di Santo Scalia
Per tanto tempo, si era creduto che il quadro dipinto dal pittore Giuseppe Politi custodito presso il Real Collegio Capizzi di Bronte rappresentasse una scena relativa all’eruzione etnea del 1843, le cui colate minacciarono la città. Ma qualcosa non quadrava. Analizzando con attenzione la scena, il percorso delle colate ivi rappresentate, la posizione della città, si poteva solo concludere che quella rappresentata fosse una scena frutto della fantasia del pittore e non una ispirata da una situazione reale.
In effetti, nella parte bassa del dipinto (una tempera di cm. 95×48) si poteva leggere, anche se con qualche difficoltà, la seguente didascalia: «La furia dell’eruzione del 1843: la lava scendendo copriva casolari, frutteti e vigneti».
In seguito ad un necessario quanto opportuno restauro però, apparve una diversa e più corretta indicazione: «Eruzione dell’Etna la notte del 31 Ottobre 1832».
Adesso tutto quadrava, quanto rappresentato nel quadro combaciava con le fonti storiche relative a quell’eruzione: La vulcanologia dell’Etna di Carlo Gemmellaro (1858); Storia della Città di Bronte del Reverendo Padre Gesualdo De Luca (del 1883); Memorie storiche di Bronte di Benedetto Radice (pubblicato nel 1926).
L’eruzione cominciò la notte tra l’ultimo giorno di ottobre ed il primo di novembre, Ognissanti, del 1832 e terminò il 22 dello stesso mese. Il R. P. Gesualdo De Luca descrisse così gli eventi dei giorni seguenti: «La notte del 3 novembre si rese orribilissimo questo tragico spettacolo. Spalancatosi il suolo vulcanico quasi verticalmente alla manca del Sorbo nel fondo di orrida fenditura apparvero quindici gole, delle quali dodici eruttavano globi di nero e denso fumo, e tre lanciavano colonne di fuoco dell’altezza di quasi duecento palmi, diametro sessanta. Spaventevole era l’aspetto delle scorie infuocate, che a guisa di gemme luccicanti si ergevano tra quelle fiamme, ricadevano parabolicamente al perimetro delle nuove gole e formavano un nuovo cratere. Continue detonazioni ed al sommo fragorose riempirono l’aere ad un raggio di quasi trenta miglia: tremava il suolo circostante, e mentre le più leggiere proiezioni ergevansi a grande altezza, una massa fusa usciva da quelle gole, che bipartita a piè del Monte Egitto, un braccio, si diresse a tramontana di Monte Lepre, e quinci a mezzogiorno di Monte Cassano, e verso Dagala Chiusa; portando una larghezza di canne duecento, e l’altezza di palmi trenta, a distanza sei miglia dal paese: l’altro seguì l’opposto lato.»
Le colate laviche raggiunsero la periferia di Bronte, fermandosi miracolosamente nelle vicinanze della zona detta Salice. Circa 50 milioni di metri cubi di lava furono emesse nell’arco dei 22 giorni dell’eruzione, mentre 3 milioni di metri cubi costituirono il volume dei prodotti piroclastici che hanno dato vita al cono di Monte Nunziata.
Non solo nella letteratura vulcanologica ma anche nell’epigrafia si trovano riferimenti a questa eruzione: a Bronte, all’interno della Chiesa di Maria SS. Annunziata, si trovano due iscrizioni, una delle quali (scritta dal Sac. D. Vincenzo Scafiti), recita:
DIE 18 NOVEMBRIS, ANNO DNI 1832
CUM TORRENS FLUERET RUPTIS FORNACIBUS ÆTNÆ
IGNIS, ET ABSUMENS OMNIA CONTEGERET,
VIRGINIS ANTISTES, CUI NUNTIUS ALIGER ASTAT
VIRGINEOS CRINES DETULIT, ATQUE CRUCIS
RELLIQUIAS, TUDITQUE PRECES. SOL OCCIDIT. IGNIS
COSTITIT, ET JUSSU VIRGINIS OBRIGUIT.
EGREDIENS TEMPLO REGINA HOMINUMQUE, DEUMQUE
DIRAM IGNIS CÆPIT VIM COHIBERE PRECE
BRONTENSIS POPULI; SED VIS NON OMNIS ADEMPTA
CULPAS UT FLERENT, UT SCELERA ELUERENT,
AC PLORARE DEHINC COMMISSA PIACULA CERNENS
TUNC VIM DIRAM IGNI FUNDITUS ERIPUIT.
