di Santo Scalia

Randazzo è un antico borgo medievale del versante settentrionale dell’Etna, posto tra il vulcano ed il fiume Alcantara. Si trova a circa 750 metri di quota e dista, in linea d’aria, poco più di 14 chilometri dal più vicino dei crateri sommitali.

Quarant’anni fa, nel 1981, già sin dalla metà di gennaio, il versante settentrionale era stato interessato da circa 4000 eventi sismici di bassa intensità localizzati nell’area sommitale e nel fianco nord del vulcano; la situazione divenne allarmante il 16 marzo, giorno in cui una grande quantità di sismi (circa 50 per ogni ora!) con epicentro alquanto superficiale lasciò presagire la prossima apertura, in qualche luogo di quel versante, di bocche eruttive.

Grafico del numero di eventi sismici per ora (N/h) nei giorni precedenti e seguenti  l’inizio dell’eruzione
(modificato da Cosentino et al. in Mount Etna Volcano – R. Romano, 1982)

Ed infatti, il giorno dopo, il 17, poco dopo mezzogiorno si aprirono delle fratture tra i 2650 ed i 2500 metri di quota. In quel momento, come ben si nota nel grafico tratto da Relationship between seismicity and eruptive activity of Mt. Etna (articolo di Mario Cosentino et al., pubblicato nel 1982 nel volume Mount Etna Volcano a cura dal compianto Romolo Romano), il numero di eventi sismici per ora diminuì drasticamente.

Dal quotidiano L’Unità del 18 marzo 1981

La morfologia del terreno della zona nella quale si aprirono le bocche eruttive fece subito intuire che il paese di Randazzo, o anche la vicina frazione di Montelaguardia, avrebbero potuto trovarsi in serio pericolo.

Silhouette dell’Autore (particolare da foto di S. Arcifa)

Il pericolo divenne ancora più consistente nel corso della notte: il sistema di fratture apertesi alle 13:37, come spesso accade, continuò a propagarsi verso quote più basse raggiungendo quota 1400 metri. La colata lavica, emessa dalla frattura più alta, si dirigeva nell’area tra la città e la frazione, e probabilmente non avrebbe toccato né l’una, né l’altra. Un’ulteriore colata, emessa dalle fratture successive, puntava invece direttamente verso Randazzo!

 

 

 

Insieme ad Antonio e Stefano – due dei miei più cari amici – ero accorso immediatamente sul teatro dell’’eruzione: ci siamo così trovati proprio a ridosso della nuova frattura. Un inferno dantesco è il primo paragone che venne in mente: esplosioni improvvise, hornitos, lave fluidissime, il riflesso del rosso della lava che illuminava a giorno il paesaggio… e nessun altro essere umano nelle vicinanze

Un’ipotesi giornalistica sui possibili sviluppi dell’eruzione (dal Corriere della Sera del 19 marzo)

Solo dopo che l’alba aveva rischiarato la campagna, quando dopo una notte insonne eravamo già sulla via del ritorno, abbiamo incrociato altri appassionati che si recavano alla zona eruttiva. La propagazione delle nuove fratture continuò fino a raggiungere i 1115 metri. Le colate in direzione di Randazzo si arrestarono fortunatamente cinque giorni dopo, ad appena due chilometri dalle prime case del paese.

La lava travolge i binari della ferrovia Circumetnea (dall’archivio fotografico de L’Unità)

La colata principale, dopo aver distrutto case di campagna e terreni coltivati e dopo aver interrotto le vie di comunicazione (le linee ferrate delle Ferrovie di Stato e della Ferrovia Circumetnea, la strada statale 120 e diverse altre strade), raggiunse l’alveo del fiume Alcantara dove si fermò a pochi metri dal fiume stesso, avendo percorso circa 7.5 chilometri dalle bocche eruttive.

Grazie al monitoraggio sismico ed all’accurata localizzazione degli epicentri delle scosse, per la prima volta gli studiosi si trovavano già nella zona dove si sono aperte le bocche, a bordo di elicotteri, ed hanno potuto assistere de visu all’affiorare dei primi fiotti di lava.

Disegno di Etna Draw ispirato a una cartolina postale

Di immagini fotografiche che riproducono Randazzo minacciato dalle colate e ci danno la sensazione di quanto concreto sia stato il pericolo corso dal paese, ce ne sono tante; qui  preferisco presentare due opere (una con il titolo, l’altra qui) di un giovane e bravissimo artista, Klaus DorschfeldtEtna Draw – appassionato e amante del nostro vulcano. Dai suoi album online ecco due dei suoi accurati disegni.

Hornitos e lave del 1981 lungo la frattura eruttiva (Foto S. Scalia)

Ancora adesso, percorrendo la Pista Altomontana dell’Etna (oggi Sentiero n° 701), a circa 1300 metri dal Rifugio di Monte Spagnolo si incontra l’apparato eruttivo generatosi nelle prime ore del giorno 18.

E’ facile rendersi conto del fatto che le rocce fuse emesse fossero alquanto fluide: infatti, guardando con attenzione la colata lavica, si scorgono numerosi calchi d’albero (localmente denominati anche pietre cannone). Queste strutture sono ciò che rimane del mortale abbraccio tra la lava fluida ed il tronco di un albero. La lava circonda il tronco, ma questo non brucia immediatamente, per la povertà di comburente (l’ossigeno) che si viene a determinare; le fronde appassiscono, i rami cadono, poi bruciano, mentre il tronco lentamente si carbonizza. Col trascorrere degli anni la cavità viene svuotata e dell’albero rimane soltanto l’impronta pietrificata.

Foto aerea dell’area interessata dall’eruzione dell’81 (Foto S. Scalia)

Ci si può rendere conto del reale pericolo corso dall’abitato di Randazzo analizzando la foto seguente, da me realizzata qualche anno dopo la fine dell’eruzione: si nota infatti come la colata principale, quella originata dalle fratture iniziali del 17 marzo, sia passata tra il paese e le poche case della frazione di Montelaguardia. Si vede la colata a pochi metri dalle acque del fiume Alcantara, le tracce della strada SS 120 e della cosiddetta Quota 1000. Ma la cosa che più impressiona è la direzione delle lave emesse dalla frattura del giorno 18 marzo 1981, che puntano direttamente e senza equivoci in direzione dell’abitato.


Il sistema di fratture dell’eruzione dell’81. In basso le fratture del giorno 18, attraversate dalla Pista Altomontana. Sulla destra il Monte Spagnolo (elaborazione di immagine tratta da Google Earth).

Sono trascorsi quant’anni da quei giorni, ma a Randazzo il ricordo è ancora vivo.

 

Con il titolo: l’eruzione di Randazzo nel magnifico disegno di Klaus Dorschfeldt, Etna Draw

 

 

 

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