di Rosario Catania
Il vulcano
L’Etna il vulcano attivo più alto d’Europa, che da poco ha compiuto il decimo anniversario di riconoscimento come patrimonio dell’umanità, iscritto nella World Heritage List dell’Unesco. Un vulcano, una montagna, che non smette mai di regalare emozioni da entrambi i punti di vista, con nevicate alternate alle eruzioni che rappresentano di fatto due elementi opposti.
Gli elementi
Il filosofo Empedocle postula l’esistenza di quattro radici fondamentali, che nella tradizione successiva saranno conosciute come i quattro elementi, che rappresentano l’origine di tutte le cose formate dunque dalla loro mescolanza. Quattro elementi, quattro forze, dove nessuna è dominante sulle altre, ma insieme aggregano e disgregano ogni cosa esistente. Dunque aria, acqua, terra e fuoco sono presenti su questo vulcano, dalle sue origini proprio nell’acqua, prendendo forma aerea, creando nuova terra poi modellata dal fuoco, dal vento e dalla stessa acqua. L’elemento fuoco sull’Etna è rappresentato fondamentalmente dalla lava, prima magma incandescente, che dalle viscere della Terra si fa strada ricco di gas fino a raggiungere la superficie ed esplodere con tutta l’energia e la vitalità di un pianeta vivo.
Lo stato attuale
L’ area sommitale dell’Etna è oggi occupata da quattro crateri, con la Voragine e la Bocca Nuova, che si sono formate all’interno del Cratere Centrale rispettivamente nel 1945 e 1968, il Cratere di Nord-Est, che esiste dal 1911, e infine il Cratere di Sud-Est, nato nel 1971, che recentemente è stato il più attivo dei quattro crateri. Questa configurazione contrasta notevolmente con quella di circa un secolo fa, quando in cima all’Etna si trovava il solo il Cratere Centrale.
La sera del 12 novembre 2023 l’Etna è tornata in eruzione, dopo un periodo di “preparazione” tra anelli di gas, boati e un costante tremore a livelli medio-alti. Spettacolari fontane di lava alte centinaia di metri e una densa nube eruttiva carica di materiale piroclastico (cenere e lapilli), poi ricaduto sul fianco orientale del vulcano, hanno reso scenografico un evento naturale, osservato e fotografato da centinaia di appassionati, seppur con notevole disagio per quei paesi colpiti direttamente dal “fallout” di lapilli di varie dimensioni. Il protagonista di questo scenario di creatore di nuova terra è proprio il Cratere di sud-est. Nel suo ultimo comunicato, la notte del 30 novembre, l’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ci ha informato “che dall’analisi delle immagini delle telecamere di sorveglianza, si osserva che continua l’attività stromboliana al cratere di Sud-Est. Tale attività, a carattere variabile sia in intensità sia in frequenza delle singole esplosioni, produce delle modeste emissioni di cenere, che in accordo con il modello previsionale, si disperdono rapidamente in direzione Est e comunque in prossimità dell’area sommitale”.
La scenografia
Come in un set cinematografico, l’Etna ha allestito un palcoscenico perfetto e non solo il 12 novembre,
indossando un mantello bianco di soffice neve e velandosi con le nubi d’alta quota, per rendere l’atmosfera a volte cupa, altre mistica, con i riverberi rossi dell’ attività interna al cratere, che nel frattempo continuava. Oggi, mentre scrivo, episodi di attività stromboliana si alternano a frequenze quasi regolari come per descrivere il respiro del vulcano.
Il pubblico
Non è quello delle grandi occasioni, perché questo vulcano è osservato, fotografato e studiato continuamente, da personale specializzato (INGV e Parco dell’ Etna), da appassionati assidui e da semplici curiosi. Dunque potremmo definirlo un sorvegliato speciale, perché nel tempo ha dato atto di sorprendere con i suoi cambi di stato alcune volte senza un chiaro e netto preavviso strumentale. Un pubblico vario per età genere e provenienza, tra studiosi, turisti, atleti, politici, personali illustri, ecc, che percorrono il lungo e in largo La sua superficie di oltre 1250 km quadrati.
Tra questi anch’io, i miei affetti, gli amici con cui condivido le giornate osservando sua maestà l’Etna, appena svegli e quando ne abbiamo occasione o bisogno. Si perché spesso ne sentiamo il bisogno, come una sorta di richiamo alla Natura, un benessere psicofisico, talvolta morboso, ma che personalmente interpreto come senso di appartenenza. Del resto siamo polvere di stelle, lo è questo pianeta, lo è questo vulcano. Apparteniamo a quei quattro elementi con cui ho aperto questo breve viaggio nella conoscenza profonda del proprio esistere.
L’ appartenenza
Mi piace concludere il viaggio con il mio senso di appartenenza, penso largamente condiviso, come nel pensiero dello scrittore, sceneggiatore e drammaturgo Vitaliano Brancati, di cui riporto un passo da Il Bell’Antonio.
“Finalmente Antonio rimase solo e poté guardare a suo agio i cari tetti di Catania, quei tetti neri, disseminati di giare, di fichi secchi e di biancheria, sui quali il vento di marzo, al tramonto, sferra calci da cavallo, le cupole che, nelle sere di festa, scintillano come mitre d’oro; le gradinate deserte dei teatri all’aperto; gli alberi di pepe del giardino pubblico; il cielo della provincia, basso e intimo come un soffitto, sul quale le nuvole si dispongono in vecchi disegni familiari; l’Etna accovacciato fra il mare e l’interno della Sicilia, con sulle zampe, la coda e il dorso, decine di paesetti neri che vi stanno arrampicati con stento”. (Il bell’Antonio – V.Brancati)
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Foto e video di Rosario Catania
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