di Paolo Martinez
Dopo avere risposto alla domanda perché la campagna ? ed avere chiarito il motivo della scelta di coltivare frutti esotici e piante grasse, passerò a parlare delle trasformazioni che ha subito l’aspra terra fino a diventare un piccolo orto botanico. Premetto che, per arrivare a tale risultato, ovviamente, sono stati necessari tempo, denaro e fatica. Aggiungo, al titolo: il “giardino di Paolo”, bisogna sottintendere e di Angela, la mia compagna. Lei è stata ed è linfa per la mia mente. Nel realizzare il nostro progetto, procedevamo in piena sintonia, impegnando le nostre energie con caparbietà e determinazione. Ricordo quando frenava i miei entusiasmi, se prevaricavano la realtà; ma anche quando plaudiva e sosteneva le idee che partorivo.
In quel di Linera ci siamo sentiti siciliani “emigranti” in Sicilia a causa della diffidenza dei locali nei nostri confronti: per loro eravamo stranieri. Ovvio che tale condizione moltiplicava le difficoltà a alle quali andavamo incontro per realizzare il sogno di costruire la nostra casa in un giardino ridente.
Fortuna volle che il mediatore, compenetratosi della nostra situazione, ci venisse in soccorso fungendo da “interprete” e procurandoci gli operai secondo le necessità; si attivò anche per farci vendere due piccoli lotti di terreno limitrofi al nostro che, triplicando la superficie del lotto iniziale, ci avrebbero consentito di fondare un bel giardino. Ma la terra, che finalmente possedevamo, era senza terra (scusate il bisticcio di parole): costituita da un fondo pietroso, invaso da erbacce e con qualche pianta di ficodindia, certamente non incoraggiava il progetto presente nella nostra mente. Si pose allora l’interrogativo: come renderlo coltivabile? Risposta: bisognava modificare l’orografia del terreno e porvi sopra un consistente strato di buona terra. Per fare ciò era necessaria la nostra presenza.
Nel 1969, anno successivo a quello dell’acquisto, trascorremmo le vacanze estive accampati nell’unica stanza abitabile: condizione necessaria per verificare che il muratore eseguisse i lavori correttamente nel rendere abitabile quel rudere e nel contempo iniziare la miglioria del terreno.
Nel settembre del 1970 il balzo: dalla metropoli Milanese a Linera. Il passaggio non esprimeva involuzione bensì evoluzione: ci trovavamo alle pendici dell’Etna, nostra “Nume tutelare” nonché stupenda montagna, che avrebbe certamente saziato la vista e nutrito la mente. Nel bagaglio portavamo la carica sessantottina vissuta a Milano ed il progetto della nostra casa che realizzai seguendo due imprescindibili direttive: la finestra della camera da letto, grande, che ci offrisse la veduta dell’Etna, nostra Icona, ed ampie pareti per ospitare le opere già realizzate ed in fieri.
Ormai residenti, nell’attesa che venisse approvato il progetto ed iniziassimo i lavori di costruzione, realizzammo la trasformazione orografica dei due lotti contigui al primo. Essendo essi costituiti da terrazzamenti, che dall’alto scendevano fino sotto il livello del primo, non avrebbero consentito una facile ed economica gestione del nascituro giardino. Dopo i lavori, siamo riusciti ad ottenere due livelli soltanto: uno, breve, in alto, ed il rimanente in basso, collegati da una strada laterale per tutta la lunghezza del terreno. Nel successivo balzo parlerò delle piante da frutto e delle “succulente”.
NOTA: La prima foto presenta il rustico di campagna, esposto a Levante, che è stato il “lievito” per la futura casa, con Angela. La seconda mostra una veduta verso Ovest, prima degli interventi di trasformazione. Le successive mostrano il panorama del dissesto creato dalla ruspa con i cumuli di terra acquistata. In homepage, la mia compagna … scruta il terreno.
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