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    di Santo Scalia 

    E’ difficile trovare un’eruzione dell’Etna che abbia raggiunto le basse pendici del monte nella quale la popolazione non abbia fatto ricorso al sovrannaturale, implorando un intervento celeste per la salvezza dei propri paesi.

    L’Etna negli anni 50: emergeva il Cratere Centrale e, poco più a destra, un giovane Cratere di Nord-Est

    Così, di volta in volta, sono stati implorati i vari santi protettori dei territori in pericolo: da Sant’Agata a Santa Lucia, da Sant’Alfio a San Leonardo, da Sant’Andrea a Sant’Egidio, o Sant’Antonio Abate. A volte è stata invocata la stessa Madre divina, che sia invocata come l’Annunziata o la Madonna delle Grazie o della Provvidenza.

    A ricordo dei tanti interventi celesti, il territorio etneo è cosparso da una miriade di edicole, altarini e piccole cappelle; ciascuna segna il luogo dove la tradizione popolare ricorda l’avvenuto miracolo: l’arresto delle minacciose colate laviche.

    Non sempre però le preghiere sono state esaudite, tant’è che, per fortuna poche volte, interi paesi e città sono stati distrutti: Malpasso ed una dozzina di altri casali nel 1669, Mascali nel 1928. In altri casi, persino la sola minaccia è stata veramente tangibile, come è accaduto più di una volta, ad esempio, al borgo di Fornazzo: sono ancora vivi nei ricordi dei paesani i pericoli scampati nel 1950, nel 1971 e nel 1979.

    Processioni religiose partono da  Milo verso il fronte lavico (fotogrammi tratti da un filmato dell’epoca della British Pathé)

    Anche in occasione dell’eruzione etnea scoppiata il 25 novembre 1950 gli abitanti dei paesi minacciati si aggrapparono alla fede nell’intento di salvare le loro case ed i poderi. Da Milo partirono processioni, al seguito del simulacro della Madonna delle Grazie, fino a raggiungere i fronti lavici più avanzati.

    Non soltanto nel corso dell’eruzione, ma anche dopo che questa era terminata, i paesani si ricordarono di lasciare un segno tangibile della loro riconoscenza, erigendo monumenti che tutt’ora possiamo ammirare.

    Fu nella ricorrenza dell’anno mariano del 1954 – proclamato dal Papa Pio XII – che gli abitanti di Milo, in ringraziamento per la protezione offerta dall’Immacolata al paese, eressero una stele votiva accanto alla Chiesa Madre di Sant’Andrea Apostolo. Nella targa posta alla base della colonna ricordarono il dogma dell’Assunzione di Maria in cielo, dogma proclamato nel corso del Giubileo del 1950, anno dell’eruzione; ricordarono anche la protezione ricevuta quasi un secolo prima, nel corso dell’eruzione del 1852, quella che dette origine ai Monti Centenari. Così scrissero: «A Maria SS. Immacolata, celebrandosi l’Anno Santo che la vide proclamata assunta in cielo, maternamente vigile sulla lunga agonia di Milo, che ancora una volta liberava a distanza di un secolo dalla lava incombente, dal 25 XI 1950 al 2 XII 1951, i milesi, nell’anno mariano 1954 eressero a perenne grato ricordo

     

     

     

     

     

     

     

     

    Tre immagini della stele votiva eretta a Milo nel 1954 (Foto S. Scalia)

    La cappella eretta in contrada Zappino a Milo (Foto S. Scalia)

    In contrada Zappino, a nord-ovest del paese, lungo la via Angelo Musco, si trova una piccola      cappella dedicata a Sant’Andrea, santo protettore di Milo.

    Particolare del dipinto della cappella in contrada Zappino (Foto S. Scalia)

    Al suo interno si trova un dipinto, che raffigura l’Immacolata nell’atto di intercedere presso l’Altissimo, insieme a Sant’Andrea che, con il suo mantello, protegge il paese dall’incombente colata lavica dell’Etna.

     

    Nel territorio di Milo, nel quartiere Rinazzo, presso la contrada detta dello Scarbaglio, c’è un’altra cappella, denominata Calvario, sorta lì dove un tempo esisteva un’icona dedicata a Maria Immacolata. Sono in tanti a credere, erroneamente, che la chiesetta sia stata eretta anch’essa in ricordo della protezione ricevuta nel corso dell’eruzione del 1950-51.

