di Luciano Signorello

Luciano Signorello

Per rendere l’idea del perché si è arrivati a concepire 100 sculture sparse in un determinato territorio, bisogna dire che, il territorio di Belpasso è esteso dal centro della Piana di Catania alla cima dell’Etna e, oltre a comprendere ambienti diversissimi, ha avuto varie fasi di frequentazione dell’uomo, che solo di recente cominciano ad essere conosciute in maniera scientifica.

Le zone più frequentate, un tempo molto lontano, erano quelle di bassa collina, al di sotto del centro abitato moderno, che è anche l’area più ricca di acque sorgive. Ciò la rese particolarmente importante nella Preistoria, a partire dal Neolitico, quando cominciò lo sfruttamento agricolo delle basse pendici etnee da parte delle prime comunità organizzate in villaggi. Il sito più importante, scoperto agli inizi del Novecento, ma purtroppo non scavato in maniera completa, resta quello di Fontana di Pepe, databile a circa 5.000 anni a. C., ma altre contrade hanno dato frammenti di quest’epoca e di quelle successive della Preistoria. Di queste si è rivelata  molto promettente la contrada Valcorrente, abitata dalla fine del V alla metà del II millennio a. C.

I periodi successivi sono ancora meno conosciuti. A seguito delle numerose segnalazioni fatte negli anni passati da appassionati belpassesi, in particolare il compianto Venerando Bruno, sono state finanziate dal Comune, sotto la guida della Soprintendenza, alcune ricognizioni di superficie nelle aree più indiziate. Esse hanno portato al ritrovamento, per adesso, di varie estensioni di frammenti, per lo più di epoca romana, segno di sfruttamento agricolo del territorio, con la costruzione di fattorie e di ville.

Questi brevi cenni ci danno un’idea delle sovrapposizioni di fasi di occupazione che si sono avute sul territorio e della ricchezza di dati che può ancora nascondersi nel sottosuolo. Quindi oltre un millennio di storia in buona parte sconosciuta anche agli stessi abitanti.

Si comincia a parlare di Belpasso o Malpasso che dir si voglia, in un documento del 1305, custodito negli archivi vaticani, in cui si riporta il toponimo di Sancta Maria de Passu in territorio Paternionis apud Vallem Currentum, cioè, Santa Maria del Passo in territorio di Paternò nelle vicinanze di Valcorrente.

Il toponimo di Malpasso (Malupassu) derivava dalle caratteristiche della zona: passu indica, infatti, una zona con frequente passaggio, mentre malu, aggiunto all’inizio, si riferiva a luogo pericoloso e disagevole (dal latino malus) o, più probabilmente, alla presenza di alberi di mele (da malum) o secondo alcune versioni per la produzione del miele

L’attuale città di Belpasso è stata edificata dopo il terribile terremoto del 1693 che distrusse buona parte delle città della Sicilia orientale, “… a nord del piano Garofalo nelle terre di pertinenza del Duca di Montalto.” Dal palazzo dei baroni Bufali e delle altre famiglie pioniere del nuovo centro abitato, alle modeste costruzioni popolari, tutto venne realizzato utilizzando come materia prima la pietra lavica. Non solo gli edifici, ma anche i marciapiedi, i muri di contenimento e quelli di confine, i grandi portali o le semplici pietre d’angolo ed anche la via principale del nuovo paese, l’attuale via Roma. La città ha dato i natali ad illustri personaggi che si sono distinti in varie discipline umanistiche, scientifiche ed artistiche ed il fermento culturale belpassese non si è mai arrestato.

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E a proposito di fermento culturale, nel 2014 l’Amministrazione Comunale decise di dare una impronta definitiva a questa città, mettendo in cantiere un progetto denominato “Belpasso città delle cento sculture”. L’area compresa nel  progetto è il comprensorio sud etneo e nello specifico il territorio del comune di Belpasso, che partendo dalla Piana di Catania,  dal confine con la provincia di Siracusa arriva ai crateri sommitali etnei  incuneandosi, a destra, tra i comuni di Catania, Misterbianco, Camporotondo Etneo, San Pietro Clarenza, Mascalucia e Nicolosi e, ad ovest, con i comuni di Biancavilla, Ragalna, Paternò, Motta Sant’Anastasia e Ramacca, per un totale di oltre 166 kmq.

