Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/ Il Blog di Gaetano Perricone Wed, 24 Apr 2024 16:34:21 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 Etna: cambia, todo cambia, come sempre. Un vulcano in continua evoluzione https://ilvulcanico.it/etna-cambia-todo-cambia-un-vulcano-in-continua-evoluzione/ Wed, 24 Apr 2024 16:20:49 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24897 FONTE: https://ingvvulcani.com/ di Marco Neri Il 7 aprile 2024 la Bocca Nuova (BN) , uno dei quattro crateri sommitali dell’Etna, è stata interessata da una sequenza di esplosioni durata circa quattro minuti che ha vistosamente modificato (vedi foto B) il piccolo cratere di collasso formatosi quasi un anno prima, nel luglio 2023 (foto A). Anche l’altro cratere interno alla Bocca Nuova (BN1 nella foto A) si è un po’ allargato ed approfondito. […]

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FONTE: https://ingvvulcani.com/

di Marco Neri

Il 7 aprile 2024 la Bocca Nuova (BN) , uno dei quattro crateri sommitali dell’Etna, è stata interessata da una sequenza di esplosioni durata circa quattro minuti che ha vistosamente modificato (vedi foto B) il piccolo cratere di collasso formatosi quasi un anno prima, nel luglio 2023 (foto A). Anche l’altro cratere interno alla Bocca Nuova (BN1 nella foto A) si è un po’ allargato ed approfondito. Le linee a puntini bianchi disegnate sull’orlo dei crateri interni, risalenti allo scorso anno, rendono facilmente apprezzabili le loro recenti modifiche morfologiche.

Queste modifiche dei crateri sommitali dell’Etna sono eventi normali per un vulcano molto attivo a condotto aperto. Lo dimostrano, per esempio, le due foto a destra, che riprendono dall’alto il Cratere Centrale rispettivamente nell’ottobre 2002 (foto C) e, ventidue anni dopo, a metà aprile del 2024 (foto D). Disegnando anche qui l’orlo dei crateri sulla foto più antica (2002) e riportandolo sulla foto del 2024, si può stimare come all’interno della Voragine (Vor) il profondo cratere a pozzo sia stato soppiantato, dal 2019 in poi, da un cono piroclastico caratterizzato da due piccole bocche sommitali (evidenziate da linee a tratteggio rosso). Ancor di più si apprezza la trasformazione della Bocca Nuova, dove i grandi crateri a pozzo (BN1 e BN2) esistenti nel 2002, attualmente sono assai meno evidenti.

La Bocca Nuova dell’Etna nel 2007 (foto Santo Scalia)

Con il titolo e qui sopra: vista panoramica da terra (A-B) e da elicottero (C-D) dei crateri sommitali dell’Etna. A sinistra, la Bocca Nuova ripresa nel luglio 2023 (A) e a metà aprile 2024 (B). A destra, il Cratere Centrale ripreso in ottobre 2002 (C) e in aprile 2024 (D), con le sue bocche interne Voragine (Vor) e Bocca Nuova (BN1 e BN2). SEC= Cratere di Sud-Est; NEC= Cratere di Nord-Est. Il pallino blu in D indica il punto di ripresa delle fotografie A e B. Credits: foto A e B, Giò Giusa; foto C: Marco Neri; foto D: Claudio Fazio

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Che magnifico spettacolo gli anelli dell’Etna! https://ilvulcanico.it/che-magnifico-spettacolo-gli-anelli-delletna/ Mon, 08 Apr 2024 05:30:16 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24889 di Giovinsky Aetnensis In questi giorni il nostro magnifico vulcano ci delizia con degli anelli di gas a vortice, i Volcanic vortex rings che vengono espulsi da un nuovo pozzo craterico (Pit Crater) posto a nord est del cratere di Sud Est. Sembrano venire fuori come un respiro affannoso questi anelli, che poi veleggiano sopra […]

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di Giovinsky Aetnensis

In questi giorni il nostro magnifico vulcano ci delizia con degli anelli di gas a vortice, i Volcanic vortex rings che vengono espulsi da un nuovo pozzo craterico (Pit Crater) posto a nord est del cratere di Sud Est. Sembrano venire fuori come un respiro affannoso questi anelli, che poi veleggiano sopra la montagna modellandosi sempre più fino a poi sfaldarsi.

L’Etna, “colonna del cielo”, é un vulcano in continua mutazione che non stanca mai, suscita sempre meraviglia e stupore per gli osservatori appassionati come me ed é sempre una grande emozione quando si pratica l’escursionismo

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Etna, 396 a.C.: una eruzione fantasma? https://ilvulcanico.it/etna-396-a-c-una-eruzione-fantasma/ Sat, 30 Mar 2024 05:56:05 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24864 (Santo Scalia). Nonostante le eruzioni etnee siano state descritte sin dai tempi più antichi, non sempre le date attribuite a certe colate laviche risultano compatibili con le datazioni effettuate con le più recenti metodologie. Oggi, infatti, sono state messe a punto delle tecniche di datazione basate sulle  caratteristiche radiometriche e/o archeomagnetiche riscontrabili sui campioni di […]

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La migrazione del polo nord magnetico (dal Journal of Volcanology and Geothermal Research)

(Santo Scalia). Nonostante le eruzioni etnee siano state descritte sin dai tempi più antichi, non sempre le date attribuite a certe colate laviche risultano compatibili con le datazioni effettuate con le più recenti metodologie.

Oggi, infatti, sono state messe a punto delle tecniche di datazione basate sulle  caratteristiche radiometriche e/o archeomagnetiche riscontrabili sui campioni di lava: le prime sono basate sulle misure del rapporto tra gli isotopi di due elementi, il Radio (226Ra) ed il Torio (230Th); le seconde sulla misura della direzione del campo magnetico “imprigionato” nella lava al momento del suo raffreddamento.

Senza entrare in dettagli tecnici va ricordato che, come ben specificato da Stefano Branca e Jean-Claude Tanguy [Le eruzioni di epoca storica dell’Etna, 2021] “le fonti di epoca Greco-Romana sono spesso inaffidabili e soprattutto non sono così accurate da permettere di individuare le bocche eruttive o l’estensione spaziale delle colate laviche”.

