di Santo Scalia

Santo2019

Ad Acireale, sospeso al pilastro destro del prospetto della Basilica collegiata di San Sebastiano, è apposto un medaglione in calcare che reca incisa la seguente iscrizione:

«D.O.M. – HORRIBILI TERREMOTU COLLAPSUM 1693 SAECULIS AETERNIS MEMORIA INDE VENUSTIUS RESURGIT 1699»

PILASTRO Acireale

Queste parole, impresse nella pietra, dovrebbero essere un monito perenne per gli abitanti della città: «A Dio Ottimo Massimo. [Questo Tempio n.d.a.] crollato nel 1693 per un terribile terremoto, risorge più decorosamente nel 1699, testimonianza ai secoli eterni.» (traduzione di Matteo Donato).

Quasi un mese è trascorso dall’undici gennaio, giorno in cui si è commemorato l’anniversario (il 327°) del terribile terremoto del 1693; in quell’occasione il blog ilVulcanico ha riproposto l’interessantissimo articolo pubblicato cinque anni fa dall’autorevole sito web INGVterremoti.

Nel gennaio del 1693 l’intero Val di Noto, il settore sud-orientale della Sicilia, e buona parte del Val Demone (il settore nord-orientale dell’Isola), furono distrutti da due terremoti di notevole intensità, il giorno 9 e poi ancora l’11. Città come Catania, Acireale, Lentini, Noto antica, Occhiolà (poi denominata Grammichele, dopo la rifondazione), Avola antica, Siracusa, Caltagirone e tante altre ancora subirono notevolissime devastazioni.

Particolare da una stampa di autore sconosciuto, relativa alla distruzione di Catania nel 1693
Particolare da una stampa di autore sconosciuto, relativa alla distruzione di Catania nel 1693

“All’unnici di innaru a vintun’ura, a Jaci senza sonu s’abballava, cu sutta li petri, cu sutta li mura, cu misericordia a Diu ‘mplurava, e Matri Maria nostra prutittura sutta lu so mantu ni salvava”: tanto fu l’orrore impresso nelle menti dei sopravvissuti e la felicità di chi era rimasto in vita che queste parole della tradizione popolare, così semplici, ma così incisive, si ritrovano attribuite a varie città, non solo a Jaci (Acireale).

Non è mia intenzione descrivere nuovamente quel catastrofico sisma, definito il più forte evento sismico (Mw = 7.4) avvenuto negli ultimi 1000 anni sull’intero territorio nazionale. Voglio invece andare indietro nel tempo, e non di poco, ma di più di mezzo millennio rispetto al 1693: per l’esattezza a 524 anni prima.

Infatti, 855 anni fa, all’incirca nella stessa area, un altro intenso sisma aveva già portato morte e distruzione: era il 4 febbraio 1169. Anche per questo terremoto non mi propongo di riscrivere ciò che già un anno fa ha ottimamente fatto l’amico Mario Mattia (http://ilvulcanico.it/4-febbraio-1169-il-grande-terremoto-di-santagata-che-850-anni-fa-distrusse-la-catania-normanna), sulla traccia delle notizie storiche riportate nel volume Catania terremoti e lave, dal mondo antico alla fine del Novecento del compianto Enzo Boschi e di Emanuela Guidoboni (Editrice Compositori, 2001). Voglio invece seguire, per quanto possibile, le fonti scritte dagli autori contemporanei all’evento, o temporalmente prossimi ad esso.

Petrus Blesensis, o Pierre de Blois, o ancora Pietro di Blois, fu uno scrittore medioevale latino, nato a Blois, in Francia, verso il 1135 e morto dopo il 1204. Intorno al 1166 si trovava in Sicilia, dove poco dopo diventò precettore del giovane re Guglielmo II. Successivamente fu chiamato alla corte inglese da Enrico II, e divenne cancelliere dell’arcivescovo di Canterbury. Pietro di Blois fu il primo autore dal quale abbiamo notizia del terremoto del 1169.

Brano da Gli Annali Pisani di Bernardo Maragone, versione curata da Michele Lupo Gentile (1936)
Brano da Gli Annali Pisani di Bernardo Maragone, versione curata da Michele Lupo Gentile (1936)

Anche Bernardo Maragone descrive il terremoto avvenuto la vigilia della festa di Sant’Agata; autore della cronaca detta Annales Pisani, nacque a Pisa tra il 1108 ed il 1110; le notizie sul terremoto da lui riportate sono una fonte di notevole rilievo: «Anno del Signore 1169. Dai tempi di Sodoma e Gomorra non avvennero prodigi altrettanto memorabili e stupefacenti di quelli che accaddero in Sicilia. Prima infatti delle none del mese di febbraio, alla vigilia [della festa] di Sant’Agata, la città di Catania fu sconvolta fino alle fondamenta da un terremoto, e non sopravvisse uomo né donna. Lentini, d’improvviso intrappolata tra due monti, ed una parte della città di Siracusa crollò nel suddetto terremoto, e da Catania fino a Piazza [Armerina], undici fra città, borghi e villaggi furono distrutti dallo stesso terremoto con molti uomini uccisi per le strade e nei campi

