di Santo Scalia
C’è un luogo, in Sicilia, dove i termini Palici, Palikè, Naphtia, mofeta hanno un significato che spazia dalla mitologia alla storia, dall’archeologia alla geologia: questo luogo – tra le città di Palagonia e di Mineo – è quello denominato Mofeta dei Palici, con il vicino sito archeologico dell’antica Palikè. In questo luogo in passato si osservavano dei laghetti, all’interno dei quali avvenivano strani fenomeni.
Mito
Thalia o Talìa, (Θαλία, in greco antico, omonima della più nota Musa) era, nella mitologia, una ninfa e, neanche a dirlo, una delle predilette da Zeus, il sovrano di tutti gli déi. Da Talìa e da Zeus nacquero due gemelli, i Palici (οἱ Παλικοί); per evitare le ire di Era, sua consorte, stanca delle sue continue avventure extraconiugali, Zeus relegò Talìa sottoterra, in modo che potesse partorire al sicuro. Al di sotto dei laghetti (che in seguito saranno detti dei Palici), la ninfa portò a termine la gravidanza, al termine della quale, nel corso del travaglio, le acque soprastanti ribollivano ed emettevano gorgoglii e intensi getti.
La particolarità del luogo ed i fenomeni che vi avvenivano portarono all’edificazione, nelle vicinanze, di un Santuario dedicato ai due gemelli – divinità ctonie, personificazione di forze sismiche e vulcaniche – che divenne un conosciutissimo luogo di pellegrinaggio.
Altre versioni del mito affermano che i Palici fossero figli del dio siculo Adranos e della Ninfa Etna, ma poco cambia.
Geologia
Il luogo dove si trovavano i laghetti dei Palici, denominati anche laghi di Naphtia – dal greco νάϕϑα (náphtha), cioè “bitume” – è a poche centinaia di metri dal fiume dei Margi, ai piedi dell’imponente altura basaltica di Rocchicella (a poco più di tre chilometri dalla città di Palagonia).
Già due millenni fa lo storico siceliota Diodoro Siculo di Agira (90 a.C. – 30 d.C.) –nell’undicesimo libro della sua monumentale opera Bibliotheca Historica – descrisse questo particolarissimo luogo: «Primieramente adunque sono in esso codesti crateri, non tanto vasti Invero per ampiezza, ma profondissimi oltre ciò che possa dirsi, e vomitanti scintille a pieni vortici, non diversamente che se fossero caldaje per sottoposto fuoco bollenti di acqua ferventissima. Ed appunto in que’ crateri l’acqua, che vi gorgoglia dentro, ha tutta l’apparenza d’essere tale; ma non se n’ è certi, perchè nissuno si arrischiò fin qui di toccarla; tanto stupore mettendo in tutti quel bollimento, che viene creduto provenire assolutamente da una certa divina necessità. Quell’ acqua però ha un forte odore di zolfo; e la voragine manda fuori un grande ed orribil rumore. E ciò ,che mette anche maggior meraviglia, si è, ch’essa né travalica mai, né mai si abbassa, ma stassi in continuo agitamento, e s’alza con istupenda forza ne’ gorgogliamenti suoi» (traduzione del Cav. Compagnoni nel Tomo III dell’opera, pubblicata a Milano nel 1820).
Anche Tommaso Fazello (storico, teologo e letterato di Sciacca), nell’opera De rebus Siculis decades duae (1558), descrisse il sito con le seguenti parole: «Il Lago adunque, ch’è tra l’antico castel di Meneo, et osteria di Guttera, e ch’è piccolo di giro, si vede ancor hoggi, et a questi nostri tempi è chiamato Naffia. Questo lago manda fuori una sorte d’acque bollenti torbide, e quasi a similitudine di zolfo, e le getta da tre bocche, che son nel mezzo […], e quest’acque, vanno quasi tre braccia in alto, e bollono a quella guisa che bolle una pignatta al fuoco. Quest’acque cadendo sempre nel medesimo luogo quasi perpendicolarmente, non versano mai di fuori, ma ritornando sempre nel medesimo vaso, non crescono, e non scemano». Il brano qui riportato, tradotto da Remigio Fiorentino, dell’Ordine dei Predicatori, è tratto da Le due deche dell’historia di Sicilia del 1574 (prima deca, libro 3, capitolo secondo).
Jean-Pierre Louis Laurent Houël, incisore, pittore e architetto francese, nonché famosissimo viaggiatore del Grand Tour, ha immortalato in alcune delle sue splendide opere i laghetti di Naftia. Nel corso dei suoi due viaggi in Sicilia (effettuati tra il 1769 ed il 1776) ebbe modo di visitare questo luogo singolare e di riprodurlo in due dei suoi acquerelli, pubblicati nel terzo volume dell’opera Voyage pittoresque des îles de Sicile, de Malte et de Lipari ed oggi custoditi presso il Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo.
Ma cosa sono di fatto le mofete? «Vanno sotto il nome di mofete le ultime manifestazioni gassose dell’attività postvulcanica costituite essenzialmente da anidride carbonica, qualche volta accompagnata da metano e da altri gas. Sono frequenti nei terreni vulcanici recenti e anche presso i vulcani da lungo tempo spenti». Così leggiamo nell’Enciclopedia Italiana Treccani (1934), alla voce “mofeta”: a darci una esauriente spiegazione del termine è proprio il vulcanologo Gaetano Ponte (nato a Palagonia, a pochi chilometri dall’area delle mofete dei Palici).
Questi ci ha lasciato anche interessanti fotografie dello stato dei laghetti intorno al 1908, immagini che si possono ritrovare nel sito dell’Archivio Fotografico Toscano, nel Fondo Gaetano Ponte, e che non sono poi tanto dissimili da quelle lasciate da Jean-Pierre Houël nelle sue opere.