Particolare (modificato) della Geological Map of Etna Volcano del 2011

Proprio a proposito delle incertezze nella datazione della colata del 396 avanti Cristo, quella che raggiunse la costa orientale siciliana, in prossimità dell’attuale abitato di Santa Tecla, riportiamo una breve nota redatta dal Prof. Jean-Claude Tanguy, già IPGP (Institut de Physique du Globe de Paris) 

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di J.C. Tanguy

Le eruzioni dell’Etna riportate dalle fonti storiche durante l’epoca greca sono pochissime (e.g. Branca e Tanguy, INGV Vulcani, 2021). Fra queste, quella che sembra la più evidente è segnalata da Diodoro Siculo a proposito della guerra tra Dionisio di Siracusa ed i Cartaginesi, comandati dai capi Imilcone e Magone

“Imilcone fece avanzare a marcia forzata l’armata di terra. Giunse cosi nel sito di Naxos del quale noi abbiamo parlato prima, nello stesso tempo che il Magone approdò. Ma una eruzione di fuoco recente dell’Etna, che si estese fino al mare, bloccò l’armata di terra, impedendole di proseguire ulteriormente insieme ai vascelli, che navigavano rasenti alla costa, la quale era stata rovinata da ciò che si chiama colata. Le truppe di terra furono quindi costrette a fare il giro del monte Etna”.

Siccome i Cartaginesi erano davanti a Siracusa nell’estate dell’anno 396, l’interpretazione di questo documento porta a concludere che una grande eruzione dell’Etna fosse avvenuta nei primi mesi dello stesso anno 396. Nondimeno, bisogna insistere sul fatto che Diodoro parla solo di una eruzione recente, senza indicare una data precisa. L’eruzione potrebbe quindi risalire a parecchi anni, forse anche parecchie decine di anni prima. Difatti, l’unica descrizione nella storia antica dell’arrivo di una colata nel mare si trova nella prima ode Pitica di Pindaro, ed è relativa all’eruzione del 479 a.C: l’Etna nevosa, tutto l’anno nutrisce il pungente gelo. Dal monte escono delle sorgenti di purissimo fuoco, e durante il giorno questi torrenti emettono delle nubi di fumi ardenti, ma nella notte una fiamma rossa trascina dentro il profondo mare dei blocchi rocciosi con fracasso.” (vedi la figura allegata, colata mg, particolare della Carta vulcanologica del Vulcano Etna, Branca et al., 2014).

Particolare della Carta Volcanologica dell’Etna (Branca et al., 2014)

La descrizione di Pindaro è cosi suggestiva che difficilmente si può escludere che il poeta abbia assistito allo spettacolo di persona. D’altro canto, per ritornare a Diodoro, è chiaro che all’epoca la costruzione di una strada per consentire il passaggio di un esercito, attraverso una colata nuova e larga oltre un chilometro, non avrebbe potuto venire realizzata nell’arco di solo pochi giorni, e quindi sarebbe stato più facile e veloce aggirare l’Etna ad ovest. Ma non si puo escludere l’occorrenza di un altra colata, diversa di quella descritta da Pindaro, che sarebbe arrivata nella stessa regione qualche anno prima del 396. Difatti Tucidide ne indica una nel 425 a.C., ma senza precisare il luogo.

E quanto alle datazioni magnetiche e radioattive ? Ambedue i metodi danno per diversi campioni della colata di Santa Tecla dei risultati intorno ai 500 a.C., ma con una incertezza di ±150 anni rispetto all’epoca considerata. Tanto che dovremmo aspettare ancora un bel po’ prima di risolvere definitivamente il problema.

Un grazie all’amico Santo Scalia per la disponibilità del testo greco e la revisione dell’italiano.

(Gaetano Perricone). Da parte mia e del Vulcanico.it, il ringraziamento più sentito al professore Jean Claude Tanguy, luminare francese della vulcanologia mondiale e grande studioso dell’Etna che ci ha voluto ancora onorare con la sua prestigiosa firma su questa “chicca” storica, ma anche al grande Santo Scalia, come sempre enormemente prezioso

Con il titolo: Etna 396 a.c., una elaborazione effettuata con un software di AI  (Copilot di Microsoft Edge)

 

 

 

 

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Dalla Germania a Pedara per accostarsi al canto lirico con Lara e Michael, tedeschi dell’Etna. Von Deutschland nach Pedara, um sich dem Gesang zuzuwenden, mit Lara und Michael, Deutsche vom Ätna https://ilvulcanico.it/dalla-germania-a-pedara-per-accostarsi-al-canto-lirico-con-lara-e-michael-tedeschi-delletna/ Wed, 20 Mar 2024 05:36:58 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24831 di Lara Venghaus Ho due passioni nella mia vita: il canto lirico e la terra dell’Etna. La prima è la mia professione e quella include non solo fare concerti, nonostante mi piaccia tantissimo esibirmi, ma anche insegnare il canto fa parte del mio amato lavoro. Vedere crescere gli allievi, accompagnare il loro sviluppo sia ai […]

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di Lara Venghaus

Ho due passioni nella mia vita: il canto lirico e la terra dell’Etna. La prima è la mia professione e quella include non solo fare concerti, nonostante mi piaccia tantissimo esibirmi, ma anche insegnare il canto fa parte del mio amato lavoro. Vedere crescere gli allievi, accompagnare il loro sviluppo sia ai primi passi, sia da un punto avanzato, mi riempia il cuore.

Da dieci anni al campo concertistico posso congiungere le due passioni, sempre in estate, presentando, insieme col mio accompagnatore, il rinomato direttore d’orchestra Maestro Michael Hoyer, i nostri programmi nei Paesi Etnei. Ogni volta che racconto dai miei soggiorni qui e spedisco le foto di questa terra meravigliosa ai miei allievi, si stupiscono.

Finalmente, in questa primavera del 2024, posso offrire a loro la possibilità di apprendere di persona entrambe le mie passioni. Dal 21 al 28 marzo avrà luogo un corso di canto a Pedara e quattro ragazzi tedeschi verranno a partecipare. Iniziando con un bel concerto inaugurale, eseguito da noi stessi, presentando esempi del Lied tedesco di Franz Schubert, canzoni italiani di Ruggero Leoncavallo ed arie liriche di Verdi e Wagner, spenderemo insieme una settimana piena di allenamento al canto e di dolce vita siciliana. Ovviamente scenderemo a Catania per visitare il Teatro Bellini e la casa Bellini, senza dimenticare il Duomo, dove si trova la tomba del grande compositore catanese e l’elefante di fronte. Ma saliremo anche al Rifugio Sapienza per scalare i crateri Silvestri e godere il panorama unico. E son certo che tutti noi mangeremo benissimo e anche troppo! Alla fine, il giorno 28, avrà luogo un concerto finale, nel quale gli allievi avranno l’occasione di dimostrare tutto quello che avranno imparato.