Nel 1173 Guglielmo Godel – o possibilmente un monaco inglese la cui testimonianza è stata tramandata sotto questo nome, vissuto in Francia presso Sens, nel distretto di Yonne – scrisse degli stessi avvenimenti nell’opera Ex Chronico, aggiungendo una stima del numero di vittime (circa 15.000), ed il dettaglio relativo alla sorte del Vescovo e di altri religiosi: «Anno Domini 1169 in Cicilia urbs Cathania ita diluculo ante horam primam terre motu subversa est 2 Nonas Febr., acsi per centum annos non fuit habitata. Ubi et episcopus et clerus et abbas de Mileto cum 40 monachis et omnis populus, circa 15 milia hominum, morte repentina perierunt. Cetera etiam castra et munitiones per Siciliam hora eadem cum innumerabili populo everse sunt».

 Brano dalla Storia di Ugone Falcando, versione di Bruto Fabbricatore

Brano dalla Storia di Ugone Falcando, versione di Bruto Fabbricatore

Ugo Falcando, o Hugo Falcandus (o anche Ugone Falcando), fu uno storiografo vissuto in Sicilia, e nato probabilmente nell’Italia meridionale; scrisse la Historia (nota anche come il Liber de regno Siciliae) nella quale narrò gli avvenimenti del regno di Guglielmo I e della successiva reggenza della regina Margherita. L’opera, scritta o almeno ultimata dopo il 1181, viene considerata forse la fonte più importante per valutare il terremoto del 1169, in quanto scritta da un testimone oculare degli eventi.

Romualdo Guarna, noto anche come Romualdo Salernitano, nacque da una nobile famiglia salernitana nel primo quarto del XII secolo, e nel 1153 divenne arcivescovo della città di Salerno, dove morì il 1° aprile 1181.

GUARNA ItalianoGUARNAAutore anch’egli di una cronaca degli avvenimenti del suo tempo, molto precisa nei dettagli (Chronicon Romualdi II Archiepiscopi Salernitani), descrive attentamente il terremoto del 1169 (anche se un errore di stampa lo attribuisce all’anno prima)qui accanto  i brani, in latino e nella traduzione italiana, tratti dalla Cronica, versione di G. Del Re.

Oltre quattro secoli dopo, Tomaso FazelloSiciliano, dell’Ordine de’ Predicatori (vedi ilVulcanico)nell’opera Le due Deche dell’Historia di Sicilia pubblicata nel 1574 «in Venetia, appresso Domenico, et Gio. Battista Guerra, fratelli», descrive minuziosamente il catastrofico evento, riprendendo quanto scritto dagli autori precedenti: «Intorno quasi a questo tempo, a’ quattro di Febraro, in su l’alba, un grandissimo terremoto scosse tutta la Sicilia, e la Calabria, per la forza del quale, la citta di Catania fu di maniera rovinata, che non solamente tutti gli edifici andarono in terra, ma vi morirono, tra huomini, e donne, col Vescovo, et una moltitudine grande di religiosi, circa quindici mila persone. Rovinarono anchora nel paese di Catania, e di Siracusa molti castelli, vennero fuori per tutto nuove fontane, e le vecchie si seccarono; la cima del monte Etna, dalla parte ch’e volta a Taormina, diventò minore […]»

Da notare che il Fazello, nel descrivere il terremoto, aggiunge una informazione relativa all’Etna, e cioè che il Cono del vulcano, nella parte rivolta a nord-est, subì un crollo. La stessa notizia fu ripresa successivamente anche da altri autori, come l’abate Francesco Ferrara.

Particolare da una stampa di autore sconosciuto, relativa alla distruzione di Catania nel 1693
Particolare da una stampa di autore sconosciuto, relativa alla distruzione di Catania nel 1693

Così come avverrà nel 1693, numerose furono le città distrutte o gravemente danneggiate: Catania, Lentini, Siracusa, Modica, Piazza Armerina… La scossa (la cui magnitudine Mw oggi è stimata pari a 6.5), fu avvertita distintamente nell’area siculo-calabra dello Stretto. Il CFTI (Catalogo dei Forti Terremoti in Italia) ci offre una descrizione sintetica dell’evento: «Il 4 febbraio 1169, verso le 7 GMT (ossia le ore 8.00 locali, circa all’ora prima, secondo le ore canoniche), un violento terremoto colpì la Sicilia orientale. È un evento attestato da numerose fonti coeve, quali cronache, lettere e iscrizioni. La città colpita nel modo più grave fu Catania, situata alle pendici del vulcano Etna, che le fonti indicano come totalmente distrutta. Sono ricordati migliaia di morti.»

CARTA AREA INTERESSARA
Carta dell’area interessata (dal CPTI15, Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani dell’INGV)

Gli Atti del Convegno di studi La Sicilia dei Terremoti (tenutosi a Catania nel dicembre del 1995), curati dallo storico Giuseppe Giarrizzo (Riposto 1927 – Catania 2015), furono pubblicati dall’editore Maimone l’anno successivo e sono stati un utilissimo aiuto alla stesura di questo articolo. La traduzione del brano di Bernardo Maragone è di chi scrive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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