di Santo Scalia
Ma ci avete mai fatto caso? Ci avete mai pensato a quanti vulcani, attivi, quiescenti o già spenti, circondano la nostra isola di Sicilia? E quanti altri ce ne sono, invisibili perché sommersi?
La Sicilia ospita il più grande vulcano d’Europa, uno dei più attivi al mondo: l’Etna. Oltre ad esso, tra il Mar Tirreno a nord ed il Canale di Sicilia a sud, annovera ben 10 altri vulcani. Senza distinguere tra attivi e spenti, limitandoci quindi a quelli prossimi alle coste settentrionali siciliane, escludendo quelli dell’area partenopea, laziale e toscana, ma seguendo un rigoroso ordine alfabetico, troviamo:
Alicudi, Filicudi, Linosa, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli, Vulcano, Pantelleria (con l’isola effimera di Foerstner), Ustica.
Poi ci sono quelli nascosti, sotto il pelo dell’acqua, e sono almeno altri 19:
Aceste, Alcione, Anchise, Caesar, Drepano, Empedocle (che comprende il Banco di Graham con Ferdinandea, e i banchi Nerita e Terribile), Enarete, Eolo, Flavio Gioia, Glabro, Glauco, Lametini (1 e 2), Magnaghi, Marsili, Palinuro, Prometeo, Sisifo, Vavilov.
E fanno 29. Ma non è finita: pochi giorni fa, a fine luglio 2019, i media hanno diffuso la notizia che a soli 7 chilometri dalla costa agrigentina, tra Sciacca e Capo Granitola, sono stati scoperti altri 6 componenti della ormai numerosa famiglia di vulcani sottomarini: Actea; Climene; Doride; Ianeira; Ianassa e Nesea.
E con questi siamo a ben 35! Vogliamo aggiungere al novero anche il cosiddetto Vulcano di Capo Vaticano, e con esso siamo a 36.
Ma proviamo a mettere un po’ d’ordine: oltre all’Etna, quando parliamo dei vulcani attivi della Sicilia o ad essa prossimi, pensiamo immediatamente allo Stromboli, anch’esso in attività perenne. Siamo nell’arco vulcanico delle Isole Eolie, nel Tirreno meridionale, dove altri vulcani attivi (anche se non attualmente in attività) sono presenti:
Vulcano, dal cui nome tutte le montagne ignivome del mondo hanno preso la denominazione (vulcani, per l’appunto), ha eruttato l’ultima volta tra l’agosto del 1888 e marzo del 1890.
Nelle immagini accanto: Vulcano, interno del Cratere La Fossa (Foto S. Scalia)
Lipari è la più estesa delle isole dell’arcipelago eoliano (37,6 chilometri quadrati), ed è la porzione emersa di un grande apparato vulcanico, alto approssimativamente un chilometro e mezzo che, partendo da una profondità di circa 1000 metri sotto il livello del mare, arriva sino ai 602 metri s.l.m. del Monte Chirica. L’isola è abbastanza complessa dal punto di vista vulcanologico: vari centri eruttivi si sono succeduti nell’arco temporale di più di 200.000 anni (Monterosa, Monte Chirica, Monte S.Angelo, Monte Pilato, Forgia Vecchia). Proprio alla Forgia Vecchia si è avuta l’ultima attività eruttiva, in tempi storici, circa 1400 anni fa. Perciò Lipari va considerata ancora attiva dal punto di vista vulcanologico.
Di Stromboli recentemente hanno parlato tutti i media, a causa di imprevedibili esplosioni maggiori (esplosioni causata da un eccezionale accumulo di energia, che avvengono sporadicamente e senza preavviso). Normalmente, grazie alla moderata intensità delle esplosioni, non si registrano danni a persone e cose; stavolta però, nella prima delle esplosioni (quella del 3 luglio), c’è stata una vittima ed un ferito. Fortunatamente nella successiva (del 28 agosto) non si sono registrati incidenti. In entrambi i casi la vegetazione dell’area superiore del vulcano è stata incendiata dalla caduta di scorie e lapilli incandescenti, una gran quantità di materiale piroclastico è arrivata fino al mare.