Il Ponte aggiunge 0anche dettagli relativi alla Mofeta dei Palici: «La più grande mofeta d’Europa è quella dei Palici, famosa sino dalla più remota antichità. Essa […] rappresenta l’ultimo residuo dell’attività vulcanica della formazione eruttiva terziaria del Val di Noto. D’inverno appare uno stagno largo circa 50 m. la cui acqua è continuamente rimossa da numerose polle gassose delle quali alcune sollevano l’acqua all’altezza di circa 50 cm., in modo che tutto il bacino appare come una grande pentola in ebollizione.
Il gas che si sprigiona da questa mofeta è costituito da anidride carbonica con una lieve percentuale di metano e di altri idrocarburi. Si calcola che la quantità di anidride carbonica esalante normalmente dalla mofeta dei Palici sia di circa un metro cubo al secondo, quindi di gran lunga superiore alle più importanti mofete d’Europa, molte delle quali sono utilizzate per la preparazione dell’anidride carbonica liquida.»
Un’ultima precisazione, tratta dalla medesima fonte, è molto utile per distinguere tra fenomeni che a volte vengono confusi: «Le eruzioni fangose accompagnate da acqua salata vengono chiamate salse. Le mofete presso Girgenti, che non sono d’origine vulcanica, si designano con il nome di macalube.»
Ponte inserì queste notizie nella sua relazione apparsa nel Bollettino della Società Geologica Italiana (Vol. LIII – 1934 – Fasc. 1 – Roma – 1934 – pp.70-76), dal titolo La mofeta dei Palici e la sua utilizzazione.
Più di un secolo prima, lo studioso Francesco Ferrara (nativo di Trecastagni), in una pubblicazione dal titolo Memorie sopra il lago Naftia nella Sicilia meridionale (pubblicata a Palermo nel 1805) aveva descritto non due, ma un solo laghetto, essendo l’altro in secca al momento della sua visita ai luoghi; da ciò egli mise l’estensione delle pozze in relazione alla quantità di pioggia, non costante: «All’ordinario però in una figura circolare comprende all’intorno lo spazio di 480 piedi francesi, e non ne ha che 14 nel centro di profondità aumentandosi gradatamente dall’orlo. Quasi nel mezzo del lago sorgono due grossi getti che fanno saltare l’acqua a più di due piedi d’altezza un terzo di minor forza ed intermittente si fa loro compagno…Per tutta l’estensione del lago veggonsi numerosi piccioli bulicami…L’acqua è sempre fredda. L’erbe putrescenti e l’argilla grigia-scura che forma il fondo…e che è disciolta in tutto il fluido danno al lago una tinta che partecipa della loro natura.[…] Esala il luogo un forte odore bituminoso simile a quello della nafta. Nuotante sull’acqua trovasi sovente del petroleo [sic]...».
Storia
Cos’ha a che fare l’area delle mofete con la Storia?
Ducezio (Δουκέτιος, in greco, o Ducetius, in latino) nacque a Mene (Μεναί, oggi Mineo, in provincia di Catania) da famiglia nobile. Fu lui, re dei Siculi, ad unire in una lega sotto il suo comando tutte le città sicule, eccezion fatta per Ibla. L’importanza del mito dei gemelli Palici e del relativo culto è dimostrata dalla decisione di Ducezio di fondare la città di Palikè proprio presso le rive del lago sacro dei Palici, e di sceglierla come capitale del suo regno.
Ducezio, a capo dei guerrieri Siculi, combatté contro i coloni greci, contro Agrigento e Siracusa, riportando più vittorie; poco dopo, però, fu numericamente superato dai nemici e battuto. Deportato a Corinto, Ducezio ottenne infine di tornare in Sicilia, dove morì di malattia intorno al 440-39 a.C.
Con la sconfitta del re dei Siculi, anche il suo regno si dissolse.
Archeologia
Ai piedi dell’imponente altura basaltica di Rocchicella fu dunque edificato il santuario dedicato ai Palici, e nell’area fu fondata la città sicula di Paliké. Nel 1898 l’illustre archeologo Paolo Orsi visitò il sito e descrisse le tombe a grotticella (vedi Fotogallery) che si aprono ai lati della cavità sita alla base della rocca. Le esplorazioni ed i primi scavi sistematici vennero avviati negli anni Sessanta, per opera di Paola Pelagatti e Luigi Bernabò Brea, a seguito del casuale rinvenimento, sulla sommità della collina, di un cinturone bronzeo con iscrizione dedicatoria in greco. Le indagini misero in luce resti dell’abitato sull’altura, e nell’area davanti alla grotta una singolare struttura a pianta rettangolare che fu identificata come il santuario dei Palici (notizie tratte da ΚΩΚΑΛΟΣ, rivista di studi di storia antica pubblicati dall’Università di Palermo, Volume LII – 2015).
Oggi il Sito Archeologico, ancora in corso di scavo da parte di studiosi americani e siciliani, è visitabile ed è gestito dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Catania. Un’ampia documentazione fotografica, da me realizzata, è visibile nella Fotogallery.
Di quelli che furono i laghetti dei Palici non c’è più traccia: nel periodo tra le due guerre mondiali, nel 1933, i laghetti sono stati prosciugati e l’anidride carbonica emessa dai soffioni è stata, attraverso cupole di captazione e tubature, convogliata nelle strutture di un’azienda specializzata nella realizzazione di ghiaccio secco per il trasporto e conservazione dei gelati, e per il processo di gasatura di acque minerali e bibite. La concessione per lo sfruttamento del sito è stata ottenuta fino al 2024.
Con il titolo: Jean-Pierre Houël, i laghetti di Naftia, acquerello, Museo dell’Hermitage
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