di Santo Scalia

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 L’Association Volcanologique Européenne (L.A.V.E.) di Parigi torna ad occuparsi dell’Etna. Lo fa nell’ultimo numero della sua rivista trimestrale Revue de L’Association Volcanologique Européenne, dedicando tre pagine della pubblicazione ad un articolo a firma di Boris Behncke (ricercatore presso l’INGV-Osservatorio Etneo di Catania), mia e di Jean-Claude Tanguy (che studia l’Etna da sessant’anni ed ha operato presso Institut de Physique du Globe de Paris – Observatoire de Saint-Maur).

Già in passato la rivista francese si era occupata del nostro vulcano: nel numero pubblicato a settembre scorso (il n. 191), dedicato monograficamente alla vulcanologia sull’Etna, furono infatti pubblicati tre articoli, curati rispettivamente da ciascuno dei tre autori. IlVulcanico, a sua volta, nell’edizione del 7 ottobre dello scorso anno, riprese prontamente il lavoro titolando “Etna primadonna in Francia: una splendida monografia sulla prestigiosa rivista LAVE”.

Il nuovo articolo pubblicato nel numero 193, a marzo, dal titolo Etna: l’éruption de Noël 2018, anche attraverso numerose ed interessanti testimonianze grafiche e fotografiche, ripercorre le varie fasi della breve eruzione etnea avvenuta proprio in corrispondenza dei giorni natalizi dello scorso anno.

Jean Claude Tanguy
Jean Claude Tanguy

Ma non solo, viene sottolineato anche come l’apertura delle fratture che hanno dato luogo all’eruzione laterale (la prima in prossimità della base del Cratere di Nord-Est, seguita poi dalla principale, propagatasi lungo la parete occidentale della Valle del Bove), sia stata un evento che si riproponeva dopo ben 10 anni. E questo riporta alla memoria l’eruzione del 1908 (anch’essa avvenuta nella stessa zona), eruzione breve, tanto da indurre il vulcanologo francese Alfred Lacroix a dire «la montagne a accouché d’une souris» (“la montagna ha partorito un topo”) [cfr. Sur la récente éruption de l’Etna. C.R. Acad. Sci., CXLVI, 21, 1071-1076].

Boris Behncke
Boris Behncke

Il comportamento recente del vulcano, anche dal punto di vista sismologico, ha portato il professore Jean-Claude Tanguy a considerare delle analogie con quanto avvenuto già in passato, a fine ‘800 oltre che agli inizi del ‘900, e a formulare delle ipotesi riguardo l’origine profonda delle eruzioni laterali.

Proprio per non correre il rischio di “tradire” il pensiero del professore Jean-Claude Tanguy riporto il testo originale francese dell’articolo in questione, affiancato da una mia traduzione (che spero abbia interpretato correttamente quanto scritto):

 

UNO di noi 1

Uno di noi (Tanguy, tesi di dottorato 1980; Tanguy et al., J. Volcanol. and Geotherm. Res., 1997, p. 244-247 [n.d.r.]) ha formulato l’ipotesi che il rigonfiamento progressivo di una riserva [di magma, n.d.t.] situata al limite tra mantello e crosta, intorno ai 30 chilometri di profondità, causi la messa in tensione dell’edificio sovrastante e alla fine causi la fessurazione della sua parte più superficiale, fredda e fragile. Questo punto di vista è confermato dal verificarsi, vari mesi prima del 24 dicembre, innanzitutto di sismi profondi (30-15 chilometri) localizzati nel versante occidentale e occasionalmente su tutta la periferia del massiccio, poi di scosse superficiali sempre più numerose nel corso delle settimane precedenti l’eruzione.

Dobbiamo quindi aspettarci delle grandi eruzioni laterali? Staremo a vedere. Ma si sa, l’Etna non finisce di sorprenderci…

Nella fotogallery si possono visionare le pagine della rivista Revue de L’Association Volcanologique Européenne n. 193.

 

 

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