In libreria Archivi - Il Vulcanico https://ilvulcanico.it/category/in-libreria/ Il Blog di Gaetano Perricone Sun, 19 Nov 2023 06:47:01 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 A Muntagna, Thea, Ferdinandea e tanto altro: dei miti e delle leggende del “mundus subterraneus” di Sicilia https://ilvulcanico.it/a-muntagna-thea-ferdinandea-e-tanto-altro-dei-miti-e-delle-leggende-del-mundus-subterraneus-di-sicilia/ Sun, 19 Nov 2023 06:47:01 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24370 di Santo Scalia «Valerio Agnesi, professore emerito di Geografia Fisica e Geomorfologia dell’Università di Palermo, propone in questo volume miti e leggende legati al mundus subterraneus della Sicilia. Si tratta di meraviglie e prodigi presenti, con molteplici varianti, fin dai classici della letteratura greca e latina o giù di lì, ma che Agnesi descrive e […]

L'articolo A Muntagna, Thea, Ferdinandea e tanto altro: dei miti e delle leggende del “mundus subterraneus” di Sicilia proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Santo Scalia

«Valerio Agnesi, professore emerito di Geografia Fisica e Geomorfologia dell’Università di Palermo, propone in questo volume miti e leggende legati al mundus subterraneus della Sicilia. Si tratta di meraviglie e prodigi presenti, con molteplici varianti, fin dai classici della letteratura greca e latina o giù di lì, ma che Agnesi descrive e decifra alla luce della moderna cultura geologica affermatasi, dall’Ottocento in poi, grazie all’opera di Charles Lyell, padre riconosciuto di questa giovane disciplina scientifica, e dei suoi numerosi epigoni».

Particolare da Mundus Subterraneus di Kircher, 1668 (BNF)

Cos’altro aggiungere a questa chiara e concisa presentazione di Franco Foresta Martin? Probabilmente nulla! Nelle sue prime righe c’è infatti il riferimento velato (ma non troppo) all’opera di Athanasius Kircher, l’autore della magnifica opera Mundus Subterraneus, pubblicata ad Amsterdam in tre diverse edizioni: la prima nel 1665, la seconda tre anni dopo, nel 1668; la terza, ed ultima, nel 1678. Ed è proprio dall’edizione del 1668 che viene tratta, e arricchita dal colore, l’immagine della copertina.

Particolare da Principles of Geology di Lyell, 10ma edizione – 1868 (Google books)

Nella presentazione segue immediatamente la citazione del “padre riconosciuto” della geologia, Charles Lyell, autore dei Principles of Geology, pubblicati in 3 volumi tra il 1830 ed il 1833.  Due grandissimi nomi, due mostri sacri delle discipline geologiche.

Dicevo che non avrei potuto aggiungere altro alla presentazione di Franco Foresta Martin, ed infatti è lo stesso che scrive ancora: «Sono storie dilettevoli, tutte tenute insieme da non poche qualità comuni: il recupero della tradizione storica e letteraria siciliana, la lettura in chiave scientifica e divulgativa anche delle più fantasiose suggestioni, la rigorosa citazione delle fonti antiche e moderne e, non ultime, la tensione narrativa e l’eleganza della prosa».

Il libro Miti e leggende della geologia siciliana, 230 pagine edite da Villaggio Letterario nella Collana Studi 4 elements  (23 euro), dà il posto d’onore – il primo capitolo – all’Etna: “A Muntagna” ne è il titolo. E del principale vulcano attivo d’Europa vengono ripercorsi storia, leggende, fatti e misfatti”.

L’Autore parla poi di giganti e di elefanti, di Maccalube, di Thea (la prima donna di Sicilia, i cui resti sono stati scoperti nella Grotta di San Teodoro e che oggi sono esposti in una apposita sala del Museo di Geologia “G. G. Gemmellaro” di Palermo); e tratta anche della leggenda di Santa Crescenzia, del coccodrillo del Papireto (uno dei due fiumi che attraversano il centro storico palermitano), del Monte Pellegrino e dell’isola che non c’è più, Ferdinandea.

Volutamente non aggiungo altri dettagli, non vorrei rovinare la sorpresa di chi leggerà questo volume. Devo però precisare che ogni capitolo è corredato da una attenta e accurata bibliografia.

Franco Foresta Martin

Per quei pochi che non conoscessero Franco Foresta Martin, ricordo che si tratta di un giornalista scientifico e geologo, che ha lavorato al giornale L’Ora di Palermo, poi per oltre 30 anni al Corriere della Sera ed è autore svariati di testi di divulgazione scientifica (come si legge in una delle pagine del sito web dell’Università Bocconi).

Valerio Agnesi

Dell’Autore, Valerio Agnesi, palermitano, lo stesso Foresta ha anticipato alcune note: aggiungo soltanto che svolge attività di ricerca in diversi ambiti della geomorfologia, con particolare riguardo della dinamica dei versanti, al carsismo, allo studio e alla gestione delle aree protette e alle problematiche di geomorfologia urbana.

 

——————————–

di Gaetano Perricone

La copertina del libro

All’ottima recensione di Santo Scalia, mi piace molto aggiungere quanto ho scritto su Facebook dopo avere letto questo magnifico libro

Ed a noi, in questo momento che le armi hanno ripreso a tuonare nell’Europa Orientale per il possesso di alcune terre, la storia di quest’isola contesa, che decise di sparire per mettere fine a dispute territoriali, ci sembra una metafora della saggezza della natura rispetto alla stoltezza degli uomini”.
Mi piace molto citare il passo finale, riferito alla mitica Isola Ferdinandea, di grande eleganza e drammatica attualità (manca il riferimento alla guerra in Medio Oriente, che non era ancora scoppiata quando il libro vide la luce) di questo straordinario volume di Valerio Agnesi – professore emerito di Geografica Fisica e Geomorfologia all’Università di Palermo, accademico di grande spessore ed esperienza, a lungo direttore del Museo Gemmellaro – che definisco letteralmente così perché va ben al di dell’ordinario di questo tipo di pubblicazioni.
Mettendo insieme, con estrema e dettagliata puntualità, le conoscenze geologiche aggiornate sui luoghi e gli affascinatissimi miti, leggende, storie, tanti conosciuti e altrettanti no ad essi legati, Valerio Agnesi ci accompagna in un appassionante e interessantissimo Grand Tour nella nostra Terra siciliana meravigliosa e maledetta: dall’Etna, a muntagna Patrimonio dell’umanità al Monte Pellegrino che domina Palermo, la Montagna sacra di Rosalia Sinibaldi; dalla Terra rivoltata, le Maccalube di Aragona alla Sodoma di Sicilia San Vito Lo Capo, alla fantastica  Ferdinandea, L’isola che non c’è più. E ci racconta di  ciclopi, giganti ed elefanti, di Thea prima donna di Sicilia, dei coccodrilli del Papireto a Palermo e di tanto, tanto altro. Con una narrazione fluente ed avvincente, che talvolta ci fa restare a bocca aperta e ci fa tornare bambini e un uso impeccabile di citazioni e note, come solo un grande docente e uomo di scienza ma anche di grande cultura qual è Valerio Agnesi è in grado di fare.
Senza nulla più spoilerare, aggiungo che Miti e leggende della geologia in Sicilia, sottotitolo accattivante Delle cose memorabili nelle viscere della terra, compendio originale e unico di scienza, mito letteratura, storia, cultura come si dice oggi “interdisciplinare”, è un bellissimo libro scritto benissimo per gli addetti ai lavori, i tanti geologi di una terra ricca di luoghi e risorse eccezionali, ma anche per il lettore comune, curioso di conoscenza e affascinato da storie antiche e meravigliose. La presentazione di Franco Foresta Martin, grandissima firma del giornalismo di divulgazione scientifica, è un arricchimento quanto mai prezioso.
Sono davvero onorato che l’autore Valerio Agnesi, amico di vecchia data, mi abbia coinvolto non soltanto per farmi conoscere la nuova pubblicazione, ma anche in vista di una possibile presentazione etnea.
Con il titolo: particolare della copertina del libro, dall’edizione del 1668 di Mundus Subterraneus

L'articolo A Muntagna, Thea, Ferdinandea e tanto altro: dei miti e delle leggende del “mundus subterraneus” di Sicilia proviene da Il Vulcanico.

]]>
“Sicilia vulcanica”, una guida ecoturistica https://ilvulcanico.it/sicilia-vulcanica-una-guida-ecoturistica/ Sun, 12 Nov 2023 06:10:21 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24312 di Santo Scalia Che la Sicilia, così come anche la Campania, sia una terra vulcanica è cosa nota. In questo caso parliamo soprattutto di un vulcanesimo attivo; anche altre regioni italiane sono ricche di testimonianze vulcaniche (vedi Lazio, Toscana ed anche Veneto), ma in questi casi i vulcani presenti non sono più attivi. In Sicilia […]

L'articolo “Sicilia vulcanica”, una guida ecoturistica proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Santo Scalia

Che la Sicilia, così come anche la Campania, sia una terra vulcanica è cosa nota. In questo caso parliamo soprattutto di un vulcanesimo attivo; anche altre regioni italiane sono ricche di testimonianze vulcaniche (vedi Lazio, Toscana ed anche Veneto), ma in questi casi i vulcani presenti non sono più attivi.

In Sicilia troviamo di tutto: antiche aree vulcaniche, vulcani tutt’ora in attività, vulcani sottomarini (vedi ilVulcanico.it: Sopra e sotto il mare: ecco i 36 vulcani, attivi o già spenti, visibili e invisibili, che circondano la Sicilia).

Il libro di cui ci occupiamo, scritto da Franco Tassi e Carmelo Nicoloso, Sicilia vulcanica, guida ecoturistica, è uno strumento valido, utile, interessante e piacevole da consultare e da leggere. Il sottotitolo, itinerari Etna, Nebrodi, Alcantara, Peloritani, Eolie, ci anticipa infatti che non solo di vulcani (Etna, Alcantara, Eolie) vi si tratta, ma anche di aree naturalistiche di grande interesse della Sicilia nord-orientale.

È infatti una guida agile, precisa e ricca di curiosità, suddivisa in cinque capitoli principali che illustrano l’Etna e i territori che circondano per mare e per terra la grande “Muntagna”; vi si trovano anche storie di natura che approfondiscono temi particolari d’interesse naturalistico e turistico: si spazia dalle curiosità faunistiche e botaniche, ai rifugi, che offrono ospitalità lungo i sentieri, alle coltivazioni tipiche, alle citazioni storiche e letterarie, ai racconti dei pionieri.

La parte più ampia di questa guida ecoturistica è ovviamente dedicata al maggiore dei vulcani siciliani, l’Etna, visto non solo sotto l’aspetto vulcanico, ma anche del paesaggio vegetale, della fauna locale, della storia, delle città e delle loro peculiarità.

