(Santo Scalia). Nonostante le eruzioni etnee siano state descritte sin dai tempi più antichi, non sempre le date attribuite a certe colate laviche risultano compatibili con le datazioni effettuate con le più recenti metodologie.
Oggi, infatti, sono state messe a punto delle tecniche di datazione basate sulle caratteristiche radiometriche e/o archeomagnetiche riscontrabili sui campioni di lava: le prime sono basate sulle misure del rapporto tra gli isotopi di due elementi, il Radio (226Ra) ed il Torio (230Th); le seconde sulla misura della direzione del campo magnetico “imprigionato” nella lava al momento del suo raffreddamento.
Senza entrare in dettagli tecnici va ricordato che, come ben specificato da Stefano Branca e Jean-Claude Tanguy [Le eruzioni di epoca storica dell’Etna, 2021] “le fonti di epoca Greco-Romana sono spesso inaffidabili e soprattutto non sono così accurate da permettere di individuare le bocche eruttive o l’estensione spaziale delle colate laviche”.
Proprio a proposito delle incertezze nella datazione della colata del 396 avanti Cristo, quella che raggiunse la costa orientale siciliana, in prossimità dell’attuale abitato di Santa Tecla, riportiamo una breve nota redatta dal Prof. Jean-Claude Tanguy, già IPGP (Institut de Physique du Globe de Paris)
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di J.C. Tanguy
Le eruzioni dell’Etna riportate dalle fonti storiche durante l’epoca greca sono pochissime (e.g. Branca e Tanguy, INGV Vulcani, 2021). Fra queste, quella che sembra la più evidente è segnalata da Diodoro Siculo a proposito della guerra tra Dionisio di Siracusa ed i Cartaginesi, comandati dai capi Imilcone e Magone
“Imilcone fece avanzare a marcia forzata l’armata di terra. Giunse cosi nel sito di Naxos del quale noi abbiamo parlato prima, nello stesso tempo che il Magone approdò. Ma una eruzione di fuoco recente dell’Etna, che si estese fino al mare, bloccò l’armata di terra, impedendole di proseguire ulteriormente insieme ai vascelli, che navigavano rasenti alla costa, la quale era stata rovinata da ciò che si chiama colata. Le truppe di terra furono quindi costrette a fare il giro del monte Etna”.
Siccome i Cartaginesi erano davanti a Siracusa nell’estate dell’anno 396, l’interpretazione di questo documento porta a concludere che una grande eruzione dell’Etna fosse avvenuta nei primi mesi dello stesso anno 396. Nondimeno, bisogna insistere sul fatto che Diodoro parla solo di una eruzione recente, senza indicare una data precisa. L’eruzione potrebbe quindi risalire a parecchi anni, forse anche parecchie decine di anni prima. Difatti, l’unica descrizione nella storia antica dell’arrivo di una colata nel mare si trova nella prima ode Pitica di Pindaro, ed è relativa all’eruzione del 479 a.C: “l’Etna nevosa, tutto l’anno nutrisce il pungente gelo. Dal monte escono delle sorgenti di purissimo fuoco, e durante il giorno questi torrenti emettono delle nubi di fumi ardenti, ma nella notte una fiamma rossa trascina dentro il profondo mare dei blocchi rocciosi con fracasso.” (vedi la figura allegata, colata mg, particolare della Carta vulcanologica del Vulcano Etna, Branca et al., 2014).
La descrizione di Pindaro è cosi suggestiva che difficilmente si può escludere che il poeta abbia assistito allo spettacolo di persona. D’altro canto, per ritornare a Diodoro, è chiaro che all’epoca la costruzione di una strada per consentire il passaggio di un esercito, attraverso una colata nuova e larga oltre un chilometro, non avrebbe potuto venire realizzata nell’arco di solo pochi giorni, e quindi sarebbe stato più facile e veloce aggirare l’Etna ad ovest. Ma non si puo escludere l’occorrenza di un altra colata, diversa di quella descritta da Pindaro, che sarebbe arrivata nella stessa regione qualche anno prima del 396. Difatti Tucidide ne indica una nel 425 a.C., ma senza precisare il luogo.
E quanto alle datazioni magnetiche e radioattive ? Ambedue i metodi danno per diversi campioni della colata di Santa Tecla dei risultati intorno ai 500 a.C., ma con una incertezza di ±150 anni rispetto all’epoca considerata. Tanto che dovremmo aspettare ancora un bel po’ prima di risolvere definitivamente il problema.
Un grazie all’amico Santo Scalia per la disponibilità del testo greco e la revisione dell’italiano.
(Gaetano Perricone). Da parte mia e del Vulcanico.it, il ringraziamento più sentito al professore Jean Claude Tanguy, luminare francese della vulcanologia mondiale e grande studioso dell’Etna che ci ha voluto ancora onorare con la sua prestigiosa firma su questa “chicca” storica, ma anche al grande Santo Scalia, come sempre enormemente prezioso
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