Una considerazione va fatta: Stromboli è in attività sin dall’antichità, tanto da guadagnarsi l’appellativo di Faro del Tirreno: le sue esplosioni avvengono con continuità, tranne in particolari periodi di pausa, intervallate da pochi minuti a qualche ora; questa tipica attività è detta infatti stromboliana, prendendo nome proprio dallo Stromboli. Migliaia di turisti, soprattutto nei periodi estivi, approdano sull’isola: sbarcano ovviamente a quota zero, al livello del mare, ma pochi si rendono conto di stare sbarcando a due terzi dell’altezza totale del vulcano. Infatti l’edificio dello Stromboli per due terzi è sommerso, e solo per un terzo si innalza sul livello marino, raggiungendo i 924 metri. E’ come se andassimo sull’Etna, ma arrivando ci trovassimo già a circa 2100 metri, ben al di sopra dell’area turistica del Rifugio Sapienza!
La più antica manifestazione vulcanica visibile (circa 200.000 anni) si trova nel neck di Strombolicchio. L’attività tipica, oltre a quella stromboliana, è caratterizzata da meno frequenti effusioni laviche e sporadiche colate piroclastiche, lahar e nubi ardenti.
Gli altri vulcani dell’arcipelago delle Eolie non sono più attivi. Panarea ormai è sede solo di fenomeni tardo-vulcanici, così si definiscono i fenomeni esalativi di gas che risultano particolarmente evidenti nell’area immediatamente a ovest di Bottaro.
Il periodo di attività di Panarea va dai 600.000 ai circa 100.000 anni fa. L’isola, che è la più piccola dell’arcipelago eoliano, è la parte affiorante di ciò che resta di uno dei più grandi ed antichi vulcani dell’arcipelago: comprende infatti gli scogli di Lisca Nera, Bottaro, Lisca Bianca, Panarelli e Dattilo, che altro non sono se non la parte emersa di una più ampia struttura sommersa che li raccorda secondo una struttura sub-circolare.
Alicudi si innalza 675 metri sopra il livello del mare: è la più occidentale e isolata delle Isole Eolie, composta da un singolo cono che mostra evidenza di un solo centro eruttivo centrale. Non si conoscono eruzioni storiche sull’isola o nei suoi dintorni, e non esistono manifestazioni fumaroliche o termali.
Filicudi, alta 774 metri, è strutturalmente più complessa rispetto ad Alicudi, ed è probabilmente la più antica dell’arcipelago delle Eolie. Anch’essa non mostra alcuna manifestazione idrotermale o fumarolica.
Salina, dopo Lipari, è la seconda più grande delle isole Eolie. Composta da due coni vulcanici, il Monte dei Porri ed il Monte Fossa delle Felci – che è la cima più alta dell’arcipelago (962 metri) – Salina, così come Alicudi e Filicudi, non mostra manifestazioni idrotermali o fumaroliche.
Ad ovest dell’arcipelago eoliano si trova un’altra isola di origine vulcanica, Ustica. La sua storia vulcanologica è stata recentemente descritta in un articolo del Vulcanico, al quale rimandiamo anche per la documentazione fotografica.
Abbiamo finora dato una panoramica delle otto isole vulcaniche del basso Tirreno, attive o no, prossime alle coste settentrionali della Sicilia. Ma altri vulcani sono stati individuati al di sotto della superficie marina. Alcuni di questi seamount di fatto allungano l’arco delle isole Eolie verso nord (Lametini, Alcione, Glabro, Palinuro), altri lo prolungano verso ovest (Eolo, Enarete, Sisifo, Glauco). In pieno centro del Tirreno c’è poi il mastodontico edificio del Marsili.