Antonio Nicoloso (a destra) ed il fratello Orazio sulla cima dell’Etna (Archivio A. & O. Nicoloso)

Le pagine di questo libro sono impreziosite da alcune foto dell’indimenticabile – ed indimenticato – Antonio Nicoloso, storica guida del nostro vulcano (immagini concesse dall’Archivio A. & O. Nicoloso).

Nel volume, oltre alle pagine scritte dagli Autori, trovano spazio anche tante altre firme di esperti e di persone amanti della natura e della sua fruizione.

Conosciamo gli Autori: Carmelo Nicoloso è personaggio noto nell’area etnea (e non solo); guida naturalistica nei Parchi, nelle Riserve e nei siti Naturalistici Siciliani, Coordinatore Mezzogiorno d’Italia Comitato Parchi, formatore per le guide naturalistiche con l’ausilio dell’Università dei Parchi e tanto altro. Franco Tassi, storico direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, coordinatore del Centro Parchi Internazionale, è autore di numerose pubblicazioni di carattere sia scientifico sia divulgativo sulle tematiche dell’ambiente e della conservazione della natura.

Ecco come l’editore presenta il volume (Fonte – Moroni Editore ):

«L’Isola del sole è sempre fonte di sorpresa per i mille aspetti naturalistici, storici e artistici che la rendono meta turistica d’eccellenza. La guida Sicilia vulcanica” vuole svelare un aspetto peculiare della Trinacria, narrare la bellezza e la storia di quei territori orientali dell’isola, caratterizzati dalla presenza della “Muntagna”, come viene chiamato l’Etna: monti, colline, foreste, pianure, città e vicine isole con ambienti selvaggi e affascinanti, fauna e flora di grande interesse e bellezza, paesi ricchi di arte e di tradizioni, sentieri e rifugi che offrono ospitalità al viandante in cerca di emozioni. E di emozioni parlano gli autori, pionieri che hanno studiato e affrontato le eruzioni dell’Etna – massimo vulcano attivo europeo – e quel suo imporsi sulla natura, sulle rocce, sulle “fiumare” creando ambienti di particolare suggestione: tutti da esplorare in automobile, a cavallo, in bicicletta, a piedi seguendo itinerari suggeriti da guide locali, che in ogni pagina della guida riescono ad interessare narrando storie antiche, curiosità naturalistiche, specialità della gastronomia, tradizioni di un mondo arcaico di grande fascino».

Il volume, pubblicato nel 2020 dall’editore Cesare Moroni, consta di 297 pagine di formato 15×21 cm. ed è arricchito da 298 immagini. Lo si trova senza difficoltà nelle librerie e nelle piattaforme online.

Con il titolo: l’Etna visto da sud (foto S. Scalia)

L'articolo “Sicilia vulcanica”, una guida ecoturistica proviene da Il Vulcanico.

]]>
Maria Lionti e il Grand Tour dell’Etna. Quei sette tedeschi ammaliati dal vulcano https://ilvulcanico.it/maria-lionti-e-il-grand-tour-delletna-quei-sette-tedeschi-ammaliati-dal-vulcano/ Sun, 15 Oct 2023 05:12:38 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=24070 di Santo Scalia Venivano da ogni parte dell’Europa, e tutti passavano da lì: dal Monastero di San Nicolò la Rena di Nicolosi. Arrivavano a dorso di mulo e in quell’edificio ricevevano accoglienza e un frugale pasto. Poi, in marcia per raggiungere la meta tanto immaginata, sognata, temuta: la cima dell’Etna. Erano viaggiatori, studiosi, naturalisti e […]

L'articolo Maria Lionti e il Grand Tour dell’Etna. Quei sette tedeschi ammaliati dal vulcano proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Santo Scalia

Venivano da ogni parte dell’Europa, e tutti passavano da lì: dal Monastero di San Nicolò la Rena di Nicolosi.

Arrivavano a dorso di mulo e in quell’edificio ricevevano accoglienza e un frugale pasto. Poi, in marcia per raggiungere la meta tanto immaginata, sognata, temuta: la cima dell’Etna.

Erano viaggiatori, studiosi, naturalisti e scienziati. Seguivano quello che ormai era diventato un fenomeno di costume: un viaggio nell’Italia, soprattutto nella sua parte meridionale, e in Sicilia. Qui, oltre alle innumerevoli testimonianze dell’arte e della storia del passato, era la natura ad attirarli e soprattutto era il vulcano.

Dalla metà del ‘700 e per circa un secolo furono tantissimi ad effettuare il viaggio che poi venne definito il Grand Tour: William Hamilton, Patrick Brydone, Jean Claude Richard Saint Non, Jean-Pierre Louis Laurent Houël, Déodat de Dolomieu, J. W. von Goethe e tantissimi altri.

Nel suo recente lavoro – Il Grand Tour dell’Etna, Bonfirraro editore–  l’autrice Maria Lionti ci permettere “di conoscere da vicino ciò che ha affascinato i più importanti viaggiatori del Grand Tour in Italia”; e ci riesce egregiamente. Analizzando le testimonianze lasciateci da questi viaggiatori-scrittori, soffermandosi soprattutto su quelli provenienti dalle regioni germaniche, ci offre un’antologia delle pagine più belle che ci hanno lasciato. Così possiamo conoscere il pensiero e le esperienze vissute da Johann Hermann Riedsel (bavarese); da Friedrich Münter (da Gotha); da Gottfried Seume (da Posena); da Wilhelm Waiblinger (da Heilbronn); da Wolfgang Sartorius von Waltershausen (da Gottinga); da August Schneegans e da Ernst Haeckel (da Potsdam).

Un libro sulle opere di sette tedeschi attratti dal fascino dell’Etna non poteva che meritare la prefazione di un vulcanologo tedesco, anche lui ammaliato dal nostro vulcano, Boris Behncke: “Vivere sull’Etna e studiare la sua storia non è solo un viaggio nel tempo. È come incontrare tanti vulcani diversi, oggi uno di tipo “hawaiiano”, domani uno come quei bestioni esplosivi dell’Indonesia, e dopodomani serena, quieta, vestita di neve come il Fujiyama giapponese. Una vita sull’Etna è un Grand Tour infinito”. Le foto nel libro sono di Giuseppe Vitali

DESCRIZIONE (Fonte: Bonfirraroeditore.it)

Etna, 5 ottobre 2023 (foto di Gaetano Perricone)

L’Etna è il vulcano attivo più alto d’Europa, ma è anche la montagna che ha profondamente plasmato il territorio e il carattere della sua gente.
Ne esploreremo i misteri e i sentieri. Oltrepasseremo i confini della realtà scavando tra i miti e i racconti popolari. Ci immedesimeremo in descrizioni e versi, in resoconti di viaggio e di ricerche scientifiche dei primi viaggiatori del Grand Tour, giunti in Sicilia dalla seconda metà del 1700.
In questo viaggio, a ritroso nel tempo, conosceremo personaggi illustri e altri meno conosciuti che giungono in Sicilia spinti da diverse motivazioni: la storia, la letteratura, l’arte e la scienza, tutti ugualmente attratti dal fascino vulcanico dell’Etna.
L’ascesa al cratere ha inizio dalla città di Catania, distrutta e ricostruita dalla lava, si attraversano i fertili campi e i paesi alle pendici dell’Etna. La zona di deserto lavico si fa sempre più vicina e, prima di affrontare la scalata ai crateri sommitali, si è soliti fare una sosta da cui si riparte a notte tarda per attraversare l’orrido paesaggio e giungere al cratere prima del sorgere del sole.
Qui, l’odore di zolfo, il vento e un religioso mistero avvolgono il viaggiatore in una nube di assoluto stupore. Da qui lo sguardo domina su un paesaggio sorprendente fatto di fuoco, di terra, di mare e di cielo, aperto su vasti orizzonti.
Un ricco corredo fotografico di illustrazioni d’epoca e di immagini attuali ci aiuteranno a comprendere alcuni aspetti di questo vulcano.
Il fascino dell’Etna non ha confini né di tempo, né di spazio; le emozioni che esso suscita sono immutate come il fuoco delle sue eruzioni e rappresenta un forte richiamo per viaggiatori di ieri e di oggi.
È questo il gigante che il viaggiatore osserva intimorito, ammira stupito e ricorda per sempre estasiato.
Su tutti il vulcano lascia un segno e l’illusione di averlo conquistato, ma, di fatto, siamo noi a essere conquistati dalla Montagna delle Montagne: l’Etna.

Con il titolo: Etna, 30 settembre 2023 (foto di Gaetano Perricone)

L'articolo Maria Lionti e il Grand Tour dell’Etna. Quei sette tedeschi ammaliati dal vulcano proviene da Il Vulcanico.

]]>
Mexico, Italia-Germania 4-3 e tanto altro. Quell’irripetibile Anno Domini 1970 https://ilvulcanico.it/mexico-italia-germania-4-3-e-tanto-altro-quellirripetibile-anno-domini-1970/ Sat, 08 Apr 2023 04:57:31 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=23194 di Gaetano Perricone Quando un comunicato stampa è scritto bene ed è completo, basta e avanza per presentare un libro, una mostra, uno spettacolo, un evento. Così è per il libro 1970 – Romanzo di un anno irripetibile (Urbone Publishing, pagine 150, 15 Euro), in beneaugurante uscita online pasquale domani, domenica 9 aprile 2023, su Amazon […]

L'articolo Mexico, Italia-Germania 4-3 e tanto altro. Quell’irripetibile Anno Domini 1970 proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Gaetano Perricone

Con Adolfo Fantaccini, autore del libro, in una recentissima foto a Palermo

Quando un comunicato stampa è scritto bene ed è completo, basta e avanza per presentare un libro, una mostra, uno spettacolo, un evento. Così è per il libro 1970 – Romanzo di un anno irripetibile (Urbone Publishing, pagine 150, 15 Euro), in beneaugurante uscita online pasquale domani, domenica 9 aprile 2023, su Amazon e sul sito della casa editrice www.urbone.eu. 

E dunque potrei limitarmi a pubblicare integralmente l’ottimo comunicato che segue, certo di fare un buon servizio a questo bel libro che vede la luce e a chi lo ha scritto. Tutto questo se non fosse che l’autore si chiama Adolfo Fantaccini, è un bravissimo giornalista palermitano, ottimo professionista dell’agenzia Ansa e formidabile lavoratore, squisitissima persona, che ho avuto il grande piacere di conoscere giovanissimo e di “allevarlo” professionalmente in quella grande scuola del nostro mestiere e più in generale di vita che fu il glorioso giornale L’Ora, quotidiano palermitano chiuso in modo scellerato l’8 maggio 1992 dopo 92 anni di vita e di grandi battaglie contro la mafia e per la legalità.

