nel corso del quattordicesimo episodio eruttivo avvenuto nell’anno in corso, il crollo di una parte del cono del Cratere di Sud-Est ha dato origine ad una valanga piroclastica che è scesa velocemente in direzione della Valle del Leone nella quale si è inoltrata per più di tre chilometri.

Il web pullula di immagini spettacolari e preoccupanti che mostrano l’enorme nuvola scura che si espande sulle pendici nord-orientali del vulcano, mentre numerosi turisti ed escursionisti osservano, affascinati e/o terrorizzati, l’evoluzione del fenomeno.

Un’idea di quanto accaduto si può avere guardando il video realizzato dal sito Etna 4 Seasons ( www.etna4seasons.it ) che ringraziamo per averne gentilmente concesso la riproduzione:

https://www.facebook.com/share/v/1AHUYpdfZB/

Fortunatamente non ci sono state vittime! Così non sarebbe stato se il crollo di parte del Cratere fosse stato più esteso; se il vento non avesse indirizzato, proprio in quei minuti, il flusso in direzione della Valle del Leone e non verso luoghi vicini, quali Pizzi Deneri e Piano delle Concazze; se, anziché la parte settentrionale, a crollare fosse stata quella meridionale, cosa che avrebbe indirizzato il mortale flusso in direzione del frequentatissimo Piano del Lago.

Ci si può porre una domanda: in passato erano già accaduti eventi del genere?

All’incirca 15.000 anni fa «durante un’intensa fase esplosiva caratterizzata da una serie di eruzioni pliniane, che hanno causato la formazione di una caldera» fu prodotta «una serie di depositi piroclastici ampiamente distribuiti sui fianchi dell’Etna» (dal blog IlVulcanico, 5 gennaio 2020).

Flusso piroclastico del 2006 (credits M.D.V. Etna Walk)

Ma anche nel passato recente si sono verificati flussi piroclastici lungo i pendii etnei: alcuni erano già stati osservati sull’Etna nel 2006 – come di seguito documentato dalla foto gentilmente concessa da Giuseppe Distefano (EtnaWalk) – nel 2012 (grazie alla impressionante testimonianza dell’amico Saro Barbagallo (vedi filmato) e nel 2013, foto realizzata dall’Autore

Un modesto flusso piroclastico originato nel corso dell’attività parossistica del Cratere di Sud-Est del 27 aprile 2013

«Nel mattino del 11 febbraio 2014, alle ore 06:07 GMT (=ore locali -1), dal basso versante orientale del cono del Nuovo Cratere di Sud-Est (NSEC) dell’Etna, si è staccato un volume di roccia instabile e parzialmente calda, formando una sorta di frana o valanga dall’aspetto molto simile ad un flusso piroclastico, che in circa un minuto è scesa sulla ripida parete occidentale della Valle del Bove, arrestandosi sul terreno più pianeggiante sul fondo della Valle […] Il flusso si è rapidamente allargato mentre avanzava sul campo lavico del 2008-2009, ricoprendolo quasi per intero, e raggiungendo il fondo della Valle del Bove con un fronte largo circa 1 km.». Così veniva descritto l’evento in un “aggiornamento” emesso dall’Ingv alle ore 08:20 di quel giorno.

 

Un modesto flusso piroclastico originato nel corso dell’attività parossistica del Cratere di Sud-Est del 27 aprile 2013

Il video della registrazione dell’evento dell’11 febbraio 2014 (ripreso dalla telecamera termica dell’INGV-Osservatorio Etneo posta a Monte Cagliato, sul fianco orientale dell’Etna) si può ammirare sul canale internet Youtube.

In seguito a questo episodio, che in altre situazioni avrebbe potuto anche avere conseguenze tragiche, la Prefettura di Catania vietò le escursioni, oltre che alle alte quote, anche nella parte alta della Valle del Bove. L’accesso alla Valle rimase vietato fino all’agosto dello stesso anno.

Flusso piroclastico del 2015 (immagine gentilmente concessa da G. Distefano – Etna Walk)

Nel 2015 nuovamente un episodio sull’Etna, documentato ancora una volta da Giuseppe Distefano (Etna Walk) e reperibile su Youtube.

Dal Bollettino settimanale Etna del 15/12/2020 pubblicato dall’INGV-OE di Catania

E ancora nella notte tra il 13 ed il 14 dicembre 2020, in concomitanza con un’intensa attività esplosiva al Cratere di Sud-Est, non uno, ma tre flussi piroclastici si sono distesi nell’alta area meridionale del vulcano; è stato sempre l’INGV (Bollettino settimanale Etna del 15/12/2020 – pagina 2) a darcene notizia: «[…] alle 22:15 si osservava un piccolo flusso piroclastico che si propagava dal fianco Sud-Ovest del SEC in direzione SSO. Alle 22:16, questo flusso si era già fermato e se ne generava un successivo più energetico, che ricalcando lo stesso percorso si espandeva per circa 2 km di distanza dal SEC in un tempo di ~40 sec (~50 m s-1), superando abbondantemente ad Ovest M.te Frumento Supino. Alle 22:30, si osservava un terzo flusso piroclastico di minore entità che si espandeva sempre in direzione SSO».

La didascalia allegata all’immagine chiarisce le varie fasi: “(a) fontana di lava e primo flusso piroclastico dal SEC osservati dalla telecamera termica della Montagnola (Sud) il 13 dicembre 2020. (b-k) sequenza della messa in posto del secondo flusso piroclastico dal SEC ripresa dalla telecamera termica di Nicolosi in 13 dicembre 2020 (Sud); (d) espansione del terzo flusso piroclastico dal SEC registrata dalla telecamera termica della Montagnola (Sud) il 13 dicembre 2020”.

Ma non è finita: nel corso dell’attività esplosiva ed effusiva del Cratere di Sud-Est (16 febbraio 2021) si è verificato un ulteriore flusso piroclastico, anche se di modesta entità. In rete si può vedere il filmato dell’evento, realizzato dall’Ingv, e quelle qui accanto sono alcune foto realizzate dal vulcanologo Boris Behncke.

 

Per completare l’informazione aggiungiamo alla lista anche un piccolo flusso, originato dal crollo parziale dell’orlo craterico del Sud-Est avvenuto in concomitanza con il 6° parossismo, quello del 24 febbraio.

Forse dobbiamo rivedere il nostro modo di avvicinarci alle quote più alte dell’Etna: fenomeni che credevamo non appartenessero al nostro vulcano, o che fossero soltanto dei ricordi di fasi evolutive molto lontane nel tempo, sono invece più frequenti di quanto non ci aspettassimo. Trovarsi nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, può risultare fatale.

E nel resto del mondo?

Particolare dalla carta dell’isola di Martinica di Juan Lopez (1781)

La storia degli eventi vulcanici avvenuti in epoca recente ci porta a ricordare una delle più note e catastrofiche colate piroclastiche accaduta nell’isola della Martinica: nella primavera del 1902 il vulcano chiamato la Montagna Pelée cominciò a dare segni di irrequietezza che sfociarono, l’8 maggio, in una catastrofica eruzione che distrusse completamente la città di Saint-Pierre, fiorente porto commerciale posto lungo la costa sud-occidentale, e uccise in pochi istanti i suoi più di 28.000 abitanti.

Frontespizio dell’opera di Lacroix (biblioteca personale)
Nuée ardente ( foto A. Lacroix – collezione personale)

Nel 1904 il vulcanologo Alfred Lacroix pubblicò un’opera imponente (in due volumi), descrivendo minuziosamente l’eruzione della Pelée in tutti i suoi espetti; in quell’occasione coniò il termine nuée ardente (cioè nube ardente), che ben rende l’idea del fenomeno che si era verificato, e che venne osservato e fotografato ancora il 16 dicembre ed il 25 gennaio dello stesso anno.

L’opera, dal titolo La Montagne Pelée et ses éruptions, è oggi disponibile oltre che come ristampa anastatica dei due volumi originali, anche in edizione digitale e resa fruibile gratuitamente al link della Bibliothèque numerique en histoire des sciences dell’Université de Lille, qui di seguito indicato :  IRIS.

 

La città di Sain-Pierre dopo la distruzione (cartolina postale – collezione personale)

La città di Sain-Pierre, come già detto, fu completamente rasa al suolo: rimasero in piedi solo alcuni dei muri orientati nella stessa direzione del flusso piroclastico e… la prigione, con dentro uno dei due soli sopravvissuti nella città: un detenuto, Auguste Ciparis – riportato spesso come Ludger Sylbaris – che, benché ustionato, si salvò grazie agli spessissimi muri della cella e alla posizione della finestra, rivolta dalla parte opposta al flusso.

Auguste Ciparis, in una cartolina d’epoca (collezione personale)
Manifesto del Circo Barnum & Baile – il sopravvissuto nella “silent city of death”

L’altro scampato alla morte, Léon Compère-Léandre, si trovava alla periferia della città e rimase miracolosamente vivo nonostante le ustioni e le ferite. Contrariamente a Ciparis che, liberato ed ottenuta la grazia, divenne una star internazionale grazie al Circo Barnum & Baile che lo portò in giro per il modo come attrazione mirabile, l’uomo sopravvissuto al giorno del giudizio”, Léon fu presto dimenticato.

Lo spettacolo che si presentò ai soccorritori fu tremendo, cadaveri o parti di essi erano sparsi un po’ dovunque. Si calcolò che la nube ardente avesse raggiunto la città in circa due minuti, alle 7:52, avendo viaggiato a circa 150 chilometri orari!

Purtroppo la Montagna Pelée non è il solo vulcano, oltre al Vesuvio, sul quale si verificano tali fenomeni. Oltre che dal collasso gravitazionale della colonna eruttiva non più sostentata dalla forza dei gas nel corso di una eruzione di tipo pliniano, tali valanghe si generano anche in seguito al crollo di parte dell’apparato vulcanico sommitale.

Nello stesso arcipelago di isole caraibiche, le Piccole Antille, anche un altro vulcano ha dato origine a flussi piroclastici, il vulcano Soufrière Hills nell’isola di Montserrat; il vulcano è tornato in attività nel 1995 dopo un lungo periodo di quiescenza, ha distrutto completamente la capitale dell’isola, Plymouth. Inoltre tanti altri vulcani della cosiddetta cintura di fuoco circumpacifica presentano manifestazioni di questo tipo: a titolo di esempio ricordiamo il Monte Sinabung (in Indonesia, Gunung Sinabung nella lingua locale), il vulcano filippino Mayon (sull’isola di Luzon, nelle Filippine), Il Pinatubo, sempre nelle Filippine, il vulcano Merapi (nell’isola di Giava in Indonesia) che nell’ottobre-novembre 2010 ha generato flussi piroclastici che hanno determinato la morte di 353 persone.

il Monte Unzen  (Unzendake, in Giappone, ad est di Nagasaki, nell’isola di Kyushu) è anche tristemente noto per aver causato, nel 1991 e sempre a causa di nubi ardenti, la morte dei noti coniugi vulcanologi francesi Katia e Maurice Krafft, oltre che di una quarantina di giornalisti e reporters.

