di Francesco Palazzo
Dopo avere ricostruito i passaggi fondamentali della sua vita avventurosa, faccio alcune considerazioni di critica storica sulla figura del presidente Fidel Castro.
Questo per cercare di rispondere alla domanda sostanziale che un grande presidente come Obama si è posto: lo giudicherà la storia. Che è poi la stessa frase pronunciata da Castro in occasione della lettura della sentenza di condanna con cui un illiberale tribunale cubano lo condannava a quindici anni di reclusione.
Perché si arriva a tirare in ballo perfino la Storia. Perché evidentemente viene universalmente riconosciuta a Castro la sua grande statura storica. Cosa che invece non viene riconosciuta, per esempio, a Fulgencio Batista, suo primo oppositore. E senza dubbio, Castro appare come un gigante anche a paragone di altri uomini che hanno attraversato la storia, cominciando dai vari presidenti americani con cui è venuto in contatto per un motivo o per l’altro.
La sua storia internazionale comincia veramente con la vittoria del suo movimento rivoluzionario, con la presa del potere a Cuba nella notte di capodanno del 1959. Già questa appare come una data fatidica: perché Batista non si arrende e scappa, che so, il 26 dicembre 1958, ed invece scappa proprio il 31 dicembre?
Una volta divenuto il riconosciuto lider maximo, Castro va negli Usa a far visita al presidente Eisenhower, dato che gli Stati Uniti sono i primi che avevano riconosciuto il nuovo governo cubano. Ike però non riceve Castro perché deve giocare a golf e lo fa incontrare dal vice presidente Nixon, che evidentemente è incaricato di sondare il terreno sul quantum necessario per acquisire anche Castro alla causa americana, ritenendolo uno dei tanti dittatorelli che erano soliti prendere il potere – militarmente – in quei tempi nell’America Latina. Nixon giudica Castro un po’“naif” anche se non lo ritiene filocomunista. Castro invece si rende subito conto che con gli Stati Uniti non potrà “fare pane”. Nel frattempo porta avanti la politica di espropriazione di tutte le aziende private ed in particolare, nazionalizza la United Fruit, dando un colpo grosso alle politiche commerciali degli Usa.
Per evitare di dipendere dagli Stati Uniti, stipula un accordo con l’Unione Sovietica, che allora era guidata da Nikita Krusciov, l’uomo che era stato capace di fare una profonda autocritica sull’era Stalin e che quindi aveva le carte in regola per apparire un tendenziale democratico. Gli accordi con l’URSS prevedevano innanzi tutto la fornitura di petrolio, che quindi Cuba non compra più dalle “Sette Sorelle”, dando così un altro colpo sostanzioso agli interessi economici americani. L’episodio della Baia dei Porci poi, rafforza Castro sul piano politico interno ed internazionale e lo spinge ancora di più a tenersi buoni i sovietici. La guerra commerciale dichiarata dagli Usa contro Cuba porta un solo inevitabile risultato: butta Castro nelle braccia di Krusciov. Da questa miopia americana nasce la faccenda dei missili con testate atomiche dislocati dai russi nell’isola di Cuba e puntati contro le coste americane. È quindi questa miopia americana che rende Castro sempre più forte anche sul piano internazionale. Perché Fidel a questo punto può ben fregiarsi del titolo di lider maximo in patria e di leader dei paesi non allineati nel mondo. A lui guardano gli oppositori all’imperialismo americano sparsi per il mondo. Con lui si rapportano i Nasser, gli Arafat, Indira Gandhi, Ho Chi Minh, lo stesso Tito. Non certo Mao, visto il carattere filosovietico mai nascosto da Castro. E più stringente è diventato nel tempo il blocco Usa sempre più crescenti sono state le difficoltà per il popolo cubano. Il programma castrista però andava avanti, alfabetizzazione generalizzata e servizio sanitario nazionale.
Istruzione e sanità vennero rese accessibili a tutti, anche alle persone che vivevano nelle zone più remote dell’isola. Le statistiche dell’UNESCO hanno confermato negli anni che il tasso di istruzione di base a Cuba è tra i più alti dell’America Latina. Il governo inoltre porta avanti un programma che consente a studenti stranieri di trasferirsi sull’isola e seguire corsi di studio universitari gratuiti. Contrariamente alla situazione riscontrabile in molte altre nazioni latino-americane e caraibiche, nessun bambino cubano vive per la strada. I tassi di mortalità infantile sono i più bassi della regione (perfino più bassi di nazioni come gli Stati Uniti), il livello della sanità è elevato e tutti i cubani ricevono latte quasi gratis fino all’età di sette anni. Le aspettative di vita a Cuba, nel 2002, erano solo leggermente inferiori a quelle degli Stati Uniti. Il tasso di mortalità infantile cubano è il secondo più basso delle Americhe (dopo il Canada, dati OMS, 2000). Viene generalmente riconosciuto che Cuba ha fatto sostanziali progressi nello sviluppo farmaceutico. Cuba ha un suo portafoglio di brevetti e cerca di commercializzare le sue medicine in tutto il mondo. I media cubani, controllati dal governo, spesso evidenziano il contrasto tra i soddisfatti bambini cubani e le loro controparti a Bogotá, Los Angeles e Buenos Aires che in alcuni quartieri delle metropoli spacciano droga, sono trascinati nella prostituzione, o vivono in baraccopoli.