Ed ancora, ad occidente dell’isola di Ustica, altri edifici sommersi si spingono verso occidente (Anchise, Drepano, Aceste) e a nord di questi ancora Vavilov e Magnaghi.
Lametini è un complesso costituito da due picchi, denominati Lametino 1 e Lametino 2. Si trovano a nord-est di Stromboli e raggiungono, con le loro cime, rispettivamente -1,330 metri e -862 m sotto il pelo dell’acqua. Dei due, allineati secondo la direzione NE-SO, il Lametino 1 è il più settentrionale ed il più grande.
Alcione si trova a nord dei due Lametini. Insieme ad essi è in posizione intermedia tra l’allineamento Palinuro-Glabro e l’arco delle Isole Eolie. E’ un cono vulcanico alto circa un migliaio di metri rispetto ai fondali circostanti.
Glabro dista 29 chilometri da Palinuro, ad est di quest’ultimo. La sua parte sommitale ha due cime: una a 830 metri di profondità; l’altra, la più orientale, si trova a 870 metri.
Palinuro E’ un complesso vulcanico lungo circa 75 km, composto da almeno 8 edifici maggiori allineati all’incirca in direzione Est–Ovest. Le coordinate geografiche del vulcano sono: 39°28′,50 N, 14°51′,00 E. Il cono attivo del Palinuro è a circa 70 metri di profondità, e dista poco più di 60 chilometri dall’omonimo promontorio. Pochi campioni di rocce sono stati prelevati direttamente dal Palinuro, e mostrano composizioni simili alle rocce vulcaniche della parte emersa delle Eolie.
Eolo è localizzato 20 chilometri ad occidente di Alicudi. Si innalza per quasi 720 metri dal fondale ed arriva a circa 640 metri sotto il livello del mare. Su Eolo stata riscontrata una moderata attività idrotermale.
Enarete si trova a nord-ovest di Eolo, attivo anch’esso dal punto di vista idrotermale. Raggiunge i 320 metri sotto il pelo dell’acqua, partendo da una base posta a -1650 metri.
Sisifo nord-ovest di Enarete, è ritenuto il più antico edificio vulcanico di tutto l’arco delle Eolie e raggiunge 1080 metri sotto la superficie marina, partendo da una base di 2010 metri.
Glauco (o Garibaldi-Glauco, come spesso viene riportato) si trova a nord di Sisifo e a sud-ovest del vulcano Marsili.
Marsili, a 39°15′,00 N, 14°23′,40 E è un vulcano molto attivo, la cui sommità è situata a circa 500 metri di profondità. E’ il più grande vulcano d’Europa: con una base di circa 70 chilometri di lunghezza e 40 chilometri di larghezza e raggiunge 3200 metri circa rispetto alla piana abissale. Marsili è formato da una serie di edifici vulcanici di dimensioni diverse: il fianco occidentale è costituito da edifici conici, mentre quello nord-occidentale è caratterizzato da alcuni “vulcani a cima piatta” e da una scalinata di terrazzi lavici sovrapposti.
Benché non sia mai stata osservata un’eruzione in atto, l’attività del Marsili è testimoniata dalla circolazione di fluidi ad alta temperatura che depositano sul fondo marino solfuri di piombo, rame, zinco, ossidi e idrossidi di ferro e manganese.
La sua “cresta” si estende linearmente in direzione nord-nord est e sud-sud ovest per 20 chilometri, raggiungendo profondità inferiori a 1000 metri.
Anchise è localizzato ad ovest dell’isola di Ustica ed insieme con Drepano e Aceste compone la cosiddetta Cresta di Ustica (Ustica Ridge). Allungato in direzione est-ovest si innalza dai -1140 metri fino a -510 metri.
Posizionato invece sulla parte est dell’isola di Ustica è Prometeo, sul quale, nel 2004, è stato scoperto un esteso campo lavico; la composizione delle rocce è alcalina (sono cioè ricche in sodio) e simile a quelle affioranti ad Ustica.