In Italia non solo il Vesuvio (che ha generato modesti flussi piroclastici anche nel corso della sua ultima eruzione, quella del 1944) ma anche lo Stromboli nel 1930, e più recentemente nel corso delle cosiddette esplosioni maggiori del 3 luglio e del 28 agosto 2019, ha generato dei flussi piroclastici.

Per saperne di più sui vulcani di cui si è parlato, ma anche di tanti altri, può essere interessante consultare il Dictionaire des Volcans scritto dal vulcanologo Jean-Claude Tanguy e dal geologo Dominique Decobeq – redattore della  Revue de L.A.V.E (L’Association Volcanologique Européenne) – e pubblicato nel 2009 dalle Editions Jean-Paul Gisserot.

Con il titolo: Etna, il flusso piroclastico del 2 giugno 2025 (Foto Salvatore Lo Giudice)

 

 

 

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Flussi piroclastici sull’Etna e nel mondo https://ilvulcanico.it/flussi-piroclastici-sulletna-e-nel-mondo/ Wed, 04 Jun 2025 15:07:53 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25672 di Santo Scalia La più famosa eruzione vulcanica della storia, universalmente conosciuta, sicuramente è quella del Monte Vesuvio avvenuta nell’anno 79 dopo Cristo, probabilmente il 24 ottobre. Al termine della sequenza esplosiva del vulcano, probabilmente nella mattina del 25, il collasso completo della colonna eruttiva determinò la formazione di flussi piroclastici che causarono la distruzione […]

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di Santo Scalia

La più famosa eruzione vulcanica della storia, universalmente conosciuta, sicuramente è quella del Monte Vesuvio avvenuta nell’anno 79 dopo Cristo, probabilmente il 24 ottobre.

Al termine della sequenza esplosiva del vulcano, probabilmente nella mattina del 25, il collasso completo della colonna eruttiva determinò la formazione di flussi piroclastici che causarono la distruzione dell’area di Ercolano, Pompei e Stabia.

Cosa sono i flussi piroclastici? L’aggettivo piroclàstico [composto di piro– e clastico] è attribuito a “quei materiali che devono la loro genesi alle fasi esplosive del vulcanismo” [Treccani]. Cercando di essere più chiari, un prodotto piroclastico è quindi qualcosa che deve la sua formazione all’azione congiunta del fuoco (dal gr. πῦρ πυρός, «fuoco») e della frammentazione (dal greco κλαστός, «spezzato, sminuzzato», dal verbo κλάζω). Di questo fenomeno si è già parlato su questo blog (ilVulcanco.it), ma qui voglio ricordare alcuni aspetti legati alla storia del nostro vulcano, l’Etna.

Una colata piroclastica, detta anche flusso piroclastico o nube ardente, è formata dal letale miscuglio di gas ad alta temperatura, granuli di lava, ceneri vulcaniche e massi di varie dimensioni che rotola giù lungo i pendii del vulcano, con un enorme potere distruttivo nella sua discesa dato dall’energia cinetica acquistata per azione gravitazionale e dall’alta temperatura dei suoi componenti.

L’Etna spesso viene visto come un vulcano dalle abitudini prevalentemente effusive. Ma analizzando l’attività, anche remota, della nostra montagna vediamo che sull’Etna si sono verificati episodi di attività esplosiva particolarmente intensi, e che flussi piroclastici sono scesi anche lungo i suoi fianchi. E ciò non solo in epoche remote, ma anche in tempi recentissimi!

Proprio qualche giorno fa, nella mattinata del 2 giugno 2025, nel corso del quattordicesimo episodio eruttivo avvenuto nell’anno in corso, il crollo di una parte del cono del Cratere di Sud-Est ha dato origine ad una valanga piroclastica che è scesa velocemente in direzione della Valle del Leone nella quale si è inoltrata per più di tre chilometri.

Il web pullula di immagini spettacolari e preoccupanti che mostrano l’enorme nuvola scura che si espande sulle pendici nord-orientali del vulcano, mentre numerosi turisti ed escursionisti osservano, affascinati e/o terrorizzati, l’evoluzione del fenomeno.

Un’idea di quanto accaduto si può avere guardando il video realizzato dal sito Etna 4 Seasons ( www.etna4seasons.it ) che ringraziamo per averne gentilmente concesso la riproduzione:

https://www.facebook.com/share/v/1AHUYpdfZB/

Fortunatamente non ci sono state vittime! Così non sarebbe stato se il crollo di parte del Cratere fosse stato più esteso; se il vento non avesse indirizzato, proprio in quei minuti, il flusso in direzione della Valle del Leone e non verso luoghi vicini, quali Pizzi Deneri e Piano delle Concazze; se, anziché la parte settentrionale, a crollare fosse stata quella meridionale, cosa che avrebbe indirizzato il mortale flusso in direzione del frequentatissimo Piano del Lago.

Ci si può porre una domanda: in passato erano già accaduti eventi del genere?

All’incirca 15.000 anni fa «durante un’intensa fase esplosiva caratterizzata da una serie di eruzioni pliniane, che hanno causato la formazione di una caldera» fu prodotta «una serie di depositi piroclastici ampiamente distribuiti sui fianchi dell’Etna» (dal blog IlVulcanico, 5 gennaio 2020).

Flusso piroclastico del 2006 (credits M.D.V. Etna Walk)

Ma anche nel passato recente si sono verificati flussi piroclastici lungo i pendii etnei: alcuni erano già stati osservati sull’Etna nel 2006 – come di seguito documentato dalla foto gentilmente concessa da Giuseppe Distefano (EtnaWalk) – nel 2012 (grazie alla impressionante testimonianza dell’amico Saro Barbagallo (vedi filmato) e nel 2013, foto realizzata dall’Autore

Un modesto flusso piroclastico originato nel corso dell’attività parossistica del Cratere di Sud-Est del 27 aprile 2013

«Nel mattino del 11 febbraio 2014, alle ore 06:07 GMT (=ore locali -1), dal basso versante orientale del cono del Nuovo Cratere di Sud-Est (NSEC) dell’Etna, si è staccato un volume di roccia instabile e parzialmente calda, formando una sorta di frana o valanga dall’aspetto molto simile ad un flusso piroclastico, che in circa un minuto è scesa sulla ripida parete occidentale della Valle del Bove, arrestandosi sul terreno più pianeggiante sul fondo della Valle […] Il flusso si è rapidamente allargato mentre avanzava sul campo lavico del 2008-2009, ricoprendolo quasi per intero, e raggiungendo il fondo della Valle del Bove con un fronte largo circa 1 km.». Così veniva descritto l’evento in un “aggiornamento” emesso dall’Ingv alle ore 08:20 di quel giorno.

 

Un modesto flusso piroclastico originato nel corso dell’attività parossistica del Cratere di Sud-Est del 27 aprile 2013

Il video della registrazione dell’evento dell’11 febbraio 2014 (ripreso dalla telecamera termica dell’INGV-Osservatorio Etneo posta a Monte Cagliato, sul fianco orientale dell’Etna) si può ammirare sul canale internet Youtube.

In seguito a questo episodio, che in altre situazioni avrebbe potuto anche avere conseguenze tragiche, la Prefettura di Catania vietò le escursioni, oltre che alle alte quote, anche nella parte alta della Valle del Bove. L’accesso alla Valle rimase vietato fino all’agosto dello stesso anno.

Flusso piroclastico del 2015 (immagine gentilmente concessa da G. Distefano – Etna Walk)

Nel 2015 nuovamente un episodio sull’Etna, documentato ancora una volta da Giuseppe Distefano (Etna Walk) e reperibile su Youtube.

Dal Bollettino settimanale Etna del 15/12/2020 pubblicato dall’INGV-OE di Catania

E ancora nella notte tra il 13 ed il 14 dicembre 2020, in concomitanza con un’intensa attività esplosiva al Cratere di Sud-Est, non uno, ma tre flussi piroclastici si sono distesi nell’alta area meridionale del vulcano; è stato sempre l’INGV (Bollettino settimanale Etna del 15/12/2020 – pagina 2) a darcene notizia: «[…] alle 22:15 si osservava un piccolo flusso piroclastico che si propagava dal fianco Sud-Ovest del SEC in direzione SSO. Alle 22:16, questo flusso si era già fermato e se ne generava un successivo più energetico, che ricalcando lo stesso percorso si espandeva per circa 2 km di distanza dal SEC in un tempo di ~40 sec (~50 m s-1), superando abbondantemente ad Ovest M.te Frumento Supino. Alle 22:30, si osservava un terzo flusso piroclastico di minore entità che si espandeva sempre in direzione SSO».

La didascalia allegata all’immagine chiarisce le varie fasi: “(a) fontana di lava e primo flusso piroclastico dal SEC osservati dalla telecamera termica della Montagnola (Sud) il 13 dicembre 2020. (b-k) sequenza della messa in posto del secondo flusso piroclastico dal SEC ripresa dalla telecamera termica di Nicolosi in 13 dicembre 2020 (Sud); (d) espansione del terzo flusso piroclastico dal SEC registrata dalla telecamera termica della Montagnola (Sud) il 13 dicembre 2020”.

Ma non è finita: nel corso dell’attività esplosiva ed effusiva del Cratere di Sud-Est (16 febbraio 2021) si è verificato un ulteriore flusso piroclastico, anche se di modesta entità. In rete si può vedere il filmato dell’evento, realizzato dall’Ingv, e quelle qui accanto sono alcune foto realizzate dal vulcanologo Boris Behncke.

 

Per completare l’informazione aggiungiamo alla lista anche un piccolo flusso, originato dal crollo parziale dell’orlo craterico del Sud-Est avvenuto in concomitanza con il 6° parossismo, quello del 24 febbraio.

Forse dobbiamo rivedere il nostro modo di avvicinarci alle quote più alte dell’Etna: fenomeni che credevamo non appartenessero al nostro vulcano, o che fossero soltanto dei ricordi di fasi evolutive molto lontane nel tempo, sono invece più frequenti di quanto non ci aspettassimo. Trovarsi nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, può risultare fatale.

E nel resto del mondo?

Particolare dalla carta dell’isola di Martinica di Juan Lopez (1781)

La storia degli eventi vulcanici avvenuti in epoca recente ci porta a ricordare una delle più note e catastrofiche colate piroclastiche accaduta nell’isola della Martinica: nella primavera del 1902 il vulcano chiamato la Montagna Pelée cominciò a dare segni di irrequietezza che sfociarono, l’8 maggio, in una catastrofica eruzione che distrusse completamente la città di Saint-Pierre, fiorente porto commerciale posto lungo la costa sud-occidentale, e uccise in pochi istanti i suoi più di 28.000 abitanti.

Frontespizio dell’opera di Lacroix (biblioteca personale)
Nuée ardente ( foto A. Lacroix – collezione personale)

Nel 1904 il vulcanologo Alfred Lacroix pubblicò un’opera imponente (in due volumi), descrivendo minuziosamente l’eruzione della Pelée in tutti i suoi espetti; in quell’occasione coniò il termine nuée ardente (cioè nube ardente), che ben rende l’idea del fenomeno che si era verificato, e che venne osservato e fotografato ancora il 16 dicembre ed il 25 gennaio dello stesso anno.

