di Santo Scalia
Nel corso del 1879 l’editore Ermanno Loescher pubblicò a Torino il volumetto dal titolo Un viaggio all’Etna, corredato da una carta topografica realizzata solo alcuni decenni prima dal Barone Sartorius von Waltershausen. Il volumetto, con l’acclusa cartina, venne messo in vendita a 3,50 Lire.
L’autore, il Prof. Orazio Silvestri, fiorentino di nascita, era già legato alla città di Catania; vi era stato dal 1863 al 1867 come titolare della cattedra di chimica generale, e vi era ritornato nel 1877, vincitore della cattedra di mineralogia e geologia – alla quale fu aggiunta quella di vulcanologia – istituita appositamente per lui dal consorzio universitario locale.
Durante la sua permanenza nella città etnea, Silvestri ebbe modo di ammirare e studiare l’attività eruttiva dell’Etna del 1865 (vedi ilVulcanico) e le successive, avvenute nel 1833 (ilVulcanico), nel 1879 e nel 1886.
La cartina allegata al volumetto, «ridotta a piccola dimensione con l’aggiunta di tutte le eruzioni posteriori al 1843 dal Prof. Orazio Silvestri nel 1876», naturalmente non fa menzione né della doppia eruzione dell’Etna scoppiata il 26 maggio 1879, né dell’eruzione abortita del 1833 o di quella del 1886: in essa vengono invece messe in evidenza le colate laviche emesse nel corso delle eruzioni del 1852 (che portò alla formazione dei Monti Centenari) e del 1865 (Monti Sartorius).
Dopo aver descritto nel primo capitolo le regioni e i paesi pedemontani dell’area etnea, nel secondo Silvestri guida il lettore nell’ascensione al vulcano: «[…] a tre chilometri di distanza da Nicolosi […] ci si presenta infatti alla vista un cono elevato di aspetto rossastro terminato con due vette e questo è precisamente l’accennato cratere che dai paesani ebbe anticamente il nome di Monte della Ruina, mentre attualmente dal suo colore e conformazione geminata viene chiamato il cratere dei Monti Rossi».
A Nicolosi, Porta dell’Etna, turisti e viaggiatori si accordavano con le rinomate ed affidabili guide della Montagna in vista dell’impresa: «[…] Qui ci si presentano le guide educate a prestare il loro servizio sotto la direzione dell’antica e benemerita famiglia nicolosita dei Gemellari (sic) [i fratelli Mario, Carlo e Giuseppe Gemmellaro n.d.a.]».
Il servizio delle guide era disciplinato dalle Norme stabilite dalla Sezione Catanese del Club Alpino Italiano, «nell’interesse dei viaggiatori all’Etna» e, nel 1879, il Presidente della Sezione del C.A.I. era proprio Orazio Silvestri. Dopo aver pernottato in paese o al Monastero di San Nicolò l’Arena, poco fuori Nicolosi (oggi sede del Parco dell’Etna, n,d.r) e dopo aver caricato i muli, alle sei del mattino inizia l’ascensione. La disponibilità di un mulo per persona «non impedisce di fare la strada a piedi a chi ha l’abitudine di camminar sui monti ed è munito di grosse calzature».
«Ci facciamo strada fra due linee di antichi crateri, Monte Fusaro e Monte Nocilla a destra; Monte S. Nicola, o Monte Peluso, Monte Pagano, Monte Serra Pizzuta, ed altri più lontani a sinistra. […] Dopo due ore di cammino il suolo si fa più ripido; entriamo in un sentiero tracciato dagli opposti versanti di un gruppo di numerosi crateri, tra i quali a ponente il Monte San Leo, il Monte Rinazzi, il Monte Sona, il Monte Manfrè, il Monte Zacchinello; a levante il Monte Concilio, il Monte Grosso, il Monte Capriolo. È in questa specie di valle che in mezzo ad un giovane castagneto è situata una piccola casa in cui stanno i guardiani delle proprietà del duca di Ferrandina e conosciuta perciò col nome di Casa del Bosco o Ferrandina o altrimenti anche di Casa Capriolo dal vicino Monte Capriolo alla cui base è situata.»
Dopo una breve fermata si riparte verso la meta: la Casa del Bosco è ad ancora soli 1438 metri di quota!
