di Santo Scalia
Non tutti conoscono l’origine della denominazione “Sapienza”, attribuita al rifugio che si trova nel piazzale al termine della Strada provinciale N. 92 (la cosiddetta Nicolosi-Etna), né sanno come la struttura si sia evoluta nel tempo. Nulla a che vedere con la “sapienza”, cioè con il “profondo sapere” (come recita la Treccani), né con la nota università romana.
Il nome del celebre rifugio che sorge nella zona turistica del versante sud dell’Etna – oggi denominata “Nicolosi Nord”, a 1910 metri sul livello del mare – deriva da Giovannino Sapienza, un socio del Club Alpino Italiano perito nel corso della seconda guerra mondiale; alla sua memoria è infatti dedicato il rifugio, storico punto di riferimento per escursionisti e turisti di questo versante della Muntagna. Il fratello di Giovannino si era distinto per generosità nell’elargire un cospicuo contributo economico per sostenere i costi dei lavori di restauro e sistemazione di quella che era la cosiddetta “Capanna Montagnola”, realizzata dalla Milizia Volontaria del regime fascista.
Inizialmente era l’unica costruzione, oltre alla Casa Cantoniera e al Ristorante Corsaro, in quella zona: non esistevano ancora né la Funivia, né tutte le strutture che successivamente sono sorte. Inaugurato nel dicembre del 1947, consisteva in un edificio a due piani ed era localizzato nella zona su cui oggi insiste la parte occidentale dell’attuale rifugio, alla sinistra cioè della parete su cui campeggia la sigla CAI. In seguito un’estensione nacque ad ovest della struttura principale, e nella zona cominciarono a essere costruite altre infrastrutture, come una cabina elettrica, e la (prima) stazione di partenza della Funivia dell’Etna. Infine, nell’ottica di un futuro ampliamento, fu realizzata una piattaforma in cemento armato per la realizzazione del nuovo corpo, quello che oggi comprende l’ingresso, la sala del ristorante e le cucine.
L’eruzione del 1983.
Non si potrà mai dimenticare la sera dell’11 aprile del 1983, quando si temette il peggio per la sorte del “Sapienza”. All’approssimarsi della colata lavica il rifugio era stato svuotato di tutto ciò che era asportabile: il suo destino sembrava ormai segnato. Un braccio di lava, infatti, raggiunse l’edifico e si appoggiò alla struttura nella sua parete settentrionale. Qualche masso penetrò anche, attraverso le finestre, nei locali delle cucine. Fortunatamente la colata trovò più facile scorrere lungo la parete orientale, raggiungendo comunque l’altezza del primo piano e fermandosi poco dopo nel piazzale antistante all’edificio. La struttura resistette alla pressione del flusso e così, alla fine dell’eruzione, poté essere liberata dai massi lavici che l’avevano attorniata.
Oggi, restaurato e rinnovato, il rifugio è divenuto un hotel a tre stelle dotato anche di un ottimo ristorante. Con le sue 24 camere e la sua posizione, a pochi metri dalla stazione di partenza della funivia, è un punto di riferimento sia per gli escursionisti che si accingono a salire sul vulcano sia per i gitanti che trovano un luogo accogliente di sosta e di ristoro.
Tutte le immagini della fotogallery fanno parte della collezione di cartoline postali di Santo Scalia, o sono scattate da lui. Ringraziamo ancora di cuore Santo, per il preziosissimo e straordinario contributo di conoscenza della storia della nostra Muntagna.
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