L’opera, dal titolo La Montagne Pelée et ses éruptions, è oggi disponibile oltre che come ristampa anastatica dei due volumi originali, anche in edizione digitale e resa fruibile gratuitamente al link della Bibliothèque numerique en histoire des sciences dell’Université de Lille, qui di seguito indicato :  IRIS.

 

La città di Sain-Pierre dopo la distruzione (cartolina postale – collezione personale)

La città di Sain-Pierre, come già detto, fu completamente rasa al suolo: rimasero in piedi solo alcuni dei muri orientati nella stessa direzione del flusso piroclastico e… la prigione, con dentro uno dei due soli sopravvissuti nella città: un detenuto, Auguste Ciparis – riportato spesso come Ludger Sylbaris – che, benché ustionato, si salvò grazie agli spessissimi muri della cella e alla posizione della finestra, rivolta dalla parte opposta al flusso.

Auguste Ciparis, in una cartolina d’epoca (collezione personale)
Manifesto del Circo Barnum & Baile – il sopravvissuto nella “silent city of death”

L’altro scampato alla morte, Léon Compère-Léandre, si trovava alla periferia della città e rimase miracolosamente vivo nonostante le ustioni e le ferite. Contrariamente a Ciparis che, liberato ed ottenuta la grazia, divenne una star internazionale grazie al Circo Barnum & Baile che lo portò in giro per il modo come attrazione mirabile, l’uomo sopravvissuto al giorno del giudizio”, Léon fu presto dimenticato.

Lo spettacolo che si presentò ai soccorritori fu tremendo, cadaveri o parti di essi erano sparsi un po’ dovunque. Si calcolò che la nube ardente avesse raggiunto la città in circa due minuti, alle 7:52, avendo viaggiato a circa 150 chilometri orari!

Purtroppo la Montagna Pelée non è il solo vulcano, oltre al Vesuvio, sul quale si verificano tali fenomeni. Oltre che dal collasso gravitazionale della colonna eruttiva non più sostentata dalla forza dei gas nel corso di una eruzione di tipo pliniano, tali valanghe si generano anche in seguito al crollo di parte dell’apparato vulcanico sommitale.

Nello stesso arcipelago di isole caraibiche, le Piccole Antille, anche un altro vulcano ha dato origine a flussi piroclastici, il vulcano Soufrière Hills nell’isola di Montserrat; il vulcano è tornato in attività nel 1995 dopo un lungo periodo di quiescenza, ha distrutto completamente la capitale dell’isola, Plymouth. Inoltre tanti altri vulcani della cosiddetta cintura di fuoco circumpacifica presentano manifestazioni di questo tipo: a titolo di esempio ricordiamo il Monte Sinabung (in Indonesia, Gunung Sinabung nella lingua locale), il vulcano filippino Mayon (sull’isola di Luzon, nelle Filippine), Il Pinatubo, sempre nelle Filippine, il vulcano Merapi (nell’isola di Giava in Indonesia) che nell’ottobre-novembre 2010 ha generato flussi piroclastici che hanno determinato la morte di 353 persone.

il Monte Unzen  (Unzendake, in Giappone, ad est di Nagasaki, nell’isola di Kyushu) è anche tristemente noto per aver causato, nel 1991 e sempre a causa di nubi ardenti, la morte dei noti coniugi vulcanologi francesi Katia e Maurice Krafft, oltre che di una quarantina di giornalisti e reporters.

In Italia non solo il Vesuvio (che ha generato modesti flussi piroclastici anche nel corso della sua ultima eruzione, quella del 1944) ma anche lo Stromboli nel 1930, e più recentemente nel corso delle cosiddette esplosioni maggiori del 3 luglio e del 28 agosto 2019, ha generato dei flussi piroclastici.

Per saperne di più sui vulcani di cui si è parlato, ma anche di tanti altri, può essere interessante consultare il Dictionaire des Volcans scritto dal vulcanologo Jean-Claude Tanguy e dal geologo Dominique Decobeq – redattore della  Revue de L.A.V.E (L’Association Volcanologique Européenne) – e pubblicato nel 2009 dalle Editions Jean-Paul Gisserot.

Con il titolo: Etna, il flusso piroclastico del 2 giugno 2025 (Foto Salvatore Lo Giudice)

 

 

 

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ETNAS: così funziona il sistema di allerta precoce di eventi eruttivi dell’INGV https://ilvulcanico.it/etnas-cosi-funziona-il-sistema-di-allerta-precoce-di-eventi-eruttivi-dellingv/ Wed, 04 Jun 2025 05:10:58 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25616 FONTE:https://ingvvulcani.com/  a cura di: Flavio Cannavò, Stefano Branca, Eugenio Privitera, Salvatore Giammanco (la foto con il titolo è di Vincenzo Greco) Il 2 giugno 2025 l’Etna ha avuto una nuova eruzione parossistica di grande intensità, iniziata di notte e durata diverse ore. L’attività è partita dal Cratere di Sud-Est, con esplosioni stromboliane di intensità e frequenza crescente che sono […]

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FONTE:https://ingvvulcani.com/ 

a cura di: Flavio Cannavò, Stefano Branca, Eugenio Privitera, Salvatore Giammanco

(la foto con il titolo è di Vincenzo Greco)

Il 2 giugno 2025 l’Etna ha avuto una nuova eruzione parossistica di grande intensità, iniziata di notte e durata diverse ore. L’attività è partita dal Cratere di Sud-Est, con esplosioni stromboliane di intensità e frequenza crescente che sono evolute in attività di fontana di lava. Successivamente, un collasso parziale del fianco settentrionale del cratere ha prodotto  un flusso piroclastico che si è riversato nella Valle del Leone, sollevando una nube di cenere e altro materiale piroclastico visibile in gran parte della Sicilia orientale. Il parossismo era stato preannunciato dal sistema di allerta precoce (early warning) dell’INGV Osservatorio Etneo.

Scopriamo insieme di cosa si tratta.

I sistemi di early warning (EW) o allerta precoce (rapida) sono sistemi che sfruttano la differenza tra la velocità di propagazione del fenomeno fisico e la velocità di trasmissione dei dati. In tal modo si ottiene un «tempo utile» per adottare misure di autoprotezione e misure automatiche per la mitigazione del rischio.

Sull’Etna è stato creato e sviluppato il sistema ETNAS (ETna iNtegrated Alert System) di rilevamento precoce (early detection), finalizzato a riconoscere in anticipo il verificarsi di fontane di lava e di apertura di fratture eruttive laterali.

L’intensa attività dell’Etna e i cospicui flussi di dati di monitoraggio acquisiti ed elaborati, nel tempo hanno permesso lo sviluppo di diversi strumenti di allerta automatica, disponibili in tempo reale, per monitorare i cambiamenti nello stato dell’Etna.

Attualmente le attività di sorveglianza dell’Etna condotte dalla Sala Operativa dell’Osservatorio Etneo dell’INGV si basano su un sistema di monitoraggio multidisciplinare tra i più avanzati al mondo composto da circa 160 stazioni, molte delle quali multiparametriche. La sala operativa dell’INGV-OE gestisce vari sistemi di allerta, a seconda dei parametri monitorati, come mostrato in figura 1.

Fig. 1: Sistemi d’allerta della Sala Operativa INGV-OE per fontane di lava esistenti sull’Etna
Figura 1 – Sistemi d’allerta della Sala Operativa INGV-OE per fontane di lava esistenti sull’Etna

Secondo l’ONU, attraverso la “Strategia internazionale per la riduzione dei disastri”(ISDR) del 2006, l’allerta precoce è “la diffusione di informazioni tempestive ed efficaci, attraverso istituzioni identificate, che consente alle persone esposte al pericolo di agire per evitare o ridurre il rischio e prepararsi per una risposta efficace“, ed è l’integrazione di quattro elementi principali:

  1. La conoscenza del rischio e la sua valutazione;
  2. Il monitoraggio e la previsione dei fenomeni per la stima tempestiva del rischio potenziale;
  3. La diffusione delle informazioni attraverso sistemi di comunicazione efficaci, sia verso agenzie governative locali e regionali sia verso il pubblico, affinché possano creare consapevolezza ed educazione;
  4. La risposta del sistema attraverso coordinamento, buon governo e piani d’azione adeguati.

Un sistema di allerta precoce è costituito da una catena di sistemi tecnologici nella quale due ruoli importanti hanno il sistema che riconosce l’evento (early detection) che si basa sulle fondamentali attività di ricerca e il sistema che comunica l’allerta, basato sui piani di protezione civile. Occorre tenere ben presente, tuttavia, che il sistema che effettua l’early detection (rilevamento precoce) è di competenza degli enti di ricerca preposti (Monitoraggio e previsione), che si occupano anche delle ricerche per la caratterizzazione dei rischi e la conoscenza dei fenomeni (Conoscenza del rischio). Di contro, il sistema che si occupa di diramare l’allarme è di competenza della protezione civile (Diffusione delle informazioni), così come l’elaborazione e l’attuazione dei piani di protezione civile (Risposta del sistema).

ETNAS è una piattaforma digitale in grado di aggregare molteplici sottosistemi di allertamento e dati indipendenti, singolarmente basati su modelli e/o dati geofisici e geochimici differenti per fornire il miglior strumento centralizzato possibile di allerta in caso di eruzioni. Il vantaggio di ETNAS è quindi quello di incanalare tutti gli avvisi in un unico contenitore, evitando la frammentazione delle informazioni. Inoltre, è un sistema standardizzato, quindi scalabile ed implementabile all’occorrenza.

Sulla base della frequente attività eruttiva di tipo parossistico dell’Etna, l’INGV-OE possiede una solida base statistica che ha consentito di sviluppare tale sistema. A partire dai dati di monitoraggio si è operato un approccio mediante Machine Learning, con applicazione ai dati di un algoritmo sviluppato tramite un motore a regole ad albero di decisione costruito in modo da ottimizzare le performance previsionali su una base di dati pregressa.

Le informazioni di ingresso di ETNAS possono essere singoli sottosistemi di warning (su diverse tipologie di dati di monitoraggio) che diano valori discreti e finiti in uscita, o dati processati in tempo reale capaci di apportare informazioni sullo stato del vulcano. Il prodotto in uscita di ETNAS è uno stato di warning ricavato dalle informazioni in ingresso. Si definisce successo del warning il caso in cui l’intervallo di tempo di warning interseca almeno un evento target, mentre di contro si definisce falso allarme il caso in cui l’intervallo di tempo di warning non interseca alcun evento target. Infine, si definisce mancato allarme il caso in cui un evento target non interseca alcun intervallo di tempo di warning.

