di Santo Scalia
Nel corso dell’eruzione del 1950-51 vari personaggi si recarono presso il teatro eruttivo: amministratori, politici, religiosi, foto e cine-reporter, studiosi e semplici “curiosi”. Tra questi, anche il già allora noto geologo franco-belga d’origine polacca, Haroun Tazieff.
Tazieff, nato a Varsavia nel 1914, da madre polacca e padre tartaro, si era diplomato ingegnere geologo all’università di Liegi nel 1944; solo nel 1971 è stato naturalizzato francese.
Il 27 dicembre 1950, praticamente un mese dopo l’inizio dell’attività eruttiva, Tazieff giunse in Sicilia accompagnato dal fotografo francese Gérard Gery (1925-2013): il quotidiano La Sicilia del 28 dicembre riportò infatti «I professori Cumin, Speranza, Abruzzese, la guida Barbagallo, e il prof. Tazieff dell’Università di Bruxelles, giunto oggi a Zafferana, si recheranno con tutta l’apparecchiatura necessaria alla circonferenza eruttiva per controllare il comportamento in questa fase finale».
Nel corso di quel sopralluogo i due ospiti stranieri effettuarono una serie di fotografie a colori del teatro eruttivo in prossimità delle bocche effusive. Al loro ritorno in Francia il settimanale Paris-Match, nel numero 98 del 3 febbraio 1951, titolò in copertina «Les chasseurs de volcans – l’éruption de l’Etna en couleurs» (I Cacciatori di vulcani – l’eruzione dell’Etna a colori).
All’interno, due pagine a colori furono dedicate, nel reportage di Haroun Tazieff e Gérard Gery, al nostro vulcano in eruzione: la prima, grande, foto in apertura ci mostra la silhouette Haroun Tazieff circondato da ogni parte dalle colate laviche, mentre la didascalia enfatizza la sua estrema vicinanza alle bocche effusive: «Quest’ombra che si staglia su un paesaggio infernale è quella di Haroun Tazief, su un isolotto roccioso contornato dal torrente. Si trova a meno di dieci metri dal cratere» [Cette ombre qui se découpe sur un paysage d’enfer est celle d’Haroun Tazief, debout sur un îlot rocheux que contourne le torrrent. Il est à moins de dix mètres du cratère].
Il breve articolo a corredo, dal titolo «Ce torrent de feu coule depuis deux mois» – (Questo torrente di fuoco scorre da due mesi) – racconta brevemente l’impresa dei due «cacciatori di vulcani», sottolineando soprattutto coraggio e sprezzo del pericolo dei due piuttosto che l’aspetto vulcanologico o l’impatto dell’eruzione sulle genti colpite dalla calamità. Avvicinarsi così tanto alla colata è senz’altro adrenalinico per chi lo fa, anche se di norma nulla aggiunge alla conoscenza, a meno che non lo si faccia per prelevare dei campioni di lava da analizzare successivamente.
«Le foto che Paris-Match riproduce in questa pagina doppia e nella copertina sono state scattate al bordo del cratere dell’Etna (Sicilia). Da quando il vulcano è entrato in eruzione lo scorso 20 novembre, 300 reporters sono partiti per questo luogo che tutti evitano. Solo due uomini sono andati fino in fondo: Haroun Tazieff geologo dell’Università di Bruxelles soprannominato “il cacciatore di vulcani”, e Gérard Géry, guida di alta montagna. Sono rimasti sei giorni in prossimità della lava fusa (1.100°) che ha percorso i fianchi del vulcano a più di 30 km all’ora. Si sono avvicinati al torrente di lava fino ad una distanza di 4 metri e mezzo. A questo limite, un “muro di calore” brucia tutto ciò che prova ad attraversarlo. Tazieff ne ha fatto l’esperienza. Ha perduto la manica sinistra del suo giubbotto».
Altre due foto a colori completano l’articolo: nella prima viene ripreso Tazieff che sale verso la cascata di lava, a soli 8 metri di distanza, dove la temperatura è di 80 gradi; nella seconda, presa nelle prime ore del mattino, sono visibili i gas che si sprigionano e che sono mortali.
Dopo essere stato sull’Etna già nel 1949, in occasione dell’eruzione che interessò il versante nord, Tazieff, come già detto, tornò sul vulcano alla fine di del ’50. Sarà lo stesso Tazieff a raccontare, successivamente, l’intera esperienza etnea vissuta con Géry e con gli amici siciliani i professori Abruzzese e Faraone. L’anno successivo, per l’ Édition Arthaud , pubblicò in Francia il libro dal titolo Cratères en feu, nel quale raccontò alcune delle avventure vissute su vari vulcani, quali il Nyamuragira [in francese Nyamlagira, vulcano a scudo nella Repubblica Democratica del Congo (n.d.A.)], il Nyiragongo [nella stessa regione del precedente], lo Stromboli e per l’appunto l’Etna.
Una curiosità: la copertina della prima edizione di Cratères en feu riportava proprio una delle foto scattate sull’Etna in occasione del reportage di Paris-Match.
Per chi ne avesse voglia, in Fotogallery sono riportate le pagine relative a quest’avventura.
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