di Rosario Catania (ERO, Etna Radio Observatory)
Stimolato dalle informazioni pubblicate dal vulcanologo Salvatore Caffo, in occasione degli episodi parossistici prodotti dal Cratere subterminale di SudEst tra il 16 Febbraio e il 23 Marzo 2021, disponibili sul sito del Parco dell’Etna (www.parcoetna.it), ho pensato di approfondire il fenomeno delle onde d’urto associate ad eruzioni vulcaniche, che risulta raramente descritto in quanto per essere osservato necessita di particolari condizioni di visibilità, sebbene tali onde accompagnino sempre le eruzioni esplosive di forte intensità.
Il dottor Caffo ricorda che “numerosi studi e ricerche, effettuati nel corso di molti anni da parte di geofisici e vulcanologi e mirati ad una migliore conoscenza sia della struttura interna del sistema vulcanico Etna sia dei fenomeni precursori delle eruzioni, hanno consentito di stabilire che nel tempo ci si dovrà attendere una maggiore frequenza dei fenomeni eruttivi e anche un maggior carattere esplosivo degli stessi. Ciò non è dovuto come molti pensano ad una variazione del chimismo dei magmi e conseguentemente ad una maggiore “esplosività” dell’Etna, bensì alla normale evoluzione dell’attività vulcanica, ricordandoci che è l’Etna a stabilire le Regole del gioco !”
Il primo riconoscimento di una onda d’urto visibile è relativamente recente e venne effettuato dal vulcanologo Frank Perret durante le eruzioni esplosive del Vesuvio del 1906 [Nairn, 1976]. Le eruzioni vulcaniche esplosive, sono il tipo di attività vulcanica più violenta e distruttiva che produce grandi quantità di materiale piroclastico trasportato verso l’alto e lateralmente. Partendo dalla definizione di onda d’urto come “regione di piccolo spessore entro il quale le proprietà dinamiche di un flusso (velocità, pressione, densità ecc.) cambiano rapidamente”, si può affermare che una delle principali caratteristiche delle eruzioni vulcaniche esplosive sono proprio le onde d’urto.
La loro presenza durante una eruzione indica che la perturbazione generata dall’eruzione stessa induce una sovrapressione dell’aria rispetto alle normali condizioni atmosferiche. Questo processo produce nubi di condensazione della durata di pochi secondi [Morrissey e Mastin, 2015], la cui formazione è dovuta alla repentina diminuzione di pressione e al raffreddamento dell’aria, indotti dal passaggio del fronte dell’onda d’urto, e che portano a condensazione il vapore acqueo presente nell’aria. La successiva rievaporazione e scomparsa delle nubi avviene quando la pressione atmosferica ritorna al valore ambientale [Nairn, 1976].
Quando la velocità di un fluido in moto diventa paragonabile a quella del suono, oppure la supera, gli effetti dovuti alla comprimibilità del fluido diventano dunque importanti. Assumendo che l’onda d’urto sia sferica, risulta conveniente prendere un sistema di riferimento in coordinate sferiche con origine nel punto in cui viene rilasciata l’energia E. È possibile studiare diversi fenomeni fisici associati alle onde d’urto, ad esempio, può essere interessante chiedersi quale sia l’impatto dell’onda sulle costruzioni o la massima distanza alla quale è possibile sentire il boato dell’esplosione. Durante le eruzioni di Vulcano del 1888-1890, le onde d’urto generate da alcune esplosioni vulcaniche ruppero i vetri delle finestre nella città di Lipari a 7 km di distanza mentre l’eruzione del vulcano Asama (Giappone) del 2004 produsse la distruzione dei vetri fino a 11 km di distanza [Yokoo et al., 20].
Di particolare interesse risulta essere il confronto tra la velocità del fronte d’onda v e la velocità del suono c in aria, ovvero calcolare il numero di Mach per il fronte d’onda.
M = v/c
Sulla base dei valori del numero di Mach è possibile classificare i flussi comprimibili nel modo seguente:
Flussi subsonici: M < 1, ovvero i fluidi viaggiano a una velocità inferiore rispetto a quella del suono.
Flussi supersonici: M > 1, ovvero i fluidi viaggiano a una velocità maggiore rispetto a quella del suono.
In condizioni standard di pressione e temperatura la velocità del suono in atmosfera è pari a 340.5 m/s.
Sappiamo dalla fisica che il suono è una perturbazione della pressione del mezzo che si propaga al suo interno, l’aria nel caso in esame, e poichè uno degli effetti di una eruzione vulcanica è la variazione di pressione, potrebbe essere possibile sentire un boato in seguito ed un evento esplosivo. La variazione di pressione e’ dovuta alla liberazione violenta dei gas ad altissima temperatura dai condotti craterici, che determina l’improvvisa espansione termica dell’aria a una velocità superiore a quella del suono (shockwave) come detto ad una velocita’ di circa 340.5 metri al secondo, con la produzione di onde elastiche di compressione e di dilatazione (onda d’urto) che generano boati simili a quelli provocati da esplosioni.
Le simulazioni utilizzate in [Morrissey e Chouet, 1997] hanno permesso di ricavare non solo il valore della pressione di esplosione, ovvero quella in grado di generare le onde d’urto, ma anche l’andamento della differenza di pressione in funzione della distanza dal cratere. Tale andamento è mostrato nella figura seguente, entro un range di 6 km per diversi valori di pressione di esplosione e mostra la relazione tra la pressione sul fronte d’onda e quella atmosferica.
L’onda d’urto è dunque la manifestazione della violenta decompressione di grosse bolle di gas, la cui parte infrasonica (0 e 20 Hertz), non è udibile dall’orecchio umano.
In funzione della frequenza e della propagazione delle onde sonore, questi boati possono anche essere avvertiti dall’uomo a grandi distanze e provocano il classico tintinnìo dei vetri o l’apertura delle porte e delle imposte.
L’onda d’urto produce anche effetti sui manufatti, dove l’entità e la gravità dei danni alle cose in un evento esplosivo sono generalmente soggetti ad una notevole indeterminazione, ma nonostante queste incertezze, la conoscenza scientifica ci fornisce alcune indicazioni sul livello generale dei danni dovuti ad un evento esplosivo, in base alle dimensioni dell’esplosione, alla distanza dall’evento ed alle ipotesi circa le caratteristiche di resistenza meccanica dei manufatti in questione.
Sull’Etna, le misure della pressione sonora effettuate ai crateri sommitali, hanno mostrato valori anche di 60 Pascal (per confronto, un martello pneumatico ad un metro di distanza produce una pressione sonora di 2 Pascal). Se consideriamo che una variazione di pressione sonora per poter essere udibile dall’orecchio umano deve essere maggiore di 20 µPa (micro Pascal), possiamo facilmente dedurre a quale distanza può arrivare un’onda d’urto!
Anche sul vulcano Etna sono state catturate delle Shock Waves durante l’attività parossistica del 20 luglio 2021. Nel breve montaggio che ho realizzato, sono ben visibili come archi che si espandono dal cratere per tutta la colona eruttiva, spesso con angoli differenti dalla direzione della stessa colonna.
Link: https://youtu.be/vNW3b5OpgTU
Ringraziamenti: Salvo Caffo per la preziosa revisione, Salvatore Lo Giudice e Giuseppe Distefano per le riprese video, editing Rosario Catania.
Riferimenti bibliografici
Un modello di onda d’urto prodotta da una Eruzione vulcanica esplosiva (Dragoni – Santoro)
Parco dell’Etna: Attività 16 febbraio al 23 marzo 2021 di Salvo Caffo
Il Vulcanico, il blog di Gaetano Perricone
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