di Gaetano Perricone
Metto alla fine del titolo un punto interrogativo per prudenza. Perché l’esperienza del vecchio cronista dal passato molto sportivo, che ha vissuto intensamente la più atavica e a spesso feroce rivalità calcistica (e non solo), e la mia particolare condizione privilegiata di palermitano-etneo, di uomo che ha vissuto sotto il Monte Pellegrino i suoi primi quarant’anni e alle pendici dell’Etna gli altri 20 (22, in realtà), mi inducono a non considerare “fatta” la grande pace tra il Palermo e il Catania, tra Palermo e Catania. Voglio aspettare, prima di manifestare la mia felicità, le reazioni non tanto della gente comune – del popolo, come lo chiamano quelli del “cambiamento” -, che sento molto contenta, quanto di quelli con le scuole alte, come li definisce un mio vecchio amico che la sa lunga, che da una parte e dall’altra, con puzza sotto il naso e anche un po’ troppo astio, si sono negli anni prodigati ad alimentare questa rivalità.
Aspetto di togliere il punto interrogativo, spero prestissimo, ma intanto dentro il mio cuore esulto per quel meraviglioso striscione esposto ieri sera allo stadio Massimino dai tifosi del Catania della Curva Nord. L’ho guardato e riguardato decine di volte da quando l’ho visto per la prima volta, ho letto e riletto quelle parole belle ed emozionanti, molto. Ancora di più lo sono stamattina dopo la tristissima notizia del ritrovamento del corpo di Giuseppe Liotta, il medico palermitano travolto dal fango e dall’acqua per andare a fare il suo dovere in ospedale, ennesima vittima di una tragedia immane.
Parole che, da qualunque angolazione vengano analizzate e senza lasciarsi alla retorica da quattro soldi – cosa che non piace e mai mi è piaciuta -, sembrano avere, anzi hanno, un valore che va molto al di là della semplice, pur straordinariamente importante, solidarietà umana, ma anche degli aspetti legati all’atavica rivalità calcistica, spesso sottovalutati e troppo frettolosamente derubricati come fenomeno di rozzo folklore. Per me somigliano molto, è una metafora che mi piace molto, al calumet della pace, la pipa che fumavano un tempo i popoli nativi dell‘America Settentrionale, quelli che abbiamo sempre chiamato Indiani, per suggellare un accordo di pace o una alleanza. In questo caso tra due tifoserie storicamente “nemiche” per il pallone, quella rossazzurra e quella rosanero, ma anche tra due città, Palermo e Catania.
Da palermitano-etneo, come mi autodefinisco (anche se di fede sportiva assolutamente rosanero, come testimonia la tascissima-zaurdissima foto che ho qui pubblicato, sempre con il preciso intento di … prendermi per il culo), da cronista e narratore del calcio siciliano anche abbastanza popolare in altri bei tempi, ho dunque sentito quasi la necessità di scrivere ed esprimere la mia opinione a mente fredda sul bellissimo striscione dello stadio Massimino, destinato a restare nella storia.
Voglio dire che sono davvero felicissimo e con il cuore gonfio di gioia e di speranze per tre precise ragioni :
- la prima riguarda l’aspetto puramente sportivo. Il gran bel gesto della tifoseria organizzata catanese, alla quale mi sento di esprimere il mio personale ringraziamento così come stanno facendo da ieri sera sui social tanti gruppi di fans rosanero e anche tanti singoli tifosi, può davvero innescare quel meccanismo virtuoso che, mantenendo inalterata la fiera e anche divertente rivalità legata al derby tra le due squadre (spero che ci sia presto, in Serie A), trasformi il quotidiano rapporto tra i due appassionatissimi popoli sportivi in una serena convivenza, che bandisca definitivamente i pochi, ma devastanti, haters, mestatori, delinquenti;
- la seconda, credo molto più importante, è relativa all’aspetto più antropologico, sociale, culturale e sta dentro le parole dello striscione: “Piangiamo i nostri morti. Sentiamo lo stesso dolore” e poi “Noi siamo la Sicilia … Palermo rialzati”. E più che mai, soprattutto in questo momento particolarmente difficile per il Comune e la comunità catanese, verrebbe da aggiungere: “Catania, rialzati“. Piene di suggestioni e di grande potenza evocativa, queste parole, complimenti a chi le ha pensate. Sembrano rivolte a chi, fuori dalla Sicilia, ci ha marciato per decenni e ci marcia ancora oggi su questa stupida e autolesionistica rivalità, fatta di polemiche e ripicche, tra la gente delle due città. Ci marcia per dividerla e per fotterla tutta, questa gente siciliana, che pure ha enormi capacità e risorse intellettuali e culturali. Dietro quelle parole, forse è una mia illusione ma mi piace assai pensarlo, c’è un chiaro messaggio: basta scontro, pur nel rispetto delle nostre identità e tradizioni rialziamoci insieme e camminiamo insieme. Per il bene della nostra magnifica Terra, dei nostri figli e nipoti. E’ un sogno e una grande suggestione, ma mi piace troppo pensarlo.
- la terza e ultima è personale: da uomo con due vite, una palermitana e una etnea, è fantastico anche solo immaginare che il sospetto, la diffidenza, la malignità, perfino l’odio che ha troppo spesso caratterizzato i rapporti tra le genti di queste due Sicilie dentro la Sicilia, possano finire per sempre, trasformandosi in rispetto, fiducia reciproca, collaborazione per un comune futuro migliore. E’ proprio bello immaginarlo e togliere presto quel punto interrogativo nel titolo di questo pezzo, a significare che palermitani e catanesi fumano davvero il calumet della pace. Fermo restando che la mia fede è e resterà rosanero. Ah, ah, ah.
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