Si è quindi operata una rigida valutazione quantitativa dei risultati di questo approccio, in modo da definire e discriminare la percentuale di successi (True Positive Rate – TPR), che fornisce la probabilità di rilevamento corretto, dalla percentuale di falsi allarmi (False Discovery Rate – FDR), che invece fornisce la probabilità di falsi allarmi. La valutazione prevede anche la definizione del tempo medio di anticipo dell’allerta rispetto all’inizio dell’evento (Ta) per gli eventi target rilevati con successo e della frazione di tempo in allarme (fta) rispetto all’intero periodo di funzionamento. Sulla base di questa valutazione, le regole dell’albero di decisione vengono ricavate in modo tale che le prestazioni dell’allerta aggregata in uscita ottimizzino un obiettivo ben definito.

Per ETNAS sono state attualmente definite due diverse combinazioni di obiettivi, una per ciascuno dei due stati di warning ipotizzati, denominati F1 e F2:

F1: successo completo nel catalogo storico (TPR ≈ 100%), minimo fta, e massimo Ta, indica un warning di primo livello con alta probabilità di accadimento imminente di fontane di lava (più esposto a falsi allarmi);

F2: massima percentuale di successi TPR e minimo numero di falsi allarmi FDR, indica un warning di secondo livello con altissima probabilità di accadimento imminente o in corso di fontane di lava (più esposto a mancati allarmi).

In aggiunta, ETNAS introduce uno stato di warning specifico per fenomeni di intrusione magmatica, etichettato con I (Intrusive), che segnala possibile attività intrusiva e relativa apertura di fessure eruttive. I valori associati a tale allerta sono due:

I0, che indica bassa probabilità di intrusione magmatica;

I1, che segnala alta probabilità di intrusione magmatica.

Questo warning al momento non ha una validità statistica, in quanto è stato testato solo su un caso (eruzione 24 dicembre 2018), per il quale lo stato I1 ha anticipato di 20 minuti l’apertura della frattura eruttiva.

I vantaggi di un approccio tramite il modello di Machine Learning scelto risiedono nel fatto che non è parametrico, che permette la gestione di dati di ogni tipologia possibile, che permette la selezione automatica delle variabili e nel fatto che è veloce.

Le elaborazioni e i risultati del sistema ETNAS sono resi fruibili sia tramite consultazione di un’interfaccia web su sito dedicato e riservato, sia tramite messaggi di allertamento prodotti automaticamente al superamento di soglie predefinite ed inviati al Dipartimento di Protezione Civile.

Fig. 2: Interfaccia web di ETNAS (essendo il sistema in continua evoluzione, l’interfaccia potrà assumere un aspetto diverso)
Figura 2 – Interfaccia web di ETNAS (essendo il sistema in continua evoluzione, l’interfaccia potrà assumere un aspetto diverso)

L’introduzione del sistema di messaggistica automatica ETNAS è finalizzata a rispondere all’esigenza delle strutture territoriali di protezione civile di avere una tempestiva informazione relativamente a fontane di lava ed intrusioni magmatiche. Il passaggio tra stati di warning è comunicato automaticamente attraverso l’invio di email e SMS ad un indirizzario prestabilito del DPC, del DRPC e dei Centri di Competenza.

Pur con le sue limitazioni, le prestazioni del sistema ETNAS sono su livelli molto elevati e ampiamente soddisfacenti. Calcolando infatti i parametri di performance per i warning automatici per il periodo 2011-2022 otteniamo i seguenti valori (Cannavò et al, lavoro in preparazione):


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Creta chiama, Etna risponde. ERO “sente” il rumore del sisma a 1000 km di distanza https://ilvulcanico.it/creta-chiama-etna-risponde-ero-sente-il-rumore-del-sisma-a-1000-km-di-distanza/ Sun, 25 May 2025 05:29:24 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25591 di Rosario Catania (team ERO) Alle pendici dell’Etna è attivo da un decennio il progetto del team E.R.O. acronimo di Etna Radio Observatory, un osservatorio per lo studio dei segnali radio di origine naturale Creando una stazione così vicina all’Etna, il team intende analizzare tutte le possibili sorgenti radio che un vulcano attivo potrebbe emettere, […]

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di Rosario Catania (team ERO)

Alle pendici dell’Etna è attivo da un decennio il progetto del team E.R.O. acronimo di Etna Radio Observatory, un osservatorio per lo studio dei segnali radio di origine naturale

Grafica che mostra i campi di indagine del progetto Etna Radio Observatory (cortesia E.R.O)

Creando una stazione così vicina all’Etna, il team intende analizzare tutte le possibili sorgenti radio che un vulcano attivo potrebbe emettere, dalle frequenze molto basse alle microonde. L’osservatorio svolge quindi un’attività al confine tra le misure fisiche di monitoraggio ambientale e la radioastronomia, passando per la vulcanologia.

Il campo principale di ricerca di E.R.O. è quello delle onde radio a bassissima frequenza (Very Low Frequencies, VLF) che forniscono informazioni sugli eventi fisici che si verificano sulla Terra, nella sua atmosfera e nella magnetosfera circostante. Quello delle basse frequenze è un tema che ha sempre affascinato i ricercatori, perché alle basse frequenze corrispondono onde molto lunghe, in grado di penetrare dove le normali trasmissioni radio si fermano e per lo stesso motivo è una regione di frequenze a lungo studiata in relazione agli eventi sismici. Infatti, solo un segnale a bassissima frequenza proveniente dalle rocce delle faglie in pressione, nelle fasi che precedono un evento sismico, sarebbe in grado di raggiungere la superficie attraversando chilometri di crosta terrestre! I segnali ricevuti a queste frequenze sono quindi definiti “la voce della Terra”, una sorta di finestra sull’attività temporalesca globale del pianeta, sull’attività della magnetosfera che circonda la Terra, sugli effetti dell’attività solare che interagisce con la magnetosfera terrestre, e forse anche una possibile chiave di lettura di alcuni eventi geofisici come terremoti ed eruzioni. Ma non solo basse frequenze!

Alcune misure vengono fatte direttamente sul campo (cortesia E.R.O)

Il progetto ERO vanta oggi due  stazioni funzionanti 24 ore al giorno, (di cui una completamente automatica ad energia solare), per la rilevazione di segnali radio naturali e rappresentano un laboratorio sperimentale per lo sviluppo di nuovi campi di indagine; sono a gestione remota e i segnali sono visibili pubblicamente online. Le stazioni prendono il nome dalla località in cui operano e sono, ERO-ETNAPARK, ERO-SANLEO, in quest’ultima è operativo un sistema per lo studio delle radiazioni a microonde per le emissioni termiche dell’Etna durante le fasi di una eruzione, con lo scopo di rilevare spot caldi sulla superficie, intesi come temperatura di brillanza di un corpo che emette calore, ancor prima dell’ episodio eruttivo stesso. In costruzione anche un ricevitore per indagini astrofisiche, nello specifico, un ricevitore per l’emissione dell’idrogeno neutro della nostra galassia, operante nelle microonde, conosciuta come riga a 21cm.

L’ERO-ETNAPARK è attrezzato per ricevere, analizzare e registrare questi segnali radio-naturali, con un sensore principale chiamato tecnicamente “SEARCH o INDUCTION COIL”, tradotto “Bobina di ricerca”, affiancato da altri due dispositivi. Il primo è un sistema costituito da due antenne che funzionano come una sorta di bussola (IDEAL LOOP): si tratta di una coppia di spire ortogonali, come quelle montate sulle imbarcazioni per identificare la posizione dei radiofari e far puntare la nave, anche in assenza di un segnale GPS. Il secondo è un geofono verticale, che non è altro che un microfono a pavimento, ma invece di catturare i suoni che viaggiano nell’aria come un microfono tradizionale, cattura i suoni e le vibrazioni che si propagano nel terreno. Le vibrazioni vengono trasformate in un debole segnale elettrico che viene poi amplificato, analizzato e registrato dalla stazione di monitoraggio. Lavorando su frequenze di pochi Hz, il geofono è in grado di “sentire” i terremoti che si verificano in un raggio che può arrivare a mille chilometri, ma è anche un orecchio sul vulcano, pronto a cogliere il minimo sussurro o tremore scatenato dall’Etna nel corso delle eruzioni (specialmente quelle a carattere parossistico-esplosivo). Dai dati raccolti negli anni infatti, si è osservato che quando il magma inizia a salire lungo i condotti eruttivi, ancor prima di vedere la superficie, può essere rilevato dal geofono della postazione, apparendo come un rombo alla frequenza di pochi Hertz. Tuttavia, lo studio comparativo di questi segnali microfonici con i campi elettromagnetici rilevati dal SEARCH COIL non ha ancora rilevato correlazioni tra tremori vulcanici e campi magnetici a bassa frequenza. Ma gli eventi di una certa gravità finora monitorati sono stati pochi (per fortuna!) e solo nel corso di anni di ricerca si potrà capire se campi magnetici ed eruzioni sono in qualche modo collegati e se possono essere utilizzati come allerta per un imminente fenomeno eruttivo. Per ora… sembrerebbe di no.

Evento sismico Mw 6.0 a Creta (Grecia), 22 maggio 2025

Distanza tra epicentro e stazioni E.R.O. (tratto da Google Earth)

Alle ore 05:19 italiane del 22 maggio 2025 si è generato un terremoto di magnitudo Mw 6.0 nel mare antistante l’isola di Creta (Grecia) a circa 62 km di profondità.

L’area interessata è inserita nella regione dell’arco ellenico, che interessa tre grandi placche, l’Africa, l’Eurasia ed l’Arabia. In particolare, Creta si colloca nella parte superficiale di quest’arco, con eventi sismici storici di magnitudo fino ad 8.

Nonostante la distanza tra l’epicentro e le stazioni E.R.O. (circa 1000Km), gli strumenti hanno registrato l’evento sismico in modo chiaro e direi in questo caso senza precedenti, in termini di definizione dell’impronta sismica, sia sui sismometri che sui magnetometri, in quest’ultimi determinata dall’effetto microfonico.

L’effetto microfonico in un magnetometro si riferisce alla risposta del sensore alle vibrazioni meccaniche. In pratica, il magnetometro, progettato per misurare variazioni nel campo magnetico terrestre, può interpretare le scosse sismiche e le vibrazioni del terreno come segnali magnetici, generando così “rumore” o artefatti nelle sue misurazioni. Le vibrazioni non sono solo le scosse dirette del terremoto, ma anche le vibrazioni strutturali dell’edificio o della piattaforma su cui è installato il magnetometro. Anche le onde acustiche a bassa frequenza (infrasuoni) generate dal sisma possono indurre vibrazioni meccaniche nel sensore. I magnetometri sono strumenti estremamente sensibili e qualsiasi vibrazione fisica o movimento del sensore o dei suoi componenti (cavi, involucro, ecc.) può indurre piccole variazioni nel campo magnetico locale o nel modo in cui il sensore interagisce con esso. Dopo un sisma, le vibrazioni possono essere intense e persistenti, causando una “rumorosità” significativa nel segnale di uscita del magnetometro.

Ed è il caso di questo evento sismico le cui onde giunte fino ai sensori ne hanno determinato lo scuotimento, marcando il loro passaggio in modo indelebile sui segnali registrati e visualizzati nelle immagini seguenti.

