di Santo Scalia

Tricora (o tricoro, dal greco τρίχωρος (e poi dal latino tardo trichōrus), è un termine composto di τρι- «tre» e χῶρος «spazio, luogo»; così ci spiega il vocabolario Treccani, chiarendo che si tratta di un «ambiente rettangolare (di culto, memoria di un martire, ecc.) con absidi su tre lati».

Ferrara Francesco – Storia Generale dell’Etna – Catania 1793

Cosa c’entra una tricora con l’Etna? C’entra, soprattutto in riferimento agli eventi eruttivi accaduti nel lontano 1284 (verso la fine di quell’anno, o l’inizio del successivo). In quell’anno, infatti, «[…] l’Etna fu violentemente scosso; e nella parte orientale vomitò un terribile fiume infuocato, che scorrendo pel declivio della Montagna andò a circondare senza devastarla la Chiesa di S. Stefano che era al basso nel bosco».

 


Nicolò Speciale – Historia sicula – liber I, cap. XXIX – De obitu Caroli Regis

Questo è quanto riportato dallo storico Canonico Francesco Ferrara (1) che a sua volta riferisce quanto descritto da Nicolò Speciale(2) (vissuto tra il 1282 ed il 1337): «Nam in diebus illis mons Æthna vehementi motu concussus est, atque ab ea parte qua respicit orientem in terribile oculis mirantium eructavit incendium, quod tamque alluvio per decliviam montis manans, mirabile dictu, Ecclesiam sub vocabulo sancti Stephani quæ in heremo est, per latera hinc inde circumdedit, tamen in aliquo non offendit quod usque in hodiernum diem miraculosum apparet.»

[Infatti in quei giorni il Monte Etna fu violentemente scosso, e dalla parte rivolta ad oriente eruttò un incendio, terribile agli occhi di chi lo osservava, che come un’alluvione scendeva per i declivi del monte e, cosa mirabile a dirsi, circondò da tutti i lati la chiesa detta di Santo Stefano che è nell’eremo, tuttavia non la danneggiò per nulla e ciò, ancora oggi, appare miracoloso.]

Più circostanziato è però il racconto che fa di questo evento il Canonico Recupero (3): «L’anno 1284 finì di vivere Carlo di Angiò Re di Napoli, e fece l’Etna una grand’eruzione. Nicolò Speciale ne registrò la memoria. Il Paruta appresso l’allegato Scrittore accenna pure questo incendio dicendo: Aetna mittit Ignes sub mortem Caroli Regis circa annum 1284. Era la Chiesa di S. Stefano sopra Bongiardo, ed alla distanza di un buon miglio dall’altro Villaggio detta la Dagala, e restano ancora in gran parte le sue mura bloccate da detta lava. Io fo conto essersi stesa questa lava più di quindici miglia».

Vi era dunque una chiesa dedicata al protomartire Santo Stefano (morto per lapidazione nel 36 d.C.), tra Dagala del Re e Bongiardo, nel territorio che oggi appartiene al comune di Santa Venerina: essa, nel corso dell’eruzione del 1284 non fu distrutta, ma le sue mura furono seriamente minacciate dalla lava.

Gli studiosi fanno risalire la sua costruzione all’epoca bizantina (535 – 827 d.C.), e ad essa era annesso un piccolo monastero che ospitava una comunità di monaci basiliani e successivamente di benedettini. Distrutto il monastero, che era dedicato a Sant’Andrea, e abbandonata per secoli, la chiesetta fu riscoperta in tempi recenti da Stefano Bottari (4), che pubblicò un testo con la descrizione del rudere nella Rivista di Archeologia Cristiana nel 1944-45.  Qualche anno dopo Biagio Pace, nella sua monumentale opera Arte e civiltà della Sicilia antica fece riferimento alla scoperta di Bottari.

Pianta della struttura da Vasile Mutu (5): Dagala del Re, frazione di Santa Venerina

 

Ma vediamo come era costituito quest’edificio, e perché viene definito tricora: si distinguono principalmente due parti; la prima, a pianta rettangolare, mentre la seconda, la cosiddetta cella, a pianta quadrata, è contornata da tre absidi (da cui la denominazione trichora).

L’ambiente rettangolare (il cosiddetto nartèce o pronao, o atrio), nel caso della tricora di Santo Stefano, consisteva in un ambiente tripartito, con a sinistra un vano adibito a cisterna; tale utilizzo aveva imposto la chiusura di uno dei tre ingressi, quello sinistro.

Oggi rimane poco dell’antico splendore dell’edificio sacro: «[…] L’ingresso, lascia vedere di quanto sia interrato l’edificio. I muri delle absidi danno un’idea dell’ampiezza del naos. Nel nartece possiamo individuare la volta a botte che copriva i braci laterali. Nonostante il rovinoso stato, la finestra dell’abside est ci suggerisce che la sua forma era una bifora o forse una trifora […]» (8)

Un’idea dell’aspetto originale della tricora lo abbiamo da un disegno che ricostruisce l’edificio, tratto dal sito internet curato da Vasile Mutu (5):

La colata lavica del 1284 (o 1285): a pochi metri dalla tricora di S. Stefano (foto S. Scalia)

L’individuazione dei resti non è facile: l’antico rudere si trova in contrada San Michele a Dagala del Re, frazione di Santa Venerina. Una strada interpoderale porta fino ad un querceto che nasconde l’antico rudere. A pochi metri dalla chiesetta si può ancora vedere, ormai ricoperto dalla vegetazione, il fronte della colata lavica che per poco non la distrusse, ma che certamente ne decretò l’abbandono da parte dei religiosi.

Chi volesse approfondire le conoscenze sul sito e rendersi conto visivamente dello stato attuale dei resti potrà visionare l’interessante “minidoc” realizzato dall’amico Antonio De LucaPassioneEtna e il filmato nelle pagine del sito www.etnanatura.it curate dal collega Camillo Bella.

 Riferimenti bibliografici e collegamenti multimediali

1) Ferrara Francesco             – Storia Generale dell’Etna – Catania 1793 (pag. 109)

2) Speciale Nicolò                  – Nicolai Specialis Libri VIII rerum sicularum in quibus continetur historia bellorum inter reges Siciliae & Aragoniae gestorum ab anno MCCLXXXII usque ad annum MCCCXXXVII (pag. 621 – BNF)

3) Recupero Giuseppe           – Storia naturale e generale dell’Etna – Tomo II – Catania – 1815 (pag. 27)

4) Bottari Stefano                   – La chiesa bizantina di Dagala, in “Rivista di Archeologia Cristiana”, vol. 21 (1944/45), Città del Vaticano, p. 311-3155

5) Vasile Mutu                        – Dagala del Re, frazione di Santa Venerina ( https://www.vasilemutu.com/It_Biz/Dagala_fr.htm )

6) Vecchio Giovanni               – La cella trichora di Santo Stefano e l’antico eremo di Dagala del Re  in “Memorie e Rendiconti”, Accademia Zelantea di Acireale, 2008 (pag. 297-324)

7) De Luca Antonio                La Trichora Bizantina di Santo Stefano ( https://www.youtube.com/watch?v=r9bZ-gFmMmU )

8) Bella Camillo                      in www.etnanatura.it : Cuba di Santo Stefano (https://www.etnanatura.it/paginasentiero.php?nome=Cuba_santo_Stefano )

Con il titolo: sezione longitudinale (ricostruzione da Lojacono, in Vasile Mutu)

Commenti recenti