Vavilov venne scoperto nel 1959 dalla nave di ricerca sovietica Akademik Sergey Vavilov, dalla quale prende il nome. Lungo 33 chilometri e largo 17 con un’altezza di 2800 metri, si posiziona a 800 metri al di sotto della superficie marina. La sua origine viene datata a circa 2 milioni di anni, ed è estinto e dichiarato inattivo. Il Vavilov possiede un tratto geomorfologico distintivo rispetto a tutte le altre strutture vulcaniche sottomarine del Tirreno: il suo lato occidentale è estremamente ripido; ciò sarebbe il risultato di un enorme ed unico collasso di un grandissimo volume di rocce.
Magnaghi si trova a 39°52′,80 N, 11°46′,80 E ed ha la sommità a circa 1500 metri di profondità. Per le sue dimensioni è poco più piccolo del Marsili.
Caesar (o Giulio Cesare), si trova a nord di Aceste, ma rimane molto in profondità, raggiungendo con la sua cima i -1150 metri.
Flavio Gioia è allungato in direzione nord-sud. Lungo circa 20 chilometri si innalza per circa 800 metri da una base posta a -2900 metri.
Nel Canale di Sicilia troviamo due isole vulcaniche emerse, e altre strutture sottomarine, due delle quali (Ferdinandea e Foerstner), hanno manifestato la loro presenza nel corso del diciannovesimo secolo.
Pantelleria è un’isola vulcanica che si trova nel Canale (o Stretto) di Sicilia, a circa 100 km dalla costa sud-occidentale della Sicilia, e a soli 70 km dalle coste del Nord Africa. L’isola è alta 836 metri (Montagna Grande) mentre il cono vulcanico del Monte Gibele è notevolmente più basso. In termini di superficie, è la più grande delle isole vulcaniche italiane. Vulcanologicamente nasce in un contesto geodinamico caratterizzato dalla collisione fra le due placche eurasiatica ed africana. L’attività eruttiva più recente risale al 1831 ed è avvenuta in corrispondenza di un sistema di fratture eruttive subacquee, ubicate a circa 4 km a nord dell’attuale porto. Inoltre, sull’isola è presente un termalismo diffuso, rappresentato da sorgenti di acque calde e fumarole. In virtù di questi elementi, il vulcanismo sull’isola è tutt’altro che estinto. [Fonte INGV].
Linosa è l’altra isola vulcanica emersa nello Stretto di Sicilia. Anche a Linosa l’attività vulcanica non si può considerare estinta, dato che l’ultima manifestazione è avvenuta solo 2500 anni fa. I crateri vulcanici sono tuttora ben evidenti: al centro dell’isola si estende il cratere principale, la Fossa del Cappellano, basso, ampio (600 metri di diametro) e fittamente coltivato. Tutt’intorno altri tre coni: il monte Vulcano (195 m), il monte Rosso (186 m), il monte Nero (107 m), ed il piccolo Craterino di 50 metri alle pendici di quest’ultimo, l’ultimo ad eruttare. Attualmente l’isola è quiescente.
Nel Canale di Sicilia, oltre ai vulcani delle isole di Pantelleria e di Linosa, si sono manifestati altri fenomeni vulcanici di cui possediamo notizie certe, e che hanno portato alla formazione delle isole effimere di Ferdinandea (1831) e Foerstner (1891), quest’ultima a circa 5 chilometri a nord-ovest delle coste dell’Isola di Pantelleria.
Il vulcano Foerstner consiste di un cono alto 90 metri che si solleva 350 metri dal fondale marino. Intorno ad esso si trovano altri coni vulcanici, che costituiscono così un campo vulcanico. L’eruzione del 1891 fu osservata direttamente da Annibale Riccò, allora direttore dell’ Osservatorio Etneo, e da lui descritta nel 1892.
