di Mirco Mannino
Questo racconto ha inizio il 25 Aprile 2023, se dovessi parlare egoisticamente di me. In verità questa storia ha inizio molto prima: il 2 Aprile 1923, con la nascita di Attilio Domenico Scarcella a Misitano, piccola frazione di Casalvecchio Siculo, all’interno della Valle d’Agrò.
Dopo aver vissuto gli orrori della Seconda Guerra Mondiale e condotto una vita sacrificata, fatta di lavori di ogni genere, Attilio ha toccato la soglia dei cent’anni il 2 Aprile di quest’anno, con grande gioia dei suoi famigliari e dei propri concittadini.
Il 25 Aprile a Misitano è stata organizzata una gran festa da parte del Comune, con tanto di messa tenuta da Don Alessandro di Casalvecchio Siculo e banda al seguito. È in quell’occasione che io, con il desiderio di riprendere il mio viaggio lungo i paesi della Sicilia, ho avuto modo di conoscere il signor Attilio Scarcella, accompagnato dall’affetto di 5 figli e 11 nipoti. Qualche giorno dopo, sono stato invitato a pranzo dalla sua famiglia a Santa Teresa di Riva, e in quell’occasione ho avuto modo di poter parlarci a tu per tu, confrontandomi con una vera e propria memoria storica vivente. Che dire? Sentire parlare Attilio è come calarsi immediatamente in una Sicilia di un tempo che, sebbene cronologicamente non sia lontano, pare invece lontanissimo.
“A 14 anni me ne andai a vendemmiare a Sant’Alfio. Venivamo pagati 1 lira al giorno – mi racconta seduto sulla poltrona, con la coppola ben assestata sulla testa. – Una volta, pur di non pagare il biglietto del treno, ce la siamo fatta a piedi – prosegue Attilio, questa volta sorridendo, quasi divertito al pensiero di quell’avventura. – Ce la siamo fatta a piedi da Sant’Alfio fino a Misserio! Mentre camminavamo, c’era uno che per ingannare il tempo suonava una piccola fisarmonica, e tra una chiacchera e l’altra siamo arrivati all’alba a Misserio… Tutto per amore di non spendere quei soldi del biglietto, ma di portarli a casa alle nostre famiglie. Poi, continua: “La mia vita è sempre stata dura e sacrificata: scoccare i giardini con la zappa, dormire sulla paglia… Negli anni ’50 me ne andai a lavorare a Lentini negli aranceti, lo facevo per buscare un po’ di soldi per poter pagare le putiare al mio paese”.
– E la paga? – gli chiedo io allora incuriosito. – Quanto era la paga in quel periodo a Lentini?
“500 lire al giorno – mi risponde secco lui. – E la zappa me la dovevo procurare io; non mi dava niente nessuno. Sai quanto costava una zappa all’epoca? – mi chiede con un sorriso ironico. – 500 lire! Costava quanto un’intera giornata di lavoro!”
– E com’era la riviera Jonica a quei tempi? – gli chiedo allora io.
“La riviera Jonica era tutta piena di agrumeti, e non c’era un pezzo di campagna che non fosse coltivato. Era una zona ricca di frutta: si caricavano i carretti di frutta a Misitano, e si andava a Messina al porto per esportarla”
– E le fiumare? – gli chiedo io incuriosito – Come erano le fiumare di un tempo? Io le vedo sempre secche… erano così pure ai suoi tempi?
