di Giuseppe Riggio
Il sole d’oriente come segno del nuovo giorno, come annuncio di cambiamento, ma anche dimostrazione evidente dello scandire implacabile del tempo. A Ferragosto con Etnaviva abbiamo celebrato il sole nascente. Seduti sulle pendici di Monte Ilice abbiamo osservato i colori del cielo, l’astro che si levava sul mare e creava striature affascinanti. Nel frattempo Maria Rita Sgarlato e Francesco Vaccaro ci regalavano parole e musica, le modulazioni della voce umana e le vibrazioni intense prodotte da un sax soprano. L’attrice ha recitato anche un mio testo, nel quale ho cercato di sintetizzare le caratteristiche dell‘alba vulcanica, che è uguale, ma allo stesso tempo diversa da tutte le altre. L’unica che illumina territori sempre diversi, modellati dalle continue attività etnee.
In fondo l’alba ci continua ad affascinare soprattutto perché cerchiamo di leggerci l’annuncio di un tempo nuovo, sperabilmente diverso da quello di 24 ore prima.
Proprio negli stessi giorni, l’Italia è ripiombata in un nuovo incubo collettivo: l’autostrada che crolla, la rabbia, il futuro che si riempie di paure, di ponti da interdire, di cemento e tiranti da sottoporre a verifiche severe. Il nostro canto all’alba è stato in effetti macchiato da quanto successo solo poche ore prima.
Un sipario luttuoso ha parzialmente oscurato la scena. Ma per quanto ingenua possa risultare l’affermazione agli occhi di qualcuno, debbo ribadire che la luce dell’alba che attraversa comunque le nuvole, che magari si fa attendere ed alla fine splende nel cielo aiuta a conservare la speranza. Mi viene spontaneo pensare alle distruzioni che nei secoli ha arrecato il vulcano, di fronte alle quali l’uomo etneo ha saputo sempre reagire.
Del resto il problema delle costruzioni a rischio non è limitato a pochi casi isolati. Penso ai tanti siciliani di provincia che negli anni Sessanta dello scorso secolo raggiungevano Catania per improvvisarsi imprenditori del mattone. A modo loro costruivano un palazzo dopo l’altro per rispondere intanto ad un bisogno diffuso di nuove abitazioni. Era un tempo in cui non si andava troppo per il sottile in fatto di sicurezza e qualità. Quelle costruzioni sono ancora la, ma non sappiamo veramente che capacità avranno di resistere nel tempo. Bisognerà affrontare anche questo problema, nel frattempo è inutile fare un processo ai nostri antenati. Dovremo probabilmente ricostruire non solo i ponti delle autostrade, ma anche le nostre normalissime abitazioni.
L’alba di Monte Ilice ci ha raccontato di un sole che si leva per tutti, per chi è in guerra e chi è in pace, per chi è felice e per chi ha appena subito un lutto.
Dal lutto bisogna ancora una volta ripartire, senza isteria e senza abbandonarsi alla rassegnazione. Non abbiamo scelta.
Con il titolo: i partecipanti alla bellissima iniziativa dell’associazione Etnaviva sul Monte Ilice, all’alba di Ferragosto
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