di Santo Scalia
Da Malpasso a Belpasso, passando per Fenicia Moncada e Stella Aragona. È questa la storia della sfortunata comunità di Malpasso, dalla distruzione alla reiterata e caparbia rinascita.
Non erano ancora trascorsi neppure due mesi da quel tragico 13 marzo e, mentre le lave ancora scorrevano verso la città di Catania, il 4 maggio del 1669, il Principe di Campofranco e Campofiorito ufficializzava la rifondazione della città: Malpasso andava ricostruita, non sulle sterili lave che l’avevano ricoperta, ma più a valle, in un luogo pianeggiante e ricco di acque, forse anche troppo.
Come l’araba fenice rinasce dalle proprie ceneri, così anche Malpasso doveva rinascere: Fenicia Moncada fu il nome della nuova città, in segno di omaggio al Duca di Montalto. Ma la sfortuna (o il caso, o il destino) colpì ancora la comunità di Fenicia solo ventiquattro anni dopo: il terremoto del 1693 portò nuovamente dolore e distruzioni. Ciò, unitamente all’insalubrità del sito, spinse alla decisione di abbandonare Fenicia, e rifondarla altrove: si decise «di trasportarsi detta terra di Fenicia in luogo più ameno e salubre», come si legge in un fascicoletto custodito nell’Archivio di Stato di Palermo.
Già in precedenza, parecchi malpassoti non avevano gradito l’idea di ricostruire le loro abitazioni più a valle e avevano ottenuto, nel 1687, un’area ad occidente ma molto prossima al luogo dov’era Malpasso: nasceva così Stella Aragona, lì dove oggi si trova Borrello.
Ed è proprio poco più a valle di Aragona che fu deciso di edificare la nuova città.
Così, il 15 marzo dello stesso 1693, presente Don Lorenzo Bufali (poi insignito del titolo baronale), fu deciso dove e come ricostruire, ancora una volta, la nuova città: seguendo un “nuovo” e rigido schema topografico ereditato dai romani, ancora una volta sarebbe rinata la fenice, ora Fenicia Nova, con il suo cardo maximus, il decumanus maximus e il praetorium, la piazza posta proprio all’incrocio dei due.
Nella Belpasso di oggi, il nome beneaugurale che poi fu attribuito a Fenicia Nova, infatti ritroviamo i cardini e i decumani che sono stati denominati Rette e Traverse, ed il pretorio è divenuto Piazza Maggiore (oggi Piazza Umberto), con pianta circolare ispirata ai più noti Quattro Canti palermitani.
La travagliata storia della comunità belpassese è raccontata in una interessantissima mostra documentale dal titolo “I Bufali a Malpasso, prima e dopo il 1669”, realizzata a cura della Fondazione Margherita Bufali Onlus.
Grazie all’impegno del gruppo di lavoro della Fondazione presieduta da Vito Sapienza e con il patrocinio del Comune e della Soprintendenza BB.CC.AA. di Catania, la mostra espone tele, cimeli, documenti e immagini della Famiglia Bufali, dal Barone Lorenzo alla Nobildonna Margherita, baronessa di Santa Lucia. Sono presenti vari pannelli che ripercorrono la storia vulcanologica dell’evento catastrofico del 1669 (a cura dell’INGV), illustrano l’iconografia dello stesso (dal blog ilVulcanico.it), e tanti altri aspetti legati al paese ed ai Baroni Bufali, a cura di diversi altri qualificati autori.
Il vicepresidente Luciano Signorello, nel discorso d’inaugurazione, ha giustamente sottolineato che questa mostra non è soltanto da guardare, ma è soprattutto da leggere. E l’invito a leggere viene rivolto a tutti, belpassesi e non. La mostra è arricchita da alcune opere di pietra lavica maiolicata realizzate dal maestro Barbaro Messina, siciliano profondamente legato al vulcano ed al suo territorio, in omaggio all’Etna Patrimonio dell’Umanità.
La fotogallery offre una panoramica di foto da me realizzate recentemente in occasione dell’inaugurazione della mostra documentale di Palazzo Bufali a Belpasso, che potrà essere visitata fino al 4 agosto prossimo, nei giorni di sabato e domenica dalle ore 18,00 alle 21,00.
Con il titolo: Fenicia Nova, particolare di una delle stampe presentate nella mostra (da Dufour-Raymond)
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