(Gaetano Perricone) Poche righe prima del bellissimo articolo, che leggerete di seguito, di Mario Mattia, dell’Ingv Osservatorio Etneo di Catania, che tratteggia in modo affascinante la importante figura di Francois “Fanfan” Leguern, leggendario studioso francese di vulcani del mondo, profondo conoscitore anche dell’Etna insieme al connazionale Haroun Tazieff.  Poche righe per ringraziare Mario, davvero di cuore, sia per le cose quanto mai interessanti che ha scritto, sia – anzi soprattutto – per avere  dato, con grande disponibilità e soprattutto spontaneità, a questo blog la grande opportunità di rendere pubbliche le straordinarie immagini che vedrete qui (ed altre, ugualmente fantastiche e inedite, in successivi articoli …), da lui ricevute nel 2009 proprio da Leguern, in occasione della sua ultima conferenza sull’Etna prima di morire due anni dopo.

I tre minuti del video che il Vulcanico vi propone sono più che mai emozionanti: raccontano la discesa del mitico Fan Fan dentro il cratere della Bocca Nuova dell’Etna. Era il maggio del 1993 e Le Guern effettuò, con grande professionalità e disinvoltura  come vedrete, la discesa nell’ambito della missione “Antartica”, organizzata per preparare sul Vulcano siciliano, in ambiente e condizioni simili, una successiva missione in Antartide sul vulcano Erebus, alto circa 3800 metri.  L’uomo dentro il vulcano, la discesa … agli inferi: riprese mozzafiato, che colpiscono profondamente l’immaginario collettivo e che danno spazio alla fantasia e a riflessioni di ogni genere. Ed ecco l’articolo di Mattia e poi il video (per la preziosa e appassionata collaborazione tecnica, ringrazio i miei due giovani amici Antonio De Luca e Klaus Dorschfeldt).

di Mario Mattia *

MARIO MATTIA

Scrivere un breve ricordo della vita e della carriera scientifica di Francois “Fanfan” Le Guern per chi, come me, lo ha in fondo conosciuto solo nell’ultima parte della sua attività è un compito complicato. Ed è complicato perché, fondamentalmente, Fanfan era un uomo di montagna. E come tutti gli uomini di montagna non parlava molto di sé. E nemmeno scriveva molto di sé.

Trovare spunti biografici su questo scienziato che ha lavorato praticamente in tutto il mondo e ha contribuito all’affermazione e allo sviluppo dello studio della geochimica dei gas come fondamentale strumento per la conoscenza delle dinamiche del magma all’interno dei vulcani, è veramente difficile. Eppure, se si parla con le guide, con i colleghi e con i tanti amici che lo hanno conosciuto e incontrato durante tutte le eruzioni dell’Etna dagli anni ’70 dello scorso secolo, fino alla sua morte, avvenuta il 12 Maggio del 2011, l’immagine che se ne trae è quella di un uomo umile, gentile, dotato di una grande carica umana e di una innata simpatia.

Anche per questo motivo, anziché utilizzare una delle mille fotografie che lo ritraggono bardato con tute fantascientifiche mentre campiona gas a temperatura impossibili o strappa pezzi di lava ancora incandescente, ho preferito questa immagine che lo ritrae mentre suona la sua amatissima fisarmonica. Chiunque ha affrontato con lui una escursione all’Etna lo ricorda benissimo accompagnare le serate successive a dure e lunghe scarpinate sui fianchi e, qualche volta, anche dentro i crateri, con le sue musiche e le sue canzoni.

Ma Fanfan, come già, detto, era soprattutto un uomo di montagna che ha trovato nei vulcani la sua ragione stessa di vita e che alla ricerca sui metodi per capire come e perché il magma risale dal profondo per dare origine al fenomeno naturale che più ha affascinato e affascina tuttora l’umanità, ha dedicato tutta la sua vita.

Laureato in Geologia, dopo il conseguimento del Dottorato in Chimica, diventa ingegnere di ricerca presso il Laboratorio di Scienze del Clima e dell’Ambiente del CNRS a Gif sur Yvette. Da subito orienta la sua carriera sulla progettazione e sulla sperimentazione di metodi innovativi per il campionamento “a caldo” dei gas vulcanici. Ha accompagnato il celebre vulcanologo Haroun Tazieff in praticamente tutte le sue spedizioni di ricerca vulcanologica dagli anni 80 in poi. Moltissimi dei film prodotti da Tazieff sui vulcani di tutto il mondo hanno Fanfan come protagonista durante pericolose attività di campionamento dei gas. Dal 1983 al 1988 è stato presidente del gruppo di lavoro internazionale sui gas vulcanici.

