di Santo Scalia
Quando sparì dissero che erano stati i fascisti! Dissero che avessero utilizzato della dinamite per abbattere quel simbolo del proletariato che la natura, non l’uomo, aveva generato. Si trovava nel mare, poco a nord del paesino di Santa Maria la Scala, proprio là dove un tempo c’era la Grotta delle Palombe.
Ma le idee politiche in questo caso non c’entravano, né la dinamite. In una notte di tempesta del 1972 fu semplicemente la forza spaventosa del mare ad abbattere il Pugno, così tutti chiamavano quell’enorme masso basaltico che dal mare emergeva e che sembrava dovesse restare lì in eterno.
Il Pugno non era altro che una parte della cosiddetta Grotta delle Palombe (o Grotta delle Colombe, come a volte viene indicata), sopravvissuta ad altri crolli che nel tempo avevano cambiato l’aspetto del sito; della grotta, così come si presentava al suo tempo, il barone tedesco Sartorius Von Waltershausen fece un disegno – poi ripreso da altri disegnatori –nel quale si vede un arco completo, costituito da splendide formazioni di basalti colonnari, o canne d’organo.
La Grotta delle Palombe si trovava, come già detto, nella località rivierasca di Santa Maria la Scala, nel comune di Acireale. Anche se ormai non più esistente, è stata inserita nell’elenco catastale delle grotte di Sicilia con la sigla SI CT 133. Per l’esattezza la cavità si trovava a 37° 37′ 09″ di latitudine nord e 15° 10′ 29″ di longitudine est ed oggi viene indicata con il simbolo †Grotta delle Palombe per ricordare che la stessa, come cavità, non è più esistente.
Secondo quanto riportato nella mitologia greca, la Grotta fu la scena dell’idillio amoroso tra il pastore Aci e la ninfa marina Galatea: costei, una delle figlie di Nereo (divinità del mare calmo) e della Oceanina Doride (figlia del titano Oceano e di Teti), corrispondeva l’amore del pastore, cosa non gradita al ciclope Polifemo, a sua volta di lei innamorato.
Il ciclope pensò allora di liberarsi del suo concorrente e, grazie alla sua immensa forza, lo uccise lanciandogli un grosso masso (cosa che gli risultava facile, Ulisse ne seppe qualcosa). Morto Aci, Galatea, affranta dal dolore, implorò gli dei affinché facessero sì che le fosse possibile rimanere vicino all’amato: Aci fu allora trasformato in fiume, in modo che, riversandosi nel mare, potesse per sempre raggiungerla.
E poco lontano, dalla base della Timpa, sgorgano vari rivoli di acqua dolce che si riversano nel mare: è il fiume Aci, che va a ricongiungersi con Galatea nel mare.
La storia di questo tragico amore ci viene narrata da Ovidio nel XIII libro delle Metamorfosi. Come già detto, oggi la grotta non esiste più; già nel 1881 Federico De Roberto, in un articolo per il settimanale politico e letterario romano Il Fanfulla della Domenica, scrisse di come ormai fosse ridotta.
Oggi rimane ancora una splendida parete di colonne basaltiche prismatiche, modellate dalla natura nella fase di raffreddamento di una colata lavica preistorica.
Una collezione di immagini del Pugno e dello stato attuale della grotta è riportata nella Fotogallery.
Con il titolo: il Pugno di Santa Maria La Scala in una cartolina postale (collezione S.Scalia)
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