di Sara La Rosa
Comincia una nuova avventura: da oggi, grazie al mio amico e Maestro Gaetano Perricone, inizia per me un nuovo impegno.
Con gli appuntamenti che “Il Vulcanico” vorrà riservarci, avremo modo di approfondire alcuni argomenti, per parlare e pensare in libertà, cominciando da un tema che mi è particolarmente caro: quello della comunicazione territoriale.
Comunicare il territorio significa trovare lo strumento che ti permette di divulgare conoscenza antica e tecnologie moderne: significa far sapere quello che siamo bravi a fare, che ci da una identità e ci fa riconoscere dagli altri. Per questo, in piena era di globalizzazione culturale, è proprio il luogo di provenienza e la cultura a renderci diversi e riconoscibili: pezzi unici, speciali. E le eccellenze si tutelano, dando voce alle minoranze, alle tante pregevolezze italiane. O vogliamo parlare della nostra regione, della nostra Sicilia?
Tanti gli autori che, col trascorrere del tempo, hanno parlato della nostra terra, descrivendone le meraviglie, la squisita ospitalità dei siciliani ma anche le prelibatezze della cucina.
Oggi mi piace soffermarmi sul cibo: un vettore di identità che, grazie ad azioni di marketing sempre più incisive dimostra che puntare sul gusto si rivela un progetto vincente per dare impulso al settore dell’enogastronomia e di uno specifico target turistico. Il cibo quindi come “medium” del territorio, come attrazione turistica per alcuni e come fonte di reddito e di occupazione per altri.
In Sicilia ci voleva la fortunata fiction del Commissario Montalbano per far conoscere ai più le pregevolezze del barocco ma anche della cucina: le tradizionali ricette degli arancini (o delle arancine..?) si sono arricchite della versione alla Montalbano, sfruttando la notorietà che ha fatto impennare le richieste dei tour dei luoghi della fortunata serie televisiva.
Il cibo: sempre e comunque, per nutrire la mente, il corpo e ricordarci chi siamo e dove veniamo. Sfido chiunque a non cercare, in determinate pietanze, quel profumo che evoca la nostra infanzia o la prima volta che abbiamo assaggiato quel piatto. Perché il cibo è anche cultura, e le innovazioni non devono farci perdere di vista quella genuinità che ci contraddistingue e che ci consegna una sorta di “carta d’identità”. Peraltro la cucina siciliana testimonia il ruolo di ponte tra Oriente e Occidente con numerose preparazioni, che hanno mescolato ingredienti ed esperienze.
Ed è proprio questo il segreto del successo: il poter rivivere l’esperienza, l’emozione.
Oggi il valore è dato dalla specificità territoriale: sarà un effetto dell’aumento del reddito disponibile, del tempo libero e della voglia di viaggiare che moltiplica l’offerta di eventi legati alla gastronomia. Sagre e feste assolvono quindi ad una precisa funzione comunicazionale: non dimentichiamo, proprio lo scorso anno la vetrina di EXPO, evento internazionale che ci esortava ad un consumo più attento, alla presentazione delle eccellenze italiane accompagnate dallo slogan “nutrire il pianeta, energia per la vita”.
L’auspicio è quello di una maggiore tutela del turista gastronomico – gastronauta o degustatore di strada che sia – con un occhio alla qualità ed uno alla tradizione. Siamo tutti custodi di un immenso patrimonio di valori: la valorizzazione delle tipicità locali –che si tratti di cibo o di feste tradizionali o dialetti – passa dall’impegno di ciascuno di noi, talvolta anche soltanto con una foto condivisa sui social.
L’importante è cominciare ad esserne consapevoli.
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