di Santo Scalia
«In corrispondenza dell’abitato di Motta S. Anastasia esiste un affioramento basaltico, già descritto da Sartorius Von Waltershausen (1880) e riesaminato brevemente da un punto di vista petrochimico da Tanguy (1967), che appare come una massa magmatica iniettata nelle circostanti argille marnose siciliane e nella sovrastante copertura conglomeratica, di cui l’erosione ha messo a nudo la parte sommitale, per un’altezza di una trentina di metri.»
Così, con linguaggio e terminologia propria degli studiosi delle scienze della terra, Renato Cristofolini e Diego Puglisi hanno descritto, con poche – ma chiare – righe, la caratteristica altura sulla quale sorge la parte più antica del paese di Motta Sant’Anastasia.
La motta, per l’appunto. Abbiamo di recente fatto cenno su questo blog (vedi www.ilVulcanico.it del 3 marzo scorso) a questa caratteristica formazione geologica e ai suoi bellissimi basalti colonnari, ricordando anche il significato di questo termine: mòtta, ovvero «rialzo di terreno, poggetto, è voce viva nella toponomastica ..», come spiega Treccani). Nell’Italia continentale almeno una dozzina di località portano il nome di Motta, alcune delle quali per la presenza di castelli realizzati su alture, naturali o artificiali, o per essersi effettivamente sviluppate su luoghi rialzati; ad esempio: Motta Baluffi (Cremona), Motta de’ Conti (Vercelli), Motta di Castigliole (Asti), Motta di Livenza (Treviso), Motta Filocastro (Catanzaro), Motta Montecorvino (Foggia), Motta San Damiano (Pavia), Motta San Giovanni (Reggio Calabria), Motta Santa Maria (Vercelli), Motta Santo Lucia (Catanzaro), Motta sulla Secchia (Modena), Motta Visconti (Milano). In Sicilia, oltre alla notissima Motta Sant’Anastasia, almeno altri due toponimi hanno ‘motta’ nel loro nome: Motta d’Affermo e Motta Camastra, entrambi in provincia di Messina. Anche queste due località si sono sviluppate su notevoli rilievi.
Il neck
A differenza delle altre motte, la nostra motta ha una caratteristica unica, almeno per quanto concerne l’Italia: il paese che vi si è sviluppato sopra, oltre ad essere cresciuto su una motta, è cresciuto su un neck vulcanico!
Circa mezzo milione di anni fa, infatti, nell’area precedentemente ricoperta dalle acque marine, in seguito ad una risalita di magma avvenne una eruzione principalmente esplosiva che creò un cono eruttivo; alla fine dell’attività la colonna di magma, solidificatasi all’interno del condotto craterico, divenne quella che oggi è detta la rocca, come un unico cilindro solido di materiali vulcanici alto una sessantina di metri. La susseguente azione erosiva ha nel tempo smantellato i terreni che costituivano il cono, lasciando esposto il condotto riempito dal magma ormai solidificato e ricco di quelle particolari forme basaltiche dette canne d’organo o basalti colonnari.
Giuseppe Di Lorenzo, socio Corrispondente della Reale Accademia dei Lincei di Roma, in una nota nei Rendiconti del 1907 dal titolo Il Neck subetneo di Motta S. Anastasia , ci ha lasciato una sua interpretazione sulla formazione del neck, corredata da un esplicativo schema.
L’eruzione che diede vita al neck di Motta, così come illustrato da Giuseppe Mercalli (in Vulcani e fenomeni vulcanici in Italia – 1883), è, così come il cono vulcanico che forma la collina di Paternò ed il Monte Mojo, a nord dell’Etna, «formata da lave basaltiche venute alla luce da veri crateri subaerei indipendenti dalla gola dell’Etna, dei quali restano tracce più evidenti alla Motta, meno a Paternò.»
Foto recenti dei basalti della rupe sono state pubblicate nel già citato articolo del blog ilVulcanico.it. Voglio aggiungerne qui altre due del passato, opera di due insigni vulcanologi che hanno operato a Catania e sull’Etna: Gaetano Ponte e Alfred Rittmann. La prima è tratta da un negativo 13×18 realizzato nella prima metà del ‘900; la foto di Rittmann è tratta dal suo volume I vulcani e la loro attività, edizione del 1967.
Il nucleo abitato costituente il Borgo medievale è caratterizzato dal Dongione o Mastio Normanno, comunemente indicato come Castello Normanno, che è stato edificato da Ruggero I d’Altavilla, intorno al 1074, sulla parte più alta del neck. Vi si trovano anche la Chiesa Madre (Parrocchia S. Maria del Rosario), la chiesa dell’Immacolata e la chiesa di S. Maria delle Grazie.
Per il suo grande valore scientifico il neck di Motta Sant’Anastasia è stato inserito nel DataBase dei geositi della provincia di Catania (scheda n. 119) realizzato dall’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
Anche se nel paese non c’è una chiesa dedicata a Sant’Anastasia, ella è la patrona del paese, e i suoi festeggiamenti cadono il 25 di agosto.
Con il titolo: Motta Sant’Anastasia e l’Etna (Foto S. Scalia)
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