La copertina del libro

Fantaccini è soprattutto un mio carissimo, fraterno amico: una di quelle amicizie profonde che nascono dalla stima maturata nella lunga quotidianità di un appassionante lavoro comune e che restano eterne, infrangibili per tutta la vita. Dunque non posso che condividere la sua gioia per la nascita del primo “figlio” – come lo abbiamo considerato tutti quelli che abbiamo avuto la fortuna di pubblicare per la prima volta un libro – , che ha francamente sorpreso in positivo anche me (inevitabilmente e con enorme piacere “test” di lettura) per il suo essere coinvolgente al di là dei fatti, importanti ed emozionanti, che vengono raccontati e per la sua profondità. Puntualizzo: conosco troppo bene Adolfo e so perfettamente quanto la superficialità sia lontanissima dalla sua persona, quello che intendo dire è che in questo suo primo e spero non ultimo libro insieme alla minuziosa, documentatissima narrazione – da quel formidabile archivio vivente di calcio che lui è fin da ragazzo – nei panni di un inviato speciale dei mitici Mondiali di Mexico 1970 e dei tanti altri eventi che accaddero in quel tempo, c’è anche la grande capacità di cogliere e trasmettere, con una serie di attente e acute riflessioni nostalgico-sociologiche, gli umori autentici e il senso di un anno che per molti versi fu davvero spartiacque, di passaggio tra un mondo di prima e uno di dopo, dunque irripetibile come ben sottolinea il titolo.

Non vado oltre per non spoilerare troppo. Lascio spazio per la sinossi e le note biografiche sull’autore al comunicato di presentazione, aggiungo soltanto che questo libro è una chicca da non perdere per gli appassionati di calcio della mia generazione che hanno vissuto sugli schermi della Tv il Mondiale di calcio del 1970, quelli di Italia-Germania 4-3 e della finalissima con il super Brasile di Pelè – avevo 14 anni e fu bellissimo seguirli con il mio papà – , ma anche per i più giovani che  hanno visto e stravisto quelle immagini senza vivere quei momenti e per i non tifosi di pallone, che pure avranno modo di rivivere intensamente tanti altri fatti straordinari di quei dodici mesi. E aggiungo ovviamente anche il mio più affettuoso augurio per il successo di quest’opera originale e interessante: ad maiora, carissimo Adolfo, per tutto quello che meriti dopo tanti anni di lavoro intensissimo, appassionato, egregio!

——-

Italia-Germania 4-3, l’esultanza di Gianni Rivera dopo il gol decisivo

SINOSSI – Esce domenica 9 aprile il libro 1970 ROMANZO DI UN ANNO IRRIPETIBILE, del giornalista Adolfo Fantaccini (Urbone Publishing – copertina realizzata da Emanuele Fucecchi) con la prefazione di Giovanni Scaramuzzino, storico radiocronista di Tutto il calcio minuto per minuto. Alcune sue parole: “Maledetto Covid. Ci ha cambiato la vita, ma ha anche schiuso orizzonti e percorsi diversi. È un bel viaggio, quello intrapreso da Adolfo Fantaccini, e lo stesso autore lo riassume così: ‘Il 1970 è stato un anno di grandi cambiamenti e di occasioni mancate. Cinquant’anni più tardi si sarebbe detto che in quel periodo era già successo tutto e che niente poteva più accadere’.

Le storie, i racconti e i ricordi, in grado di generare emozioni, di un giornalista che lavora per un quotidiano generalista e che al Mondiale del 1970 c’era, perché ce lo hanno mandato. I ricordi prendono corpo intrecciandosi intorno a un pallone, tra eventi di costume, fatti realmente accaduti e altri frutto della fantasia dell’autore, ricordi e aneddoti.

L’autore lo presenta, per la prima volta dal vivo, mercoledì 19 aprile all’Ambasciata Messicana d’Italia di Roma (ore 18,30 – Via Lazzaro Spallanzani 16 – per info e prenotazione posti: 06 441606 o [email protected]). Io ci sarò, non posso mancare. All’incontro parteciperanno anche l’Ambasciatore Messicano in Italia Carlos Garcia De Alba e i giornalisti Giovanni Scaramuzzino e Luca Telese, che dialogheranno con Adolfo Fantaccini del libro e dei suoi contenuti, ma anche dei ricordi e degli aneddoti che l’hanno spinto a scriverlo. “Il Mondiale messicano è stata una magica illusione, per quell’epoca rappresentò un salto nel futuro, ma soprattutto una struggente suggestione planetaria. Il calcio ingiallito e in bianco e nero si preparava a fare spazio a colori invitanti, sgargianti e ovattati, a giochi d’ombra mai visti, con quel sole che a mezzogiorno illumina i volti e li rende così pieni di ombre dal sapore onirico. Le immagini che sarebbero rimbalzate in ogni dove dagli altipiani tanto cari a Montezuma avrebbero avuto qualcosa di magico e innaturale. Mondiale di rivoluzioni, nel Paese delle rivoluzioni, nell’anno in cui la grande utopia cominciava a fare spazio alla consapevolezza” commenta l’autore. Prima presentazione siciliana l’1 giugno a Palermo, alla Biblioteca Centrale Regionale.

Quello del 1970 è stato un Mondiale di rivoluzioni, nel Paese delle rivoluzioni, nell’anno in cui la grande utopia cominciava a fare spazio alla consapevolezza. Il Messico si apprestava a celebrare il festival dello sport più bello del mondo, ma anche l’ultima rappresentazione del suo capo spirituale: Edson Arantes do Nascimento, che il mondo aveva conosciuto semplicemente e solo come Pelé. Il Messico si inchina al Dio pallone e il mondo, così pieno di sussulti di passione, è pronto a seguire il primo torneo in diretta televisiva via satellite. Già questa è una rivoluzione. Da questo momento il calcio non sarà più lo stesso e la tv non sarà solo un elettrodomestico costoso e ambito, ma una compagna di viaggio di tante vite.

Il 1970 è forse l’ultima, vera illusione, un bivio che porterà, oltre a una débacle pubblica, a una deriva di valori che fa da spartiacque. È il prologo dell’inizio della fine della grande illusione. Questo libro vuole raccontare tutto quello che si proietta sullo sfondo del “MONDIALE”. Non solo gol e passioni, illusioni e ambizioni, ma anche storia, cultura, musica, cinema e costume. “Non troppe pagine, solo la giusta dose di memoria per riportare alla luce i ricordi di un passato intramontabile conclude Adolfo Fantaccini – Ci sono le musiche del tempo, i fatti accaduti, i protagonisti di ogni scenario, i grandi cambiamenti e tutto quello che accadde nel 1970. Non solo calcio, o sport, dunque, ma emozioni”.

Il giornalista de L’Ora Mauro De Mauro, scomparso il 16 settembre 1970. Accanto il leggendario chitarrista Jimi Hendrix, morto due giorni dopo, il 18 settembre

Lo spiega bene l’Ansa, che scrive tra l’altro nella nota di presentazione del volume: Il Messico da competizione sportiva si fa categoria e diventa uno stato mentale, partendo dalle fluttuazioni del meteo (quello vero di grandi escursioni termiche), passando per le vicende calcistiche, per le tecniche e i tempi (vivi e morti) del lavoro dell’inviato, per le giornate in attesa degli eventi, per i viaggi all’inseguimento delle partite, per lo studio delle squadre, dei caratteri, delle storie dei calciatori e anche per la musica perché quando c’è poco da scrivere, in attesa che il pallone rotoli in campo, i giornalisti lavorano lo stesso e possono avere – ed è il caso dell’autore – come compagna di viaggio la musica. Nel 1970 erano i Beatles, sebbene già sciolti come gruppo con “Lennon e Paul McCartney ai ferri corti e una Yoko Ono di troppo”. In quell’anno si ascoltava la musica che ha segnato i decenni successivi ed è anche il periodo dei grandi eventi da Woodstock del 1969, alle tre edizioni dell’Isola di White, l’ultima delle quali proprio nel 1970 e poi come un coniglio che spunta da un cilindro, un evento italiano “anomalo”: il “Palermo pop”, una tre giorni in cui si esibirono Aretha Franklin, il ‘duca’ Duke Ellington, Kenny Clarke, Tony Scott, Johnny Hallyday. Una rivoluzione, come il Messico, come i Beatles, come il 1970″.

————

L’AUTORE

Adolfo Fantaccini in una recentissima foto con Enrico Albertosi, portiere della Nazionale azzurra in Messico nel 1970

Con un passato da calciatore dilettante, Adolfo Fantaccini da giornalista ha mosso i primi passi nella storica redazione del giornale L’Ora di Palermo, a metà degli anni ’80: prima come collaboratore, poi come praticante e successivamente come professionista. Per conto della gloriosa testata fondata dai Florio all’inizio del secolo scorso ha raccontato i maggiori avvenimenti sportivi che si sono svolti a Palermo, a cominciare dai Mondiali di calcio del ’90 e per finire alle altalenanti vicende della squadra di calcio del Palermo. Ha prestato la propria opera nell’ufficio stampa dei Mondiali di ciclismo, che si disputarono in Sicilia nel 1994; a lungo è stato corrispondente sportivo de il Giornale di Milano e di Tuttosport. Per un anno, il primo di Zamparini alla guida del club rosanero, ha assunto l’incarico di addetto stampa del Palermo Calcio. Attualmente lavora nell’Agenzia ANSA. Ha seguito i maggiori eventi sportivi: dai Mondiali all’Europeo di calcio, ma anche svariate edizioni del Giro d’Italia, del Tour de France e dei Mondiali di ciclismo, ma anche l’America’s Cup di vela.

Con il titolo: il gol di testa di Pelè nella finale dei Mondiali di calcio 1970 Brasile-Italia, il 21 giugno allo stadio Atzeca di Città del Messico

L'articolo Mexico, Italia-Germania 4-3 e tanto altro. Quell’irripetibile Anno Domini 1970 proviene da Il Vulcanico.

]]>
Il caso Tandoy: un commissario ammazzato, due grandi giornalisti, un bruttissimo Imbroglio https://ilvulcanico.it/il-caso-tandoy-un-commissario-ammazzato-due-grandi-giornalisti-un-bruttissimo-imbroglio/ Tue, 28 Mar 2023 05:35:15 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=23160 di Gaetano Perricone L’appuntamento per la “prima” nazionale è per domani, mercoledì 29 marzo 2023, alle 16,30 presso la Sala Missioni della Biblioteca centrale della Regione siciliana, Palermo, corso Vittorio Emanuele, 431, accesso dall’ingresso laterale, via delle scuole, 1. Sarà presentato L’imbroglio Sottotitolo: Aldo Tandoy, commissario; Mauro De Mauro, giornalista; Ezio Calaciura, giornalista. Autori: Sergio […]

L'articolo Il caso Tandoy: un commissario ammazzato, due grandi giornalisti, un bruttissimo Imbroglio proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Gaetano Perricone

L’appuntamento per la “prima” nazionale è per domani, mercoledì 29 marzo 2023, alle 16,30 presso la Sala Missioni della Biblioteca centrale della Regione siciliana, Palermo, corso Vittorio Emanuele, 431, accesso dall’ingresso laterale, via delle scuole, 1. Sarà presentato L’imbroglio Sottotitolo: Aldo Tandoy, commissario; Mauro De Mauro, giornalista; Ezio Calaciura, giornalista. Autori: Sergio Buonadonna e Massimo Novelli. Editore Navarra. Pagg. 235, € 18. Prima dell’inizio sarà proiettato un video con le pagine più significative sul caso Tandoy e molte foto.

