di Antonella De Francesco
Ho finalmente visto l’ultimo film di Gianni Amelio Il signore delle formiche, durante una proiezione al cinema Rouge Et Noir a Palermo, impreziosita dalla presenza di Luigi Lo Cascio che interpreta il protagonista Aldo Braibanti.
Diciamo subito che è un film che va metabolizzato perché, a ben guardare, quelli che da principio sembrano difetti, in definitiva si rivelano pregi. Il film ne ha diversi e tra questi, quello di raccontare la storia vera, sconosciuta ai più, della vita di un partigiano, intellettuale, scrittore , drammaturgo, mirmecologo e attivista del partito comunista, Aldo Braibanti , che all’ inizio degli anni ‘60 fu accusato e condannato di plagio ai danni di un suo giovane allievo, Ettore Tagliaferri.
Il film mostra chiaramente come, alla vigilia dei movimenti rivoluzionari che avrebbero interessato tutto il mondo qualche anno più tardi, una certa parte dell’Italia al potere era ancora reazionaria, bigotta e tutt’altro che democratica.
Una vicenda difficile da raccontare per la molteplicità di aspetti che la storia racchiude, tutti di grande attualità. Il “plagio”, che in certa misura è presente in tutte le storie d’amore e fa parte della folgorazione, della fascinazione che subiamo se ed in quanto innamorati e che, a mio parere, rientra nel gioco delle parti, nella vicenda diventa colpa che viene perseguita con pervicacia dalla magistratura che lo utilizza per dichiarare guerra alla omosessualità che, non essendo un reato, restava, almeno sulla carta, non perseguibile. Il potere mediatico della stampa dell’epoca attraverso articoli e servizi aggressivi e dai toni sensazionalistici, contribuisce ad alimentare la gogna e lo sdegno pubblico verso il professore e il suo giovane amante. Soltanto un giornalista de L’Unità, Ennio Scribani, interpretato da Elio Germano, decide di uscire fuori dal coro, seguendo l’intero processo e cercando di dimostrarne invano tutta l’assurdità.
Questa in sintesi la storia. Malgrado i temi , il film resta “misurato” ( troppo?) non lascia spazio agli eccessi, al coinvolgimento emotivo, dice l’essenziale, soprattutto con riferimento alla relazione amorosa tra Aldo ed Ettore ( interpretato magistralmente da Leonardo Maltese), alle sue conseguenze, alla sofferenza che ne derivò per entrambi e lascia prevalere il non detto e le immagini.
Penso che in fondo il film sia confezionato come lo stesso Braibanti lo avrebbe diretto: con quello stesso distacco con cui Lui non si difese davanti ai giudici che lo accusavano e ai quali volse le spalle per la gran parte del processo.
Per il regista Amelio contano i fatti e la loro essenza, così come per Braibanti non fu necessario articolare alcuna personale difesa, semplicemente perché non c’era colpa. Per questa sua essenzialità il film resta scarno, senza orpelli, non emoziona, ma obbligandoci comunque tutti ad un confronto schietto col passato, il presente e anche con il futuro, va visto. Attori, per inciso provenienti in gran parte dal teatro , tutti bravissimi .
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