ADOLFO TISTUZZA DI MINCHIA

di Adolfo Fantaccini

La fiaccolata che precede la grande festa del Patrono del paese si è appena conclusa, sul basolato del corso principale ci sono tracce di cera ancora tiepida, molle e appiccicaticcia, il cui odore si confonde con quello della polvere da sparo dei fuochi d’artificio. La statua in miniatura del Santo Patrono è appena rientrata in chiesa, i fedeli si disperdono e rientrano a casa con aria mistica, ma soprattutto con il cuore gonfio di speranza.

L’attesa sta per finire e, fra poco più di un’ora, la magica sfera di cuoio diventerà protagonista di una delle notti più calde, entusiasmanti, epiche, intense, grottesche, avvincenti e leggendarie della storia italiana. Chi c’era, quella notte fra il 17 e il 18 giugno 1970, non dimenticherà mai; non dimenticherà più quelle due ore e passa che, dalla mezzanotte a seguire, regaleranno emozioni, momenti di esaltazione e sconforto, polemiche e gioia, esultanza come solo il calcio riesce a dare.

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Il grande Nando Martellini, scomparso nel 2004

E’ cominciata la semifinale fra Italia e Germania“: la voce calda e ovattata di Nando Martellini, che giunge da oltreoceano via satellite, fa presagire a una serata storica, vada come vada. La luce dello stadio Azteca di Città del Messico, dove sono le 16, è ingannevole: ma sta piovendo? Il cielo è coperto? Perché il pallone schizza via sull’erba? “L’aria era irrespirabile“, confesserà poi chi era sugli altipiani di Montezuma. In Italia la situazione non è diversa: la serata è afosa, umida, l’aria si taglia a fette; la Germania Ovest di Beckenbauer, Gerd, Mueller, Maier, Overath, Seeler, Schnellinger, fa paura.

I minuti passano e gli azzurri vanno avanti, nelle gambe dei tedeschi pesano i supplementari dei quarti contro l’Inghilterra, raggiunta e superata da 0-2 a 3-2. I ‘Panzer’ sono imballati e all’8′ Boninsegna li punisce con un bolide da 22 metri. E’ l’inizio di una sfida senza esclusione di colpi, nel corso della quale accade di tutto: si buca un pallone, quello bianco, che viene sostituito con quello a scacchi bianco e neri, attorno al terreno di gioco ci sono dei fiori – per tutto il perimetro – Albertosi si fa ammonire (è la prima volta nella storia, e sarà anche l’ultima); a De Sisti, con il passare dei minuti, vanno giù i calzettoni; Riva si butta a terra e non può più respirare agli oltre 2 mila di Città del Messico.

Gli italiani incollati davanti alle tv in bianco e nero, con la voce di Martellini che assume toni sempre più drammatici, sudano e bevono. Bevono e sudano. Nessuno parla, forse per timore che i tedeschi dall’altra parte del mondo sentano e scatenino una guerra sportiva a oltranza. I ‘Panzer’ smaltiscono l’acido lattico e, con il passare dei minuti, avanzano a ranghi compatti, l’Italia arretra e si difende stoicamente. Se l’assalto è all’arma bianca, il catenaccio è con il coltello fra i denti. “Stringiamoci a coorte, sia pronti alla morte“, sembrano blaterare i ragazzi del buon ‘Uccio’ Valcareggi. I bianchi portano avanti il pallone prepotentemente, gli azzurri fanno muro davanti ad Albertosi, che vola da un palo all’alto e anche a lui – a lungo andare – si afflosciano i calzettoni. Anche per lui sarà la prima e ultima volta, quasi a voler simboleggiare l’unicità di quella partita assurda e folle, che deve tuttavia ancora regalare le emozioni più forti.

Ecco la fine. No, non ancora. Il 90′ è superato, l’arbitro messicano Yamasaki, buffo e confuso con quel suo foglio dove appunta ammonizioni e sostituzioni, fa proseguire. L’Italia butta il pallone nella metà campo dei tedeschi, il ‘mastino’ Schulz dà il pallone indietro al proprio portiere Maier, che rilancia. 90’43″…, 90’44″…, 90’45’… Ma quando finisce questo tormento? Gli azzurri soffrono e sbuffano, l’Italia pure. In milioni davanti alla tv, con frenetica impazienza, aspettano il fischio finale. I bambini litigano coi padri, perché sono quasi le 2 e, anche se domani (cioè, oggi) è San Calogero, bisogna comunque andare a dormire.