Ma come ha potuto fare Cuba a far fronte a tutto questo? Lo stato centralista si preoccupava di vendere all’URSS la canna da zucchero, il caffè e i sigari. L’URSS pagava a prezzi notevolmente superiori a quelli di mercato le merci che comprava da Cuba, aiutando sostanziosamente il popolo cubano che invece veniva affamato dagli americani. Cosa doveva pensare il mondo?
Altro aspetto della lotta condotta contro Castro è stato l’attacco sul fronte religioso, con la fantomatica scomunica da parte della chiesa cattolica, che avrebbe dovuto far disaffezionare il popolo cubano, notoriamente a stragrande maggioranza cattolico, nei confronti del Comandante Fidel. Non è vero, infatti, che Papa Giovanni XXIII abbia scomunicato Castro. A conferma basta leggere i diari del Cardinale Capovilla, che era stato segretario particolare del Papa Buono. La bufala venne messa in giro dall’arcivescovo Staffa, apposta per nuocere all’immagine di Castro, il quale non era affatto ateo (nonostante avesse studiato dai gesuiti) sulla base del presupposto che la scomunica scattava automaticamente per coloro che si dichiaravano comunisti. Per cui si assisteva all’assurdità che anche chi, all’edicola, si ritrovava a scorrere le colonne dell’Unità, ipso facto doveva sentirsi scomunicato.
La grandezza di Castro sta quindi nel fatto che pur davanti alla crisi nerissima in cui versava Cuba a seguito della guerra commerciale dichiarata dagli Usa, Castro non si è piegato ed ha saputo organizzare lo stato dando un minimo di sussistenza a tutto il popolo, senza favoritismi, e migliorandone le sue condizioni di vita. Sembrerà un po’ azzardato, però si è trattato di una cementificazione di tutto un popolo “a testuggine” per lottare contro l’imperialismo. In questo quadro, i cubani scontenti che non si adeguavano alle politiche centraliste castriste, anche quelli che manifestavano il loro scontento pubblicamente, venivano perseguiti: si trattava di dittatura? Ma come fare allora a tenere unito il popolo? È chiaro che i cubani fuoriusciti ed andati a riparare a Little Avana avranno trovato di che sfamarsi ed una vita molto più agiata di quella che erano costretti a vivere a Cuba. Soprattutto considerati gli incentivi che gli Usa erano disposti a versare loro per chi lasciava Cuba. Cosa che fece dire a Castro che “Se al resto dell’America Latina e dei Caraibi offrissero gli stessi incentivi per l’immigrazione, più della metà degli Stati Uniti sarebbe oggi occupata da immigrati provenienti da quelle zone”.
Ma i cubani fuoriusciti si sono mai chiesti perché a Cuba erano costretti in tali ristrettezze? E quale compromesso nascondeva l’agiatezza in cui negli Usa li lasciavano vivere? Purtroppo queste domande non se li è poste nessuno e nessuno si è dato una risposta. Tranne chi sapeva. Castro in testa. Ed i vari presidenti americani che in quanto espressioni di lobbies affaristiche internazionali hanno continuato ad inasprire l’embargo contro Cuba. Ciò in ossequio alle più crude leggi del capitalismo: “io sono il più forte e tu devi fare quello che ti dico io, anche se a parole ti dico che sono democratico e rispetto le tue libertà”. Questo è il capitalismo, lasciato libero di muoversi. Ecco perché c’è bisogno di un’autorità che abbia il potere di mitigare le storture e di salvaguardare – almeno minimamente – gli interessi dei più deboli. Questa autorità la chiamiamo “Stato”, secondo la concezione di Hegel poi mutuata da Kelsen. Ecco perché negli anni, essendosi Castro reso conto di non essere immortale, sono iniziate le manovre di avvicinamento, soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino, dopo, cioè, lo sfaldamento dell’Unione Sovietica e la caduta degli aiuti russi a Cuba.
Si è iniziato con Gorbaciov e con Papa Wojtyla, i grandi protagonisti della fine del muro di Berlino. Con Papa Wojtyla ci furono due incontri, prima a Roma nel 1996, in occasione di un incontro mondiale sull’alimentazione promosso dalla FAO, e poi a Cuba, dove Papa Giovanni Paolo II si recò nel 1998 in visita pastorale. Fidel Castro comincia progressivamente a lasciare le responsabilità di governo, cedendo a partire dal 1° agosto 2006 il governo al fratello Raul. Poi nel 2012 riceve a Cuba la visita di Papa Ratzinger. Nel 2015 finalmente si sono riprese le relazioni diplomatiche con gli Usa, grazie all’avvicinamento guidato dal fratello Raul e dalla grande opera diplomatica di Papa Bergoglio, il quale andrà a trovare Fidel Castro a casa sua il 20 settembre 2015. Ma in occasione della visita di Barack Obama con la moglie Michelle del marzo 2016, Castro, irriducibile, dichiara: “Non abbiamo bisogno di regali dall’impero”, tanto per chiarire che Cuba ed Usa sono sullo stesso livello di dignità, nonostante si tratti della prima visita di un presidente statunitense in 88 anni.
Non sappiamo cosa comporterà per l’isola la recente elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, anche se possiamo immaginarcelo, viste e dichiarazioni rese dal neoeletto in campagna elettorale ed in occasione della morte del lider maximo. Ma l’azione di normalizzazione è già stata avviata. Anche Cuba, la gloriosa ed indipendente Cuba, dovrà piegarsi alla legge del capitalismo e dell’imperialismo americano, perché non sembra che ci sia un altro gigante come Fidel Castro all’orizzonte a prendere la guida di questa nobile ed orgogliosa isola.
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