di Sara La Rosa
Primo articolo dell’anno sul Vulcanico, scritto mentre aleggiano ancora nell’aria i buoni propositi che, durante le festività appena trascorse, abbiamo immancabilmente messo in cantiere.
Tra i tanti, anche quello di ritrovare tempo per sé stessi da dedicare alla musica, alla lettura o a quella passeggiata tante volte rinviata. Bella la nostra Sicilia, quante cose ci perdiamo, mentre corriamo per andare a lavorare senza degnare di uno sguardo i nostri paesaggi…
Ecco che così la serata conclusiva delle manifestazioni natalizie a Capo d’Orlando, cittadina in provincia di Messina, diventa una incantevole occasione per ascoltare i canti della tradizione siciliana del Natale e ripercorrere il “viaggiu dulurusu di Maria Santissima e di lu Patriarca S.Giuseppi in Betlemmi”.
Tra nenie e letture Oriana Civile, cantante e studiosa delle tradizioni popolari siciliane, con la sua voce dalla personalità eclettica e versatile, ci riporta indietro nel tempo, proponendo un vasto repertorio, frutto di accurati studi di etnomusicologia che, approfittando del periodo natalizio ci propone, da moderna cantastorie, parole e suoni della nostra terra.
E nascìu la luci eterna: questo il titolo dello spettacolo, che ha proposto una selezione di nenie curata da Oriana Civile, voce dello spettacolo con Nino Milia alla chitarra e mandola e Daniela Giaimo al flauto
Dalla “Gnignarèdia” di S. Michele di Ganzaria (CT) alla “Novena” di Agira (EN) e tante altrie che fanno scorrere, quasi come un film in bianco e nero, il percorso di “quella” famiglia, la necessità di trovare un ricovero, mestieri che non esistono più se non nei Presepi e di cui è importante raccontare ai nostri figli.
Tutta la Sicilia si ritrova a cantare il proprio omaggio al Bambinello e, per dirla con le parola di un altro canto, “A ciaramedda” ci ricorda “la nuvena quant’è duci, duna paci all’infilici”.
Ecco così riemergere, in quell’atmosfera di serenità, le tradizioni musicali siciliane, quelle del popolo e della musica che appartiene a tutti noi, delle quali purtroppo si rischia di perdere le tracce a vantaggio delle tradizioni di altri Paesi.
Se infatti, immergersi nelle sonorità di altre tradizioni può sicuramente costituire un piacevole diversivo, il rischio è quello di perdere la cultura popolare siciliana che, come dice la stessa Oriana Civile, “nella versione cantata dal popolo è diversa e talvolta riproposta in maniera distorta. Ritrovare la musica di tradizione orale è un lavoro impegnativo ma di grande soddisfazione”.
La serata è stata anche il pretesto per riascoltare canti che riportano indietro nel tempo, quelli dei nostri nonni. Quando le comunità erano unite e non virtuali.
E per ricordarsi che la musica popolare siciliana ha un repertorio vastissimo: mentre una giovane donna con la sua chitarra canta e incanta, un’altra giovane donna, da un Presepe vicino, sta lì con un bimbo tra le braccia. Tra sacro e profano: grazie ad una nenia che rischiava di rimanere chiusa in un cassetto, scritta su un foglio di carta ingiallito dal tempo mentre fuori, oggi come allora, “sciuscia ‘a tramontana cu la nivi e la biancura tinci tutta la campagna: oh, che bedda la natura!”, per dirla con le parole di un altro canto tradizionale.
Natura e solidarietà, valori in musica: anche questo una occasione per pensare a “quella” famiglia che chiedeva aiuto ed ospitalità, così simile ad altre famiglie dei giorni nostri.
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