Ma non solo i tedeschi parteciperanno a questo corso, che è anche aperto a tutti coloro che sono interessati di prendere un assaggio del canto lirico. Il corso di accostamento al canto lirico permette un percorso didattico base sui primi approcci. Organizzato dall’Assessorato arte e spettacolo del comune di Pedara daremo a tutti la possibilità di iscriversi e scoprire la propria voce. Così potremo anche mettere i ragazzi tedeschi in contatto con i pedaresi e dare un contributo all’intesa fra i popoli della Westfalia e della Sicilia. Sono molto grata di avere questa possibilità di congiungere entrambe le mie passioni.

A SEGUIRE LA TRADUZIONE IN TEDESCO

Ich hege zwei große Leidenschaften: den Gesang und das Land um den Ätna. Die erste habe ich zu meinem Beruf gemacht, und dieser umfasst nicht allein den Auftritt bei Konzerten – wenngleich ich zugeben muss, dass es mir außerordentlich zusagt, mich dem Publikum zu präsentieren – sondern auch Gesang zu unterrichten. Die Schüler an ihren Aufgaben wachsen zu sehen und sie bei ihren ersten Schritten oder in ihrer weiteren Entwicklung zu begleiten, erfüllt mich mit Freude.

Seit nunmehr zehn Jahren kann ich, was den Bereich der Konzerte angeht, meine beiden Leidenschaften miteinander verbinden, indem ich, zusammen mit meinem Begleiter, dem Kapellmeister Michael Hoyer, unsere Programme in den Paesi Etnei vorstelle. Jedesmal, wenn ich meinen Schülern von meinen Aufenthalten hier berichte und ihnen Fotos von diesem wunderbaren Stück Erde sende, sind sie davon fasziniert. In diesem Frühjahr nun kann ich ihnen endlich eine Gelegenheit bieten, meine beiden Leidenschaften selbst mitzuerleben.

Vom 21. bis zum 28. März veranstalten wir einen Gesangskurs in Pedara, und vier meiner Schüler reisen an, um daran teilzunehmen. Eröffnet wird er mit einem Konzert, in dem Michael Hoyer und ich Lieder von Franz Schubert, italienische Canzonen von Ruggero Leoncavallo sowie Opernarien von Verdi und Wagner vortragen. Anschließend folgt eine Woche voller Gesangsübungen und Literaturstudien, aber auch mit dolce vita alla siciliana. Natürlich fahren wir nach Catania, um das Opernhaus und das Geburtshaus Bellinis zu besichtigen, aber gleichfalls auch den Dom mit dem Grab des berühmten cataneser Komponisten und die Säule mit dem Elefanten gegenüber. Aber wir fahren auch zum Rifugio Sapienza, um die Crateri Silvestri zu ersteigen und von dort das einzigartige Panorama zu genießen. Und ich bin sicher, wir werden alle ausgezeichnet und viel zu viel essen.

Am 28. März findet dann ein Abschlusskonzert statt, in welchem die Schüler zeigen können, was sie gelernt haben. Doch nicht nur deutsche Schüler werden an diesem Kurs teilnehmen, vielmehr steht er allen offen, die Interesse daran haben, sich im Operngesang zu erproben. Der Kurs zur Annäherung an den Operngesang bietet einen didaktischen Erstzugang zu dieser Materie. Organisiert wird er vom Assessorat für Kunst und Kulturveranstaltungen der Stadt Pedara und bietet jedem die Möglichkeit, sich einzuschreiben, um die eigene Stimme zu entdecken. Auf diese Weise werden auch unsere deutschen Schüler in Austausch mit den Pedaresi treten und, sodass wir einen Beitrag zur „Völkerverständigung“ zwischen Sizilianern und Westfalen leisten können. Für die Möglichkeit, meine beiden Leidenschaften verbinden zu können, bin ich überaus dankbar.

 

 

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“1693. Da Fenicia Moncada a Belpasso”: da oggi a Palazzo Bufali una mostra documentale https://ilvulcanico.it/1693-da-fenicia-moncada-a-belpasso-da-oggi-a-palazzo-bufali-una-mostra-documentale/ Fri, 15 Mar 2024 05:44:48 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24800 FONTE: Fondazione Margherita Bufali- ETS  Sarà inaugurata venerdì 15 marzo a Belpasso, alle ore 18, a Palazzo Bufali a Belpasso (via Roma 219) la mostra documentale 1693. Da Fenicia Moncada a Belpasso. Un’iniziativa di rilevante valore storico e culturale, a 331 anni dal terremoto che distrusse buona parte della Sicilia Orientale e l’abitato di Fenicia […]

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FONTE: Fondazione Margherita Bufali- ETS 

Sarà inaugurata venerdì 15 marzo a Belpasso, alle ore 18, a Palazzo Bufali a Belpasso (via Roma 219) la mostra documentale 1693. Da Fenicia Moncada a Belpasso. Un’iniziativa di rilevante valore storico e culturale, a 331 anni dal terremoto che distrusse buona parte della Sicilia Orientale e l’abitato di Fenicia Moncada, che era stato costruito 24 anni prima a seguito dell’eruzione dell’Etna del 1669 che aveva distrutto Malpasso e la costruzione dell’attuale centro abitato di Belpasso.

Alla manifestazione hanno aderito: la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, l’INGV Catania, l’Università degli Studi di Catania, l’Archivio di Stato di Catania, l’Archivio di Stato di Palermo, il Comune di Belpasso, la Curia Arcivescovile di Catania. Con la loro collaborazione hanno permesso di accedere a preziosi documenti che hanno consentito di esaminare con esattezza le vicende e gli avvenimenti che caratterizzarono quegli anni. Buona parte della documentazione originale si trova presso gli archivi della  Fondazione Bufali. Il documento più antico è datato 1456.

