di Salvo Caffo

CAFFO

Esistono, all’interno del mantello terrestre elementi chimici radioattivi instabili che, spontaneamente, in un certo periodo di tempo più o meno lungo ma determinato, si trasformano in altri elementi stabili. Durante questa vera e propria metamorfosi si originano le cosiddette reazioni di fissione (scissione) nucleare con l’emissione di un’inimmaginabile quantità di energia termica attraverso particelle chiamate alfa (α), beta (β) e gamma (γ). Si verificano in tal modo enormi e lentissimi spostamenti di materiale più caldo e meno denso, che tende a risalire dalle zone profonde del Pianeta verso la superficie, mentre materiale più denso e più “freddo” ridiscende verso il basso attraverso correnti convettive e advettive a moto circolare, che danno vita ad un trasferimento di energia termica.

Il vulcanismo, fenomeno a scala planetaria, che le testimonianze geologiche ci dicono essere presente e attivo da miliardi di anni, rappresenta pertanto la risposta al lavoro compiuto nelle profondità della Terra da microscopiche particelle radioattive: dalla tranquilla effusione di lava a esplosioni gigantesche, così violente da sconvolgere enormi superfici.

All’inizio, per milioni e milioni di anni, dalle profondità del globo, attraverso l’incessante lavoro dei vulcani, molto più grandi e numerosi di oggi, si ebbe l’emissione di grandi quantità di gas, che diedero luogo a un’atmosfera primordiale, profondamente differente rispetto a quella odierna, perché molto povera in ossigeno e ricca in metano e ammoniaca. Quando la temperatura del pianeta, dopo molte centinaia di milioni di anni, raggiunse valori adeguati, ebbe inizio un processo di condensazione dell’acqua dispersa nell’atmosfera primordiale che, attraverso vere e proprie piogge bollenti, portò alla formazione dell’acqua liquida con la conseguente nascita dei primi oceani, molto più caldi e diversi rispetto a quelli di oggi.  Giganteschi e lentissimi spostamenti di masse rocciose fuse, provenienti dalle profondità della Terra, hanno consentito al magma intrappolato nelle profondità del pianeta di affacciarsi in superficie attraverso migliaia e migliaia di finestre vulcaniche, e di trasferire energia e materia dall’interno verso l’esterno, trasformando la superficie rugosa, che nel corso di centinaia di milioni di anni, ha cambiato molte volte aspetto.

Etna, la magnifica eruzione del 5 gennaio 2011. Foto archivio Parco
Etna, la spettacolare eruzione del 5 gennaio 2011. Foto archivio Parco

Queste speciali finestre astenosferiche, che sono i vulcani e che mettono in comunicazione l’interno con l’esterno del pianeta, non sono distribuite a caso, ma seguono linee ben precise, corrispondenti alle zone più instabili del pianeta, frutto di ben precise caratteristiche geologiche.

Una lunghissima cicatrice di oltre 70.000 chilometri, formata da migliaia e migliaia di vulcani attivi che formano un complesso ed articolato sistema di creste, dorsali e fratture che si snoda lungo gli abissi marini, dall’oceano Atlantico all’oceano Pacifico attraverso l’oceano Indiano, rappresenta la più imponente catena montuosa del pianeta.

Dalle isole del Giappone, all’Indonesia, alla Nuova Guinea, alle Filippine, alle Antille, dall’oceano Atlantico all’oceano Pacifico, e all’oceano Indiano, ci sono migliaia di vulcani che trasferiscono enormi quantità di energia e materia, dall’interno del pianeta verso l’esterno.

Noi uomini siamo soliti vedere soltanto gli aspetti negativi dei Vulcani, allorquando patiamo le conseguenze della loro attività. Eppure, grazie alla vulcanologia moderna, oggi, siamo in grado di osservarli con ammirazione e maggiore consapevolezza sul loro ruolo di grandi costruttori ed equilibratori del pianeta. Queste speciali macchine termodinamiche ci hanno consentito di studiare il “fuoco” primitivo, altrimenti inaccessibile, intrappolato nelle profondità della Terra, che durante le eruzioni si affaccia alla superficie del globo portando all’accrescimento della crosta solida e alla successiva e conseguente costituzione del globo.

Recentemente, sulla rivista Geophysical Research Letters è stata pubblicata una ricerca condotta da studiosi dell’Università di Barcellona e del Centro ellenico per la ricerca marina (Hcmr) ha dimostrato come l’attività vulcanica dell’Etna abbia contribuito al mantenimento dell’equilibrio tra l’aria e l’acqua dei mari.

L’analisi di campioni di acqua raccolti a diverse profondità al largo della Sicilia, nei quali sono stati misurati temperatura e quantità di nutrienti, ha dimostrato che le ceneri dell’Etna liberate dall’eruzione del marzo 2012 e l’inverno molto freddo di quell’anno sono state una manna per la vita nel Mediterraneo, permettendo di “fertilizzare'” anche aree generalmente povere di vita.

Dalle analisi è emerso che l’inverno rigido del 2012 e le eruzioni dell’Etna avvenute in marzo hanno fatto aumentare improvvisamente e in modo massiccio la quantità dei microrganismi alla base della catena alimentare marina (fitoplancton). Secondo uno degli autori della ricerca, Antoni Calafat, questa esplosione di vita è stata causata da un sensibile aumento di sostanze nutrienti nel Mediterraneo che ha permesso di ripopolare anche le aree più profonde, come un abisso di oltre 4.400 metri a Sud-Est dell’isola di Creta.

In pratica, secondo la ricerca, l’inverno rigido del 2011-2012 ha fatto abbassare le temperature della superficie delle acque del Mediterraneo, che sono così ”sprofondate” portando con sé le ceneri vulcaniche ricche di sostanze nutritive. Queste si sono legate alla materia organica presente sulla superficie del mare, trasportandola in profondità. ”Questo fenomeno ha creato flussi di materia organica superiore a 12 milligrammi per metro quadrato al giorno. Cioè, una ‘manna’ due volte superiore al flusso normale in questo ambiente marino estremamente povero”, come ha spiegato Rut Pedrosa, dell’università di Barcellona.

Il fenomeno dell’inabissamento delle acque più fredde è stato particolarmente evidente nel Golfo del Leone, tra Francia e Spagna, nel Mar Adriatico e nella zona della corrente di Rodi. Oltre ai nutrienti, le acque fredde hanno trasportato in profondità anche l’anidride carbonica catturata dall’atmosfera, intrappolandola negli abissi.

NOTA: lo splendido disegno in homepage è di Riccardo la Spina ed è tratto dal volume “Etna Patrimonio dell’Umanità. Manuale raccontato di vulcanologia e itinerari” (di Salvo Caffo e Sergio Mangiameli, Giuseppe Maimone Editore, 2016)

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