Sismogramma del sima di Creta catturato dal sensore LEGO (cortesia E.R.O)
Sismogramma del sima di Creta catturato dal sensore SISMUS NEODIMIO (cortesia E.R.O)
Spettrogramma del sima di Creta catturato dal sensore GEOFONO VERTICALE (cortesia E.R.O)

 

 

 

 

 

 

 

Spettrogramma del sima di Creta catturato dal magnetometro IDEAL LOOP (cortesia E.R.O)
Spettrogramma del sima di Creta catturato dal magnetometro SEARCH-COIL (cortesia E.R.O)

 

 

 

 

 

 

Conclusioni

La chiarezza con cui si è manifestato questo evento sismico nei grafici elaborati dalle stazioni E.R.O. mostra come un fenomeno naturale, seppur distante, può rappresentare un’occasione di approfondimento nello studio dei segnali radio naturali. Il geofono, che è un sensore geofisico adatto a registrare i movimenti del suolo, conferma che l’impronta visibile sia sul magnetometro lineare che sul magnetometro ortogonale, è quella di  un terremoto, che se anche avvenuto a 1000Km di distanza, ha prodotto lo scuotimento del suolo a tal punto da far muovere letteralmente i sensori con tale energia. E’ la prima volta che sul magnetometro ortogonale viene visualizzato un effetto microfonico con una tale definizione! Un motivo di orgoglio per tutto il team ed un episodio che arricchisce il database che Etna Radio Observatory ha costruito in 10 anni di applicazione.

Oggi Etna Radio Observatory collabora con l’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il Parco dell’Etna ed STMicroelectronics, grazie a convenzioni stipulate per attività di studio sui segnali radio naturali, coadiuvata dall’utilizzo di tecnologia MEMS e Microcontrollori.

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Etna, 11 aprile 2025: magia di una notte https://ilvulcanico.it/etna-11-aprile-2024-magia-di-una-notte/ Sat, 12 Apr 2025 18:39:30 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25512 (Gaetano Perricone) Godiamoci senza troppe parole le meravigliose immagini, piene di infinita bellezza e potenza dell’attività eruttiva dell’Etna della serata dell’11 aprile 2025, che ancora una volta la bravissima e appassionatissima Giovinsky Aetnensis, con questo breve ma intenso video, ha reso pubbliche su Youtube per la gioia di chi ama in ogni parte del mondo il […]

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(Gaetano Perricone) Godiamoci senza troppe parole le meravigliose immagini, piene di infinita bellezza e potenza dell’attività eruttiva dell’Etna della serata dell’11 aprile 2025, che ancora una volta la bravissima e appassionatissima Giovinsky Aetnensis, con questo breve ma intenso video, ha reso pubbliche su Youtube per la gioia di chi ama in ogni parte del mondo il Vulcano sito naturale del Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco. Con l’ennesimo grazie di vero cuore a Giovinsky a  nome anche dei lettori del Vulcanico.

Vale la pena, per completezza d’informazione, riportare una parte del testo del comunicato dell’INGV Osservatorio Etneo delle 23,59 dell’11 aprile, che descriveva così l’attività già conclusa: “L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Osservatorio Etneo, comunica che dalle telecamere di sorveglianza si osserva un flusso lavico da tracimazione dal cratere di sud-est, contestualmente continua l’attività stromboliana alimentata dallo stesso cratere con un regime ed intensità variabile. Dal punto di vista sismico, il tremore vulcanico ha mostrato dopo le 17:30 UTC una fase di decremento mantenendosi tuttavia ancora su valori alti. La localizzazione delle sorgenti del tremore permane in corrisponde Cratere di Sud-Est ad una quota di circa 2900 metri s.l.m”

 

 

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Etna, natura straordinaria non da “consumare”, ma da rispettare e proteggere https://ilvulcanico.it/etna-natura-straordinaria-non-da-consumare-ma-da-rispettare-e-proteggere/ Tue, 11 Mar 2025 08:57:27 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25446 di Itala Calabrese Oggetto dell’attività: escursione sull’Etna con visita al fronte lavico spento Partenza dal primo sentiero dell’ Etna, creato nel 1991, “Monte nero degli Zappini” e arrivo alla pista Altomontana interrotta dal fronte lavico, fermo dal 20 febbraio 2025. Compito principale della guida ambientale escursionistica, è quello di accompagnare, informare e sensibilizzare i gruppi […]

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di Itala Calabrese

Oggetto dell’attività: escursione sull’Etna con visita al fronte lavico spento

Partenza dal primo sentiero dell’ Etna, creato nel 1991, “Monte nero degli Zappini” e arrivo alla pista Altomontana interrotta dal fronte lavico, fermo dal 20 febbraio 2025. Compito principale della guida ambientale escursionistica, è quello di accompagnare, informare e sensibilizzare i gruppi di escursionisti durante le escursioni, favorendo una fruizione consapevole e sicura dell’ambiente naturale. Le responsabilità includono vari aspetti, tra cui

•Sicurezza: conoscenza del territorio e delle condizioni meteo.
•Educazione ambientale: fornire informazioni dettagliate sulla flora, fauna, geologia, storia e cultura del territorio, stimolando il rispetto per l’ambiente.

•Gestione del gruppo: assicurarsi che tutti siano adeguatamente equipaggiati e che nessuno venga lasciato indietro. •Rispetto dell’ambiente: non disturbare la fauna, non lasciare rifiuti e camminare solo su sentieri segnati per evitare danni alla vegetazione e al suolo.

Riflessioni di una Guida ambientale escursionistica AIGAE 
Noi apparteniamo alla Natura, ma lo abbiamo dimenticato. Vivere in città ci ha sicuramente allontanato da una connessione diretta e profonda con l’ambiente naturale, facendoci perdere di vista il rispetto e la cura che dovremmo avere per esso. La Natura è la nostra casa comune, e dovremmo trattarla con la stessa attenzione che riserviamo alla nostra casa, prevenendo danni o incidenti. Purtroppo, spesso trattiamo la Natura come se fosse un parco giochi, un luogo da esplorare senza un vero rispetto delle sue regole e dei suoi rischi. La non conoscenza del territorio, l’uso di attrezzature inadeguate o il sottovalutare le condizioni atmosferiche sono solo alcuni degli errori che possono mettere in pericolo chi si avventura senza la dovuta preparazione. La natura non è un luogo da conquistare, ma un ambiente di cui far parte in armonia, comprendendo i suoi ritmi e rispettandone i limiti.
Vorrei sollevare una questione, un’attenzione fondamentale sul cambiamento del rapporto che le persone, soprattutto i siciliani, hanno con l’Etna. “A muntagna” è sempre stata un simbolo di maestosità e un’opportunità di avventura per tutti, senza restrizioni particolari, il che ha reso l’Etna un luogo facilmente accessibile e amato da tanti. Tuttavia, con il passare degli anni, si è perso un po’ il senso del rispetto e della consapevolezza che dovremmo avere nei confronti di un fenomeno naturale così potente e imprevedibile. Il cambiamento, cioè un approccio meno rispettoso e più superficiale alla montagna e alle sue eruzioni, è purtroppo un fenomeno comune in molte aree naturali. L’accesso facilitato e l’abbondanza di informazioni ha portato molte persone a sottovalutare i rischi o a trattare la montagna come una semplice attrazione turistica. Questo, unito alla mancanza di un adeguato messaggio educativo sul rispetto della natura, ha contribuito a una gestione poco armoniosa e talvolta irresponsabile.
La mia osservazione su quest’ultima eruzione, vista da parecchie persone perché a portata di mano e facilmente accessibile, è un esempio concreto di come la gestione della sicurezza e dell’informazione possa risultare inefficace, soprattutto quando manca un corretto coordinamento tra le autorità e una chiarezza sui ruoli delle guide professioniste. In effetti, la presenza di confusione e polemiche alimenta solo incertezze e comportamenti poco consapevoli, mettendo a rischio la sicurezza di tutti. È indispensabile un impegno maggiore per educare alla responsabilità e promuovere un’idea di Natura che non sia solo da fruire, da “consumare”, ma da rispettare e proteggere. Noi siamo Natura, ci nutriamo di Natura, respiriamo Natura, in un equilibrio molto delicato, un tempo rispettato, oggi rotto dalla smania consumistica dell’uomo moderno. Pur essendo noi parte del Pianeta Terra, ne siamo diventati predatori.
Le foto sono di Itala Calabrese

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Etna in eruzione: gestione, sicurezza, approccio responsabile. Un evento straordinario e le sue implicazioni https://ilvulcanico.it/etna-in-eruzione-gestione-sicurezza-approccio-responsabile-un-evento-straordinario-e-le-sue-implicazioni/ Sat, 08 Mar 2025 05:45:07 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25431 di Vincenzo Greco L’ultima eruzione dell’Etna ha rappresentato uno degli eventi più seguiti e condivisi dell’epoca moderna, grazie alla grande accessibilità della colata lavica e alla diffusione virale delle immagini sui social media. Questo fenomeno ha generato una forte attrazione per escursionisti, appassionati e semplici curiosi, ma al tempo stesso ha evidenziato importanti criticità nella […]

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di Vincenzo Greco

L’ultima eruzione dell’Etna ha rappresentato uno degli eventi più seguiti e condivisi dell’epoca moderna, grazie alla grande accessibilità della colata lavica e alla diffusione virale delle immagini sui social media. Questo fenomeno ha generato una forte attrazione per escursionisti, appassionati e semplici curiosi, ma al tempo stesso ha evidenziato importanti criticità nella gestione dell’afflusso di persone, nella sicurezza e nella percezione del rischio. L’Etna, come tutti i vulcani attivi, presenta dinamiche imprevedibili e situazioni che possono variare anche nel giro di poche ore. Per questo motivo, l’approccio corretto all’ambiente vulcanico non può essere improvvisato, ma deve basarsi su conoscenza, preparazione e consapevolezza. Tuttavia, l’ampia diffusione di video e immagini ha portato molte persone ad avvicinarsi al fenomeno senza un’adeguata preparazione, generando situazioni di potenziale pericolo sia per chi era presente, sia per chi successivamente ha emulato comportamenti rischiosi. È stato questo, più di ogni altra cosa, a spingere le autorità a intervenire con ordinanze restrittive, limitando l’accesso all’area. Ma il problema non è mai stato chi, come le guide o gli appassionati esperti, conosce e rispetta il vulcano. Il vero nodo della questione è stato l’approccio incontrollato di chi si è avventurato senza preparazione, mettendo a rischio sé stesso e indirettamente influenzando le decisioni istituzionali

Il ruolo delle guide vulcanologiche: tra responsabilità e sicurezza. Le guide vulcanologiche sono figure professionali riconosciute da una legge regionale e nazionale. Abbiamo scelto questo mestiere per passione, formazione ed esperienza, esattamente come chiunque sceglie una professione nella propria vita. Accompagniamo le persone in sicurezza, trasmettiamo conoscenze, valutiamo i rischi e, quando la situazione lo richiede, siamo i primi a decidere di non avvicinarci se il pericolo è elevato. L’idea che le ordinanze siano state fatte per “favorire” le guide è una percezione errata e fuorviante. Non siamo noi a stabilire le restrizioni, ma le autorità competenti, sulla base delle evidenze e delle criticità emerse sul campo. Emerge però una questione importante: se il rischio non è tale da giustificare un blocco totale, perché impedire a professionisti certificati di fare il loro lavoro? Allo stesso tempo, se un appassionato esperto e consapevole sa come muoversi, perché non permettergli di vivere il vulcano nel rispetto delle regole e della sicurezza? Le guide non sono un ostacolo, ma un punto di riferimento. Nell’ultima eruzione, oltre a svolgere il nostro lavoro, abbiamo fornito assistenza a numerose persone impreparate: escursionisti senza attrezzatura adeguata, gruppi disorientati che si sono uniti ai nostri tour per non perdersi, persone in difficoltà a causa del freddo o del terreno accidentato. Abbiamo agito per senso di responsabilità, oltre che per dovere professionale. Tuttavia, questo ha generato discussioni anche all’interno dei gruppi accompagnati, con clienti che si sono chiesti perché parte del nostro tempo fosse dedicato ad aiutare estranei in difficoltà. La risposta è semplice: davanti a una situazione di rischio, il dovere morale e umano viene prima di tutto.