Francois Fan Fan Le Guern

Durante questo periodo dedicò molto tempo della sua attività di ricerca al catastrofico evento accaduto sul lago Nyos, in Cameroun, dove, il 21 agosto del 1986 si verificò una cosiddetta “eruzione limnica”. Con questo termine si indica un fenomeno legato all’improvviso rilascio in atmosfera di grandi quantità di anidride carbonica accumulata su fondi laghi molto profondi e di origine vulcanica. Quel giorno morirono 1700 persone in poche ore e molte migliaia di capi di bestiame e fauna selvatica. In quella occasione, Fanfan fece parte della commissione chiamata ad investigare sui meccanismi e sulle cause dell’episodio.

Alla attività di ricerca ed esplorazione dei vulcani attivi di tutto il mondo, va aggiunta anche la sua costante collaborazione con industrie europee in molti settori dove lo studio dei gas prodotti dalla produzione industriale (ad esempio, il vetro) è fondamentale per migliorare le caratteristiche del prodotto finale. Autore di molte pubblicazioni internazionali sulla geochimica dei vulcani attivi, ha fatto parte dell’Editorial Board di una delle più importanti riviste scientifiche vulcanologiche, il Journal of Volcanology and Geothermal Research.

Citare tutti i vulcani su cui ha lavorato allungherebbe questo ricordo in modo intollerabile. Basti sapere che dal Giappone all’Antartide, attraverso i vulcani africani, quelli del Sud e Nordamerica, ha praticamente girato l’intero mondo per studiare, capire e, cosa molto importante, mostrare cosa vuol dire studiare i vulcani.

Io lo conobbi la prima volta ad una presentazione pubblica che fece negli anni ’80 a Nicolosi. Allora ero ancora uno studente del primo anno di geologia che guardava all’Etna come un oggetto tanto affascinante quanto misterioso. Ci mostrò come trascorreva settimane intere durante l’inverno nell’area sommitale dell’Etna costruendosi degli igloo non lontano dai crateri. E restava lì da solo per molti lunghi giorni. Restai impressionato. Al termine della presentazione mi avvicinai per chiedergli perché facesse queste cose così estreme. Si mise a ridere. “Perché amo questo vulcano”, mi disse col suo delizioso accento francese.

Tanti anni dopo, nel 2009, lo invitai, tramite il collega ed amico Orazio Consoli, a venire a Catania a parlarci del suo lavoro sull’Etna. Lui accettò con lo stesso entusiasmo che mostrò quella sera a Nicolosi, tanti anni prima. Non posso negare che tra i colleghi alcuni mostrarono perplessità. “E’ roba vecchia” disse qualcuno.

Fece la sua presentazione all’Università, nell’Aula Magna del Corso di Laurea in Geologia, ospite del Prof. Carmelo Monaco, che accettò con entusiasmo l’idea di rivedere e ripercorrere fatti, episodi e dati su vecchie eruzioni dell’Etna. L’esplorazione della Bocca Nuova, la deviazione del 1983 e quella del 1992, l’eruzione del 1971 e la distruzione del vecchio Osservatorio. Questi alcuni degli argomenti trattati, insieme a molti altri. L’aula era piena di studenti, amici, guide, docenti. Alla fine fu abbracciato e salutato da tutti. Quando l’accompagnai all’aeroporto mi salutò con un abbraccio ed un ringraziamento che veniva dal profondo del cuore. L’aver passato qualche giorno coi suoi amici dell’Etna e l’immancabile passeggiata ai crateri lo avevano risollevato dai pensieri per i primi problemi fisici che, poco tempo dopo, lo avrebbero portato alla fine dei suoi giorni.

Mi lasciò alcuni CD con le immagini che troverete pubblicate su questo blog. Le condivido oggi non solo per far sì che il ricordo di un uomo che ha amato così tanto l’Etna e i vulcani in generale venga, in qualche modo, celebrato, ma per mostrare, magari agli studenti e ai giovani che vorrebbero accostarsi alla vulcanologia, cosa vuol dire davvero avere “empatia” con l’oggetto dei propri studi. Perché solo avendo questa “empatia” si può produrre un serio avanzamento delle conoscenze su qualunque argomento, scientifico e non.

Tonnellate di carta e migliaia di articoli scientifici vengono prodotti grazie ai più sofisticati strumenti ed alle più moderne tecniche di telerilevamento dei vulcani. Non so quanti di questi producano un reale avanzamento dello stato delle conoscenze. Di certo so che quello che ho imparato da uomini come Fanfan e da altri (pochi) come lui è che nulla potrà sostituire ed essere più potente di due vecchissimi strumenti del vulcanologo: gli scarponi e il cuore.

*Primo Tecnologo INGV Osservatorio Etneo (Catania)

 

 

 

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