Il gol di Schnellinger
Il gol di Schnellinger

L’orologio dell’Azteca è sistemato sotto il cielo pumbleo, altissimo: scandisce i secondi e poi i minuti: 91’40″…, 91’41… 91’42″… Parte un cross dalla sinistra verso il centro dell’area azzurra, gli italiani trattengono il respiro, man mano che il pallone si avvicina al terreno, nelle tv spunta la sagoma irregolare di Karl-Heinz Schnellinger, libero del Milan, detto ‘Volkswagen’, che è lì perché vuole raggiungere subito gli spogliatoi (il sottopassaggio è dietro la porta di Albertosi), senza salutare i compagni di club. ‘Volkswagen’ si trova il pallone sul piede e lo indirizza, con un movimento goffo, a scivolare, verso Albertosi, che resta impietrito e non vede più il pallone. Lo vedono però gli italiani ed è in fondo alla rete.

Il sangue si gela e ai padri, se i figli vanno a letto, non importa più nulla. “Che assurda partita“, dice Martellini, che sembra il più rammaricato di tutti. Gli azzurri nemmeno di rendono conto di essere passati, in pochi minuti, dalla finale di domenica 21 giugno ai supplementari. Lo choc prosegue: nei successivi 2′, quando Poletti anticipa Cera e Albertosi, depositando in porta il pallone del 2-1 a favore della Germania Ovest, con la complicità di Mueller, diventa dramma sportivo.

GOL DI RIVA
Il gol di Gigi Riva

L’Italia è a pezzi, ma il destino è dalla sua parte. All’8′ c’è una punizione guadagnata dagli azzurri che, persi per persi, senza nemmeno tanta convinzione, si tuffano in avanti: Rivera batte per sorprendere i tedeschi, ma Yamasaki fa ripetere; il Pallone d’Oro ribatte e questa volta, incredibilmente, la difesa teutonica è davvero sorpresa, perché respinge corto sui piedi di Burgnich, detto la ‘Roccia’, il terzino che gioca ruvido e non viene mai espulso. Tarcisio, così si chiama, raccoglie di sinistro e ciabatta verso Maier, poi ammetterà: “Se l’avessi colpito pulito, quel pallone non sarebbe mai entrato”. E’ 2-2. L’Italia si rianima, la birra nelle case riprende a scorrere a fiumi, la fiaccolata è un ricordo lontanissimo: ne sono successe di cose dalla processione. Rivera lancia Domenghini, che fugge via con una corsa senza mèta, selvaggia, vede Riva al centro e lo serve: ‘Rombo di tuono’ controlla, inganna l’implacabile Vogts e infila Maier. Poi corre con le ultime energie senza sapere dove e finisce fra le braccia di Rivera, che lo trascina a terra in un balletto quasi farsesco.

L’Italia è avanti. Minchia, ma che partita è? Mai vista in tv una cosa simile. Il secondo supplementare si apre con un colpo di reni di Albertosi, l’ennesimo, che alza in angolo in colpo di testa di Uwe Seeeler: questi tedeschi non muoiono mai, mannaggia. Angolo dalla destra, ancora testa Seeler, deviazione di Mueller verso il palo alla sinistra di Albertosi, dove è appostato Rivera. E qua comincia un altro episodio di una storia interminabile. Il ‘Golden boy’, con una torsione del busto, accompagna il pallone verso fuori. No, il pallone è dentro. E Albertosi si scatena, imprecando contro quello che, quattro anni dopo, sarebbe diventato suo compagno nel Milan. C’è una foto che ritrae il portiere azzurro con i pugni chiusi che, forse, per un attimo ha pure pensato di uccidere Gianni. L’Italia lo avrebbe perdonato.

RIVA E RVERA
L’abbraccio di “rombo di tuono” a Gianni Rivera

Adesso mi tocca andar su e segnare“, si lascia scappare Rivera. E’ un presagio. Ma di quelli buoni, però, anche se l’Italia non può saperlo. Palla al centro, Rivera vuole saltare tutti i tedeschi, uno a uno, come birilli, ma non può; serve a sinistra per Facchetti, che dà a Boninsegna, controllo e scatto per l’ennesimo corpo a corpo con Schultz. Il pallone finisce al centro dell’area, dove c’è un buco e dove arriva Rivera che, con un piattone di destro stilisticamente inapprezzabile, spiazza Maier. Il trionfo è servito, perché la Germania questa volta non ci prenderà più.

La notte si colora di azzurro e si trasforma in delirio collettivo, da Ragusa a Torino. Non esistono pro o antidivorzisti, non esiste destra o sinistra, non esistono ceti sociali, esiste solo una nazione che, per la prima volta, appare davvero unita. E ci voleva una partita di calcio, anche se leggendaria, a sancire questa coesione. Anche alla processione di San Calogero, il pomeriggio successivo, si parlerà di Italia-Germania Ovest 4-3.

Con il titolo: il gol decisivo di Gianni Rivera (le foto dal web)

Adolfo Fantaccini

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