«Passiamo tra il Monte La Sciacca [oggi noto come Monte Giacca n.d.a.] , il Monte Vituri [oggi Vetore n.d.a.], il Monte Faggi e il Monte Nero […] rasentiamo un grande fiume di lava del 1766 [la lava dei Monti Calcarazzi, o Corvo n.d.a]. All’altezza di 2100 metri giriamo la base occidentale della Montagnola salendo per balze scoscese ove i muli soffiano dalle nari.»
Qualcuno avrà notato che nella lunga e dettagliata elencazione dei coni avventizi incontrati Silvestri non fa cenno ai coni della bottoniera che oggi troviamo tra il Piazzale del Sapienza ed i Monti Calcarazzi: sono proprio i crateri che di Silvestri oggi portano il nome, ma che allora, nel 1879, non erano ancora nati: si sarebbero formati infatti solo dopo tredici anni, nel 1892, due anni dopo la morte dello studioso.
«Appena valicata la Timpa del Barile [all’incirca dove oggi si trova la stazione di arrivo della funivia, n.d.a.] e le ultime rocciose pendici della Montagnola, ci si apre la vista di un esteso altipiano. […] Tale località è conosciuta col nome di Piano del Lago, limitato a settentrione dalla base del cratere centrale, a mezzogiorno dal comignolo della Montagnola, a levante dal ciglio superiore della grande Valle del Bove, ed a ponente da un altro cratere estinto che è il Monte Frumento.»
Ed infine… «Il gran cono terminale, perduto prima di vista, torna a dominare, ed ora da vicino, il nostro orizzonte, e al piede di esso scorgiamo a noi vicino il nuovo Osservatorio Etneo, con locale annesso o Casa Etnea, destinata ad alloggiare i viaggiatori.»
«La Casa Etnea non è se non che un ampliamento dell’antica Casa degli Inglesi, […] modesto fabbricato, di un solo piano terreno. […] Nel varcare la soglia del ricovero e nel leggere una iscrizione: Aetnam perlustrantibus has aedes Britanni in Sicilia anno salutis 1811, il sentimento nazionale rimaneva umiliato ed era in vivo contrasto con la gradita ospitalità che ci offrivano gli stranieri.»
Le guide, dopo aver liberato dal carico e ricoverato i muli, accendono il fuoco e preparano un «brodo sostanzioso». I viaggiatori, intanto, restano rapiti dalla bellezza della volta stellata, osservando «le stelle che scintillano di luce vivissima».
«Dopo di ciò rientriamo in Casa, ci avvolgiamo con le nostre coperte e stesi alla meglio sui letti che ci offre il ricovero ci abbandoniamo al riposo. […] Le guide, alle due antimeridiane, ci avvisano che è tempo di metterci in marcia. […] Al lume di luna, il cono dell’Etna che si eleva da questo livello per 371 metri ci comparisce anche più grande e imponente nella nostra salita.»
Finalmente, alle prime luci dell’alba, i viaggiatori giungono sull’orlo del Cratere: meraviglia, stupore, ammirazione, gioia sono i sentimenti che con tutte le parole conosciute cercano di descrivere. Gli stessi sentimenti che ha provato chiunque sia salito, a piedi, di notte, sulla vetta dell’Etna, e lì abbia aspettato l’alba.
Pochi minuti, tra il sorgere del sole ed il sollevarsi di una cortina di brume che subito appannano il maestoso paesaggio. E poi la visione del Cratere e, se si è fortunati, del suo interno.
Oggi siamo abituati a percorrere in auto, in poche decine di minuti, i 18 chilometri della Strada Provinciale 92 da Nicolosi al Piazzale del Rifugio Sapienza. Da lì, saliamo a bordo delle cabine della funivia, e senza sforzo alcuno raggiungiamo quota 2045 metri. I più in forma si avviano sul Piano del Lago e raggiungono i 2750 m. dei Crateri Barbagallo (crateri dell’eruzione del 2002) o, se i permessi o i divieti delle Autorità lo consentono, arrivano a quota 2900, nella zona dell’ex Torre del Filosofo; solo chi si affida alle Guide Vulcanologiche, sempre che sia consentito dalle Autorità, può arrivare ai Crateri Sommitali. Tutto ciò in appena mezza giornata!
Certamente i tempi non sono più quelli di fine Ottocento, e quella che oggi è un’escursione impegnativa allora doveva somigliare molto ad un’impresa molto avventurosa; tuttavia il fascino della natura e la soddisfazione per aver raggiunto e conquistato la meta probabilmente rimangono qualcosa d’imperituro.
Con il titolo: dalla copertina del libro “Un viaggio all’Etna” di Orazio Silvestri
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