(da “Etna vulcano del mondo. A Muntagna nel Patrimonio Mondiale Unesco”, 2013, Villaggio Maori edizioni, pag.19-21)
di Agata Puglisi
Innamorarsi di un luogo visto una sola volta, come un colpo di fulmine, mi è successo tre volte in tutta la mia vita. In ogni occasione in cui ho provato questa rara sensazione di appartenenza totale, ho cercato di accoglierla come un dono, una fortuna insperata, e di conservarla per poterla rinnovare anche semplicemente con il ricordo di questi miei luoghi dell’anima, che sono lì per tutti, ma che appartengono solo a me ogni volta che li ripenso.
Monte Egitto, in zona A del Parco dell’Etna, comune di Bronte, si trova all’incirca all’incrocio con la pista forestale che attraversa i coni secondari di Monte Capre, in direzione di Monte Lepre. Pochissimi sanno dell’esistenza di questo bosco di settantatré esemplari di Roverella (Quercus pubescens), dei quali cinquantasei sono di grandi dimensioni e di età secolare.
Quando sono finalmente andata a Monte Egitto, dopo averne a lungo sentito parlare dai miei colleghi Grazia (che cura la parte amministrativa dei lavori pubblici ed espropriazioni) e Orazio (guida del Parco), temevo di restare delusa, come di solito succede quando si hanno grandi aspettative. Invece è successo il contrario, l’Etna ancora una volta è riuscita a stupirmi.
Avevo già visto le foto di qualche maestoso esemplare di queste querce, ma non immaginavo che avrei provato d’un colpo la sensazione forte e stranissima di essere entrata nel bosco delle fiabe della mia infanzia.
Ho sempre sentito questa affinità personale più con gli alberi che con gli animali, e in particolare con le querce, per me simbolo di radicamento, di affidabilità, di particolare bellezza. Da bambina, negli anni delle scuole elementari, almeno un paio di pomeriggi ogni settimana li trascorrevo a casa della mia compagna di banco. Dopo aver fatto i miei compiti alla velocità della luce, aspettavo pazientemente che anche lei finisse, sorvegliate entrambe dall’occhio vigile di sua madre. Soffrivo per non poterla aiutare a far presto, ma alla fine eravamo libere di correre nel “nostro bosco”, dietro il cortile e l’orto di casa sua, un pezzo di terreno contornato da muretti alti di pietra lavica, con una vecchia porta di ingresso sempre aperta.
Lì c’erano i nostri alberi, due alte piante di noci, tre di gelso di cui una che ci sembrava enorme e vecchissima e anche una grande quercia. Ogni giorno riuscivamo ad arrampicarci un poco più in alto, superando i nostri personali traguardi, e trascorrevamo così tutte le ore di luce del pomeriggio nella felicità più perfetta. La mamma della mia amica Alfina, una signora all’antica che avrebbe preferito vederci giocare con le molte belle bambole che noi consideravamo soprammobili, un giorno chiuse definitivamente a chiave il portoncino di accesso al terreno alberato. Da allora tutto fu ancora più emozionante, approfittavamo di ogni assenza della signora Giuseppina e di qualsiasi occasione per saltare il muretto e vivere il nostro bosco come un’avventura rischiosa e proibita.
Forse è per questo che per me il bosco di Monte Egitto è un luogo magico. Basterebbe già la vista di uno solo di questi monumenti vegetali per giustificare un viaggio, ma qui si tratta di un intero bosco di querce, che ti accoglie e ti circonda, ti fa sentire tutt’uno con la terra, il tempo, il sole, l’Etna, la pioggia, gli animali, il sottobosco. E la sensazione si rafforza al pensiero che queste maestose querce sono sopravvissute per secoli, scampate a tantissime colate laviche, anche vicinissime.
Il querceto rappresenta per molte specie faunistiche il proprio habitat naturale, e qui sono state rinvenute di recente, nel corso di indagini di campo, tracce della presenza di due coleotteri minacciati di estinzione, l’Osmoderma eremita e il Cerambide della quercia (Cerambyx cerdo). E allora ci si muove con circospezione, con rispetto e stupore, stando attenti a non calpestare niente che possa turbare o mutare questo fragile equilibrio. Qui si deve andare in piccoli gruppi, a piedi, ed avere lo stesso rispetto che è richiesto anche a un non credente quando entra da turista in una cattedrale per visitarla e ammirarla.
Una quarantina di anni fa purtroppo sono stati impiantati nelle vicinanze, artificialmente, molti esemplari di Pino laricio (Pinus nigra specie calabrica), alcuni dei quali sono proprio a ridosso delle querce. Sono in corso monitoraggi, studi e proposte di intervento selvicolturale per un taglio graduale di alcuni esemplari scelti di Pino, nelle prossimità delle querce sofferenti, per la conservazione dell’habitat di questo luogo unico e incantevole (intervento di tutela successivamente effettuato, n.d.r.)
Da Monte Egitto poi si può scegliere di raggiungere Monte Capre e volendo anche gli apparati eruttivi dei Monti De Fiore, formatisi durante l’eruzione del 1974, dalla cui sommità si gode una bellissima vista sul versante occidentale, oppure Monte Nunziata dove si può ammirare una straordinaria grotta vulcanica, nei cui pressi si trova una delle stazioni di misura Gps gestita dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che collabora con il Parco. Questi itinerari sul versante sud occidentale dell’Etna offrono una grande varietà di paesaggi, passando dall’asperità delle multiformi colate di lava e grotte di scorrimento lavico fino al bosco fitto.
Per le foto si ringrazia il Parco dell’Etna
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