I social media e l’effetto emulazione: un problema da affrontare. L’epoca digitale ha reso l’Etna più visibile che mai, ma ha anche favorito un fenomeno preoccupante: l’emulazione di comportamenti rischiosi. Quando sui social si vedono persone avvicinarsi alla lava, cucinare sopra le colate, lasciare segni indelebili sul terreno, si trasmette un messaggio distorto: quello di un ambiente privo di pericoli, dove chiunque può muoversi liberamente senza conseguenze. Ma la realtà è ben diversa. Chi si è trovato sul campo nei giorni dell’eruzione sa quanti interventi di soccorso sono stati necessari per persone che si sono spinte oltre il limite, senza avere le competenze per gestire l’imprevisto. E non è solo una questione di sicurezza personale: gli atteggiamenti superficiali hanno portato a decisioni istituzionali che hanno penalizzato anche chi avrebbe potuto vivere l’evento in modo consapevole e rispettoso.

Gestire le eruzioni future: una proposta per un approccio più equilibrato. L’Etna continuerà a eruttare, e il problema non si risolverà semplicemente con divieti e ordinanze. È necessario un cambio di mentalità e di gestione, che tenga conto delle esigenze di tutti: ✅ Presidi di controllo nei punti di accesso, con figure che possano monitorare e fornire informazioni. ✅ Distinzione tra chi è preparato e chi no, per evitare restrizioni indiscriminate. ✅ Collaborazione tra guide, enti di ricerca e protezione civile, per garantire sicurezza senza eccessi di rigidità. ✅ Regolamentazione chiara dell’uso dei social media, con campagne di sensibilizzazione per evitare la promozione di comportamenti rischiosi. ✅ Educazione e informazione sul vulcano, per creare una cultura del rispetto e della consapevolezza. L’obiettivo non deve essere quello di impedire l’accesso, ma di permettere a chi è preparato di vivere il vulcano in sicurezza, evitando al tempo stesso che il fenomeno venga banalizzato o spettacolarizzato senza coscienza.

Conclusione: un invito alla coerenza e alla responsabilità. L’Etna è un patrimonio straordinario, ma anche un ambiente che richiede rispetto. Non è una competizione tra guide, appassionati e istituzioni: è una questione di gestione intelligente e di approccio responsabile. Nessuno deve essere messo contro nessuno. Non esistono “caste” o privilegi, ma ruoli e competenze che devono essere riconosciuti e valorizzati. Il messaggio è chiaro: non basta limitare, bisogna educare. Non basta vietare, bisogna fornire alternative sicure. E, soprattutto, non si può permettere che le decisioni prese in emergenza diventino la norma per il futuro. L’Etna continuerà a offrirci spettacoli incredibili. Sta a noi scegliere se viverli con consapevolezza o con superficialità.

Con il titolo e nell’articolo: le spettacolari foto dell’eruzione di Vincenzo Greco

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Etna, febbraio 2025: tutta l’eruzione minuto per minuto https://ilvulcanico.it/etna-febbraio-2025-tutta-leruzione-minuto-per-minuto/ Fri, 07 Mar 2025 06:27:45 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25424 FONTE: https://ingvvulcani.com/ di Boris Behncke, Massimo Cantarero, Danilo Cavallaro, Emanuela De Beni, Gaetana Ganci, Marco Neri, Mario Paratore, Cristina Proietti  Dall’8 febbraio 2025 è in corso sull’Etna un’eruzione subterminale prevalentemente effusiva alimentata da bocche situate a quota 3050 m s.l.m, allineate lungo una fessura eruttiva alla base meridionale del cratere sommitale Bocca Nuova. L’eruzione è stata accompagnata […]

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FONTE: https://ingvvulcani.com/

di Boris Behncke, Massimo Cantarero, Danilo Cavallaro, Emanuela De Beni, Gaetana Ganci, Marco Neri, Mario Paratore, Cristina Proietti 

Dall’8 febbraio 2025 è in corso sull’Etna un’eruzione subterminale prevalentemente effusiva alimentata da bocche situate a quota 3050 m s.l.m, allineate lungo una fessura eruttiva alla base meridionale del cratere sommitale Bocca Nuova. L’eruzione è stata accompagnata episodicamente anche da attività stromboliana di modesta intensità e, il 24 e il 28 febbraio, da due limitati trabocchi lavici al Cratere di Sud-Est. La colata lavica emessa da questa fessura si è propagata in direzione sud-ovest ricoprendo principalmente aree desertiche e solo marginalmente un piccolo bosco tra 1900 e 1800 m s.l.m. Sebbene l’evento eruttivo non abbia minacciato aree antropizzate, ha comunque interrotto un breve tratto della “pista Altomontana” all’interno del Parco dell’Etna. La pista Altomontana si sviluppa ad una quota media di 1750 m s.l.m e circumnaviga l’area sommitale dell’Etna dal fianco Sud a quello Nord-est. La colata, attraversando aree densamente innevate, ha prodotto frequenti esplosioni dovute all’interazione lava-neve. L’eruzione ha, inoltre, rappresentato una straordinaria attrazione turistica richiamando migliaia di persone ai fronti lavici in avanzamento.

Nel seguito descriveremo l’eruzione, focalizzando l’attenzione sulla cronologia degli eventi nel contesto della più recente attività eruttiva del vulcano.

Attività eruttiva precedente

Nell’estate del 2024, l’Etna ha offerto uno straordinario spettacolo naturale, con una fase di attività stromboliana ed emissione di colate laviche dal cratere sommitale Voragine, che hanno formato spettacolari cascate tuffandosi nell’adiacente cratere Bocca Nuova. Nelle  settimane seguenti, tra luglio ed agosto, l’intensità dell’attività alla Voragine è aumentata fino a ha produrre sei episodi parossistici con alte fontane di lava, trabocchi lavici e colonne eruttive cariche di materiale piroclastico, che è stato distribuito dai venti nei settori orientale, sud-orientale e meridionale del vulcano. Dopo l’ultimo di questi parossismi è seguita una fase di minore attività esplosiva al Cratere di Nord-Est. Infine, il 10 novembre 2024 è avvenuto un episodio di intensa attività esplosiva in zona Bocca Nuova – Voragine, che ha prodotto una colata lunga meno di 400 m propagatasi in direzione sudovest; tale evento è stato praticamente invisibile anche per le telecamere di sorveglianza dell’INGV-OE a causa delle cattive condizioni meteo.

Da allora, l’Etna è rimasta in uno stato di equilibrio, che è durato fino ai primi giorni di febbraio 2025. Infatti, tutti i segnali registrati dalle reti strumentali di monitoraggio – attività sismica, deformazioni del suolo, emissioni di gas, dati termici e altri – indicavano che il vulcano era in una fase di relativa quiete.

Tuttavia a partire dal 5 febbraio sono state osservate alcune deboli emissioni di cenere scura da un punto sul fianco nord-occidentale del Cratere di Sud-Est (punto rosso di Figura 1), in corrispondenza della sommità del vecchio cono che si era accresciuto tra la fine degli anni 70 e il 2007. Contemporaneamente, l’ampiezza del tremore vulcanico ha cominciato a mostrare fluttuazioni e un trend di progressivo incremento. La mattina del 7 febbraio sono avvenute alcune piccole esplosioni stromboliane dall’alto fianco nord-occidentale del Cratere di Sud-Est. L’arrivo di una perturbazione meteo ha impedito di monitorare l’evoluzione dell’attività fino al pomeriggio dell’8 febbraio.

Figura 1 - Rilievo ombreggiato dell’area sommitale dell’Etna ottenuto dall’elaborazione delle immagini acquisite da drone il 12 settembre 2024, per i crateri BN, VOR e CNE, e il 31 luglio 2024 per il CSE. Le isoipse sono tracciate ogni 100 m. CSE= cratere di Sud Est, CNE= cratere di Nord Est, VOR= Voragine, BN= Bocca Nuova. Il punto rosso indica la bocca che ha emesso attività stromboliana a partire dal 5 febbraio.
Figura 1 – Rilievo ombreggiato dell’area sommitale dell’Etna ottenuto dall’elaborazione delle immagini acquisite da drone il 12 settembre 2024, per i crateri BN, VOR e CNE, e il 31 luglio 2024 per il CSE. Le isoipse sono tracciate ogni 100 m. CSE= cratere di Sud Est, CNE= cratere di Nord Est, VOR= Voragine, BN= Bocca Nuova. Il punto rosso indica la bocca che ha emesso attività stromboliana a partire dal 5 febbraio.

L’eruzione di febbraio 2025

Quando al tramonto dell’8 febbraio le nuvole si sono diradate, le telecamere di sorveglianza poste sulla Montagnola, sull’alto versante meridionale dell’Etna, hanno permesso di osservare un bagliore nella zona conosciuta come “Cratere del Piano” (Figura 2a). Si tratta di un ampio pianoro alla base meridionale dei crateri sommitali, ad una quota tra 2950 e 3100 m. Là, proprio alla base del ripido pendio meridionale del cratere Bocca Nuova, si era aperta una fessura con alcune bocche effusive dalle quali usciva una colata di lava diretta verso sud-ovest (Figura 2b).

Figura 2 - (a) Bagliori (frecce gialle) visibili nelle prime immagini della telecamera di sorveglianza sulla Montagnola dopo il ritiro delle nuvole, la sera dell’8 febbraio 2025. (b) Una lingua di lava si espande dalle bocche eruttive verso l’alto versante sud-occidentale dell’Etna (foto di Francesco Ciancitto, INGV-OE). BN = Bocca Nuova, VOR = Voragine, SEC = Cratere di Sud-Est

Figura 2 – (a) Bagliori (frecce gialle) visibili nelle prime immagini della telecamera di sorveglianza sulla Montagnola dopo il ritiro delle nuvole, la sera dell’8 febbraio 2025. (b) Una lingua di lava si espande dalle bocche eruttive verso l’alto versante sud-occidentale dell’Etna (foto di Francesco Ciancitto, INGV-OE). BN = Bocca Nuova, VOR = Voragine, SEC = Cratere di Sud-Est.