A cominciare dal 2006 non si è parlato più dell’Isola Ferdinandea come entità vulcanica a sé stante: in base ai risultati delle ricerche condotte con un particolare ecoscandaglio multifascio, i ricercatori sono giunti alla definizione di un unico edificio vulcanico complesso, del quale il Nerita ed i Banchi Graham e Terribile, oltre che Ferdinandea, fanno parte. A tale complesso vulcanico è stato assegnato il nome di Empedocle. Ho avuto il piacere, nel 2009, di partecipare alla IIª Giornata di Studi e Laboratorio, tenutasi ad Agrigento, dove i ricercatori Gianni Lanzafame (Ingv – Catania), Domenico Macaluso (Ispettore Onorario Assessorato Regionale Beni Culturali) ed il regista Tullio Bernabei hanno esposto i risultati ottenuti.
Rappresentazioni artistiche dell’eruzione dell’Isola di Ferdinandea del 1831 sono presentate nella Fotogallery, oltre agli schizzi originali dello scienziato Carlo Gemmellaro (da Relazione dei fenomeni del Nuovo Volcano), di Federigo Hoffman (da Intorno al nuovo vulcano presso la città di Sciacca) e di Benedetto Marzolla (Descrizione dell’Isola Ferdinandea al mezzo-giorno della Sicilia). Tutte e tre le opere sono dello stesso anno 1831.
Recentemente, come già anticipato, a soli 7 chilometri dalla costa agrigentina, tra Sciacca e Capo Granitola, sono stati scoperti altri sei componenti della ormai numerosa famiglia di vulcani sottomarini del Canale di Sicilia (Actea; Climene; Doride; Ianeira; Ianassa e Nesea). Il ritrovamento si deve all’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), nel corso di due campagne condotte a bordo della nave da ricerca Ogs Explora, come precisa l’agenzia ANSA nel rendere pubblica la notizia: «Grazie a mappe dei fondali ad alta risoluzione e a indagini sismiche e magnetiche, i ricercatori guidati da Emanuele Lodolo hanno ricostruito in dettaglio la morfologia del fondo marino, scoprendo i sei vulcani: “sono tutti localizzati entro 22 chilometri dalle coste della Sicilia; uno in particolare si trova a soli sette chilometri da Capo Granitola”».
National Geographic dà al proposito ulteriori informazioni: «Il vulcano più vicino alle coste, chiamato Actea, ha una morfologia complessa – ha precisato il ricercatore [Emanuele Lodolo, ndr.] – e mostra una grossa colata lavica che si estende per oltre 4 chilometri», un caso unico per questo settore del Canale di Sicilia.
Questi vulcani si trovano circa 14 chilometri a Nord di quelli già noti del complesso di Empedocle.
Il Vulcano di Capo Vaticano, che ancora non ha un nome, si trova nel Tirreno Meridionale a largo di Capo Vaticano in Calabria, localizzato a circa 120 metri sotto al livello del mare e si estende per circa 15 km (38° 50’ N; 15° 50’ E ). La scoperta è stata possibile grazie all’efficace tecnica aeromagnetica che ha permesso di evidenziare una struttura sommersa con l’ausilio di strumentazione dedicata a bordo di un elicottero.
Quindi il conto (necessariamente approssimativo) cresce: i vulcani che ci circondano salgono a 36, di cui 26 sono sommersi. E chissà quanti altri non sono stati ancora individuati!
In questa rassegna sono stati trattati i vulcani più noti prossimi all’Isola di Sicilia (Etna escluso), compresi quelli sottomarini. Ma in tutta l’area del Mar Tirreno tanti altri sono stati censiti e a loro è stato attribuito un nome.
Ad oggi, la tavola Seamounts and Seamount-Like Structures of the Tyrrhenian Sea dell’Atlas of the Mediterranean Seamounts and Seamount-Like Structures (pubblicato nel 2015) riporta ben 65 elementi! Questo Atlante è stato realizzato dall’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della terra, dell’ambiente e della vita (DISTAV) dell’Università di Genova.
Con il titolo: un dipinto sull’isola Ferdinandea, mostra di Guaches, Napoli (Foto Santo Scalia 2003)
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