LA FAMIGLIA BUFALI 

Lorenzo Bufali

La famiglia Bufali è fortemente legata alla storia di Belpasso, in quanto ne ha condiviso sempre i momenti storici più importanti. Impegnata nel settore della seta, arrivò con Don Antonio Bufali, dottore in medicina, che si trasferì dalla città di Catania  nel territorio dello scomparso paese di Malpasso attorno al 1640. Visse qui il difficile momento della terribile eruzione dell’Etna del 1669, che distrusse l’agglomerato principale del paese e tutti i suoi casali. Dopo l’eruzione i Bufali assieme ai Malpassoti e ad altri abitanti dei casali dell’Etna, approfittando delle dilazioni e benefici concessi ai “novi habitatori” si trasferirono nel nuovo centro costruito in località Grammena al quale fu dato il nome di Fenicia Moncada, in omaggio al Duca di Mont’Alto Luigi Guglielmo che aveva riunito, sposando Caterina Moncada de Castro i due rami della casata Moncada (di Sicilia e di Aragona di Spagna). Questo toponimo esprimeva l’esaltazione del proprio lignaggio come anche per quello di Stella Aragona. Il progetto del nuovo paese fu redatto dall’architetto degli “Stati” del Principe di Paternò Carlo Manosanta, capomastro della città di Palermo, uniformandosi alle regole progettuali tipiche delle città di nuova fondazione con un piano urbanistico quanto mai simmetrico e regolare, a maglia ortogonale ed con isolati di uguale dimensione.

L’11 gennaio 1693 il terremoto che distrusse Catania e la Sicilia orientale colpì anche il nuovo centro portando rovina e morte. Lorenzo Bufali, figlio di Antonio, fu nominato dal principe di PaternòSegreto”, per le terre di Fenicia Moncada, di Stella Aragona e di Nicolosi ed incaricato dal Principe di Campofiorito, governatore degli stati del Duca di Montalto e da Don Francesco Notarbartolo  governatore della città di Caltanissetta di provvedere come deputato e direttore ai lavori di ricostruzione di una nuova città erede di Malpasso e di Fenicia Moncada, che prese il nome beneaugurante di Belpasso. Per i suoi meriti gli fu assegnato il titolo di Barone di Santa Lucia. Il piano regolatore del nuovo centro fu redatto dal capomastro della città di Caltanissetta Michele Cazzetta, rifacendosi al concetto di “città ideale” già sviluppato nell’edificazione di Fenicia Moncada. Esso è visto come un modello di perfezione, ideato a “scacchiera” in cui le strade intersecandosi tra di loro danno vita ad una struttura urbanistica fatta di spazi ordinati, regolari secondo canoni di assoluta perfezione e criteri di funzionalità e razionalità.

Ma la famiglia Bufali non cessò la sua opera a sostegno della nuova comunità: ha sostenuto la nascita di due importanti Istituti di credito localeha contribuito allo sviluppo dell’economia locale, concedendo in affitto, a canoni non esosi, quote del proprio patrimonio agrario; ha devoluto nel 1902, con la Baronessa Margherita Bufali, l’ultima erede, l’intero patrimonio per la fondazione di un orfanotrofio che si sarebbe chiamato “Pio Orfanotrofio Bufali”, oggi “Fondazione Margherita BufaliEts.

A completare la Manifestazione, il maestro Barbaro Messina esporrà alcune due opere in pietra lavica ceramizzata prelevate dalla sua collezione del ciclo “Etna madre”. Anche il nostro blog sarà presente alla mostra con due pannelli, curati come sempre in modo minuzioso da Santo Scalia, che raccontano una preziosa ricerca sulle affascinanti epigrafi storiche che rappresentarono nella città di Catania il terremoto del 1693. (https://ilvulcanico.it/11-gennaio-1693-il-grande-e-terribile-terremoto-nelle-epigrafi-di-catania/)

Con il titolo e nella gallery, alcuni dei documenti della mostra e una serie di immagini di Palazzo Bufali a Belpasso (grazie per le informazioni e le foto a Luciano Signorello)

 

 

 

 

 

 

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Mompileri: storia, arte, religione a 355 anni dalla “grande ruina”. Il giorno del dolore e della speranza https://ilvulcanico.it/mompileri-storia-arte-religione-a-355-anni-dalla-grande-ruina-il-giorno-del-dolore-e-della-speranza/ Tue, 12 Mar 2024 05:52:57 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24753  di Santo Scalia  Oggi, a 355 anni dall’eruzione dell’Etna del 1669,  Mompileri ricorda quel tragico 12 marzo, “il giorno del dolore e della speranza”, come indicato nella locandina che espone il programma delle  attività della giornata. Nella storia delle terre di Mompileri, i secoli XVI e XVII hanno segnato una difficile convivenza tra il vulcano […]

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 di Santo Scalia 

Oggi, a 355 anni dall’eruzione dell’Etna del 1669Mompileri ricorda quel tragico 12 marzo, “il giorno del dolore e della speranza”, come indicato nella locandina che espone il programma delle  attività della giornata.

Nella storia delle terre di Mompileri, i secoli XVI e XVII hanno segnato una difficile convivenza tra il vulcano e le popolazioni che, con fatica, lì vivevano.

Dopo l’eruzione del 1447 – che come riferisce Matteo Selvaggio fece poco danno – a dire del Canonico Francesco Ferrara, storico di Trecastagni, «l’Etna godette d’una lunga calma; i suoi fuochi restarono assopiti per quasi 90 anni».

Il Canonico riporta che «A’ 24 Marzo del 1536 verso il tramontar del Sole una nera nube al di dentro rosseggiante coprì il cratere»; successivamente colate di lava si riversarono in direzione di Randazzo, poi verso i paesi di Bronte e Adernò [così allora veniva denominato Adrano, n.d.A.] ed infine, il giorno 26, «[…] come dice una relazione manuscritta fatta a Mompiliere, si aprirono 12 voragini tra il Monte Manfrè, e Vituri [oggi Monte Vetore, n.d.A.] nella parte meridionale dell’Etna, dalle quali un gran fiume di lava vomitato si diresse verso il sud» [1].

Due episodi particolari vengono riferiti, sempre dal Ferrara: la distruzione della Chiesa di San Leone e la tragica morte del medico di Piazza Armerina, Francesco Negro. Ecco cosa scrive il Canonico: «La Chiesa di S. Leone che era nel bosco in quel giorno colle scosse fu interamente appianata, e poco dopo sopragiunta la lava, le sue rovine furono sepolte sotto un fiume di fuoco».

Ed ancora: «Francesco Negro Filosofo, e Medico della Città di Piazza, da Lentini erasi portato a veder da vicino l’eruzione; o colpito da un colpo di fumo, o dalle enormi pietre che erano state eruttate dalle voragini, a cui egli erasi forse molto avvicinato, perì miseramente».

Da Storia naturale e generale dell’Etna di Giuseppe Recupero, 1815

Un tempo, traccia di questa eruzione – come riportato da Giuseppe Recupero [2] – si trovava anche nella cisterna del Monastero di San Nicolò l’Arena di Nicolosi; oggi quella tavola non è più visibile.

