di Giuseppe Riggio
Vanno, vengono…a volte tornano. I progetti di sviluppo turistico che interessano i Parchi siciliani hanno un andamento carsico, sembra che scompaiano sotto terra affondati dal buonsenso e dai vincoli esistenti e poi improvvisamente riemergono. Il gruppo regionale dei Club Alpino Italiano se ne è accorto e ha deciso di redigere un documento “in difesa dei Parchi siciliani”.
La minaccia questa volta sembra strettamente collegata alla maggiore disponibilità di fondi pubblici resa possibile dai progetti di rilancio post Covid. Non appena intraviste nuove possibilità di finanziamento gli enti locali siciliani stanno insomma semplicemente riesumando vecchie idee che sembravano definitivamente archiviate, anziché immaginare nuove iniziative per lo sviluppo al passo con i tempi. Il documento del CAI (diffuso da pochi giorni) cita un esempio per ogni grande area protetta della nostra regione: per l‘Etna il cosiddetto “terzo polo sciistico” sul versante nord-occidentale, per i Nebrodi il rifacimento delle vecchie trazzere per renderne più agevole la percorrenza in automobile e per le Madonie un eliporto da realizzare a fianco di Piano Battaglia.
Di certo il progetto etneo è quello che ha una storia più antica visto che si parlava di “terzo polo” sopra Bronte già negli anni in cui nacque il Parco, quindi intorno al 1985. E poi ancora nel 2003/2004. Tutte le volte gli ambientalisti hanno issato le barricate perché si tratterebbe di cancellare la parte naturalisticamente più integra dell’intera area protetta. In estrema sintesi, l’idea dell’attuale sindaco di Bronte, Pino Firrarello, è di costruire nuovi impianti di risalita sul versante nord orientale con piste che nella proposta di 17 anni fa sembravano dover raggiungere Punta Lucìa e che nella versione attuale sembrerebbero dover traversare l’intero versante settentrionale di uno dei vulcani più attivi al mondo sino ai Fratelli Pii, intorno a 2600 metri di quota. Tutta l’area al di sopra di Monte Scavo verrebbe sbancata per realizzare non solo la seggiovia, ma anche le indispensabili opere di servizio. In più dovrebbero essere edificate anche delle strutture ricettive in quota.
Un progetto che era vecchio già 17 anni fa quando il senatore Firrarello, anche allora nella funzione di sindaco di Bronte, lo volle proporre, ma che oggi appare veramente fuori dal tempo. Basta considerare che l’industria dello sci ha seri problemi in tutta Italia. E’ considerata ormai un’attività economica matura che presto entrerà in una fase di declino, soprattutto in un contesto climatico come il nostro nel quale -per esempio- negli ultimi due anni sull‘Etna non c’è stata praticamente neve sciabile, se non a fine stagione con fenomeni meteorologici giunti ampiamente fuori tempo massimo.
La delegazione regionale del Club Alpino, presieduta da Francesco Lo Cascio, ha anche organizzato un confronto on line sul documento (che si può leggere integralmente sul sito di CAI Sicilia https://www.cai.it/gruppo_regionale/gr-sicilia/). Al dibattito è intervenuto, fra gli altri, il presidente del Parco Etna, Carlo Caputo, che ha ringraziato l’associazione ambientalista per il sostegno e ha sottolineato l’assurdità di prevedere alberghi in alta quota che distruggerebbero l’ambiente, senza peraltro assicurare una piacevole esperienza ai turisti che dovrebbero soggiornarvi. Interessante anche la valutazione sul documento CAI Sicilia che ha voluto dare Dario Teri, attuale presidente regionale di Federescursionismo, nonché maestro di sci: “Nel 2003 – ha spiegato Teri- ero un accanito fautore del cosiddetto “terzo polo”, organizzai persino una raccolta di firme. Ma oggi mi sono reso conto che il valore dell’Etna sta nell’unicità del suo patrimonio naturalistico e che la conservazione dei suoi molteplici ambienti è la nostra più grande risorsa da spendere sui mercati internazionali”. Del resto è noto che le attuali stazioni sciistiche etnee hanno già evidenti difficoltà di sopravvivenza causate dalla carenza di manto nevoso e dalle continue attività vulcaniche.
Il documento CAI sottolinea inoltre che suscita preoccupazione l’apertura di credito che il presidente della Regione Musumeci ha voluto sottoscrivere in favore del “terzo polo” nel corso di una recente visita effettuata a Bronte. Tutto questo quando le alternative esistono e sono realizzabili velocemente. Da questo punto di vista il CAI è voluto scendere nel dettaglio e ha indicato le iniziative che possono valorizzare turisticamente il versante nord occidentale etneo senza devastare l’ambiente. Invece dei mega progetti “diamo spazio all’economia verde – scrive l’associazione ambientalista- e lasciamo che la Sicilia segua gli indirizzi che arrivano dalla politica nazionale e che spingono verso una transizione ecologica”. Quindi invece di aprire strade e stendere funi di acciaio su paesaggi bellissimi, il CAI propone di sistemare e rendere gestibili i rifugi già esistenti, creando subito posti di lavoro, chiede di far istituire al Parco dei servizi navetta sino a dove consentito dalla normativa vigente in modo da agevolare l’escursionismo a piedi e in bici, invita a promuovere i trekking di lunga percorrenza – come il Sentiero Italia– che portano turismo pulito e duraturo.
Discorso simile per i Nebrodi dove il rischio è di far diventare il Parco un’area intensamente motorizzata, anziché un’oasi di natura. La cosiddetta Dorsale dei Nebrodi è già in corso di sistemazione, con il risultato che anziché appassionati di Cammini che restano sui luoghi per diversi giorni ci saranno sempre più visitatori in auto attratti dal “mordi e fuggi”, salvo che il Parco riesca ad intervenire con mano ferma nella gestione della fruizione. La stessa progettata sistemazione di vecchie trazzere (come la Maniace–Longi) indurrà anch’essa ulteriore traffico motorizzato e susciterà effetto emulazione per gli altri Comuni.
Nulla di più lontano dai modelli di sviluppo eco-compatibile che un’area protetta può sviluppare con successo e che altrove hanno già portato lavoro e benessere
Con il titolo: l’area di Punta Lucia interessata dai progetti del Terzo Polo sull’Etna
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