Snodo e nodo di transito e approdo delle grandi strutture autostradali, stradali e aeree. Infatti, l’aeroporto internazionale “Vincenzo Bellini” confina con il territorio interessato, dal porto di Catania si raggiunge in breve tempo il centro abitato di Belpasso, così come dalle autostrade siciliane. Infine, da Piano Tavola, una delle  frazioni belpassesi, attraverso la ferrovia Circumetnea che si interseca con la Metropolitana, si è velocemente connessi con il centro della città capoluogo.

L’opera concepita e in parte realizzata, è in estrema sintesi un museo all’aperto di sculture contemporanee, realizzate prevalentemente in pietra lavica dell’Etna e ubicate nell’intero territorio comunale di Belpasso, con una maggiore concentrazione nel perimetro urbano del centro abitato, frazioni comprese. La specificità e la peculiarità principale è legata al territorio, in tutte le sue sfumature: il/i temi trattati, l’uso delle materie prime per la realizzazione delle opere, la localizzazione.

La localizzazione, in questo caso, è una parte del versante meridionale dell’Etna e più dettagliatamente il territorio del Comune di Belpasso, a partire dai + 18m/slm della Piana di Catania ai + 3.230 m/slm del cratere sommitale del vulcano attivo più alto d’Europa. Una varietà di territorio unica e irripetibile sotto tutti gli aspetti fisici, ambientali, culturali e storici che un territorio possa offrire.

Il progetto delle “cento sculture” si fonda sul fatto che l’area del comune di Belpasso che si sviluppa sul versante meridionale dell’Etna, grazie alla bellezza del suo territorio naturalistico, unico e eterogeneo, al fascino legato al suo stato di vulcano attivo, rappresenta ancora oggi sia sul piano reale che simbolico, un elemento di grandissima attrazione in grado di catalizzare importanti processi sociali, economici e culturali che hanno nel mediterraneo il focus principale. Considerato, inoltre che la crescita culturale di un territorio ha importanti ricadute sulla qualità della vita, vista la sua collocazione geografica strategica e il suo stato di “Mito vivente”, l’utilizzo di attività artistiche contemporanee può in quest’area, più che in altre, apportare un importante e significativo contributo allo sviluppo sociale ed economico dell’intera area mediterranea e contribuire al superamento delle differenze politiche sociali che frenano l’integrazione tra i popoli di diversa estrazione culturale e politica.  Legare e qualificare l’offerta culturale di tale territorio con iniziative sul contemporaneo contribuisce, quindi, allo sviluppo di quest’area etnea e più in generale mediterranea, anche in relazione al sito Unesco “Mount Etna”, entro il quale è compreso il territorio di Belpasso.

Pertanto il progetto si muove in primo luogo su un piano proprio dell’arte, finalizzato all’inserimento in pianta stabile di opere d’arte in plein air, in una notevole estensione di territorio etneo, nel massimo circuito internazionale di turismo culturale e di arte contemporanea. Passo fondamentale, questo, per accreditarlo a livello delle massime istituzioni sul contemporaneo nel mondo e quindi relazionarsi con le eccellenze dell’arte internazionale. Al momento sono state collocate circa trenta opere. Nel prossimo mese di giugno, sempre in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Catania, si svolgerà il 5° Simposio di scultura e verranno collocate tutte le opere fin lì realizzate.

Intanto potreste cominciare a programmare una visita per ammirare le sculture allocate in via Roma, nel Giardino Nino Martoglio e in piazza Stella Aragona. Proprio quella, la piazza di Eleonora d’Angiò, che visse gli ultimi anni della sua vita nei pressi dell’attuale quartiere di Borrello, allora denominato Guardia.

www.belpasso100sculture.it

(Gaetano Perricone). La foto con il titolo e quelle, tutte molto belle, della fotogallery – un accattivante, irresistibile invito a visitare Belpasso e le sue cento sculture – sono dall’autore dell’articolo Luciano Signorello, belpassese doc, vecchio amico e compagno di lavoro con il quale abbiamo condiviso momenti  ed eventi di grande rilievo, profondo conoscitore del territorio etneo, appassionato cultore di fotografia, come dimostrano alcune importanti pubblicazioni. Lo ringrazio per il prezioso, interessantissimo contributo e spero di averlo costantemente tra gli autori del Vulcanico.

 

 

 

Luciano Signorello

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