di Giuseppe Riggio

Di recente 14 guide alpine e vulcanologiche sono state denunciate perché accusate di non rispettare le ordinanze comunali dedicate a regolare l’accesso alle zone sommitali dell’Etna. Siccome è una questione che riguarda anche tutti noi “ordinari” fruitori del vulcano può essere interessante provare a riepilogare i termini della vicenda. Cerchiamo insomma di costruire una specie di libretto di istruzioni da utilizzare per provare ad avvicinarsi al vulcano Etna.

Iniziamo dall’aspetto dell’informazione. Sulla dozzina di Comuni che hanno competenza a vario titolo sulla parte alta del vulcano attualmente sono sei (Nicolosi, Biancavilla, Bronte, Maletto, Castiglione di Sicilia, Sant’Alfio) quelli che emanano ordinanze sindacali. Il bravo cittadino prima dell’escursione dovrà quindi provare a collegarsi ai vari siti internet per capire fin dove può arrivare la sua gita. Il 6 novembre abbiamo fatto un tour telematico e la risposta informativa è stata sconfortante. Nessun Comune inserisce  l’ordinanza in home page, neanche Nicolosi che è la “porta dell’Etna”  e che emana provvedimenti anche per conto di altre cinque comunità locali. Su Nicolosicura che dovrebbe essere il sito dedicato all’argomento, viene riportato il provvedimento del 2017. Per sapere come comportarsi sul versante sud occorre quindi conoscere il numero dell’ordinanza sindacale (la 16 del 2019) altrimenti l’impresa resta  impossibile. Per gli altri Comuni storia simile. Nessuno la mette in evidenza, occorre andare sui provvedimenti amministrativi, scegliere il tipo di atto (attenzione ordinanza e non determina) e finalmente si avrà accesso alla disposizione.

Seconda sorpresa: ancora il 6 novembre 2020 l‘interesse dei sindaci alla tutela della nostra incolumità è differenziata. Quello di Castiglione ha colto la variazione del 6 ottobre del livello di allerta diramato dalla protezione civile (un mese prima) per confermare autorizzazione alle guide a salire al Cratere di Nord Est, mentre l’autorità di Nicolosi nega qualsiasi alleggerimento della precauzione. Proviamo ad andare sul sito del Parco dell’Etna, ma il link in bella mostra alla Protezione civile regionale oggi non funziona.

Ancora più complesso l’accesso al documento che sta alla base di tutta questa giungla di disposizioni: quello formulato dal Dipartimento regionale di Protezione civile nel 2013. Sono in tutto 41 pagine dove si dettano le regole, ma sono praticamente introvabili sul sito istituzionale. Eppure quel documento intitolato “Procedure di allertamento rischio vulcanico e modalità di fruizione per la zona sommitale del vulcano Etna” contiene le fondamenta del sistema attuale di divieti vigenti sul vulcano. Si tratta della disposizione che ha escluso ogni fruizione individuale della zona sommitale, stabilendo che si può andare -nel migliore dei casi- solo con le guide, che sono dei professionisti che operano secondo un loro listino. Ma appena il livello di rischio si alza da “attenzione” a “pre-allarme” non possono andare neanche loro. E’ quello che è successo da luglio 2019 a ottobre 2020, almeno per la gran parte della zona sommitale. Il comune di Castiglione ha invece mantenuto la possibilità di accesso alle guide. Oltre un anno durante il quale la Protezione civile ha mantenuto a “pre-allarme” il livello di rischio. Quindi tutti quelli che sono saliti hanno violato i divieti, a meno che non hanno programmato l’ascensione esattamente nello spicchio di territorio di pertinenza del comune di Castiglione.

E qui si apre un’altra interessante breccia nella falla del sistema messo in piedi dalla Protezione civile. Come fa la guida a sapere in quale territorio comunale si trova in quel momento? E se la strada fa una svolta e attraversa per qualche centinaio di metri un altro Comune l’accompagnatore diventa perseguibile per inosservanza?  Oppure dove si colloca fisicamente il limite dei 2450 (!) metri fissato dal regolatore a Monte Pizzillo in caso di pre-allarme per accesso senza guida?  Resta soprattutto  irrisolto l’interrogativo di fondo: la Protezione civile è nata per avvisarci dei pericoli e per intervenire in caso di calamità. Perché in presenza di rischio vulcanico deve prevedere invece l’accompagnamento obbligatorio e coatto degli escursionisti invece della ordinaria scelta da parte del turista, come avviene su tutte le montagne?

Si dirà che l’Etna è pericolosa. Le statistiche dicono il contrario. Il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico registra purtroppo ogni anno quasi 500 incidenti mortali sulle montagne italiane, quelli avvenuti sull’Etna sono pochissimi negli ultimi 30  anni. L’unica vera strage è avvenuta nel 1979, quando morirono 9 persone, ma sono passati 40 anni ed in quel caso le guide erano presenti, benché impotenti di fronte ad un evento imprevedibile.

In più resta irrisolta un’altra grande questione etica e giuridica: è corretto stabilire che i cittadini non sono eguali di fronte ai divieti e che se non posso pagare un centinaio di euro a persona non posso visitare i crateri? Anche dal punto di vista delle guide il sistema alla fine non funziona: vero è in linea di massima che godono di una “riserva di caccia”, ma nel momento in cui la Protezione civile non aggiorna i parametri di rischio per oltre un anno anche loro o diventano fuorilegge o rinunciano a fare il mestiere per il quale si sono preparati. Ed in ogni caso molte guide percepiscono che non è bello, né necessario essere scelti per obbligo di legge. In più il Club Alpino Italiano ricorda che esiste il diritto sacrosanto all’autodeterminazione del montanaro, quella che consente a chiunque di provare a scalare qualsiasi cima alpina, misurandosi con le sue capacità. Sull‘Etna questo è impedito, anche se il Monte Bianco – per dire-  è ben più complicato da salire.

Si dirà che sull’Etna in caso di liberalizzazione il numero degli escursionisti sarebbe eccessivo. Ma anche questo problema è  risolvibile: occorre stabilire un  numero massimo giornaliero che andrà verificato con registrazione telematica e controllo tramite app da scaricare. Una procedura ormai banale dal punto di vista tecnico. Se voglio salire sull‘Etna mi collego ad un sito istituzionale, dichiaro di aver verificato il livello di rischio che deve ovviamente continuare a pubblicizzare efficacemente la Protezione Civile, dichiaro di essere consapevole dei pericoli che corro e scarico un’ app che consentirà alle autorità di sorveglianza di sapere dove mi trovo durante l’ascensione. Soluzione troppo semplice? In  altre zone fanno già così.

Questo libretto di istruzioni si conclude con le avvertenze che si trovano anche sui medicinali: i vulcani vanno usati con adeguata attrezzatura e con cautela, sapendo che un certo grado di rischio non si potrà mai eliminare.

Giuseppe Riggio

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