di Gaetano Perricone

L’appuntamento per la “prima” nazionale è per domani, mercoledì 29 marzo 2023, alle 16,30 presso la Sala Missioni della Biblioteca centrale della Regione siciliana, Palermo, corso Vittorio Emanuele, 431, accesso dall’ingresso laterale, via delle scuole, 1. Sarà presentato L’imbroglio Sottotitolo: Aldo Tandoy, commissario; Mauro De Mauro, giornalista; Ezio Calaciura, giornalista. Autori: Sergio Buonadonna e Massimo Novelli. Editore Navarra. Pagg. 235, € 18. Prima dell’inizio sarà proiettato un video con le pagine più significative sul caso Tandoy e molte foto.

La copertina del libro

Seguiranno altre due presentazioni: giovedì 30 marzo ad Agrigento, 63 anni dopo l’omicidio in quella città del commissario di polizia Cataldo Tandoy, detto Aldo e poi martedì  4 aprile si replicherà a Catania, alla libreria Cavallotto, dove sarò io ad avere l’onore di condurre l’incontro.

Gli autori Sergio Buonadonna e Massimo Novelli
Gli autori: sopra Sergio Buonadonna e a destra Massimo Novelli

La sinossi e poi le parole di Sergio Buonadonna, che trovate qui di seguito, spiegano in modo impeccabile i contenuti de L’imbroglio e le motivazioni che hanno spinto gli autori – due grandi colleghi con i quali ho condiviso pezzi meravigliosi di vita e di professione nella redazione de L’Ora di Palermo e condivido ancora l’avventura della second life social del glorioso quotidiano – a scriverlo. Senza spoilerare troppo, avendo avuto il privilegio di leggerlo posso aggiungere che è la narrazione appassionante e avvincente, da “bere” tutta d’un fiato, di un vero e proprio giallo con risvolti di costume della cronaca nera siciliana, il primo omicidio di un esponente delle forze dell’ordine, prima ancora della terribile strage di Ciaculli del 1963, ma anche, come è spiegato molto meglio di quanto possa fare io nelle righe che seguono, della prima storica trattativa Stato-Mafia per depistare le indagini sulla tragedia passionale (era un classico in quel periodo storico), quando invece si trattò di un assassinio “preventivo” di stampo mafioso, forse per impedire che il commissario Tandoy in procinto di traferirsi a Roma facesse rivelazioni decisive per sgominare il verminaio della mafia agrigentina, di cui sapeva moltissimo. Per fortuna un magistrato palermitano di grande spessore ed esperienza, il dottor Luigi Fici che ho avuto la fortuna fin dall’adolescenza di conoscere e frequentare, diede una svolta alle indagini, riportandole sulla giusta strada.

Mauro De Mauro e accanto Ezio Calaciura

Storia importante e molto attuale, che per tanti anni si è cercato di far cadere nell’oblio. Storia anche di grandi giornalisti, due formidabili cronisti di età ed esperienze diverse come Mauro De Mauro ed Ezio Calaciura, accomunati da un tragico destino che si consumò in modi diversi, che lavorarono come mastini per fare luce su un caso troppo frettolosamente banalizzato agli occhi dell’opinione pubblica per impedire che venisse fuori una verità scomoda di intrecci perversi e pesanti collusioni tra mafia e politica. Storia di donne dalla forte personalità, Leila Motta e Danika La Loggia, coinvolte nella torbida vicenda, ma anche della madre- coraggio del giovanissimo studente vittima innocente del delitto insieme a Tandoy, Pia Damanti, che arrivò fino al presidente della Repubblica per chiedere giustizia per il figlio. Con la stessa determinazione delle più note Serafina Battaglia e Felicia Impastato.  Storia tutta da leggere, insomma, per saperne di più su un fatto di sangue che ebbe grande rilievo nella vicenda di Cosa Nostra e sugli scenari nei quali maturò, con il coinvolgimento di personaggi di spicco della società e della politica siciliana di allora. Ma anche per il modo brillante, da grande giornalismo d’inchiesta, in cui è narrata, con un capitolo finale davvero memorabile.

SINOSSI – È la sera del 30 marzo 1960, il Commissario della Squadra Mobile di Agrigento Aldo Tandoy rientra in casa con la giovane moglie, l’affascinante Leila Motta. Ad attenderlo quattro proiettili calibro 7,65 sparati da un metro di distanza. Tre lo colpiscono in pieno, l’altro centra il giovane studente Ninni Damanti che lì si trova con i compagni di scuola per ritirare una versione di greco.

Il duplice delitto scuote la città. Un funzionario di Polizia stimato e ammirato da tutti e un ragazzo non ancora diciassettenne freddati nel pieno centro di una città già accarezzata dalla ‘dolce vita’. Il caso viene subito chiuso, i solerti investigatori non hanno dubbi, è un delitto passionale: Leila Motta e il Prof. Mario La Loggia, personaggio di spicco della società agrigentina e non solo, gli ‘amanti diabolici’ hanno pianificato l’omicidio che per un tragico errore ha coinvolto un ragazzo innocente.