Se nel 1536 la minaccia lavica non fu grande per Mompileri, l’anno successivo, «[…] agli 11 del mese stesso [maggio, n.d.A.], alle Fontanelle sotto la Schiena dell’Asino, aprironsi molte voragine che vomitaron torrenti di lava maggiori dell’anno precedente. […] Lasciato illeso S. Nicolò l’Arena giunsero a Nicolosi, e Mompiliere». (F. Ferrara, op. cit.)

Stavolta la colata lavica raggiunse Mompileri e, come riporta ancora il Ferrara, «sulle mura della cui Chiesa maggiore fermossi un braccio del torrente infuocato il dì 19 maggio»; l’evento è sorprendente: gran parte dell’abitato venne risparmiato e il popolo gridò al miracolo; si decise di lasciare ben visibili le intrusioni di quella lava nella parete interna della chiesa.

Ma è nel marzo del 1669 che il vulcano segnerà definitivamente il destino dell’abitato di Mompileri, delle sue chiese e di tanti casali etnei (Guardia, Malpasso, San Giovanni di Galermo, Mascalucia, Camporotondo, San Pietro Clarenza, Misterbianco, Li Plachi). Lunedì 11 marzo 1669 «[…] s’aprì il Monte con gagliarde scosse, e cominciò da due bocche à vomitar fuori fiamme con tanta furia, e pioggia di pietre infocate in aria, che passavano l’altezza di cento canne» [3]. L’autore aggiunge un dato impressionante: «[…] trà lo spatio di poche hore mandò fuori tanta materia, che bruggiò, e ricoperse affatto trè Casali: La Guardia, Mompelieri, e Malpasso».

Alcuni paesani, sotto il rapido incalzare della colata, provarono a mettere in salvo le più preziose tra le opere d’arte vanto di Mompileri: portarono via dalla chiesa madre il gruppo marmoreo dell’’Annunziata (statue che, a detta di Tomaso Tedeschi, «eran stupore dell’arte; se pure da humane, e non d’Angeliche mani furono scolpite») ma, a causa del pochissimo tempo a loro disposizione, dovettero presto abbandonare le statue al loro destino. Anche la statua lignea di San Michele Arcangelo, che era custodita in una cappella lì vicino, fu portata fuori ma abbandonata davanti al fronte lavico che stava per raggiungerli. L’altra statua di marmo, quella della Madonna delle Grazie, rimase sull’altare della chiesa: non ci fu neppure il tempo per tentare di metterla in salvo!

Da Narrativa del fuoco uscito da Mongibello il dì undici di Marzo del 1669 di Carlo Mancino

Carlo Mancino, nella sua “Narrativa del fuoco uscito da Mongibello” [4], così ci descrive quelle opere: «[…] vi erano tre Statue di finissimo marmo, di grandezza del naturale. Una del Angelo Gabriele, l’altra di Nostra Signora Annunciata, e la terza della Regina delle gratie col bambino in braccio. Tutte, e tre di sì bella, ed esquisita manufattura, che prescindendo d’essere Statue Sacre, valutavano più di centomila scudi, per essere state le più belle statue di tutta Italia; che per ammirarle, havevano venuto li primi Scultori, e Pittori d’Europa, stimandoli d’ogni perfettione […]»

Il 12 marzo del 1669 l’antica Mompileri scomparve travolta dalla lava.

Affresco sulla parete esterna del primo Santuario di Mompileri (foto S. Scalia)

Come dovesse apparire il gruppo marmoreo dell’Annunciazione possiamo vederlo grazie ad un affresco posto sulla parete esterna del primo Santuario, edificato sulla colata lavica, proprio sopra alla chiesa distrutta, nei primi anni del ‘700.

L’Annunciazione di Mompileri, dipinto attribuito a Giacinto Platania (Chiesa di Massa Annunziata – Foto S. Scalia)

Un’altra riproduzione del gruppo marmoreo, attribuita al pittore acese Giacinto Platania, si può ammirare presso la Chiesa Maria SS. Annunziata, proprio nel paese di Massannunziata: l’Arcangelo Gabriele sta a sinistra, in atto di inginocchiarsi e porgere dei gigli (simbolo della castità e della purezza); Maria, a destra, sorpresa dalla novella, quasi si schermisce ed è raffigurata con una corona sul capo.

Nel 1678, ad Amsterdam, vedeva la luce la terza edizione della famosissima opera Mundus Subterraneus di Athanasius Kircher (di lui abbiamo ampiamente trattato su questo blog, ilVulcanico.it). In questa nuova edizione, la prima dopo il catastrofico evento, Kircher dà una concisa descrizione degli eventi accaduti in Sicilia, e sottolinea anch’egli la bellezza e la fama delle statue perdute.

Ancora una descrizione delle mirabili statue la troviamo nella Cronaca del Canonico Pasquale Calcerano [5], cronaca manoscritta del 1752: «Lo Foco caminò nella Terra di Mompileri, che arrivava a n.° 3 M[ila] Anime, […] et quello che più importa, ricchissima di Statue di Marmo. […] La merviglia di dette statue [era] che havendo venuti Spagnoli, Francisi et altri, non pottero mai copiari il vestito di detto Angelo, basta qui, direi, che foro la maraviglia di tutta Italia, et più […]».

Tutto era andato perduto, o così sembrava. Qualcosa invece si era salvato, e fu successivamente ritrovato. Per descrivere questi ritrovamenti, riporto alcuni passi tratti dal l’opuscolo Maria sull’Etna [6]: «Alcuni mesi dopo l’eruzione, alcuni uomini venuti a verificare cosa possa essersi salvato dalla furia della lava, ritrovano il simulacro [di San Michele Arcangelo, n.d.A.] in mezzo ad un “dagalotto” formatosi per il suddividersi della colata in due flussi; gli stessi, secondo gli antichi racconti, si sarebbero riuniti dopo averlo oltrepassato. Il simulacro viene portato nel sito abitativo di Massa Annunziata».

Nel 1704 «Il 18 Agosto, sotto la spessa coltre lavica, avviene il sospirato ritrovamento della statua della Madonna delle Grazie. I cercatori arrivano, probabilmente trascinandosi carponi e, man mano rimuovendo detriti e frammenti della struttura della chiesa crollata sotto il grave peso della lava e possono contemplare per la prima volta la statua della Madonna dal suo lato sinistro».