    Particolare da cartolina d’epoca in fondo alla Via Rinazzo si nota la cappella del Calvario.

    La cappella, all’epoca di questa eruzione, esisteva già: la sua costruzione era iniziata nel 1905, per iniziativa del sacerdote Concetto Fichera; in una prima fase furono realizzati soltanto i muri perimetrali. Il compimento dell’opera avvenne solo nel 1927, anno in cui, il 4 settembre, la chiesetta fu consacrata: da allora venne adibita alle funzioni di chiesa del Calvario. (Notizie tratte da La Voce dell’Jonio, – sito web dell’omonimo giornale – del febbraio 2020, articolo a firma Rosanna Marchese)

    Salendo da Fornazzo lungo la strada Mareneve, si incontra sulla destra della strada uno slargo con una piccola cappella. Poche decine di metri più il là, nel 1950, uno dei rami delle colate dell’eruzione, seguendo l’alveo del Torrente Fontanelle, era uscito fuori dalla Valle del Bove e procedeva in direzione di Fornazzo; si arrestò in quel luogo, dove era giunta «una solenne devota Processione Eucaristica promossa dal parroco di Fornazzo Don Salvatore Fichera». Proprio in conseguenza di questo evento, per volontà degli abitanti di Milo e Fornazzo, «nacque allora l’impegno di costruirvi una Cappella».

    Tabella esterna alla cappella

    Passarono parecchi anni e la cappella non fu costruita. Ma l’evento non fu dimenticato: ogni anno, infatti, una processione ripercorreva lo stesso tragitto seguito nel 1950, e «nel maggio 1971, un’altra colata lavica ripercorreva lo stesso tracciato. Finché non fu costruita la Cappella la processione si concludeva in una casa di proprietà del Signor Sebastiano Cantarella».

    Finalmente nel 1976, dopo due minacciose eruzioni, fu costruita una cappella – dedicata al Sacro Cuore – e tre anni dopo, ancora una volta, «la stessa colata del 3 agosto 1979 minacciò di travolgere questa Cappella sita a 850 mt. s.l.m. ma si arrestò a ridosso delle sue pareti penetrando dentro la Cappella. L’evento religioso viene ricordato ogni anno la prima Domenica di Agosto con una Processione Penitenziale e la celebrazione della S. Messa». La casa del Signor Cantarella «fu travolta dalla colata del 3 agosto 1979. Di essa restano attualmente alcuni ruderi ancora visibili», ma la piccola cappella, ferita, rimane ancora a ricordare non un solo evento, bensì tre: le eruzione del 1950, del 1971 e del 1979.

    Sappiamo queste notizie proprio grazie ad una scheda esplicativa esposta sulla parete esterna del fabbricato: attraverso i vetri della porticina, a sinistra dell’altare, possiamo ancora vedere i massi della colata di più di 40 anni fa che hanno aperto una breccia nella parete per poi, immediatamente, arrestarsi.

    Nel territorio etneo non solo santi, ma anche uomini di chiesa sono ricordati con dei monumenti, per la loro opera a favore della gente. Così il Beato Cardinale Melchiorre Dusmet (alle porte di Nicolosi gli è stata eretta una statua, in memoria dei suoi interventi a favore del popolo in occasione dell’eruzione del 1886); a Catania, nel transetto della Cattedrale, si trova il monumento funebre del Vescovo Michelangelo Bonadies, prodigatosi durante l’eruzione del 1669; a Pedara, nella Chiesa Madre dedicata a Santa Caterina, il monumento a Don Diego Pappalardo, attivissimo nel corso della stessa eruzione.

    Tornando all’eruzione che minacciò Milo e le sue frazioni negli anni ’50 del secolo scorso e alle manifestazioni di fede da parte delle popolazioni, voglio concludere allegando, oltre a quelli già esposti, una selezione di altri fotogrammi tratti da un filmato dell’epoca della British Pathé (vedi anche la Fotogallery)

    Con il titolo e qui sopra: processioni religiose partono da  Milo verso il fronte lavico (fotogrammi tratti da un filmato dell’epoca della British Pathé)