La copertina del libro

Seguiranno altre due presentazioni: giovedì 30 marzo ad Agrigento, 63 anni dopo l’omicidio in quella città del commissario di polizia Cataldo Tandoy, detto Aldo e poi martedì  4 aprile si replicherà a Catania, alla libreria Cavallotto, dove sarò io ad avere l’onore di condurre l’incontro.

Gli autori Sergio Buonadonna e Massimo Novelli
Gli autori: sopra Sergio Buonadonna e a destra Massimo Novelli

La sinossi e poi le parole di Sergio Buonadonna, che trovate qui di seguito, spiegano in modo impeccabile i contenuti de L’imbroglio e le motivazioni che hanno spinto gli autori – due grandi colleghi con i quali ho condiviso pezzi meravigliosi di vita e di professione nella redazione de L’Ora di Palermo e condivido ancora l’avventura della second life social del glorioso quotidiano – a scriverlo. Senza spoilerare troppo, avendo avuto il privilegio di leggerlo posso aggiungere che è la narrazione appassionante e avvincente, da “bere” tutta d’un fiato, di un vero e proprio giallo con risvolti di costume della cronaca nera siciliana, il primo omicidio di un esponente delle forze dell’ordine, prima ancora della terribile strage di Ciaculli del 1963, ma anche, come è spiegato molto meglio di quanto possa fare io nelle righe che seguono, della prima storica trattativa Stato-Mafia per depistare le indagini sulla tragedia passionale (era un classico in quel periodo storico), quando invece si trattò di un assassinio “preventivo” di stampo mafioso, forse per impedire che il commissario Tandoy in procinto di traferirsi a Roma facesse rivelazioni decisive per sgominare il verminaio della mafia agrigentina, di cui sapeva moltissimo. Per fortuna un magistrato palermitano di grande spessore ed esperienza, il dottor Luigi Fici che ho avuto la fortuna fin dall’adolescenza di conoscere e frequentare, diede una svolta alle indagini, riportandole sulla giusta strada.

Mauro De Mauro e accanto Ezio Calaciura

Storia importante e molto attuale, che per tanti anni si è cercato di far cadere nell’oblio. Storia anche di grandi giornalisti, due formidabili cronisti di età ed esperienze diverse come Mauro De Mauro ed Ezio Calaciura, accomunati da un tragico destino che si consumò in modi diversi, che lavorarono come mastini per fare luce su un caso troppo frettolosamente banalizzato agli occhi dell’opinione pubblica per impedire che venisse fuori una verità scomoda di intrecci perversi e pesanti collusioni tra mafia e politica. Storia di donne dalla forte personalità, Leila Motta e Danika La Loggia, coinvolte nella torbida vicenda, ma anche della madre- coraggio del giovanissimo studente vittima innocente del delitto insieme a Tandoy, Pia Damanti, che arrivò fino al presidente della Repubblica per chiedere giustizia per il figlio. Con la stessa determinazione delle più note Serafina Battaglia e Felicia Impastato.  Storia tutta da leggere, insomma, per saperne di più su un fatto di sangue che ebbe grande rilievo nella vicenda di Cosa Nostra e sugli scenari nei quali maturò, con il coinvolgimento di personaggi di spicco della società e della politica siciliana di allora. Ma anche per il modo brillante, da grande giornalismo d’inchiesta, in cui è narrata, con un capitolo finale davvero memorabile.

SINOSSI – È la sera del 30 marzo 1960, il Commissario della Squadra Mobile di Agrigento Aldo Tandoy rientra in casa con la giovane moglie, l’affascinante Leila Motta. Ad attenderlo quattro proiettili calibro 7,65 sparati da un metro di distanza. Tre lo colpiscono in pieno, l’altro centra il giovane studente Ninni Damanti che lì si trova con i compagni di scuola per ritirare una versione di greco.

Il duplice delitto scuote la città. Un funzionario di Polizia stimato e ammirato da tutti e un ragazzo non ancora diciassettenne freddati nel pieno centro di una città già accarezzata dalla ‘dolce vita’. Il caso viene subito chiuso, i solerti investigatori non hanno dubbi, è un delitto passionale: Leila Motta e il Prof. Mario La Loggia, personaggio di spicco della società agrigentina e non solo, gli ‘amanti diabolici’ hanno pianificato l’omicidio che per un tragico errore ha coinvolto un ragazzo innocente.

La pagina de L’Ora il giorno dell’arresto della moglie di Tandoy e dell’amante

Il caso diventa nazionale, la stampa riempie le prime pagine. L’Ora non ha dubbi: è mafia. A condurre l’inchiesta due  cronisti, uno dell’Ora di Palermo, l’altro de La Sicilia di Catania che saranno accomunati dalla stessa tragica sorte: Mauro De Mauro ed Ezio Calaciura. Nasce così un maledetto imbroglio di mafia e politica che investe la ‘città bene’, che svela retroscena intimi, che si permea di falso moralismo e bieco conformismo.

Un penoso raggiro per colpire le ambizioni politiche dei La Loggia che è stato anche la prima trattativa Stato-mafia, come L’imbroglio rivela. La lunghezza esasperante delle indagini, favorita dal depistaggio iniziale abilmente orchestrato, ha certamente tenuto lontano almeno i mandanti irriferibili del delitto, il cui processo di primo grado si concluderà otto anni dopo con molti ergastoli e poca verità. Aveva scritto un dossier il Commissario, ma sparisce in questura. Gli assassini temevano che Tandoy, trasferito a Roma, potesse rivelare quel che aveva taciuto della guerra di mafia agrigentina, con epicentro Raffadali, e della faida interna alla Dc.

La locandina della “prima” palermitana di domani pomeriggio 29 marzo

Mauro De Mauro, più volte minacciato, è stato un grande protagonista della vicenda e con lui il giovane reporter agrigentino Ezio Calaciura che con coraggio aprì sulla Sicilia il tema delle responsabilità, anche di Tandoy. De Mauro e Calaciura furono subito certi che c’era ben altro dietro il paravento del delitto passionale, tanto che L’Ora titolò già all’indomani del delitto: È stata la mafia ad uccidere. Mauro De Mauro dieci anni dopo – e due dalla fine del lungo processo di Lecce alla mafia di Raffadali che aveva ordinato l’omicidio –  sparì nel nulla, Ezio Calaciura morì in uno strano incidente d’auto.

Questo libro è un tributo ai due giornalisti di cui raccoglie i principali articoli ma non trascura gli inquietanti interrogativi mai risolti sul sequestro De Mauro. Con un sorprendente finale.

La locandina della presentazione di Agrigento (30 marzo) e accanto quella di Catania (4 aprile)

L’AUTORE. Spiega Sergio Buonadonna, autore con Massimo Novelli di questo appassionante volume: “Questo libro nasce dalla necessità di rompere un tabu, quello che il caso Tandoy fosse l’assassinio di cui non si era persa memoria  solo perché “c’era una questione di corna”. Me lo sono sentito ripetere spesso anche fino a poche settimane fa. E in Italia, si sa, quando c’è prurito, l’attenzione si scalda, si fa morbosa. Ma in questo caso ne rimangono le briciole. Come il Rugantino della dolce vita romana per cui ci si ricorda di una certa ballerina turca Aiché Nanà che si spogliò al night in una notte per i tempi  trasgressiva, rimane l’eco del povero commissario che però…  Ecco però, ci siamo chiesti Massimo Novelli ed io, ci sono tante cose da rimettere in ordine”. Da qui l’idea di un libro-inchiesta a quattro mani: “Abbiamo riletto l’omicidio Tandoy attraverso le cronache di quei giorni ed anni e soprattutto il lavoro di due giornalisti, Mauro De Mauro ed Ezio Calaciura – continua Buonadonna – Il primo era già nel 1960 un reporter d’assalto che raccontava i fatti senza infingimenti, denunciando le trame politiche, le insufficienze giudiziarie ma anche raccontando i fatti attraverso le storie delle persone, Leila Motta, la povera Pia Damanti, la mamma dello studente ucciso per caso, una figura da tragedia greca, il professore, La Loggia e suo fratello, il giudice, il questurino, i corrotti e ancora più a fondo la cosca, le cosche di Raffadali. Ezio Calaciura, giovane che aspirava ad un posto ufficiale di giornalista, allenandosi  da retroscenista. E dimostrò di saperlo fare. Purtroppo la sua stagione fu misteriosamente breve. È così che man mano che raccoglievamo articoli,  requisitorie, istruttorie, studiavamo, incrociavamo fatti, la tela si componeva nella sua vera, inquietante, drammatica trama. Il caso Tandoy – conclude Buonadonnarivelò per la prima volta quella che oggi si chiama trattativa Stato-mafia: questo fu il tentativo di far passare il delitto per un omicidio passionale, coprendo anni di complicità con la criminalità organizzata e incassando un profitto nell’eliminazione politica dei La Loggia. Dunque l’assassinio del commissario fu un atto di terrorismo mafioso. L’anteprima dei Riina, dei Messina Denaro. Era questo che bisognava raccontare”.

Con il titolo: Cataldo Tandoy

 

 

L'articolo Il caso Tandoy: un commissario ammazzato, due grandi giornalisti, un bruttissimo Imbroglio proviene da Il Vulcanico.

]]>
Superare il “Gender Gap”. Ora o mai più https://ilvulcanico.it/superare-il-gender-gap-ora-o-mai-piu/ Thu, 10 Nov 2022 06:08:45 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=22404 FONTE: COMUNICATO STAMPA L’uguaglianza di genere, la Diversity&Inclusion e la sostenibilità sociale sono  obiettivi a cui puntano sempre di più governi, istituzioni e imprese con grande energia e fermezza. La parità di genere è, infatti, uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Onu previsto dall’Agenda 2030 e la questione viene ribadita anche nel Piano nazionale di […]

L'articolo Superare il “Gender Gap”. Ora o mai più proviene da Il Vulcanico.

]]>
FONTE: COMUNICATO STAMPA

L’uguaglianza di genere, la Diversity&Inclusion e la sostenibilità sociale sono  obiettivi a cui puntano sempre di più governi, istituzioni e imprese con grande energia e fermezza. La parità di genere è, infatti, uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Onu previsto dall’Agenda 2030 e la questione viene ribadita anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per rilanciare lo sviluppo nazionale in seguito alla pandemia.