La pagina de L’Ora il giorno dell’arresto della moglie di Tandoy e dell’amante

Il caso diventa nazionale, la stampa riempie le prime pagine. L’Ora non ha dubbi: è mafia. A condurre l’inchiesta due  cronisti, uno dell’Ora di Palermo, l’altro de La Sicilia di Catania che saranno accomunati dalla stessa tragica sorte: Mauro De Mauro ed Ezio Calaciura. Nasce così un maledetto imbroglio di mafia e politica che investe la ‘città bene’, che svela retroscena intimi, che si permea di falso moralismo e bieco conformismo.

Un penoso raggiro per colpire le ambizioni politiche dei La Loggia che è stato anche la prima trattativa Stato-mafia, come L’imbroglio rivela. La lunghezza esasperante delle indagini, favorita dal depistaggio iniziale abilmente orchestrato, ha certamente tenuto lontano almeno i mandanti irriferibili del delitto, il cui processo di primo grado si concluderà otto anni dopo con molti ergastoli e poca verità. Aveva scritto un dossier il Commissario, ma sparisce in questura. Gli assassini temevano che Tandoy, trasferito a Roma, potesse rivelare quel che aveva taciuto della guerra di mafia agrigentina, con epicentro Raffadali, e della faida interna alla Dc.

La locandina della “prima” palermitana di domani pomeriggio 29 marzo

Mauro De Mauro, più volte minacciato, è stato un grande protagonista della vicenda e con lui il giovane reporter agrigentino Ezio Calaciura che con coraggio aprì sulla Sicilia il tema delle responsabilità, anche di Tandoy. De Mauro e Calaciura furono subito certi che c’era ben altro dietro il paravento del delitto passionale, tanto che L’Ora titolò già all’indomani del delitto: È stata la mafia ad uccidere. Mauro De Mauro dieci anni dopo – e due dalla fine del lungo processo di Lecce alla mafia di Raffadali che aveva ordinato l’omicidio –  sparì nel nulla, Ezio Calaciura morì in uno strano incidente d’auto.

Questo libro è un tributo ai due giornalisti di cui raccoglie i principali articoli ma non trascura gli inquietanti interrogativi mai risolti sul sequestro De Mauro. Con un sorprendente finale.

La locandina della presentazione di Agrigento (30 marzo) e accanto quella di Catania (4 aprile)

L’AUTORE. Spiega Sergio Buonadonna, autore con Massimo Novelli di questo appassionante volume: “Questo libro nasce dalla necessità di rompere un tabu, quello che il caso Tandoy fosse l’assassinio di cui non si era persa memoria  solo perché “c’era una questione di corna”. Me lo sono sentito ripetere spesso anche fino a poche settimane fa. E in Italia, si sa, quando c’è prurito, l’attenzione si scalda, si fa morbosa. Ma in questo caso ne rimangono le briciole. Come il Rugantino della dolce vita romana per cui ci si ricorda di una certa ballerina turca Aiché Nanà che si spogliò al night in una notte per i tempi  trasgressiva, rimane l’eco del povero commissario che però…  Ecco però, ci siamo chiesti Massimo Novelli ed io, ci sono tante cose da rimettere in ordine”. Da qui l’idea di un libro-inchiesta a quattro mani: “Abbiamo riletto l’omicidio Tandoy attraverso le cronache di quei giorni ed anni e soprattutto il lavoro di due giornalisti, Mauro De Mauro ed Ezio Calaciura – continua Buonadonna – Il primo era già nel 1960 un reporter d’assalto che raccontava i fatti senza infingimenti, denunciando le trame politiche, le insufficienze giudiziarie ma anche raccontando i fatti attraverso le storie delle persone, Leila Motta, la povera Pia Damanti, la mamma dello studente ucciso per caso, una figura da tragedia greca, il professore, La Loggia e suo fratello, il giudice, il questurino, i corrotti e ancora più a fondo la cosca, le cosche di Raffadali. Ezio Calaciura, giovane che aspirava ad un posto ufficiale di giornalista, allenandosi  da retroscenista. E dimostrò di saperlo fare. Purtroppo la sua stagione fu misteriosamente breve. È così che man mano che raccoglievamo articoli,  requisitorie, istruttorie, studiavamo, incrociavamo fatti, la tela si componeva nella sua vera, inquietante, drammatica trama. Il caso Tandoy – conclude Buonadonnarivelò per la prima volta quella che oggi si chiama trattativa Stato-mafia: questo fu il tentativo di far passare il delitto per un omicidio passionale, coprendo anni di complicità con la criminalità organizzata e incassando un profitto nell’eliminazione politica dei La Loggia. Dunque l’assassinio del commissario fu un atto di terrorismo mafioso. L’anteprima dei Riina, dei Messina Denaro. Era questo che bisognava raccontare”.

Con il titolo: Cataldo Tandoy

 

 

Gaetano Perricone

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