Durante i giorni successivi la colata si è rapidamente espansa sul ripido versante sud-occidentale dell’Etna, formando un unico flusso largo poche decine di metri, per poi riversarsi nella vallata tra la fessura eruttiva del 1610 a est (conosciuta per la grotta di scorrimento denominata “Grotta degli Archi”) e l’antico cono del Monte Pecoraro a ovest (Figura 3). Nel frattempo si è anche osservato, un progressivo aumento  dell’attività esplosiva sul lato nord-occidentale del Cratere di Sud-Est, dove erano attive almeno due bocche che producevano nubi di cenere, bombe e blocchi, scuri di giorno e incandescenti al buio (Figura 4a). Da queste bocche, un sistema di fratture e fessure si estendeva verso nord-ovest, tagliando l’orlo sud-orientale del cratere Bocca Nuova, curvando poi verso sud-ovest fino a raggiungere l’estremità della fessura dove era in corso l’emissione di lava (Figura 3; Figura 4b). Nella sella posta tra i crateri Bocca Nuova e Sud-Est, ovvero lungo il sistema di fratture sopra descritto, una piccola bocca stava inoltre producendo attività stromboliana.

Figura 3 - Mappa della colata aggiornata al 24 febbraio, sovrapposta al rilievo ombreggiato del terreno ottenuto dall’elaborazione delle immagini acquisite da drone il 12 settembre 2024, per i crateri BN, VOR e CNE, e il 31 luglio 2024 per il CSE. Le isoipse sono tracciate ogni 100 m. CSE= cratere di Sud Est, CNE= cratere di Nord Est, VOR= Voragine, BN= Bocca Nuova. Le due immagini, visibile e termica acquisite da drone il 19 febbraio 2024, mostrano la porzione più bassa del campo lavico.
Figura 3 – Mappa della colata aggiornata al 24 febbraio, sovrapposta al rilievo ombreggiato del terreno ottenuto dall’elaborazione delle immagini acquisite da drone il 12 settembre 2024, per i crateri BN, VOR e CNE, e il 31 luglio 2024 per il CSE. Le isoipse sono tracciate ogni 100 m. CSE= cratere di Sud Est, CNE= cratere di Nord Est, VOR= Voragine, BN= Bocca Nuova. Le due immagini, visibile e termica acquisite da drone il 19 febbraio 2024, mostrano la porzione più bassa del campo lavico.
Figura 4 - Teatro eruttivo nella serata del 12 febbraio. (a) Attività stromboliana ed emissione di cenere da due bocche sull’alto fianco nord-occidentale del Cratere di Sud-Est (a destra) e da una bocca posta nella sella tra il Cratere di Sud-Est e la Bocca Nuova (a sinistra). (b) Attività effusiva alle bocche poste alla base meridionale del cratere Bocca Nuova. (Foto di Boris Behncke, INGV-OE).
Figura 4 – Teatro eruttivo nella serata del 12 febbraio. (a) Attività stromboliana ed emissione di cenere da due bocche sull’alto fianco nord-occidentale del Cratere di Sud-Est (a destra) e da una bocca posta nella sella tra il Cratere di Sud-Est e la Bocca Nuova (a sinistra). (b) Attività effusiva alle bocche poste alla base meridionale del cratere Bocca Nuova. (Foto di Boris Behncke, INGV-OE).

L’emissione di cenere dalle bocche esplosive sul Cratere di Sud-Est è aumentata il 14 febbraio e ancora una volta il 16, producendo leggere ricadute di cenere sui settori sud ed est dell’Etna. Il 17 febbraio l’emissione di cenere è diminuita, ma è aumentata l’attività stromboliana prodotta da una delle bocche poste sull’alto fianco nord-occidentale del Cratere di Sud-Est e da quella che è conosciuta come la “bocca della sella”, nella parte occidentale della sommità del cratere (Figura 5). Tale attività è continuata con fluttuazioni fino al pomeriggio del 19 febbraio.

Figura 5 - Attività stromboliana al Cratere di Sud-Est ed effusiva alla base della Bocca Nuova (a sinistra), nelle prime ore del 17 febbraio 2025 (Foto di Boris Behncke, INGV-OE).
Figura 5 – Attività stromboliana al Cratere di Sud-Est ed effusiva alla base della Bocca Nuova (a sinistra), nelle prime ore del 17 febbraio 2025 (Foto di Boris Behncke, INGV-OE).

Negli stessi giorni il flusso lavico si è progressivamente allungato verso sud-ovest, raggiungendo e tagliando la pista forestale altomontana nel pomeriggio del 16 febbraio e bruciando alcuni pini prima di arrestarsi il giorno successivo (Figura 6). Un nuovo braccio lavico, accostatosi sul lato nord-occidentale di quello precedente, ha coperto un’altra sezione della pista e distrutto un piccolo pioppeto nonché parte di un boschetto di pini nel mattino del 19 febbraio. Anche più a monte si stavano formando diverse piccole ramificazioni parallele al flusso principale.

Figura 6 - (a) Fronte lavico in zona Galvarina, dove ha tagliato la pista forestale altomontana, 16 febbraio 2025 (Foto di Rosanna Corsaro, INGV-OE). (b) e (c) Fronte lavico in zona Galvarina, la sera del 19 febbraio 2025 (Foto di Catherine Lemercier).
Figura 6 – (a) Fronte lavico in zona Galvarina, dove ha tagliato la pista forestale altomontana, 16 febbraio 2025 (Foto di Rosanna Corsaro, INGV-OE). (b) e (c) Fronte lavico in zona Galvarina, la sera del 19 febbraio 2025 (Foto di Catherine Lemercier).

Nel pomeriggio del 19 febbraio, l’ampiezza del tremore vulcanico ha subito un brusco calo, che è continuato nella notte, portandolo su un livello medio basso, simile a quello precedente all’inizio dell’eruzione. Nel mattino del 20 febbraio un debolissimo flusso lavico era ancora presente alle bocche effusive, mentre i fronti lavici erano fermi e la colata in progressivo raffreddamento.

Dopo due giorni di ridotta o assente attività effusiva, nel pomeriggio del 22 febbraio si è osservata una ripresa dell’emissione di lava, accompagnata da un lento incremento dell’ampiezza del tremore vulcanico. Il giorno successivo è anche ricominciata l’attività esplosiva al Cratere di Sud-Est, dove tre bocche sul fianco nord-occidentale stavano producendo esplosioni stromboliane. Il 24 si è attivata anche la “bocca della sella” del Cratere di Sud-Est, uno dei due principali centri eruttivi di questo cratere, con esplosioni stromboliane ed emissione di una piccola colata di lava verso l’alto fianco meridionale del cratere. Inoltre, una delle quattro bocche aveva formato un cratere di forma ellittica con asse maggiore di circa 100 m (Figura 7). Nel frattempo la lava aveva formato nuovi bracci nella parte alta della colata dell’8-20 febbraio, raggiungendo una quota minima di 2480 m s.l.m. Nel mattino del 25 febbraio, l’attività ha subito un brusco calo, e l’ampiezza del tremore vulcanico è diminuita, attestandosi su un livello basso. Ancora una volta, nella serata del 27 febbraio, ha ripreso l’attività stromboliana alla “bocca della sella” del Cratere di Sud-Est. Il 28 febbraio si è osservato un nuovo trabocco lavico dalla “bocca della sella”, che ha fatto lo stesso percorso di quello del 24, sull’alto fianco meridionale del CSE. L’attività effusiva sotto la Bocca Nuova ha generato molteplici rami lavici, che si sono espansi sull’alto versante sud-occidentale, allargando la parte alta del campo lavico in formazione dall’8 febbraio. L’attività esplosiva alla “bocca della sella” è progressivamente diminuita nella serata del 28 febbraio e si è arrestata nella notte. Il 2 marzo è stato osservato un debole flusso lavico attivo alla fessura effusiva sotto la Bocca Nuova.

Figura 7 - Immagini termiche del Cratere di Sud Est, acquisite da drone il 24 febbraio, che mostrano le quattro bocche esplosive, la tracimazione lavica da una delle bocche e il nuovo cratere formato da una di esse, il cui orlo è delimitato dal tratteggio in verde.
Figura 7 – Immagini termiche del Cratere di Sud Est, acquisite da drone il 24 febbraio, che mostrano le quattro bocche esplosive, la tracimazione lavica da una delle bocche e il nuovo cratere formato da una di esse, il cui orlo è delimitato dal tratteggio in verde.Con il titolo: la spettacolare foto è di Vincenzo Greco

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Etna: un piano per la fruizione degli eventi eruttivi, anziché il caos per niente calmo dei divieti https://ilvulcanico.it/etna-un-piano-per-la-fruizione-dei-divieti-eruttivi-anziche-il-caos-per-niente-calmo-dei-divieti/ Tue, 18 Feb 2025 12:01:20 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25413 LETTERA APERTA ALLE AUTORITA’ ETNEE  di Giuseppe Riggio Sull’Etna ritorna il solito caos. Un ingorgo di auto, persone e informazioni che genera, ancora una volta, un’immagine confusa e contraddittoria della terra straordinaria in cui ci troviamo ad abitare. Gli attori sul palcoscenico si muovono in maniera disordinata, recitano tutti insieme senza badare a ruoli e […]

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LETTERA APERTA ALLE AUTORITA’ ETNEE 

di Giuseppe Riggio

Sull’Etna ritorna il solito caos. Un ingorgo di auto, persone e informazioni che genera, ancora una volta, un’immagine confusa e contraddittoria della terra straordinaria in cui ci troviamo ad abitare. Gli attori sul palcoscenico si muovono in maniera disordinata, recitano tutti insieme senza badare a ruoli e tempi di entrata in scena. Sullo sfondo ‘a Muntagna fa il suo solito mestiere, antichissimo e in questo caso neanche particolarmente sorprendente, dando vita a una spettacolare colata iniziata l’8 febbraio alla base della bocca Nuova. L’afflusso di questi giorni conferma che gli abitanti delle pendici etnee restano, per fortuna, ancora una volta incantati di fronte alle manifestazioni che avvengono dietro alle loro case e sulle loro teste. Non è una novità: quando possibile gli etnei accorrono in massa laddove il vulcano regala spettacolo, perché “vedere la lava” resta comunque un evento che segna la memoria, che si tramanda ai figli (quando ci sono) o si condivide comunque con amici vicini e lontani. È un rito identitario prezioso, che va tutelato anche quando esercitato in onore dei selfie. Anche quando viene vissuto in maniera spontanea e improvvisata.

Lo sanno tutti che, se l’Etna si manifesta, abitanti e turisti hanno voglia di andarci, di assistere a uno spettacolo che colpisce direttamente la nostra sfera emotiva. Anche perché si tratta in fondo dell’unico corrispettivo positivo, rispetto ai danni arrecati dalle cadute della cenere, dall’aeroporto che opera a singhiozzo.