Ora o mai più, superare il gender gap, a cura di Anna Emanuela Tangolo e Gabriella Magistro, edito da Performat, è un testo nato da un team multisciplinare, in cui si è voluto rispondere ad alcune delle domande più ricorrenti sul tema e suscitare delle riflessioni importanti affinché dei veri cambiamenti possano essere messi in moto. Quali sono le rappresentazioni che le donne hanno di se stesse in Italia e nel mondo? Qual è il livello globale del Gender Gap? Quando raggiungeremo la piena parità? Quanto incidono i valori culturali sull’inclusività dei diversi Paesi del mondo? Ha senso parlare di leadership maschile o femminile o meglio parlare di leadership cooperativa, responsabile e inclusiva? Come bisognerebbe ripensare le organizzazioni, con quali nuovi paradigmi? Cos’è il Gep?

Al lettore viene offerto un punto di osservazione multidisciplinare: psicologico, sociologico, filosofico, organizzativo con riferimenti alla letteratura, al pensiero femminista, sempre in continua evoluzione, e agli studi di genere. I temi trattati sono diversi: le rappresentazioni che le donne hanno di se stesse in Italia e nel mondo, i copioni delle donne, i risultati di una ricerca sulle donne e il tempo, il livello globale del gender gap, l’influenza dei valori culturali sull’individuo e sui sistemi politici dei Paesi del mondo, il gender equality plan, le caratteristiche che deve avere una leadership inclusiva, i nuovi paradigmi delle organizzazioni.

Gabriella Magistro
Anna Emanuela Tangolo

L’obiettivo è quello di offrire al lettore la comprensione degli ostacoli psicologici, culturali e organizzativi che vanno rimossi per promuovere una nuova cultura di genere e l’utilizzo di un importante strumento per il raggiungimento dell’eguaglianza che è il Gender Equality Plan.

Ora o mai più, superare il gender gap, distribuito su Amazon, è stato curato da Anna Emanuela Tangolo, laureata in filosofia e psicologa, imprenditrice che ha fondato PerFormat scuola di psicoterapia, network di centri psicologici e business school, didatta e supervisore dell’European Association of Transactional Analysis (EATA), scrive saggi di psicoterapia e analisi transazionale e ha ideato e realizzato il marchio We-Empowering Women per sostenere l’affermazione di leadership inclusive e ridurre il gender gap e da Gabriella Magistro politologa, sociologa, dottoressa in psicologia clinica, giornalista e scrittrice, si occupa di formazione, progettazione, ricerca e consulenze per la comunicazione e collabora con PerFormat come coordinatrice del progetto Wheeppy, un podcast per il wellness, l’empowerment e l’intrattenimento delle donne e di chiunque abbia come prospettiva la diversity inclusion. Gli autori che hanno lavorato alla stesura della monografia: Tangolo Anna Emanuela, Spanu Maria Antonietta, Izzo Silvia, Magistro Gabriella, Cotov Maria,  Biondi Sabrina,  Brucciani Giacomo,  Giusti Vittorio.

L'articolo Superare il “Gender Gap”. Ora o mai più proviene da Il Vulcanico.

]]>
Etna, padrone di casa e nemico sbagliato https://ilvulcanico.it/etna-padrone-di-casa-e-nemico-sbagliato/ Wed, 29 Jun 2022 04:55:30 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=21886 di Marco Neri “Marco, tra poco andrò in pensione. Vorrei lasciare un segno del mio lavoro presso l’INGV. Mi dai una mano?” Con queste parole, prima del Covid-19, in un tempo che sembra lontano come un’antica era geologica, il mio caro amico e collega Alfio Amantia mi confidava il suo desiderio. “Cos’hai in mano?”, risposi […]

L'articolo Etna, padrone di casa e nemico sbagliato proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Marco Neri

Marco Neri (foto di Santo Scalia)
Alfio Amantia

“Marco, tra poco andrò in pensione. Vorrei lasciare un segno del mio lavoro presso l’INGV. Mi dai una mano?”

Con queste parole, prima del Covid-19, in un tempo che sembra lontano come un’antica era geologica, il mio caro amico e collega Alfio Amantia mi confidava il suo desiderio.

“Cos’hai in mano?”, risposi io.

“Qualche migliaio di fotografie, dell’Etna e non solo!”, disse Alfio, scrutandomi con finta modestia.

A dire il vero, non ci ho pensato molto. Tra una battuta, un caffè ed una sbirciatina al computer ed ai cataloghi, abbiamo iniziato a sfogliare il suo archivio, veramente grande. Tanto grande che ci si poteva facilmente perdere, divagando pericolosamente tra ricordi, aneddoti e situazioni belle da raccontare, ma assai poco pratiche rispetto all’obiettivo che ci eravamo proposti. “Occhi chini e manu vacanti”, giravamo a vuoto, con gli occhi pieni di colori e forme, ma senza riuscire a tradurre ciò in un’idea concreta.

Poi siamo finiti dentro un album di foto con elicotteri, uomini in divisa, lave aggressive e profili affilati. Erano gli scatti che documentavano l’eruzione dell’Etna del 1991-1993 e subito abbiamo capito che quello era l’argomento giusto. Il “nostro” argomento.

Lo sentivamo nostro perché è stata una eruzione grande, impetuosa, violenta, ed eravamo entrambi abbastanza giovani da non avere mai avuto occasione di confrontarci prima con qualcosa di simile. E così abbiamo iniziato a selezionare le fotografie, molte delle quali erano diapositive, provando a dare un senso cronologico, ed anche emotivo, agli avvenimenti. Un lavoro di selezione, restauro e digitalizzazione del materiale tutto sommato non troppo difficile, anche se lungo e comunque complesso.

Poi, però, bisognava dare un senso a tutto questo lavoro. Occorreva trovare una forma, un mezzo, che fosse capace di utilizzare quel materiale rendendolo vivo ed attuale.

Ci ho pensato sopra un po’ e poi mi sono detto: è stato un evento eccezionale, per me così come per tutti coloro che hanno vissuto in prima persona quegli eventi. Non devo fare altro che raccontarli con i miei occhi di allora, tirando dentro emozioni stratificate nel mio animo ed apparentemente dimenticate. Quelle emozioni tornavano prepotenti alla mente esaminando panorami di lava immensa e violenta, scrutando i volti di persone care che non ci sono più, ammirando l’abilità tecnica e politica di grandi professionisti. Si può fare, dovevo solo riuscire a tornare un po’ il ragazzo che ero allora, con l’intero, inevitabile bagaglio di ingenuità ed entusiasmo.

L’entusiasmo ce l’ho ancora.

Il resto è venuto da sé, in modo naturale e veloce. Il libro Etna, il Nemico Sbagliato edito da EtaBeta, racconta di questa grande eruzione, ma non solo. Nel corso della sua progressione, la colata lavica ha attraversato luoghi stupendi come il Piano del Trifoglietto, il Salto della Giumenta, Monte Calanna e l’omonima valle, fino a superare Portella Calanna nelle ore più drammatiche, quando Zafferana Etnea sembrava ormai persa. Tutti questi luoghi sono raccontati anche per quello che rappresentano dal punto di vista geologico, ma senza entrare troppo nel tecnico.

L’eruzione, poi, con le azioni di contenimento e di deviazione della colata lavica che hanno, di fatto, salvato Zafferana Etnea, si presta a molteplici considerazioni, spesso di segno opposto. C’è chi l’ha vissuta come una sfida vinta e chi l’ha subita come un incubo angosciante. Chi l’ha vista come un successo tecnico-scientifico clamoroso e chi, al contrario, ha raccontato quei successi come avvenuti per intercessione divina. E non sono mancati, come accade ancora oggi, improvvisati “vulcanologi” dell’ultima ora sempre pronti alla critica feroce e un po’ gratuita.

Non mi permetto di giudicare. Esistono spazi in cui il diritto di critica è sacrosanto e ciò va tutelato. Quello che non dovrebbe mai mancare, però, è l’equilibrio, l’onestà intellettuale, l’empatia verso chi soffre così come verso chi è chiamato a rispondere e ad assumere decisioni immediate che implicano responsabilità enormi, forti principalmente della propria competenza tecnica e scientifica.

Di certo, bisognerebbe smetterla di vedere il vulcano come un nemico da combattere. Se da un lato la deviazione della colata lavica è stata un evidente successo, dall’altro ho l’impressione che, da quel momento in poi, si è progressivamente affermata nelle popolazioni etnee l’idea che il vulcano si possa “combattere” e “vincere”, piegandolo alle esigenze degli uomini. In realtà, gli interventi di contenimento e deviazione delle lave eseguiti nel 1992 furono possibili perché si aveva la ragionevole certezza che le colate deviate non avrebbero invaso altri territori urbanizzati, e che avrebbero ricoperto un’area confinata dentro la Valle del Bove. In qualunque altro luogo esterno alla valle, una deviazione simile avrebbe innescato contenziosi legali enormi.

L’unica cosa che possiamo intelligentemente fare è evitare di espandere i centri abitati a ridosso delle quote medio-alte del vulcano, le più esposte all’invasione di future colate laviche. Senza, mai dimenticare, comunque, che viviamo sulle falde di uno dei vulcani più attivi al mondo e che, quindi, non sarebbe certo strano se un domani neanche troppo lontano dovessero ripetersi eruzioni simili, se non peggiori, a quella del 1991-1993.

D’altra parte, l’Etna esiste da mezzo milione di anni, mentre l’uomo, forse, calpesta le sue pendici da appena qualche millennio. Quindi, chi è il padrone di casa?

Il libro “Etna, il Nemico Sbagliato”, si può acquistare qui:

https://www.etabeta-ps.com/scheda-libro/marco-neri/etna-il-nemico-sbagliato-979-12-5968-636-7-1490.html?fbclid=IwAR3Xt_kbtIxtgmwqIBgwqewvPUh990Ad8dThnH9dtHat6MjdND8T2QyIfis

Con il titolo: la copertina del nuovo libro di Marco Neri, con le foto di Alfio Amantia (nella gallery)

L'articolo Etna, padrone di casa e nemico sbagliato proviene da Il Vulcanico.

]]>
Quel meraviglioso ficus salvato dai palazzoni che divenne l’albero Giovanni Falcone https://ilvulcanico.it/quel-meraviglioso-ficus-salvato-dai-palazzoni-che-divenne-lalbero-giovanni-falcone/ Mon, 23 May 2022 04:40:28 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=21789 di Gaetano Perricone Trent’anni fa, il 23 maggio 1992, alle 17,58, il mostruoso attentatuni che squarciò l’autostrada Punta Raisi-Palermo all’altezza di Capaci uccise il giudice Giovanni Falcone – nemico numero uno di Cosa Nostra insieme al collega Paolo Borsellino che saltò in aria il 19 luglio -, la moglie Francesca Morvillo anch’essa magistrato, gli agenti […]

L'articolo Quel meraviglioso ficus salvato dai palazzoni che divenne l’albero Giovanni Falcone proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Gaetano Perricone

Trent’anni fa, il 23 maggio 1992, alle 17,58, il mostruoso attentatuni che squarciò l’autostrada Punta Raisi-Palermo all’altezza di Capaci uccise il giudice Giovanni Falcone – nemico numero uno di Cosa Nostra insieme al collega Paolo Borsellino che saltò in aria il 19 luglio -, la moglie Francesca Morvillo anch’essa magistrato, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro  e cambiò la storia del nostro Paese e la prospettiva della lotta alla mafia.