Infine, nel 1955, scavando in una cava di ghiara [rena rossa, n.d.A] nelle vicinanze del Santuario si «ritrova la testa del simulacro della Madonna Annunziata. Nei giorni successivi viene ritrovata la testa del simulacro dell’Arcangelo Gabriele ed altri frammenti dello stesso gruppo marmoreo.».

E’ però il ritrovamento del 1704 ad aver assunto un’aura di miracolo.

La statua della Madonna delle Grazie, che la tradizione popolare vorrebbe fosse stata ritrovata intatta, ancora sull’altare, aveva invece subito gli insulti causati dall’eruzione e dalle difficilissime operazioni per riportarla in superficie: il marmo era stato deteriorato dal calore della lava ed era rotta in più pezzi (tutti però ritrovati). Fu abilmente ricomposta nel corso dell’Ottocento e dipinta con vernici colorate, anche per nascondere all’occhio ciò che le tragiche vicende subite avevano causato [7].

Nel settembre del 2021, a cura dell’associazione Mascalucia Doc A.C., un’associazione no profit – finanziata solamente con il supporto economico dato dai suoi soci e dalle attività commerciali che volontariamente la sostengono – è stata pubblicata la “fanzineMompileri, stupore dell’arte. Cos’è una fanzine? E’ un termine derivato dalla lingua inglese, una lingua molto diversa dalla nostra ma, per certi versi, più semplice e con una più accentuata capacità di sintesi: così, dai termini magazine – che per noi è “rivista” – e fan, diminutivo di fanatic – che in italiano sta per “appassionato” –  è nato il sostantivo fanzine, contrazione di fanatic magazine [8].

Nella lingua italiana tale neologismo, più precisamente “anglicismo”, è stato accolto al femminile: una “fanzine” è quindi una rivista realizzata da appassionati, che prestano la loro opera a titolo assolutamente gratuito, e lo fanno con l’entusiasmo di chi ha a cuore la diffusione della conoscenza, in questo caso la conoscenza del proprio territorio e della sua storia, e nel caso particolare del territorio che è stato definito delle tre emmeMompileri, Massannunziata e Mascalucia.

La prima fanzine associativa aperiodica, il numero 1, è stata interamente dedicata alla storia dello sfortunato casale di Mompileri, ricoperto dalle lave etnee nel 1669. Si tratta di una «fanzine composta da 50 pagine tutte a colori che ripercorre la storia, gli avvenimenti e tutte le verità inerenti il sito storico-religioso di Mompileri».

Dal 3 aprile del 2022 – dopo una coraggiosa e superba opera di restauro, l’opera (dagli esperti sempre più convintamente attribuita alla mano del Gagini) è stata restituita all’aspetto originale ed è possibile ammirarla… così come lo facevano i fedeli di più di 355 anni fa. “É come se l’avessimo ritrovata per la seconda volta” ha commentato Don Alfio Giovanni Privitera, rettore “pro-tempore”, come egli ama definire se stesso, che fortemente ha auspicato questo restauro. Rimosso lo strato di colorazioni ottocentesche, è riapparso il simulacro nella sua splendida semplicità di marmo arricchito da fregi dorati.

La statua lignea dopo il restauro (foto S. Scalia)

Ma l’opera di Don Alfio Privitera non si è arrestata con questo traguardo importante dal punto di vista storico, culturale, artistico e religioso: la statua lignea di San Michele Arcangelo, che, come già ricordato, al tempo dell’eruzione fu portata fuori dalla vicina cappella ma lasciata davanti al fronte lavico e che fu in seguito ritrovata intatta in mezzo ad un “dagalotto” formatosi per il suddividersi della colata in due flussi di lava, è stata oggetto di un accurato restauro, “un altro motivo di meraviglia!”, come affermato dal Rettore.

Il 15 luglio del 2023 l’opera lignea (realizzata nel 1654, solo 15 anni prima della catastrofica eruzione), è stata restituita alla comunità svelando particolari che col tempo si erano perduti (vedi fotogallery).

Il simulacro dell’Arcangelo, patrono di Massannunziata, è custodito la Chiesa di Maria SS. Annunziata della frazione di Mascalucia.

Un sentito e doveroso ringraziamento va al Rettore Don Alfio Giovanni Privitera per la sua disponibilità e squisita cortesia e all’Associazione Mascalucia DOC per il prezioso lavoro svolto per la conoscenza e la salvaguardia del territorio mascaluciese.

Riferimenti bibliografici:

  • [1] Francesco Ferrara, Storia generale dell’Etna – 1793
  • [2] Giuseppe Recupero, Storia naturale e generale dell’Etna – 1815
  • [3] Bonaventura la Rocca – Relatione del nuovo incendio fatto da Mongibello – 1670
  • [4] Carlo Mancino, Narrativa del fuoco uscito da Mongibello il dì undici di Marzo

 del 1669

  • [5] Cronaca del Canonico Pasquale Calcerano, cronaca manoscritta del 1752 e

pubblicata nel 1929 dal Canonico Vincenzo Raciti Romeo «per accrescere il patrimonio della storia di Acireale»

  • [6] Maria sull’Etna (opuscolo del 2019 curato dal Santuario Madonna della Sciara in

occasione del 350° della conservazione del simulacro della Madonna sotto la lava)

  • [7] Il restauro del simulacro marmoreo cinquecentesco della Madonna della Sciara

(pubblicato a cura del Santuario Madonna della Sciara nell’aprile del 2022)

  • [8] Mompileri, stupore dell’arte (fanzine pubblicata nel 2021 a cura dell’Associazione

Mascalucia DOC)

  • [9] Il restauro del simulacro di San Michele Arcangelo (opuscolo del 2023 curato dal

Santuario Madonna della Sciara in occasione della celebrazione inaugurale del 13 Luglio 2023)

Con il titolo: A prospect of Mount Ætna with its eruption in 1669  (Mary Evans Picture Library), un prospetto del Monte Etna con la sua eruzione del 1669

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La zona d’interesse: la normalità dell’orrore dietro quel muro, che fingiamo di ignorare https://ilvulcanico.it/la-zona-dinteresse-la-normalita-dellorrore-dietro-quel-muro-che-fingiamo-di-ignorare/ Tue, 27 Feb 2024 08:52:18 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24734 di Antonella De Francesco La zona di interesse di Jonathan Glazer è un film difficile da vedere ma che va visto. Già premiato al Festival di Cannes 2023 con il Premio Speciale della Giuria, è uno dei 5 migliori film dell’anno secondo il National Board of Review ed è candidato a 5 premi Oscar. Il […]