Fuoco e neve. Magnifico scatto di Itala Calabrese (Ita Ca)

Chi dovrebbe governare territorio e fenomeni si svela invece puntualmente impreparato in occasione di ogni ricorrente eruzione. Come se in occasione di un derby calcistico fosse strano veder accorrere decine di migliaia di spettatori. Come se i primi giorni di agosto di ogni anno non fossero quelli del “bollino rosso” sulle autostrade. Invece gli uomini che rappresentano le cosiddette autorità civili sembra che scoprano per la prima volta l’esistenza stessa dell’Etna, delle sue ricorrenti attività. Si sorprendono, vengono a sapere che i cosiddetti “curiosi” si assiepano nei pressi del flusso lavico (come se non fosse sempre successo) e infine dispongono divieti perentori e lanciano l’allarme. Mai nessuno che abbia pensato per tempo a predisporre uno straccio di piano di fruizione, anziché di divieto. I vari sindaci hanno imposto restrizioni a raffica in questi giorni. Si sono sbizzarriti nel porre limiti: vietato avvicinarsi a più di 500 metri dalla colata, ha scritto il sindaco di Biancavilla. Altri hanno stabilito genericamente che non si può salire e basta, oppure hanno introdotto l’immancabile obbligo di accompagnamento coatto con guida.

Ma perché tutto questo?  Il pericolo certamente esiste, ma non viene spiegato nei modi adeguati. Si utilizza il criterio della massima prudenza: scriviamo 500 metri, che è evidentemente esagerato, ma almeno nessuno potrà dire- se succede qualcosa- che è colpa del sindaco. Tanto poi è difficile, se non impossibile controllare il territorio. Nei giorni scorsi è arrivato anche l’attivo capo della protezione civile regionale, Salvo Cocina: giustamente ha scritto su Facebook che in realtà non si tratta di un evento di cui la sua struttura dovrebbe occuparsi, visto che di sua competenza sono disastri e vere emergenze. La colata sulla neve, così telegenica, dovrebbe essere roba da Parco dell’Etna, che per legge dovrebbe occuparsi di fruizione dell’area protetta. Peccato che per la Regione la “governance” dei Parchi non sembra sia al momento una priorità.

L’eruzione in corso, splendida immagine notturna di Giovinsky Aetnensis

Il dottor Cocina si è anche fatto intervistare con alle spalle la colata, che a me è parso un modo per dire “vedete che in fondo qui è bellissimo e neanche tanto pericoloso”. Un po’ come la sindaca di Parigi che si è fatta il bagno nella Senna durante le Olimpiadi o il presidente dell’agenzia turistica della riviera romagnola che bevve il famoso bicchiere d’acqua alla mucillagine. Nel frattempo, occorre ovviamente ricordare a quelli che vanno a rendere omaggio alla Montagna-Vulcano, che le esplosioni freatiche, generate dal contatto tra lava e accumuli di acqua, possono costituire un pericolo gravissimo. L’ultimo episodio avvenne nel 2017, con una troupe della BBC che finì in ospedale insieme ad altre persone che assistevano all’evento e con l’operatore che lasciò la camera accesa mentre avveniva l’esplosione. Occorre quindi grande prudenza e misura ed è bene rivolgersi alle guide se non si conoscono i luoghi. Così come sarebbe opportuno che la Regione pensasse finalmente di chiedere le spese del soccorso, così come fanno in tante altre parti d’Italia, per chi si avventura senza nessun criterio e poi si attacca al telefonino per chiedere aiuto. Sarebbe un modo concreto per invitare a essere più misurati, evitando anche qualche rischio inutile ai preziosi volontari del Soccorso alpino.

Un piano di fruizione degli eventi eruttivi, organizzato per tempo, allevierebbe molti dei problemi che si stanno evidenziando in questi giorni. Siamo arrivati persino all’accostamento mediatico, francamente inaccettabile, tra Etna e Roccaraso, tra rito del “vedere la lava” e assalto domenicale ai campi innevati.

Accompagnare, consigliare, guidare anziché vietare. Offrire l’opportunità di tornare a casa con un ricordo bellissimo e indelebile, anziché con la memoria di un caos per niente calmo.

Con il titolo: foto di Giovinsky Aetnensis

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Etna, l’eruzione di 160 anni fa: così nacquero i Monti Sartorius https://ilvulcanico.it/etna-leruzione-di-160-anni-fa-cosi-nacquero-i-monti-sartorius/ Thu, 30 Jan 2025 06:15:41 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=25349 di Santo Scalia  Centosessanta anni fa, il 30 gennaio 1865, sull’Etna cominciò un’eruzione che si protrasse per 150 giorni, terminando il 28 giugno. Nel versante nord-orientale, lungo una estesa frattura eruttiva allungata in direzione ENE-WSW, tra quota 1825 e 1625 m, si ebbe la formazione di una serie di coni di scorie, denominati successivamente Monti […]

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di Santo Scalia

 Centosessanta anni fa, il 30 gennaio 1865, sull’Etna cominciò un’eruzione che si protrasse per 150 giorni, terminando il 28 giugno. Nel versante nord-orientale, lungo una estesa frattura eruttiva allungata in direzione ENE-WSW, tra quota 1825 e 1625 m, si ebbe la formazione di una serie di coni di scorie, denominati successivamente Monti Sartorius in onore dello studioso tedesco barone Von Waltershausen.

L’area interessata dall’eruzione del 1865, e le successive colate del 1928 e 1971 (da Bull. Volcanolog. 2011 [4])
«I primi sintomi di un’incipiente eruzione si manifestarono alle 14,30 di sabato 28 gennaio 1865: gli abitanti di alcuni villaggi ubicati sul versante orientale dell’Etna osservarono nuvole di fumo sollevarsi da Monte Frumento delle Concazze; durante la notte successiva si udirono rombi sotterranei e furono avvertiti tremori del terreno. Il giorno dopo, 29 gennaio, la frequenza e l’intensità delle scosse sismiche, accompagnate da rombi sotterranei, aumentarono; il sisma più forte, avvenuto intorno alle 23 e avvertito fino ad Acireale, spinse gli abitanti di San Giovanni, di Sant’Alfio e della zona dei Monti Arsi ad uscire dalle loro case in preda al panico» (1).

È il vulcanologo Orazio Silvestri, testimone oculare degli avvenimenti di quegli anni, che descrive le fasi salienti dell’inizio dell’evento, il 30 gennaio: «[…] Alle dieci e mezzo una scossa più forte delle altre si fece sentire e poco dopo una vivissima luce rischiarò la base di un punto culminante di questo banco, la base del Monte Frumento. […] Il comparire di quella luce vivissima accompagnata dalla forte scossa di suolo, fu per ognuno un segnale indubitabile di una eruzione ed infatti dopo quel momento dalla base del monte Frumento per lunga fenditura di suolo ivi avvenuta, impetuosamente sgorgava tra nuvoli di denso fumo, con proiezioni a grande distanza di arene, scorie, e blocchi voluminosi di materia fusa con detonazioni spaventose un fiume di infuocata lava […]» (3).

Silvestri aggiunge ancora: «Ecco il gridoA Muntagna scassau ddà banna e jetta focusi propaga per tutte le popolazioni etnicole e le mette in apprensione per gli effetti imprevedibili nella loro specialità, ma pur troppo quasi sempre funesti di cui può esser causa l’ignivomo Monte» (3).

“Illustrated London News” del 15 aprile 1865

Nei giorni seguenti, lungo la frattura eruttiva, si generarono circa sette coni piroclastici la cui attività spettacolare impressionò non poco la stampa straniera: l’Illustrated London News del 15 aprile 1865 dedicò loro un’incisione, nella quale venivano evidenziati anche i notevoli danni apportati all’area boschiva nella quale si era aperta la frattura.

 

Anche la stampa transalpina si occupò dell’eruzione: tra le tante testate giornalistiche, la parigina Le Monde Illustré (N. 420 del 29 aprile 1865) pubblicò due splendide incisioni dell’attività eruttiva in corso sull’Etna, una delle quali è stata presentata in apertura.

 

 

Orazio Silvestri, nella sua relazione presentata all’Accademia Gioenia di Catania, produsse anche delle interessanti foto del teatro eruttivo. Queste tre da Memorie dell’Accademia Gioenia di Catania – 1867 – Orazio Silvestri.

Alcune di queste fotografie, insieme a tante altre, furono realizzate da Paul-Marcellin Berthier che visitò la Sicilia insieme al vulcanologo Ferdinand Fouqué ed ebbe modo di fotografare l’Etna in eruzione

Paul-Marcellin Berthier – Senza titolo. 1865Alcune di queste fotografie, insieme a tante altre, furono realizzate da Paul-Marcellin Berthier che visitò la
Paul-Marcellin Berthier – Alberi carbonizzati. 1865 (fonte MutualArt)

Le colate di lava dell’eruzione si estesero per circa 7,5 Km, raggiungendo quota 770 m s.l.m.

Cosa rimane oggi dell’eruzione del 1865? Oltre al vasto campo lavico e all’insieme dei coni piroclastici facilmente raggiungibili attraverso il sentiero natura Monti Sartorius (una facile escursione dalla lunghezza di 4 chilometri con un dislivello 100 metri), lungo la strada provinciale 59 Milo-Linguaglossa, nel tratto Fornazzo-Bivio Vena (la SP 59iii), si può osservare un altarino votivo che ricorda l’arresto (miracoloso?) della colata che stava per ricoprire quelle ubertose terre. Una lapide, posta nel 1936, riporta le seguenti parole: «Qui in loro difesa con fiducia ricondotta dai figli di chi prodigiosamente liberasti dalla minacciosa lava antistante 6 – febbr. – 1865»

Altarino votivo lungo la strada provinciale 59 Milo-Linguaglossa (Foto S. Scalia)

Riferimenti Bibliografici:

  • – Giovanni Tringali – Oronimi, toponimi e speleonimi etnei – Accademia Gioenia di Catania – 2012
  • – Orazio Silvestri – Sulla eruzione dell’Etna nel 1865; studi geologici e chimici – Il Nuovo cimento – 1865-66
  • – Orazio Silvestri – I fenomeni vulcanici presentati dall’Etna nel 1863-64-65-66 –Memorie dell’Accademia Gioenia di Catania – 1867
  • – P.Carveni, G.Mele, S.Benfatto, S.Imposa, M.Salleo Puntillo – Chronicle of the 1865, NE flank eruption of Mt. Etna and geomorphologic survey of the Mts. Sartorius area – Bull Volcanol 2011
  • Le Mont Etna et l’eruption de 1865 – Revue des deux mondes 1865/07-1865/08.
  • – Mariano Grassi – Relazione storica ed osservazioni sulla eruzione etnea del 1865 – Catania 1865
  • – M. Fouqué – Rapport sur l’éruption de l’Etna en 1865 – Archives des missions scientifiques et littéraries – 1865

Con il titolo: Le Monde Illustré (N. 420 del 29 aprile 1865)

 

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