Quella di oggi sarà una giornata strapiena di commemorazioni istituzionali e della società civile e ovviamente questo piccolo blog non intende e non può raccontare tutte queste cose che riempiranno ampiamente e giustamente giornali e tv, siti e social, oltre ai tanti libri sull’argomento pubblicati in questa occasione.

Le autrici

Oggi qui voglio ricordare il dottor Giovanni Falcone, uomo e servitore dello Stato straordinario, raccontando di una bellissima, deliziosa e profonda pubblicazione per bambini e ragazzi – principali e fondamentali depositari del messaggio di legalità che questo rito di commemorazione collettiva intende trasmettere – ma credo anche per grandi visto che l’ho letta con grande emozione, dal titolo L’albero di Giovanni Falcone, scritto a “sei mani” da Alba Di Pasquale, bancaria, Rossella Drago, bibliotecaria e Federica Terranova, ecologista, edito da Spazio Cultura di Palermo, in libreria dal 5 maggio scorso.

Rossella Drago

Ci ha raccontato Rossella Drago, che ho il piacere di conoscere personalmente: “Questo progetto nasce da una storia vera. Negli anni ottanta Alba Di Pasquale lavorava come segretaria per una ditta di costruzioni. Un giorno vide il progetto di un condominio che prevedeva la demolizione di un villino Liberty in via Notarbartolo. Il villino era caratterizzato da un elegante torretta e circondato da un giardino. Alba cercò di convincere il suo capo a cambiare idea, a salvare il villino, naturalmente non ci riuscì, ma chiese di risparmiare almeno il ficus. Alba non ha mai condiviso questa storia, lei è una persona riservata e semplice. Quando per caso ho saputo com’era andata sono riuscita a convincerla in qualche modo a condividere questa vicenda raccontandola ai bambini sotto forma di “favoletta” perché i nostri bambini e ragazzi hanno bisogno di sapere che si può essere eroi anche nei piccoli gesti, di provarci sempre anche quando ci sentiamo impotenti anche quando pensiamo “ma in in fondo era solo un ficus”. Non sappiamo cosa ci riserva il futuro quali conseguenze possono avere le nostre scelte… Nella storia Alba non è la protagonista, lei si intravede…così ha voluto. Il protagonista è il ficus di un delizioso giardino che si vede un giorno circondato dai palazzi e dal buio del cemento e dell’asfalto…troverà speranza nello sguardo di un uomo con la barba, un uomo diverso dagli altri”. 

Era il dottor Giovanni Falcone e quel meraviglioso ficus sta ancora lì, davanti al palazzo dove abitava ed è diventato famoso nel mondo come icona dell’amore e del rispetto per quest’uomo che ha dato la vita per noi.La nostra storia racconta di un umano extra-ordinario e di un ficus traccia vivente di una figura straordinaria – scrivono le autrici – entrambi provano che la cura delle cose comuni dovrebbe essere una sfida ordinaria”.

Mi piace molto anche aggiungere quanto ha scritto la mia cara amica e grande collega de L’Ora Claudia Mirto, che ha intervistato le autrici per la pagina Facebook L’Ora edizione straordinaria: “Se l’è tenuto dentro per circa mezzo secolo la segreteria della ditta di costruzioni che abbatté villa Tagliavia per far nascere un palazzone sull’asse della città liberty che ospitava giardini e magnifiche residenze. Fu lei, 23 anni,  a chiedere timorosa al suo capo di risparmiare quel bel ficus che ombreggiava l’ingresso della villa. E fu ascoltata. E non ne parlò per decenni con nessuno. Ma ha seguito la sua crescita, il suo costante caricarsi di disegni, simboli e lettere, l’ha visto in tutte le tv del mondo narrare dolore e speranza. Perché “un giorno venne ad abitare in quel palazzo un uomo con una barba e degli occhioni neri neri. Tutte le mattine l’uomo, prima di entrare in macchina, si fermava sotto il ficus, si accendeva una sigaretta e guardava i suoi rami mentre aspettava quello che l’albero pensava fosse la sua famiglia…”. 

Il libro è stato presentato al Salone internazionale di Torino nello stand della Regione siciliana. I proventi andranno alla creazione di un parco per bambini a Borgo Molara di Palermo. Io l’ho già regalato a mio nipote Andrea, che lo ha accolto con entusiasmo e lo porterà a scuola. Credo sia una buona idea regalarlo ai vostri figli e nipoti, ma non vi dispiacerà affatto leggerlo e apprezzare le splendide illustrazioni di Simona Bartilomo.

Con il titolo e dentro l’articolo: la copertina e alcune immagini dal libro “L’albero di Giovanni Falcone”

UN MIO PICCOLO RICORDO 

Giovanni Falcone, un bellissimo scatto di Franco Lannino
Ricordo anch’io perfettamente dov’ero e cosa facevo quel maledetto sabato pomeriggio di 30 anni fa, il 23 maggio 1992. Stavo nella mia casa di Palermo, allora in via Nicolò Gallo, dietro piazza Politeama. Guardavo la televisione. Ero da 15 giorni disoccupato, tristissimo, arrabbiatissimo per la chiusura del “mio” giornale L’Ora, che l’8 maggio aveva salutato i propri lettori con quell’indimenticabile titolone in prima: “Arrivederci”.
Improvvisamente spuntò la faccia di Angela Buttiglione, conduttrice del TG1, per l’edizione straordinaria rimasta nella storia. Passò subito la linea al mio amico Salvatore Cusimano, grandissimo cronista, che in tono concitato, carico di emozione, ci diede le prime terribili notizie, accompagnate da spaventose immagini rimaste per sempre scolpite nella nostra memoria, dell’ attentatuni di Capaci.  Ero un giornalista professionista con già un po’ di anni di mestiere sulle spalle, ma rimasi lo stesso inebetito di fronte a tale orrore. Ebbi subito consapevolezza della portata della tragedia, ma sperai che il dottor Giovanni Falcone si fosse in qualche modo salvato, in realtà per qualche tempo volli illudermi che qualcuno, angelo o spione, lo avesse portato via in tempo dal luogo della strage. Sono quegli strani meccanismi che foderano la mente e gli occhi di prosciutto quando non si vuole accettare una realtà mostruosa. Poi subentrò la seconda reazione, viva ancora oggi dentro di me: la frustrazione immensa perché lo storico giornale antimafia dove ero nato e cresciuto professionalmente non avrebbe potuto raccontare questa terribile storia e indagare sulle cause.

Nella mia meravigliosa e irripetibile esperienza professionale al giornale L’Ora, mi sono occupato intensamente per un paio di anni di cronaca nera durante la seconda guerra di mafia, raccontando tanti omicidi e fatti di sangue. Ma non scrissi mai di giudiziaria, dunque non frequentando il Palazzo di Giustizia non ebbi modo di conoscere e seguire il giudice Falcone, se non attraverso le cronache e le testimonianze dei miei colleghi. Lo incontrai a distanza ravvicinata una volta, da privato cittadino e qui mi piace ricordarlo. Accadde una sera, in una trattoria del centro storico di Palermo, in un periodo di enorme tensione e polemiche, cittadine e non solo, su scorte e sirene. Il dottore Falcone era in una saletta riservata con la dottoressa Morvillo e una coppia di amici, nella sala grande insieme al mio gruppo c’era una tavolata di ragazzi che festeggiavano un compleanno. Fuori ci stavano un paio di auto di scorta con un bel po’ di uomini della sicurezza. Ad un certo punto, l’ho raccontato spesso agli amici del nord che mi chiedevano di questo leggendario personaggio e della sua vita, qualcuno del gruppo festaiolo ebbe l’idea, tradizionale ma molto infelice in quel contesto, di spegnere le luci per portare la torta con le candeline. Non l’avesse mai fatto: gli agenti di scorta si precipitarono in sala, qualcuno con le armi spianate, riaccendendo le luci mentre qualcuno degli astanti del locale pensò bene di buttarsi sotto il tavolo. Scena da Far West, insomma, durata pochi secondi, ma con molta adrenalina e un pizzico di paura. Poco dopo, ricordo molto bene il suo elegante gesto, il dottore Falcone uscì dalla saletta e ci disse semplicemente, con sorriso amaro: “Scusatemi”. Mi rimase molto impresso e mi sembrò tutto tristissimo, perché capii come era costretto a vivere quell’uomo.  Onore per sempre al dottor Giovanni Falcone, alla dottoressa Francesca Morvillo, a Rocco DiCilio, Antonio Montinaro, Vito Schifani, a tutti coloro per hanno perso la vita per noi nella lotta eterna a Cosa Nostra.

L'articolo Quel meraviglioso ficus salvato dai palazzoni che divenne l’albero Giovanni Falcone proviene da Il Vulcanico.

]]>
4 febbraio 1999, vigilia di Sant’Agata: scassau a Muntagna. E per 10 mesi la lava “buona” fu spettacolo per tutto il mondo https://ilvulcanico.it/4-febbraio-1999-vigilia-di-santagata-scassau-a-muntagna-e-per-10-mesi-la-lava-buona-fu-spettacolo-per-tutto-il-mondo/ Fri, 04 Feb 2022 18:07:57 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=21165 di Gaetano Perricone In quella che io chiamo la mia seconda vita etnea, l’eruzione cominciata il 4 febbraio 1999 e durata dieci mesi, ha un valore e un significato molto particolari: fu il primo evento vulcanico della Muntagna divenuta il 21 giugno del 2013 Patrimonio dell’Umanità che io vissi dopo il mio trasferimento da Palermo […]

L'articolo 4 febbraio 1999, vigilia di Sant’Agata: scassau a Muntagna. E per 10 mesi la lava “buona” fu spettacolo per tutto il mondo proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Gaetano Perricone

In quella che io chiamo la mia seconda vita etnea, l’eruzione cominciata il 4 febbraio 1999 e durata dieci mesi, ha un valore e un significato molto particolari: fu il primo evento vulcanico della Muntagna divenuta il 21 giugno del 2013 Patrimonio dell’Umanità che io vissi dopo il mio trasferimento da Palermo per lavorare come addetto stampa dell’Ente Parco. Mi appassionai ed entusiasmai parecchio, dopo avere visitato in passato qualche volta l’Etna da turista con quell’esperienza compresi in pieno quanto il mondo intero ama lo straordinario vulcano siciliano e le ragioni di questo legame e amore speciale. Ne scrissi una breve, ma intensa testimonianza nel libro La Mia Etna. Dialogo con la Muntagna (Giuseppe Maimone Editore, novembre 2004), che mi piace molto riportare qui come splendido ricordo.