CUM POPULI STUDIUM LUCTU JAM FLENTIS AMARO
ANTISTES SACRIS JUVERIT OFFICIIS.
* * *
H ΠANTΩN BAΣIΛEIA θEΩNTE ANAΣΣA BIAΙΩΣ
BPOΝTHN ΔH AITNHΣ THΣ ΦΛΟΓOΣ EKΛΥΣATO
Nella traduzione di Bruno Spedalieri, riportata dal sito web bronteinsieme.it, queste sono le parole incise in latino: «Il giorno 18 novembre anno del Signore 1832 quando, rotti i crateri dell’Etna, un torrente di fuoco prese a scorrere e cominciò a distruggere tutto, il Cappellano della Vergine, alla presenza della quale sta il Nunzio alato, portò in processione i capelli virginei e le reliquie della Croce ripetendo le preghiere litaniche. Al calar del sole il fuoco si fermò all’ordine della Vergine. All’uscire dal tempio della Regina e divina protettrice degli uomini e davanti alle preghiere del popolo di Bronte, il fuoco cominciò a ritenere la propria violenza. Ma la forza del pianto per le colpe non scontate e la confessione dei peccati, ed ancora il promettere d’intraprendere da quel momento a fare opere buone, mosse la potente Regina ad arrestare l’effusione del fuoco ed il popolo afflitto, amaramente piangente e bene disposto ricorse ai sacri uffici dei preti»; infine, in greco: «la Signora dell’universo la celeste Regina salvò Bronte dal fuoco dell’Etna».
Ed infatti nel quadro di Giuseppe Politi è raffigurata anche la processione. I particolari ed i dettagli, magistralmente inseriti con semplicissime pennellate come potete vedere in questi miei scatti, ci mostrano anche i paesani che, da sopra un poggio, guardano attoniti le colate di lava che si avvicinano minacciose, le carrozze dei nobili che alla luce delle torce si recano presso il teatro eruttivo, ed una minuziosa e dettagliata raffigurazione dell’intera città del versante occidentale dell’Etna.
Proprio perché l’eruzione ebbe inizio il giorno dedicato a tutti i Santi, il cono piroclastico generato dalle esplosioni fu inizialmente denominato Monte d’Ognissanti (carta di Sartorius von Waltershausen). Solo pochi giorni dopo la fine dell’eruzione, con delibera del Decurionato civico del 2 Dicembre e con quella del giorno 5 ad opera della Deputazione del Collegio Borbonico, la SS. Annunziata veniva proclamata – accanto a San Biagio – Patrona e Protettrice del Comune di Bronte. In seguito a questo avvenimento al nuovo cono eruttivo fu attribuito il nome di Monte Nunziata. Nella carta del Prof. Emilio Chaix (da BnF Gallica) del 1892 sono riportai entrambi i nomi: Monte d’Ognissanti e Monte Nunziata.
Altri dettagli del quadro sono inseriti nella Fotogallery: rappresentano il flusso lavico visto dal paese, il paese stesso, lo stemma della città e il vulcano Etna in attività.
Ho avuto modo di ammirare il dipinto del Politi nella bella cornice della biblioteca del Real Collegio Capizzi, tra antichi testi e sotto l’occhio vigile dei busti di illustri brontesi: Enrico Cimbali (giurista pubblicista) e Benedetto Radice (storico).
Un ringraziamento particolare è dovuto all’associazione culturale Bronte Insieme Onlus (curatrice dell’omonimo sito web, fonte inesauribile di notizie ed informazioni sulla storia, i monumenti, i personaggi, le tradizioni, l’ambiente e l’economia della Città di Bronte), a Franco Cimbali (cofondatore dell’Associazione che mi ha entusiasticamente accolto e assistito nella mia visita al Real Collegio), alla cortesia e disponibilità del personale del Collegio stesso, ed alla gentile amica Marisa Liotta.
Ancora due scatti dalla biblioteca del Real Collegio Capizzi di Bronte (Foto S. Scalia)
Con il titolo: particolare del quadro di Giuseppe Politi presso il Real Collegio Capizzi di Bronte (Foto S. Scalia)
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