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di Antonella De Francesco
La zona di interesse di Jonathan Glazer è un film difficile da vedere ma che va visto.
Già premiato al Festival di Cannes 2023 con il Premio Speciale della Giuria, è uno dei 5 migliori film dell’anno secondo il National Board of Review ed è candidato a 5 premi Oscar. Il film, tratto dall’omonimo libro di Martin Amis, che non ho letto, per cui non posso valutare quanto gli sia fedele, narra la storia del comandante di Auschwitz Rudolf Höß e sua moglie Hedwig che realizzarono il loro sogno di una vita con una famiglia numerosa, una casa e un grande giardino in un terreno direttamente adiacente al muro del campo di Auschwitz.
Ci sono tanti pregevoli film sull’olocausto ma il punto di vista di Glazer è nuovo e geniale. L’orrore pervade l’intera pellicola dall’inizio alla fine ma non si vede, piuttosto si sente e nel sentirlo ciascuno spettatore ricostruisce le immagini che ben conosce dalla storia nella sua mente, interiorizzandole ancora di più. La famiglia di Höb si muove in una sorta di grande fratello che la osserva da lontano senza mai un primo piano, perché il regista non perde mai di vista quel muro e le riprese a tutto campo di fiori e di morte gli sono necessarie.
La famiglia vive e convive con latrati di cani, spari nella notte, urla strazianti senza mai distogliersi dal suo fare quotidiano e lo stupore per tanta normalità travalica ogni ragionevolezza e li condanna più di quanto potrebbero fare 1000 immagini di morte. Nessuno di loro si chiede cosa accada oltre quel muro perché lo sa già, pur non essendone turbato. La fabbrica di morte non li distoglie dai loro affetti familiari: un cane, i cavalli, i fiori concimati con i resti dei forni crematori. Accettano doni appartenuti a chi forse è già morto proprio dietro quel muro o sta per farlo nel buio della notte. E lo spettatore resta impietrito davanti a quei magnifici fiori coltivati con cura mentre pennacchi di fumo nero si levano sul cielo limpido che a volte si fa schermo rosso sulle note del sottofondo musicale perfetto di Mica Levi, di rintocchi metallici e rumori ovattati che scandiscono l’orrore.
Un’opera immensa sulla perdita di umanità e sulla banalità del male, ma anche sulla vicinanza di certi orrori che si compiono a poca distanza da noi e che tutti fingiamo di ignorare, intenti e assorbiti dalla nostra quotidianità. In un mondo che ipocritamente censura le immagini violente, Glazer ci fa rivivere tutto l’orrore della Shoah senza immagini e ci esorta a svegliare le nostre coscienze dal torpore di questi tempi, a non voltarci dall’altro lato e ad ascoltare le atrocità che si compiono tutti i giorni ad un passo dalle nostre stesse esistenze . Da non perdere !

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Past Lives, quelle vite passate che sono sempre presenti https://ilvulcanico.it/past-lives-quelle-vite-passate-che-sono-sempre-presenti/ Sun, 25 Feb 2024 10:41:57 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24724 di Antonella De Francesco Ci sarà capitato di vedere tre persone accanto e interrogarci su chi siano e quale sia il legame tra loro. Prende le mosse da qui il film Past Lives, esordio ( autobiografico) in cabina di regia della drammaturga sudcoreana (naturalizzata canadese e residente a New York) Celine Song. Un film sul […]

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di Antonella De Francesco
Ci sarà capitato di vedere tre persone accanto e interrogarci su chi siano e quale sia il legame tra loro. Prende le mosse da qui il film Past Lives, esordio ( autobiografico) in cabina di regia della drammaturga sudcoreana (naturalizzata canadese e residente a New York) Celine Song.
Un film sul “sé” e sulle infinite possibilità che la vita ci offre e quelle che rendiamo reali tralasciando le altre. Un film su quello che resta dei rapporti profondi anche dopo, quando la vita ci ha portato altrove, dove mai avremmo pensato di arrivare. Un film sulle “seconde generazioni” che hanno dovuto, per scelta dei genitori, imparare a vivere altrove, sacrificando i propri legami e sotterrando le proprie radici .
Attraverso gli sguardi tutti e tre i protagonisti esprimono passioni, paure, gelosie, sempre in bilico tra passato e presente e senza futuro, perché quello resta un mistero. Ci sono storie che non finiscono mai, almeno dentro di noi. Che rimandano sempre una eco malinconica di chi eravamo, che, pur non impedendoci di vivere il presente, perché ciò che non è stato non poteva essere, condizionano la nostra esistenza.
A nulla vale dirsi “è finita” con le parole e con la distanza, sottraendoci il più possibile alla vista dell’altro. Malgrado i nostri sforzi nulla basta a interrompere quel flusso di emozioni che scorre libero dentro di noi. Persino il compagno che oggi amiamo non potrà mai colmare quella dolce nostalgia, quel pensiero intermittente rivolto a ciò che non è stato o che è stato ma non è più. Perché in quegli occhi resteremo per sempre quelli di un tempo, lì saremo sempre “ riconosciuti”, lì non avremo bisogno di parole, lì toccheremo l’altro senza sfiorarlo, lì troveremo la perfetta armonia di un istante o forse di tutta la vita .
Vale la pena tornare a cercarsi? Rivedersi ? Servirà a lenire la mancanza o piuttosto l’acuirà rendendola insopportabile ? Ognuno decida per sé e nessuno si permetta di dispensare consigli, perché non esiste una ricetta ma c’è un destino che si compie tutti i giorni e al quale nessuno può sottrarsi. Hae Sung e Nora sanno che in fondo non si lasceranno mai, neanche dopo il loro struggente addio e lo sa anche Arthur, il nuovo compagno di Nora perché bisogna avere l’umiltà di accettare che il passato permanga dentro di noi.
Da vedere, consigliato ai nostalgici

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La notte di Cutro e i migranti nelle strutture d'”accoglienza”: mostra fotografica da stasera a Catania https://ilvulcanico.it/la-notte-di-cutro-e-i-lager-dellaccoglienza-dei-migranti-mostra-fotografica-da-stasera-a-catania/ Sun, 25 Feb 2024 05:51:49 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24707 FONTE: Onirica-Spazio Creativo Oggi pomeriggio, domenica 25 Febbraio, alle ore 18,30, a Onirica Spazio Creativo – Catania in via Ingegnere 34, angolo via Etnea, alle ore 18,30, inizierà una settimana di mostre e incontri sul tema delle migrazioni, per cercare di dare un senso alla morte di tanti esseri umani. Nella notte tra il 25 […]

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FONTE: Onirica-Spazio Creativo

Oggi pomeriggio, domenica 25 Febbraio, alle ore 18,30, a Onirica Spazio Creativo – Catania in via Ingegnere 34, angolo via Etnea, alle ore 18,30, inizierà una settimana di mostre e incontri sul tema delle migrazioni, per cercare di dare un senso alla morte di tanti esseri umani.

Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, un anno fa, nelle acque di fronte alla frazione di Steccato di Cutro (CZ) un barcone si disintegrò su una secca a poche centinaia di metri dalla spiaggia. Novantotto persone, donne, bambini, uomini, morirono guardando le luci dell’Italia. In quei giorni Domenico Fabiano si trovava sul posto ed ha potuto raccontarci, con i suoi video e le sue fotografie, ciò che rimase di quell’evento tragico. A completare la mostra “La notte di Cutro”, che chiuderà domenica 3 marzo, le foto di Giuseppe D’Amico, per alcuni anni legale in una struttura di accoglienza, che raccontano la condizione sospesa di chi è sopravvissuto al viaggio in mare.

Ringraziamo Giuseppe D’Amico e Domenico Fabiano che ci dà l’opportunità di presentare questa mostra, sicuramente da visitare, di grande significato e valore in questa ricorrenza fra le più tragiche nella storia delle migrazioni: le foto che pubblichiamo nella gallery non sono riprese interamente per non rivelare in anticipo i lavori esposti dai due fotografi.

 

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In fondo al mar, così si muove l’Etna https://ilvulcanico.it/in-fondo-al-mar-cosi-si-muove-letna/ Sat, 24 Feb 2024 08:00:54 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24698 FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa/ È rientrata nel porto di Catania la nave oceanografica con a bordo un team internazionale di ricercatori che ha raccolto dati importanti per comprendere meglio le cause e l’entità dei movimenti sottomarini dell’Etna Dopo 13 giorni di navigazione al largo delle coste di Catania, si è conclusa la spedizione Meteor M198 organizzata dal Centro di Ricerca […]

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FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa/

È rientrata nel porto di Catania la nave oceanografica con a bordo un team internazionale di ricercatori che ha raccolto dati importanti per comprendere meglio le cause e l’entità dei movimenti sottomarini dell’Etna

Dopo 13 giorni di navigazione al largo delle coste di Catania, si è conclusa la spedizione Meteor M198 organizzata dal Centro di Ricerca Oceanografica GEOMAR di Kiel (Germania). Alla crociera scientifica, il cui scopo principale è stato indagare le porzioni sommerse del fianco sud-orientale dell’Etna in costante movimento sotto le acque del Mediterraneo, ha partecipato anche l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). “L’INGV monitora da diversi anni i lenti ma progressivi movimenti dell’Etna”, spiega Alessandro Bonforte, ricercatore dell’INGV che era a bordo della spedizione M198“Questi piccoli movimenti, che non coinvolgono solo la parte emersa del vulcano, non sono di norma particolarmente pericolosi, tuttavia in alcuni casi e in particolari condizioni possono diventare più consistenti e dare origine, oltre ai ben noti terremoti che periodicamente interessano il fianco orientale, anche, ad esempio, a frane sottomarine”.

Alessandro Bonforte

La spedizione ha coinvolto un team di ricerca internazionale che tenta di comprendere se il fianco sud-orientale del vulcano stia scivolando verso lo Ionio come blocco unico o in più porzioni e quali siano le origini di questa dinamica. “L’obiettivo più ambizioso della nostra spedizione è stato evidenziare come le osservazioni e le misurazioni subacquee siano fondamentali per comprendere meglio strutture come l’Etna e fenomeni complessi come lo scivolamento in mare del fianco di un vulcano, sia esso costiero come l’Etna o insulare. In questo contesto, affiancare i dataset provenienti dal mare a quelli elaborati a terra attraverso rilievi strutturali, GNSS e satellitari consente di avere a disposizione un vero e proprio osservatorio a 360° sul vulcano”, prosegue Bonforte.

Per ottenere i dati necessari, i ricercatori a bordo della nave Meteor hanno adottato un approccio multidisciplinare. Oltre alla raccolta di campioni di roccia e di sedimenti e alla mappatura del fondale marino effettuata grazie a sonar multibeam e a sofisticati droni subacquei, tecniche geodetiche hanno consentito di sfruttare una rete di sensori acustici già installati sui fondali al largo di Catania nel 2016 per calcolare, sulla base dei tempi di propagazione delle onde sonore, i relativi movimenti di scivolamento tra i vari punti della rete. Tali misure hanno già consentito di rilevare la deformazione attiva sulla prosecuzione della nota faglia di Acitrezza, almeno fino a 1200 metri di profondità.

Inoltre, la missione è stata l’occasione per sperimentare una tecnica finora mai applicata ai vulcani che ha previsto l’installazione di due piezometri per misurare le variazioni di pressione e di temperatura dell’acqua contenuta nei primi 5 metri di sedimento sul fondo del mare in prossimità della faglia.

L’obiettivo, in questo caso, è provare a capire se, come già evidenziato nel caso di alcuni terremoti, un movimento del fianco del vulcano sia accompagnato o possa essere anticipato da cambiamenti nelle caratteristiche dei fluidi presenti al suo interno. “Il paradigma che stiamo adottando è quello di ‘rimuovere l’acqua’, almeno come limite mentale. La linea di costa che delimita tutte le mappe non è infatti un limite geologico o geodinamico, ma solo un limite alle nostre capacità osservative. L’Etna è tra i vulcani meglio studiati al mondo, un laboratorio a cielo aperto, e ciò ha consentito un enorme avanzamento della conoscenza dei fenomeni geologici che la caratterizzano; questo rende ancora più evidente la lacuna di conoscenza sul fianco della montagna che prosegue al di sotto del livello del mare” – aggiunge Alessandro Bonforte – Ogni campagna oceanografica aggiunge un tassello all’enorme spettro di osservazioni che si possono e si devono condurre sui fondali prospicienti al vulcano e pone nuovi quesiti a cui si cercherà di dare risposta con le campagne successive. È l’essenza del nostro lavoro di ricercatori e del progresso della conoscenza, uno stimolante percorso pieno di interrogativi da sciogliere”, conclude Bonforte.

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