Ma prima la descrizione scientifica di ciò che accadde, quando e come scassau a Muntagna, nel racconto dell’INGV Osservatorio Etneo: “Era il pomeriggio del 4 febbraio 1999. A Catania, le festività per la “santuzza” stavano per raggiungere il culmine e 3300 m più in alto, il Cratere di Sud-Est, che non aveva mostrato segni di attività dal 23 gennaio, si stava svegliando. Una singola telecamera di sorveglianza, allora operata dal “Sistema Poseidon” (che due anni dopo sarebbe diventato parte dell’INGV), posta sulla Montagnola sull’alto versante meridionale dell’Etna, registrò le prime esplosioni stromboliane poco prima delle ore 14:40 GMT (=ore locali -1). Per quasi un’ora, questa attività si andava gradualmente intensificando, raggiungendo la fase di piccole fontane di lava pulsanti verso le ore 15:30 GMT. Però la vera fontana di lava, quella sostenuta, non sembrava voler partire; qualche volta l’attività accennava piuttosto a diminuire per riprendere nuovamente pochi minuti più tardi. Nel frattempo, da un settore sul fianco meridionale del cono del Cratere di Sud-Est cominciavano ad uscire dei vapori bianchi, marcando una zona quasi lineare lunga circa 100 m. Alle ore 15:37 GMT, l’attività alla bocca posta in cima al cono del Cratere di Sud-Est aumentò nuovamente in intensità, e pochi istanti dopo, uno sbuffo di gas e cenere si alzò da un punto a circa metà dell’altezza del cono, vicino alla zona di emissione di vapore. Lo sbuffo si trasformò rapidamente in una fontana di lava, poi si alzò una seconda fontana di lava più a valle, con getti incandescenti alti 300 m. Rapidamente, una colata di lava cominciò ad uscire da questa nuova fessura eruttiva che aveva aperto il fianco meridionale del cono del Cratere di Sud-Est, passando a poche centinaia di metri dall’edificio di “Torre del Filosofo” e dirigendosi verso la parete occidentale della Valle del Bove. Le fontane di lava sono durate circa 30 minuti, mentre una colonna eruttiva si è alzata circa 4 km sopra la cima dell’Etna per essere poi spinta dal vento verso sud-ovest”

Boris Behncke

Aggiunge Boris Behncke, in un passaggio da INGVVulcani: “In seguito l’attività si spostò alla base di questo cratere con l’emissione di colate di lava poco alimentate ma durate molti mesi, fino a metà novembre 1999. Nel frattempo ai crateri Voragine (4 settembre 1999) e Bocca Nuova (ottobre-novembre 1999) erano avvenute spettacolari eruzioni, che avevano fortemente modificato la forma dell’area sommitale. Dopo la fine dell’attività effusiva alla Bocca Nuova (5 novembre 1999) e al Cratere di Sud-Est (14 novembre 1999) l’Etna attraversò un periodo di relativa quiete”.

Molto più da cronista la mia testimonianza a pag.61-62 de La mia Etna. Eccola:

“Ho avuto l’onore di ammirare ‘il fuoco che cammina’ in molte delle sue versioni. Quella del 1999, piccolo e innocuo fiume rosso che si riversava placidamente nell’immenso catino della Valle del Bove, che entusiasmò per parecchi mesi (ricordo bene che l’eruzione del Cratere di Sud Est cominciò il 4 febbraio, proprio alla vigilia della festa dell’amatissima Sant’Agata) centinaia di migliaia di visitatori di tutte le nazioni. Tu fosti per quasi tutto l’anno una vera e propria “babele” di lingue diverse, un affascinante spettacolo per bimbi e anziani, escursionisti di prim’ordine e arzille signore americane con ridicole scarpette di gomma regolarmente bruciacchiate. Insomma una grande festa per tutta questa gente – e fu davvero tanta – che ebbe, molti per la prima e unica volta nella propria vita, la magnifica opportunità di assistere a un evento particolare: il fiume rosso scorrere davanti ai loro piedi senza alcun timore. Guardare da vicino la lava, sentirne il fortissimo e inebriante calore, respirarne l’acre, sulfureo profumo senza alcuna preoccupazione. Che bel regalo, mia Muntagna, hai fatto a tutti loro: lo hanno certamente scritto nel libro dei loro ricordi indelebili.  Anch’io, quell’anno, venni a trovarti spesso: ogni occasione, l’accompagnamento professionale del giornalista o quello amicale del curioso, fu buona per venire a godere, sempre con lo spirito entusiasta del ragazzino felice e comunque sempre con rinnovata emozione, lo spettacolo fantastico della lava “buona”, in fondo soltanto una grande e innocua attrazione”. 

Con il titolo: frame dal video INGV – Sezione di Catania Osservatorio Etneo del 4 febbraio 1999, che qui riproponiamo integralmente

L'articolo 4 febbraio 1999, vigilia di Sant’Agata: scassau a Muntagna. E per 10 mesi la lava “buona” fu spettacolo per tutto il mondo proviene da Il Vulcanico.

]]>
Il figlio, il padre, Madre Etna https://ilvulcanico.it/il-figlio-il-padre-madre-etna/ Thu, 20 Jan 2022 05:39:38 +0000 https://ilvulcanico.it/?p=20981 di Gaetano Perricone Ero certo che La montagna di fuoco. Etna: la Madre, (Ponte alle grazie editrice, 128 pagine, 15 euro), da oggi in libreria, fosse un libro assolutamente speciale. Almeno per due ragioni fondamentali. Perché l’autore, il professore Leonardo Caffo, “filosofo, scrittore, curatore editoriale e opinionista italiano” scrive di lui Wikipedia – ma io […]

L'articolo Il figlio, il padre, Madre Etna proviene da Il Vulcanico.

]]>
di Gaetano Perricone

Con Leonardo Caffo, settembre 2016

Ero certo che La montagna di fuoco. Etna: la Madre, (Ponte alle grazie editrice, 128 pagine, 15 euro), da oggi in libreria, fosse un libro assolutamente speciale. Almeno per due ragioni fondamentali. Perché l’autore, il professore Leonardo Caffo, “filosofo, scrittore, curatore editoriale e opinionista italiano” scrive di lui Wikipedia – ma io aggiungerei anche divulgatore, poeta e molto altro, tutto ad altissimo livello – a neanche 34 anni è un pozzo di scienza e conoscenza famoso in Italia e non solo, lo dico con profonda convinzione e con grande gioia dato che lo conosco da bambino, uno che quando lo leggi ti fa pensare le cose più profonde e importanti del mondo, ma riesce spesso anche ad accarezzarti l’anima, come accade in molti passaggi di questo  volume. Ma Leo, mi permetto di chiamarlo così, confidenzialmente, è anche un figlio dell’Etna ed è figlio – qui sta la seconda ragione che rende speciale il libro – di un padre che si chiama Salvatore, per noi amici Salvo, che è un super vulcanologo, uno dei più bravi e sapienti al mondo per la conoscenza e divulgazione del vulcano siciliano Patrimonio dell’Umanità. E’ anche l’uomo che mi ha più aiutato e ancora mi aiuta nel mio appassionante, affascinante, sempre in progress percorso di conoscenza dell’Etna, mai finito e che mai finirà.

Salvo Caffo, vulcanologo del Parco dell’Etna

Salvo Caffo, insieme a quella guida straordinaria del vulcano che si chiama Franco Emmi, accompagna Leonardo in un viaggio pieno di suggestioni dentro la natura e l’anima dell’Etna, che è un ritrovare La montagna di fuoco da sempre amatissima e molto frequentata da ragazzo, ma è anche un modo di ritrovarsi attraverso una serie di riflessioni e di pensieri permeati dell’enorme bagaglio di conoscenze del filosofo della scienza catanese. Nel libro, dedicato allo scomparso Franco Battiato incontrato poco tempo prima che morisse, come spiega la scheda di presentazione della casa editrice molto meglio di quanto sappia fare io il giovane Caffo racconta i contenuti del viaggio e i suoi pensieri “attraverso uno scambio epistolare tra l’Uomo-filosofo e la Montagna di fuoco, che è un primo passo nella costruzione di quella ‘psicofisiologia degli ecosistemi’ ipotizzata da Sylvain Tesson. ‘Cara Etna’ è l’incipit di ogni lettera-capitolo, ma anche il saluto al padre vulcanologo, alla famiglia, agli amici d’infanzia, agli incontri, alle passeggiate, alle escursioni. Le storie, di oggi e di ieri, scritte sul paesaggio, sulla lava e sulle case. Ma, soprattutto, ‘Cara Etna’ è un’idea di montagna che comprende tutto: c’è «la trasformazione della vita specializzata in nuda vita, quella da persone a forme di vita semplici. C’è la vita come gioco che abbiamo lasciato indietro, la vita come sentiero di montagna dove l’obiettivo e il percorso sono solo due modi di dire la stessa cosa». Nella Montagna di fuoco si intreccia una passione per il vulcano che unisce un padre e un figlio. E se il padre, il vulcanologo Salvatore Caffo, ne racconta con chiarezza la storia e l’essenza, il figlio, filosofo, ne tratteggia lo spirito, che informa di sé il paesaggio tutto e gli uomini etnei”.

Scrive dunque a Lei e parla con Lei Leonardo Caffo, con la grande Madre, come un figlio orgoglioso. Una scelta suggestiva e coinvolgente, la feci anch’io in un mio libro con appendice nel 2004 e poi nel 2021, ma ovviamente senza lo straordinario bagaglio di sapere di Leo e senza le sue capacità divulgative; tra l’altro sono profondamente onorato di avere trovato La mia Etna in bibliografia. Ho già letto il libro che oggi arriva in libreria, ho avuto questo privilegio, l’ho anche riletto in molti passaggi complessi: emozione pura e intensa, arricchimento prezioso. Il grande filosofo della scienza si mette a confronto con la sua anima, le sue origini, la sua Montagna, che diventa il suo specchio, che riscopre da figlio, che con amore sente rinascere dentro se stesso. Un milione di spunti per chi sa coglierli, per chi sa leggere questo libro affascinante ma complesso.  E poi, soprattutto per noi etnei nativi o acquisiti che conosciamo bene e apprezziamo molto il cognome Caffo, c’è la parte che ci incuriosisce e cattura di più: c’è il figlio che il padre accompagna a ritrovare la Grande Madre.

Sul suo profilo Facebook Leonardo Caffo ha scritto poco tempo fa: “Tra pochi giorni (il 20) esce un mio nuovo e strano libro. Un dialogo con l’Etna, commissionatomi da @ponteallegrazie_editore e @i_libri_del_cai con l’aiuto di mio papà @caffo.salvatore che dell’Etna è il più grande esperto. C’è tutto, poesie e foto. Ma anche lettere e filosofia, ambientalismo e musica. A chiunque volesse come sempre rimproverarmi che questa non è filosofia, questa volta ha ragione. È solo un libro. Spero vi piaccia”. 