“Macché – mi risponde Attilio, sventolando la mano – Erano torrenti ricchissimi d’acqua, tanto che d’inverno quando nevicava tanto, alcune persone non potevano manco uscire dalle loro case, tanta era la neve! – poi, continua – Una volta strade non ce n’erano. Si percorreva la fiumara fiume fiume, da Santa Teresa di Riva a Misitano – mi dice Attilio, e io nella mia testa cerco di immaginarmi come potessero essere quei luoghi un tempo, ora che questi stessi luoghi sono secchi e al tempo stesso spopolati. – Poi, finalmente vi fu la strada Casalvecchio-Antillo, dove io pure ho lavorato. Mi ricordo quando costruivamo la strada, che il sindaco diceva ”Lavorate, perché la strada è per voi”. E così era per davvero, la strada serviva a noi. Abbiamo sbancato una montagna, servendoci solo du’ picu e da’ pala, del piccone e della pala”. Poi, conclude amaramente: “Ora invece, ora che ci sono le strade e ci si può muovere con la macchina, le campagne sono spopolate, frazioni comprese. Una volta Misitano e Rimiti contavano 500 persone, ora a Misitano ci vive solo qualche famiglia…”
Poi, tocchiamo l’argomento della Seconda Guerra Mondiale. Attilio mi racconta che partì il 20 settembre 1942, per il 90esimo reggimento di fanteria, diretto a Sanremo. Dopo due giorni di viaggio, appena arrivato gli tagliarono i capelli, dato le divise militari, per poi spostarsi verso il distaccamento presso Val di Brosio, in provincia di Imperia. “Si facevano delle marce serrate in preparazione della guerra – mi racconta, guardandomi dritto negli occhi.
Poi vi fu l’8 settembre, ed egli a quel tempo si trovava ricoverato, in provincia di Savona, in quanto affetto da malaria. Poco dopo l’armistizio arrivarono i tedeschi, che avevano bisogno dell’ospedale, e mandarono via tutti quanti, Attilio compreso. “Io non sapevo dove andare – mi racconta Attilio – visto che la Sicilia era stata occupata dagli inglesi. C’era un abruzzese in ospedale che mi invitò a casa sua. “Scarcella, se a lei va bene può venire con me, sto in provincia di Teramo”. Siamo partiti di là il 14 settembre, facendo marce nelle campagne per tenerci lontano dalle strade rotabili percorse dai tedeschi. In una settimana circa siamo arrivati in Abruzzo. Dal 14 settembre 1943 al 12 luglio 1944 stesi là in provincia di Teramo, a casa di questo mio amico. Poi, quando i tedeschi incominciarono a ritirarsi, potei tornare in Sicilia dalla mia famiglia”.
Infine, per non tediarlo dalla mia eccessiva quantità di domande, gliene pongo un’ultima:
– Uno dei suoi ricordi più particolari, che non si potrebbe mai scordare? “Eh – mi fa lui, sventolando con la mano e ghignando – ce n’è tantissimi... – poi, incomincia. “Quando ci furono le elezioni nel 1946, abbiamo trascorso una giornata intera a Casalvecchio senza poter votare. Alle 4 di pomeriggio ce ne siamo tornati a casa, per poi riscendere il giorno dopo. Tutto perché c’era un solo seggio – mi racconta. – Tutte le frazioni, compreso Casalvecchio centro, dovevano votare in un solo seggio! Si immagini – mi racconta dandomi del lei – che Casalvecchio a quel tempo contava 3000 abitanti, e le frazioni di Misitano e Rimiti contavano almeno 500 abitanti. Eravamo una fila lunghissima, lunga più di un chilometro… I Casalvecchioti, quando ci vedevano scendere dalle colline, dicevano i picurara ra codda stanno scinnennu, i pecorari dalla collina stanno scendendo”.
Dopo questa battuta, ci sediamo a tavola per pranzare tutti quanti insieme. Io sedevo alla destra di Attilio, e mentre mangiavamo mi ritenevo semplicemente onorato di aver avuto la possibilità di potermi confrontare con una memoria storica vivente.
Mentre oggi la modernità imperversa senza darci il tempo neanche di accettarla, o perlomeno di comprenderla, mentre ascoltavo le parole di questa memoria storica, non facevo altro che figurarmi l’immagine di quattro ragazzi, che per amore di risparmiare sul prezzo del biglietto del treno, decisero di farsi quasi 50 km a piedi, da Sant’Alfio a Misserio, quando oggi la maggior parte delle persone si fa 200 metri con la macchina pur di risparmiare il proprio fiato.
Con il titolo: Attilio Domenico Scarcella. Tutte le foto sono di Mirco Mannino
Commenti recenti