A me è piaciuto tanto. E’ stato già classificato come saggio, ma come dice l’autore è anche tanto altro. E’ una lettura che offre uno strumento di comprensione dell’Etna, della sua natura, della sua anima, della sua essenza, nuovo e diverso, profondo e pieni di stimoli culturali, scientifici, umani. Da leggere, se avete voglia di andare oltre la contemplazione della bellezza e potenza unica della montagna di fuoco, ponendovi insieme con Leo Caffo tanti interrogativi importanti.

Per gentile concessione dell’autore, ho scelto per proporveli alcuni passaggi del libro. E’ stata una scelta non semplice, ma assai stimolante.

Cara Etna, talvolta si fanno giri lunghissimi solo per tornare a casa. Ho fatto quasi tutto ciò che era in mio potere per evitarti, per non affrontarti, per non accompagnare papà quando di corsa scappava da te durante una eruzione notturna. Ogni figlio, in quanto figlio, non dovrebbe seguire le orme del padre. Eppure, oggi, sono qui a scriverti: ma lo faccio da figlio, non da padre. O almeno è ciò che mi è dato sperare all’inizio di questo viaggio

In qualche modo questa è una lettera d’amore, un inno alla gioia della Natura. Non una banale filosofia contemporanea che scopre l’importanza delle cose del mondo naturale stupendosi della loro essenza, ma una vita che ringrazia e prega. Io ti ringrazio, al di là di ogni possibile stereotipo falsamente non antropocentrico.

Penso a voce alta, nella Land Rover bianca di mio padre, che l’apocalisse deve essere più o meno qualcosa di simile – gli umani, e tutte le loro speranze e follie, svaniti nel nulla, mentre la natura si riprende i suoi spazi. In fondo non è questa la resurrezione? Dopo di noi, il tutto inclassificato e dunque davvero finalmente libero e leggero. Rinascere è far nascere gli altri… quanto egoismo ingenuo nelle religioni positive.

Dove sono tutti quegli scrittori borghesi che parlano di natura? Cosa ne è dei loro ‘bla bla’ nel momento in cui non riescono neanche a fare una passeggiata in un bosco? Alcune cose della filosofia che ho fatto in questi anni, me ne accorgo solo ora, mentre ti mando queste lettere, le ho capite soltanto osservandoti. Ho capito cosa significa che un ecosistema è molto più ampio della somma delle sue parti, e che forse è esso stesso un soggetto vivente come sostiene l’ecologia profonda. Ho compreso, anche se con tutte le difficoltà del caso, perché siamo irrilevanti nell’economia generale della natura e del pianeta.

Come puoi capire qualcosa di un vulcano senza sapere di filosofia? E che filosofia puoi fare quando un vulcano ti sembra solo una montagna in grado di emettere del fuoco o del fumo in modo del tutto casuale e imprevedibile? Con te, ancora una volta attraverso di te, ho imparato come si tengono insieme le cose del mondo: lo sguardo, ineducato, rischia di non comprendere che calpestandoti umilia innanzitutto se stesso.

Etna 16 febbraio 2021

Camminiamo sopra i luoghi dove un tempo si viveva, soffriva, gioiva. In fondo, comprendere le teorie più avanzate dell’ecologia speculativa, non è così difficile – la natura è un cimitero fiorito dove ogni morte genera la vita. La vita che verrà, poi in fondo preziosa quanto quella che è già qui intorno a noi, come quella che mi permette di scriverti queste lettere con la speranza non metaforica che tu le riceva davvero.

Nascere in mare, cara Etna, rende la commistione tra gli elementi apparentemente contraddittori con cui i presocratici provavano a descrivere l’origine del mondo, confusamente felice. L’acqua ospita la terra che genera il fuoco, proprio come capita oggi a un tuo fratello minore – lo Stromboli nelle isole Eolie.

Dove il mare diventa neve? E dove la neve si fonde col mare? Carola, nata e cresciuta dall’altro lato della Sicilia, non ha parole per descrivere il passaggio che nell’arco di meno di un’ora ci porta da una cima innevata a una spiaggia immensa. Ed è a questo rapporto con la totalità, cara Etna, che credo tu mi abbia silenziosamente educato per tutta la vita – anche nel più piccolo dei lembi di terra, forse, è racchiuso l’universo in tutta la sua interezza.

Come ti ho scritto più volte, molto spesso si sottovaluta il privilegio di un’esistenza che scorre vicino a un vulcano: lì dove la natura è selvaggia, dove ogni eruzione è un fenomeno estetico, e dove albergano le più grandi possibilità di riscatto, perché ogni distruzione è preliminare a una ricostruzione.

L’energia, cara Etna, cambia forma e vive nel transito muovendosi senza mai esaurirsi. Dell’anima, credente o meno, mi piace pensare questo suo ruolo di passaggio da un corpo all’altro della natura; non una reincarnazione, che sembra tradire il mito del prima e di un dopo, ma proprio semplicemente un cambio di vestito. Un simpatico eternismo.

Perdonali, Cara Etna, perché loro non lo sanno quello che fanno. E il paesaggio di mia figlia, nata tra le plastiche del mondo, spero sia bello come quello di quando ero bambino io. Io, ora che sono adulto, non riesco a vedere che il fallimento misero di una specie incapace di usare un cestino invece che una foresta un tempo incontaminata.

Vorrei provare a raccontarti ancora una volta quanto sia bello che sia tu, ovvero la natura, a dettare i tempi dei nostri incontri; eppure oggi, cara Etna, sono profondamente arrabbiato. Risentito dal non poterti essere vicino, deluso dall’assenza di calore della lava mentre so che qualcuno è lì al mio posto, irritato dall’impossibilità di questo pezzo di cammino e storia geologica non fatto insieme.

In molti faticano a comprendere il piacere che si possa avere percorrendoti a piedi, tra fatica e difficoltà; tutto ciò dipende, credo, dal non concepire la bellezza del processo come parte integrante della bellezza degli obiettivi. Questa ennesima vetta simbolica tra i tuoi solchi e alture, ovviamente, ha senso solo se considerata dalla base. Come la croce e il sacrificio trovano senso nella via, così
conoscere davvero una montagna o un vulcano significa aver desiderato giungere con la propria forza dove altri potrebbero arrivare con una buona jeep

Piano dei Grilli

Stamattina, nella cosiddetta ‘Piana dei Grilli’ non lontano da Bronte, ho avuto l’impressione che la vegetazione, scatenata da ciò che resta dalla colata ottocentesca, fosse stata organizzata da un qualche curatore di professione. Non credo esista una zona al mondo che, al pari di questo luogo, mi dia l’impressione di una struttura estetica che mi faccia ripensare a quanto fosse ingiusta la tesi di Hegel nella sua Filosofia della Natura. Tutto il senso delle cose del mondo, sosteneva il filosofo, sta nelle faccende dell’umano e nel lavoro dello spirito, mentre la natura, e le sue molteplici entità, non sono altro che fuori senso. Non è che voglia tornare a una immagine
kantiana, cara Etna, del sublime naturale tanto amata poi dal trascendalismo americano alla Thoreau. È che piuttosto bene io noto, osservando certi tuoi luoghi, che il lavoro dello spirito è più diffuso di quanto non potremmo pensare normalmente nella stessa natura. Uno spirito assoluto.

Etna, saponaria (foto di Luciano Signorello)

C’è una leggenda, cara Etna, che in fondo racchiude il senso generale del mio scriverti; pare sia stata Venere ad aver posto i cuscini di saponaria sul tuo dorso, per ricordarci che anche tra le insidie più grandi del fuoco e del tremore possono nascere amore e bellezza. È banale, ma bellissimo.

Mi viene in mente, qui su in cima, quel famoso detto zen che però vorrei dedicarti cambiandolo, giocando con le parole, ora che sono tornato su di te con gli stessi amici con cui giocavo a pallone da ragazzino:

prima della filosofia l’Etna era soltanto l’Etna,
e i vulcani soltanto vulcani,
durante la filosofia l’Etna non era più soltanto l’Etna,
e il vulcani non erano solo vulcani,
dopo la filosofia l’Etna era di nuovo L’Etna,
i vulcani nuovamente vulcani.

Dallo straordinario dialogo finale tra Leo e Salvo Caffo ho scelto questa parte:

Cara Papà

Com’è che sei diventato così appassionato dell’Etna, tanto da dedicargli una vita intera?

Da bambino ho avuto il privilegio di poter ascoltare il professor Alfred Rittmann, scienziato di levatura internazionale, che raccontava storie fantastiche sull’Etna, mentre provava le scarpe che mio padre gli realizzava, su misura, nella bottega da calzolaio in cui ho trascorso la mia infanzia. Aspettavo con ansia che quel signore elegantissimo e la sua splendida moglie venissero a trovarci per poter assistere al rito delle storie che lui non disdegnava di spiegare a mio padre e al suo giovanissimo figlio. Con parole dosate e misurate, ma dense di conoscenza, spiegava a noi, entrambi con cultura elementare, concetti veramente fuori dalla portata delle nostre conoscenze, riuscendo ad alimentare in noi la passione per l’Etna e per la Vulcanologia. Non c’era domenica che, con la mitica 600, non si partisse da Catania, insieme a mia sorella, ai miei genitori e alla nonna materna, per andare alla Pineta di Linguaglossa. Un vero e proprio viaggio che, per evitare di sentirmi male, trascorrevo con la testa fuori dal finestrino, avendo modo così di memorizzare il percorso e il paesaggio. Nel 1971, durante l’eruzione laterale che colpì l’abitato di Fornazzo ho seguito di nascosto il professor Rittmann, senza che i miei genitori lo sapessero! Ho trascorso gli anni della formazione scolastica e universitaria andandomene in giro con i miei amici in escursione sull’Etna e imparando a conoscere questo straordinario territorio e soprattutto a vincere la paura di essere solo e lontano da casa. Sin da studente universitario, ho sentito l’esigenza di trasmettere le emozioni che si provavano nel conoscere il mondo dei cristalli, delle rocce, dei fossili degli invertebrati, insomma, di quanto apprendevo circa i temi relativi al Pianeta su cui viviamo. Il mio pensiero è stato sempre rivolto al professor Rittmann di cui ho cercato di seguire le orme. È stato quasi naturale studiare Scienze Geologiche, conseguire il Dottorato di Ricerca universitario in Petrologia magmatica, diventare professore di Scienze Naturali e infine Vulcanologo del Parco dell’Etna: quasi una nemesi. Raccontare tutto questo durante incontri, convegni, conferenze rappresentava certamente un momento importante nel misurare la mia preparazione accademica, ma non mentirei se dicessi che ho sempre privilegiato il coinvolgimento emotivo per spiegare concetti e teorie del tutto avulse dalla nostra quotidianità.

La montagna di fuoco. Etna: la Madre, (Ponte alle grazie editore, 128 pagine, 15 euro)

Con il titolo: Leonardo e Salvo Caffo sulla “Schiena dell’Asino”

L'articolo Il figlio, il padre, Madre Etna proviene da Il Vulcanico.

]]>